Ventura | La guerra di tutti | E-Book | www.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 356 Seiten

Reihe: Indi

Ventura La guerra di tutti

Populismo, terrore e crisi della società liberale
1. Auflage 2019
ISBN: 978-88-3389-083-8
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

Populismo, terrore e crisi della società liberale

E-Book, Italienisch, 356 Seiten

Reihe: Indi

ISBN: 978-88-3389-083-8
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Populismo e cospirazionismo, razzismo e terrorismo, fake news e politicamente corretto sono tutti sintomi di un ordine in disfacimento. Il tramonto del capitalismo occidentale coincide con una crisi delle categorie politiche della modernità, una catastrofe che ci riporta alla guerra di tutti contro tutti come unico sfogo alla paura del declassamento. Guerra simbolica, metaforica, virtuale, finzionale, che dal mondo dei segni sempre più spesso trabocca per andare a contagiare il mondo reale. Nessuna civiltà aveva mai spettacolarizzato tanto il benessere e nessuna aveva mai subito con tanta durezza l'effetto del risentimento che sale quando le promesse non vengono mantenute: trionfano le passioni tristi, gli odi intracomunitari e le teorie del complotto. Dopo aver amministrato per decenni il consenso fabbricando sogni e bisogni, l'industria culturale è diventata una macchina produttrice di paranoia. E se il problema fosse il nostro rapporto con la violenza del linguaggio? Raffaele Alberto Ventura ci guida in un viaggio tra le rovine sontuose della società del benessere, dalla post-verità alla post-politica: incrocia moti di piazza liberamente tratti dai film di Hollywood, ascolta supereroi che discutono di filosofia e si intrattiene con complottisti adoratori di Rihanna, principessa degli Illuminati. Nel mezzo di questo frastuono, ci fa sentire le voci di Hobbes e di Rousseau, esplora le pagine di Dick e di Flaubert, svelando gli arcana imperii dietro le illusioni politiche che non funzionano più.

Ventura La guerra di tutti jetzt bestellen!

Weitere Infos & Material



PROLOGO
JOHN NADA VA ALLA GUERRA


L’Occidente è in guerra – contro se stesso. Che cosa ci è accaduto? Per qualche decennio abbiamo vissuto felicemente dentro una finzione, sperperando le risorse accumulate in prospettiva di una crescita illimitata e augurandoci l’improbabile avvento di una società senza conflitti. Quella che i media chiamano si presenta come cogente smentita di questa finzione. Con buona pace degli esperti che ci avevano illuso di aver domato il drago dei cicli economici e con sconcerto degli intellettuali che puntavano sulla conversione delle masse ai valori liberali, concilianti, ottimistici della classe media, oggi possiamo osservare uno squarcio nel tessuto della narrazione del progresso. Qualcuno diceva che lo sviluppo capitalistico tende a raggiungere le proprie colonne d’Ercole1 e qualcun altro profetizza che si sta aprendo un periodo di stagnazione secolare;2 quel che è sicuro è che la «democrazia reale» non assomiglia più a quel sistema che ci era sembrato tanto convincente sulla carta.

Nessuna civiltà aveva mai spettacolarizzato tanto il benessere e nessuna mai aveva subito con tanta durezza l’effetto del risentimento che sale quando le promesse non vengono mantenute: trionfano le passioni tristi, gli odi intracomunitari e le teorie del complotto. Dopo aver per decenni amministrato il consenso fabbricando sogni e bisogni, l’industria culturale è diventata una macchina produttrice di paranoia. Il film di John Carpenter, fenomeno di culto che nel 1988 anticipava , presenta una metafora semplice ed efficace: quella degli occhiali in grado di mostrare un’altra realtà dietro alle apparenze, in quel caso una realtà popolata da malvagie creature extraterrestri che governano il mondo spingendo gli uomini a produrre e consumare. Slavoj Žižek ha più volte citato il capolavoro di Carpenter per illustrare il funzionamento dell’ideologia. Nel film il filosofo spiega: «Quando indossi gli occhiali intravedi una dittatura nella democrazia, l’ordine invisibile che sostiene la tua apparente libertà».

