E-Book, Italienisch, 484 Seiten
Reihe: Asia
Alt Pop ¿¿¿
1. Auflage 2023
ISBN: 978-88-6783-436-5
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Come la cultura giapponese ha conquistato il mondo
E-Book, Italienisch, 484 Seiten
Reihe: Asia
ISBN: 978-88-6783-436-5
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Karaoke e Walkman, Pac-Man e Pokémon, Tamagotchi ed emoji sono solo alcune delle novità made in Japan che hanno contribuito a portare la modernità nelle nostre vite. Tra gli anni Settanta e Ottanta il Giappone sembrava vivere in un futuro prossimo, grazie alle avanzate tecnologie di Sony e Toyota, e a manga e anime visionari. Nel 1990 il crollo del mercato azionario inaugurò il Decennio perduto, rischiando di far precipitare il Paese nell'irrilevanza, ma il suo peso culturale, invece, non fece che aumentare. Hello Kitty, Nintendo, Dragon Ball Z sono stati più che semplici successi di marketing: confezionati ad arte, divertenti e pericolosamente kawaii hanno trasformato il mondo, innescando connessioni e isolamento, e diffondendo nuovi immaginari. Intrigante e perspicace, POP ??? ripercorre le storie di geni e artisti stravaganti che hanno fatto del Giappone una vera e propria factory delle fantasie del mondo.
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PREFAZIONE
POP è una lettura essenziale per tutti gli appassionati di Giappone in Italia e nel mondo. I meriti di questo volume sono molteplici e si riconducono tutti all’esperienza e allo sguardo profondo di Matt Alt che, nel corso di una lunga carriera nel mercato della localizzazione di prodotti giapponesi all’estero, è riuscito a entrare in diretto contatto con il cuore pulsante dell’industria dell’intrattenimento multimediale del Sol Levante cogliendone in pieno l’essenza. Il rapporto esclusivo che l’autore di questo magnifico libro ha saputo intrattenere con i protagonisti della produzione culturale nipponica si traduce innanzitutto in un’antologia inedita di aneddoti e curiosità dietro la nascita dei manufatti made in Japan più innovativi e fortunati. Questo già basterebbe a soddisfare la curiosità dei cultori di cultura pop asiatica della prima ora ma, fortunatamente, tra le pagine di questo libro si nasconde molto di più: ricostruendo la fitta trama di eventi, incontri fortemente voluti o fortuiti, influenze reciproche, piccole e grandi rivoluzioni che hanno segnato l’evoluzione culturale e tecnologica del Giappone a partire dal dopoguerra, Alt non offre ai lettori soltanto una Storia del pop nipponico, ma anche una preziosa guida alle bellezze e ai pericoli dell’immenso tesoro che rappresenta, mettendone in evidenza le luci più brillanti come le derive più ambigue e oscure attraverso un’analisi lucida e profonda, necessaria nel contesto del panorama culturale contemporaneo caratterizzato da un ritorno all’esotismo sfrenato e, in parte, ingiustificato.
Pensiamo alla diffusione massiccia del manga nelle librerie italiane e internazionali, al dominio incontrastato degli anime nel mercato della distribuzione streaming come nei canali televisivi privati e pubblici tradizionali; pensiamo anche al settore videoludico con Mario + Rabbids di Ubisoft Italia, il successo più limpido ottenuto dall’industria nostrana negli ultimi vent’anni segnato dalla presenza comunque ingombrante dei celebri personaggi creati dal colosso Nintendo. Pensiamo alla moltitudine di ragazzi che inseguono il sogno bello e impossibile di diventare mangaka o animatori, destreggiandosi tra accademie di belle arti e scuole di fumetto; all’ossessione ingiustificata per il sushi di terz’ordine, oppure al dilagare improvviso degli hikikomori, figli di un disagio che pensavamo non appartenesse al nostro sentire. Oggi più che mai la cultura giapponese è parte integrante delle nostre vite e sarebbe sciocco, a più di sessant’anni dal primo impatto significativo con la nuova cultura giapponese, verificatosi in occasione del trionfo di Akira Kurosawa e del suo Rashomon a Venezia, continuare a subire passivamente la marea di stimoli e impulsi che giungono su base quotidiana dal lontano Oriente. POP in questo senso arriva, nei suoi capitoli finali, ad assumere persino i toni di un racconto dell’orrore, con la cronaca limpida e cruda dell’ascesa della nuova destra alternativa americana e del suo rapporto con la cultura otaku. Alt ci ricorda che la deriva fascista del fandom nipponico nasce dalla fruizione superficiale e passiva dei prodotti giapponesi. La mente torna subito su certi tentativi di strumentalizzare icone manga praticati dai principali gruppi della destra giovanile italiana, alla Meloni-chan su un drago al Romics che saluta i fan de Le bizzarre avventure di JoJo.
