De Biase | PENSARE BENE | E-Book | www.sack.de
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E-Book, Italienisch, 248 Seiten

De Biase PENSARE BENE

Un'ecologia dei media per il XXI secolo
1. Auflage 2025
ISBN: 978-88-12-01299-2
Verlag: Treccani
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

Un'ecologia dei media per il XXI secolo

E-Book, Italienisch, 248 Seiten

ISBN: 978-88-12-01299-2
Verlag: Treccani
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Come scegliamo fonti di informazioni e opinioni attendibili per farci un'idea della realtà in cui viviamo? I media di cui ci serviamo ogni giorno sono davvero adeguati a dar conto di come stanno le cose? Quelli di gran lunga più utilizzati non sono affatto progettati per offrire una rappresentazione fedele della realtà, ma per catturare il nostro tempo e la nostra attenzione in modo da monitorare comportamenti, raccogliere dati e costruire un efficiente sistema propagandistico, economico e politico, favorendo la polarizzazione, dissuadendo dall'impegno, frenando le aggregazioni che potrebbero alimentare contropoteri. In una mediasfera di questo tipo, governata da poche centrali di potere, appiattita su pregiudizi, inquinata da violenza e paura, è difficile pensare bene. Ma questo non vuole essere l'ennesimo libro sul panorama dei media nel xxi secolo. E neppure un saggio di filosofia del pensiero. È un'esplorazione del futuro possibile, un contributo a un ipotetico movimento culturale per un'ecologia della conoscenza in un ambiente mediatico a dir poco controverso. Perché non si pensa bene se si è informati male. Lo sviluppo dell'attuale forma di economia digitale, realizzato con una strategia di innovazioni disattenta alla qualità delle relazioni, ha generato esiti culturali evidentemente negativi, dei quali è tempo che la società si faccia carico, ripensando il sistema dei media in modo da renderlo compatibile con gli obiettivi democratici, ponendo fine al senso di ineluttabilità diffuso.

Luca De Biase è giornalista dell'innovazione a 'Il Sole 24 Ore' e autore e voce a Rai Radio 3. Docente all'Università di Pisa e alla Luiss di Roma, gateway designer al National Biodiversity Future Center, ha diretto la ricerca sulla Media Ecology per Reimagine Europa a Bruxelles. Tra i suoi libri più recenti: Il lavoro del futuro (Codice, 2018), Eppur s'innova (Luiss, 2022), Il codice del futuro e La legge dell'intelligenza artificiale (entrambi con Roberto Viola, Sole 24 Ore, 2023 e 2024), Apologia del futuro (Luiss, 2025). Nel 2016 ha vinto il premio James Carey Award for Outstanding Media Ecology Journalism.
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Avvertenze


Pensare bene? Ognuno lo farà a modo suo. Ma chiunque sia libero dall’arroganza, o dalla solitudine, ammetterà che per riuscirci un aiuto risulta spesso gradito. Anzi, molti cercano chi possa offrire dei buoni consigli. Ma come si scelgono queste fonti di informazioni e opinioni? Spesso ci si affida a persone che si trovano nel proprio vicinato: amici, familiari, conoscenti, insegnanti, ma anche personaggi televisivi, influencer, autorità, istituzioni e ogni altra voce che si trova nell’ambiente costruito dai media, compresi i motori di ricerca, i robot e le intelligenze artificiali. La struttura dei media che conduce a trovare questi punti di riferimento informativi ha conseguenze rilevanti, soprattutto per lo spazio pubblico. Un sistema mediatico ben congegnato può aiutare a pensare bene. Una mediasfera mal disegnata può renderlo molto difficile.