Oggi è come se tutti avessimo indossato gli occhiali di John Nada, il protagonista del film, o ingoiato la pillola rossa di . Per alcuni coincide con un libro sacro, un blog alla moda, un predicatore televisivo, ognuno con la sua narrazione alternativa capace di riempire i vuoti di senso lasciati dal sapere detto «legittimo» e considerato di fatto sempre meno legittimo. Non sappiamo se quello che abbiamo visto sotto la superficie delle cose è vero o falso, sappiamo soltanto che fornisce una spiegazione a una realtà sempre più confusa. Ognuno ha la sua verità, ognuno i suoi nemici. C’è solo un problema: per chi non indossa le stesse lenti, quelli che i novelli John Nada combattono non sono alieni cattivi ma persone comuni: sono i nostri vicini, i nostri amici, persone simili a noi. Forse la presunta guerra di liberazione non è altro che una guerra tra fanatici nella quale siamo gli alieni gli uni degli altri. Oggi sta tornando a essere l’idea della morte, che credevamo di avere definitivamente messo da parte in nome dell’irenismo degli ideali illuministi: l’idea della morte , che abbiamo finito per accettare in nome del principio «mors tua, vita mea», e forse persino l’idea della . Se il bilancio della violenza terroristica in Europa non raggiunge le cifre degli anni Settanta, forse è perché non abbiamo conteggiato i morti del Mediterraneo. Eppure fanno anche loro parte dell’elenco dei caduti che qualcuno presto o tardi pretenderà di vendicare, in una spirale inarrestabile di ritorsioni.

Il mio primo libro, , si chiudeva analizzando il modo in cui la logica del risentimento aveva portato al potere Donald Trump e annunciava ulteriori sconvolgimenti. Nell’Italia lega-stellata come negli Stati Uniti, una narrazione semplicistica sul potere delle élite mondialiste è servita da pretesto per saltuari sfoghi di violenza contro le minoranze;3 mentre nelle periferie dell’Impero una «religione senza cultura» intrecciata alla criminalità nutre i sogni di rivalsa di quelle stesse minoranze.4 I primi soffrono perché non possono più contare sul benessere che dipendeva dallo sfruttamento dei secondi, i secondi hanno finito per perdere la loro secolare pazienza. Le forze in campo si assomigliano tra loro più di quanto non siano pronte ad ammettere; tutte, a modo loro, prendono atto di una crisi degli ideali dell’Illuminismo come programma di convivenza fondato su un universalismo di facciata. Il cospirazionismo e il terrorismo, il populismo e le politiche dell’identità sono sintomi di uno stesso male e presagi di un ordine in disfacimento. La teoria del «potere destituente», sviluppata da Giorgio Agamben in conclusione del suo ultradecennale progetto , esprime una tentazione diffusa di farla finita con l’intero ordine politico della modernità.5 Ma se questo ordine crolla, che ne sarà di tutti noi? Se gli appaiono in piena luce, sarà ancora possibile governare i viventi per evitare che saltino alla gola l’uno dell’altro?

Credevamo che la società liberale fosse la continuazione della «guerra di tutti contro tutti» con altri mezzi. Ora ci viene il sospetto che i mezzi siano esattamente gli stessi. La rivalità affiora a ogni livello, con intensità differenti, talvolta rigorosamente circoscritta e pressappoco inoffensiva, talvolta imprevedibile e devastante. Affiora tra le diverse culture, tra le classi dominanti che offrono alle minoranze un’ipocrita narrazione progressista e le minoranze che denunciano un contratto sociale iniquo, tra indigeni bianchi che rimpiangono la gloria perduta e immigrati segregati nelle periferie, tra il potere statale che estende il suo dominio su ogni aspetto della vita sociale e i figli della borghesia che giocano a fare la rivoluzione. In fondo se ci combattiamo non è perché siamo radicalmente diversi ma perché siamo tragicamente uguali. È la nostra somiglianza che ci condanna a cercare di distinguerci con mille artifici. Filosofi e sociologi, negli ultimi decenni, hanno attirato l’attenzione precisamente sulla questione cruciale del : riconoscimento sociale attraverso la realizzazione individuale ma anche riconoscimento delle comunità, riconoscimento all’interno della società liberale ma anche riconoscimento reciproco tra Nord e Sud del mondo, tema che ha preso il posto della vecchia «lotta di classe» come intuito fin dagli anni Cinquanta dal filosofo martinichese Frantz Fanon.6