Il successo planetario dei prodotti giapponesi, tuttavia, è il culmine di un percorso che nasce da presupposti di tutt’altra natura. POP ha il grande pregio di descriverli con precisione chirurgica, individuando nei primi anni del dopoguerra un crocevia fondamentale da cui partire. Jeep giocattolo e manga drammatici, animaletti kawaii e idraulici baffuti: le icone di questo impero dei sensi nascono dall’urgenza di smantellare, ricomporre e integrare il passato e il presente in una proposta di futuro pieno di speranza, o comunque meno amaro del reale quotidiano. La macchinina in metallo di Matsuzo è concepita recuperando uno dei simboli della disfatta bellica, assemblata utilizzando materiali di recupero e infine presentata al pubblico come un piccolo grande mezzo di trasporto verso un domani pacifico. Nella commovente autobiografia manga Gekiga bakatachi (I fanatici del gekiga), Matsumoto Masahiko racconta le imprese di un trio di mangaka alle prese con la creazione di una nuova via alla narrativa sequenziale che, partendo dal caos delle macerie fisiche e psicologiche della prima generazione di perdenti giapponesi, avrebbe poi finito per offrire ore e ore di sollievo, divertimento e speranza a lettori di qualunque età, genere e nazionalità.
Tutta la storia giapponese è costellata da piccole e grandi operazioni di sintesi e sincretismo, sempre entusiasmanti o quantomeno istruttive. Dall’integrazione dei caratteri cinesi e del buddhismo, all’animazione limitata «nonostante» Disney e alla ricostruzione dell’inferno dantesco in chiave manga action, non c’è stimolo o input che i giapponesi non abbiano saputo recepire e assimilare in maniera pratica o creativa.
«Tecnica occidentale, spirito giapponese» è il motto che in epoca Meiji aveva spinto l’élite culturale nipponica a intraprendere un percorso di studio e assimilazione di tutto ciò che potesse contribuire allo sviluppo del Paese e portarlo ad affrancarsi dal giogo dell’occupazione occidentale. È un motto che ben riassume questa capacità di sapersi adattare, ricostruire e poi contribuire in maniera determinante al discorso culturale internazionale. È una sintesi esauriente di molti racconti presenti all’interno di questo libro, e un concetto che spiega con semplicità il motivo per cui, nonostante Disney abbia ispirato decine di migliaia di artisti nel mercato dell’editoria e dell’animazione, è esistito un unico e solo Osamu Tezuka. L’esempio dell’animazione occidentale filtrata dalla sensibilità orientale del Dio del manga moderno ha generato un’eredità artistica immensa, composta di decine di migliaia di pagine di manga e altrettanti frame di animazione, ma soprattutto un modello di artista artigiano, poliedrico e ingegnoso, capace di declinare le sue creazioni in molteplici linguaggi. Tetsuwan Atom, la prima serie televisiva animata trasmessa in Giappone, nasce dall’esempio di Disney e UPA quanto dalla tradizione del Kamishibai, il teatro itinerante con immagini in successione che allietava i pomeriggi dei ragazzi prima dell’avvento del televisore. La natura ibrida, sospesa e profondamente interattiva dell’animazione realizzata da Mushi pro. ha reso Atom un prototipo perfetto su cui sperimentare i primi tentativi di media mix: per i ragazzi che all’epoca restavano incollati alla televisione, era come se le pagine del manga originale avessero preso davvero vita su schermo. Il dinamismo immobile del disegno di Tezuka si adagiava perfettamente sull’impalcatura essenziale dell’animazione limitata di Atom, ma soprattutto investiva tutto il merchandise legato alla serie di un’energia magnetica, una forza di attrazione a cui i ragazzi non riuscivano a resistere e che avrebbe garantito allo studio di generare i profitti necessari per restare in attività. Già dal 1963, quindi, il merchandising costituirà il mezzo di sostentamento principale dei maggiori produttori di anime. La diffusione dell’immagine di un personaggio oltre le pagine del manga e lo schermo televisivo, unita alla sua presenza materiale nel contesto sociale e culturale quotidiano ha garantito l’ascesa inesorabile della cultura otaku, in Giappone prima e successivamente oltre i confini nazionali.
Quando arrivarono in Italia, anime e manga erano già da tempo ingranaggi collaudati della potente macchina di contenuti nipponica. A partire dalla seconda metà degli anni Settanta, un numero crescente di anime, inizialmente conosciuti come semplici cartoni animati, popola emittenti private e pubbliche, ed è accompagnato da operazioni commerciali legate alla produzione di pubblicazioni cartacee, dischi di sigle animate e gadget. In un entusiasmante e notevole giro del mondo in 25 frame al secondo, la prima a comparire sul programma La TV dei ragazzi è Barbapapà, una produzione internazionale che coinvolge anche Francia e Olanda ispirata ai fumetti di Tison e Taylor. Tezuka esordirà sugli schermi italiani con Janguru Taitei, conosciuto da noi come Kimba, il leone bianco, nel 1982. L’impatto degli anime sulle generazioni di giovani cresciute a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta è per certi versi devastante, considerando per esempio l’onda lunga del successo di cui ancora oggi godono le serie di fantascienza dedicate ai robottoni di Nagai Go, amate dai giovanissimi e dai bamboccioni ormai quarantenni che ancora faticano a dire addio ai ricordi di infanzia.
L’effetto nostalgia, anch’esso generato da quel dinamismo immobile ingegnerizzato nello studio di Tezuka e perfezionato dagli altri studi di animazione, segna il rapporto che tanti ragazzi degli anni Ottanta intrattengono con l’animazione giapponese. A stupire è anche la varietà di generi e stili che caratterizzano queste animazioni, talmente grande da soddisfare senza fatica né particolari discriminazioni spettatori e spettatrici giovanissime e adolescenti: da Urusei Yatsura...