Nel gran calderone delle chiacchiere quotidiane, della propaganda, delle emozioni e del divertimento che circolano nel sistema della comunicazione, ci può essere – o non essere – uno spazio importante dedicato allo scambio di informazioni facili da usare, ben documentate, equilibrate, ricercate con metodo, attraenti e applicabili. Se c’è, l’ecosistema della conoscenza è più articolato e adatto a leggere la relazione tra le scelte degli esseri umani e il feedback della realtà. Se questo spazio è troppo piccolo, se è deteriorato, se è delegittimato, allora la mediasfera è probabilmente governata da poche centrali di potere, appiattita su pregiudizi, inquinata da violenza e paura: ed è più difficile pensare bene. Tutto questo ha un impatto gigantesco quando influenza le scelte collettive strategiche. Per esempio, quando gli umani progettano il loro rapporto con l’ambiente.


Nel xxi secolo l’ecologia dei media e l’ecologia fisica tendono a convergere in un unico sistema. Ed è un grosso problema.

Il pianeta attraversa un’emergenza ambientale, dopo due secoli di crescita abnorme del consumo di risorse limitate e di produzioni tossiche. Gli umani possono ancora intervenire costruttivamente. Ma solo se pensano bene, insieme. E si direbbe che non ci riescano. Perché contemporaneamente si trovano in un’emergenza mediatica.

Lo dimostra una recente scoperta: secondo uno studio pubblicato su “Nature”1, che ha coinvolto 130.000 persone in 125 paesi, l’89% degli umani vuole che l’emergenza climatica sia affrontata con maggiore decisione. Ma la ricerca mostra anche che gli esseri umani sono convinti che solo una minoranza condivida questa forte motivazione a risolvere l’emergenza climatica. Un errore che diventa un importante freno alla soluzione del problema. Perché mentre si osserva che il 69% degli umani pagherebbe di tasca propria per contribuire a una politica più decisa, la stessa ricerca dimostra che questa percentuale crescerebbe molto se tutti sapessero che la maggioranza condivide le stesse convinzioni2. «Siamo seduti su un enorme movimento per vincere l’emergenza climatica» commenta Anthony Leiserowitz, professore di Comunicazione sul clima alla Yale University. «È un movimento latente. Non è stato attivato o catalizzato. Ma se si rompesse questo blocco delle percezioni, le persone comprenderebbero che non sono parte di una minoranza e che appartengono effettivamente a un movimento globale»3.

Che cosa provoca l’errore di percezione? Risposta: i dibattiti tra i politici e le informazioni che circolano sui media, che concedono uno spazio sproporzionato ai negazionisti dell’emergenza climatica, sicché le persone sovrastimano la quantità di scettici.

I politici si comportano in questo modo perché, come dire, nel loro mestiere i voti non si contano: si pesano. E le lobby che sostengono la continuità dell’uso dei combustibili fossili sono potentissime.

Ma perché anche i media appaiono inadeguati a dar conto di come stanno le cose?4

È un esempio del complesso problema al quale questo libro è dedicato. L’ipotesi è che nell’ecosistema dei media attuali lo spazio dedicato allo scambio di informazioni ben documentate, bilanciate e indipendenti sia minoritario, mentre lo spazio della propaganda sia molto sviluppato e sofisticato. Le strategie di controllo delle opinioni pubbliche messe in atto dalle più importanti strutture di potere economico e politico trovano nei media contemporanei una strumentazione molto efficiente per monitorare i comportamenti, favorire la polarizzazione, dissuadere all’impegno, parcellizzare la società e frenare le aggregazioni che potrebbero alimentare contropoteri5.

Una mediasfera che non aiuta a pensare bene intorno alla questione climatica è inadeguata anche per altri grandi temi, come l’ineguaglianza sociale ed economica, la gestione delle migrazioni, la concentrazione del potere, l’emergere incontrollato di nuove pericolosissime tecnologie militari, la crescita delle autocrazie, la riconfigurazione delle forme istituzionali e sostanziali del dialogo tra i popoli, la progettazione dell’introduzione dell’intelligenza artificiale nella società. Non si pensa bene se si è informati male. Non si pensa bene da soli.