Una trentina di anni fa Francis Fukuyama poteva ancora illudersi che la storia sarebbe finita perché il liberalismo avrebbe dato a ogni cittadino la sua equa dose di riconoscimento;7 è invece accaduto esattamente il contrario, come lui stesso ha finito per ammettere.8 Perché il riconoscimento è una risorsa strutturalmente scarsa: prima ancora di toccare i limiti ecologici dello sviluppo, abbiamo raggiunto i suoi limiti 9 La classe media diventa classe disagiata, in lotta permanente per restare a galla, incapace di accettare che nessuno potrà mai restituirle il futuro. Le minoranze rivendicano l’orgoglio delle loro identità e denunciano i secoli di oppressione che hanno subito, incapaci di accettare che nessuno potrà mai restituire loro il passato. Chi placherà la loro giusta rabbia? E chi gli impedirà di massacrarsi a vicenda? Abbiamo iniziato ad abbattere i miti e i simboli lasciati da secoli di violenza, ma ancora non sappiamo con cosa sostituirli.

Una lotta planetaria per il riconoscimento è iniziata. L’edificio della legittimità politica, scientifica e culturale sta crollando sotto il peso delle troppe promesse delle quali è stato caricato. Ormai è lampante quanto sia instabile questa società che pretendeva di essere la migliore di tutte, quanto dipenda da rapporti di violenza, menzogne e non-detti. Una profonda crisi di legittimità tocca la politica ma anche i paradigmi del sapere: nessuna verità può più essere creduta, nessuna autorità riconosciuta. Ma la verità era, in fin dei conti, una finzione necessaria. Alcuni hanno descritto il nostro tempo come un’ che segna la fine del sistema-mondo capitalista per come lo abbiamo conosciuto negli ultimi tre secoli,10 altri hanno parlato del 11 Quel che è chiaro per noi è che . La popolazione, incapace di rappresentarsi come corpo indiviso, rischia in ogni momento di tornare a essere una moltitudine prepolitica.12 Ecco la nostra tragedia: non siamo più in grado di controllare i segni e le finzioni, le parole e i miti. Eppure proprio su dei miti si era fondato per secoli l’ordine sociale: Democrazia, Popolo, Giustizia, Verità... Oggi dobbiamo constatare che la Democrazia è soltanto un ideale, il Popolo una costruzione filosofica, la Giustizia la legge del più forte, la Verità un compromesso tra visioni del mondo. L’inganno appare in piena luce e nessuna catarsi opera più.

Questo libro è il resoconto di un periodo nel quale siamo passati da una crisi economica a una crisi politica, e rielabora «a freddo» spunti e riflessioni prodotte «a caldo» per reagire a una serie di eventi più o meno traumatici: le conseguenze culturali degli...



Ihre Fragen, Wünsche oder Anmerkungen
Vorname*
Nachname*
Ihre E-Mail-Adresse*
Kundennr.
Ihre Nachricht*
Lediglich mit * gekennzeichnete Felder sind Pflichtfelder.
Wenn Sie die im Kontaktformular eingegebenen Daten durch Klick auf den nachfolgenden Button übersenden, erklären Sie sich damit einverstanden, dass wir Ihr Angaben für die Beantwortung Ihrer Anfrage verwenden. Selbstverständlich werden Ihre Daten vertraulich behandelt und nicht an Dritte weitergegeben. Sie können der Verwendung Ihrer Daten jederzeit widersprechen. Das Datenhandling bei Sack Fachmedien erklären wir Ihnen in unserer Datenschutzerklärung.