Il percorso che si tenta in questo libro è un’indagine sul rapporto tra la realtà e la rappresentazione della realtà che gli umani, in particolare gli occidentali, si costruiscono collegandosi tra loro, con la natura e attraverso le macchine. Difficile trovare un argomento più complesso. E quindi qui si sceglie una strategia di semplificazione fondata sull’idea che la forma dell’ecosistema dei media influenzi piuttosto fortemente la rappresentazione della realtà. A questo proposito, la preoccupazione deriva dal fatto che i media di gran lunga più utilizzati non siano progettati per tendere a una rappresentazione fedele della realtà, ma per tutt’altro scopo: la cattura del tempo e dell’attenzione del pubblico per raccogliere dati e costruire un sistema propagandistico, economico e politico, di grande efficienza. E questa preoccupazione si aggrava se si considera che la nuova frontiera dell’intelligenza artificiale generativa può essere male interpretata come una tecnologia capace di offrire risposte sensate a tutte le domande, mentre a sua volta non ha alcuna cognizione della realtà: elabora i dati registrati nell’ecosistema dei media e alimenta una simulazione di conoscenza fondamentalmente autoreferenziale. Lo spazio della ricerca che indaga la realtà in base a un metodo concentrato sui fatti prima di rappresentarla è minoritario nell’ecosistema dei media contemporaneo. E questo diventa un problema ecologico.


Non è facile la comunicazione dell’ecologia6. Spesso viene dipinta come lo studio delle limitazioni, dei doveri, dei disastri. Ma in un sistema di percezioni diverso, l’ecologia può essere intesa come la scienza che si occupa della qualità della vita e dell’ambiente, dell’igiene e del benessere, della consapevolezza, della felicità: non in un mondo di fiction, ma nella realtà studiata empiricamente. L’idea che l’ecologia possa prevalere non è ottimismo, o doverismo, o utopismo: è la ricerca del possibile, oltre la narrazione indotta dai media disfunzionali e gli interessi distruttivi. Genera una forma di libertà concreta, equilibrata, abilitante. Insomma: la transizione ambientale e mediatica si muovono in parallelo.


Ma che cosa significa “pensare bene”? Ci sono biblioteche di risposte. Ma ecco tre punti di vista utili per questo libro:

  1. Pensare bene può voler dire pensare in modo “corretto” sicché si arrivi a conclusioni valide, documentate e logiche;
  2. Oppure può voler dire pensare in modo “fiducioso” nei confronti degli altri, soprattutto, ma anche del proprio avvenire;
  3. O ancora può voler dire pensare in modo “rilevante”, cioè in modo da avere un impatto sul contesto.

Di sicuro vuol dire pensare liberamente. Cercare le possibilità alternative. Perseguire quelle migliori. Giuste. Belle. Vere.


Questo non è l’ennesimo libro vagamente moralista e fortemente lamentoso sul panorama dei media nel xxi secolo. E non è neppure un saggio di filosofia del pensiero, ci mancherebbe. È la premessa di un progetto. È un’esplorazione del possibile. Al servizio di quei movimenti culturali e politici latenti che emergono quando gli umani riconoscono meglio le loro potenzialità, non essendo immersi in un sistema di percezioni imprecise e confuse, ma avendo la possibilità di accedere a uno spazio di informazioni sane, documentate, igieniche. L’ambiente, la conoscenza, le tecnologie dei media sono un unico ecosistema. L’ecologia è una sola.

1. P. Andre , , “Nature Climate Change”, 14, 2024, pp. 253-259, https://doi.org/10.1038/s41558-024-01925-3.

2. D. Carrington, , “The Guardian”, 22 aprile 2025, https://www.theguardian.com/environment/2025/apr/22/activate-climate-silent-majority-support-supercharge-action?CMP=Share_iOSApp_Other.

3. Cit. in D. Carrington,



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