E-Book, Italienisch, 102 Seiten
Reihe: Sotterranei
Dick Loro
1. Auflage 2022
ISBN: 978-88-3389-439-3
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 102 Seiten
Reihe: Sotterranei
ISBN: 978-88-3389-439-3
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
1915 / 2001 nata a Londra, ha scritto cinque romanzi e a soli ventisei anni è stata la prima donna a dirigere una casa editrice inglese, lavorando con grandi autori come George Orwell. Ha scritto per il New Statesman, il Times, lo Spectator e il Punch. Ha vissuto per vent'anni con la compagna, la scrittrice Kathleen Farrell, e ha sempre sostenuto il lavoro dei giovani scrittori che considerava più promettenti.
Autoren/Hrsg.
Weitere Infos & Material
Prefazione
Ricordai com’era cominciata,
una barzelletta per i quotidiani.
Adesso nessuno scriveva di loro.
La distopia è stato uno dei miei generi preferiti, l’inizio del sentiero che mi ha allontanato dai libri dell’infanzia. Lessi , , . Le metafore li rendevano duttili; per la prima volta vidi di cosa i romanzi, le correnti che si muovevano al di sotto della prosa. C’è un motivo se facciamo leggere i romanzi distopici agli adolescenti, lo stesso motivo per cui la letteratura ne è piena. L’adolescenza segna il momento in cui si inizia a vedere oltre l’apparenza delle cose, quando il turbamento che ribolliva nella mente si infrange bianchissimo sulla riva. La distopia è un genere per l’età postlapsaria; è arte per ciò che non puoi dimenticare di aver visto.
fu pubblicato per la prima volta nel 1977, vincendo il Southwest Arts Literature Prize. È il quarto libro della pioneristica autrice, editor e editrice queer Kay Dick, che ha vissuto a Hampstead per più di vent’anni insieme alla sua compagna Kathleen Farrell. – che nel sottotitolo originale l’autrice definisce «una successione di inquietudini», sebbene il libro si collochi a metà strada tra la raccolta di racconti e il 1 – ha per protagonista una persona di cui ignoriamo il nome e il genere, che si sposta per la campagna inglese insieme ad alcuni artisti e intellettuali cercando di sfuggire alle aggressioni di un misterioso gruppo di filistei a cui ci si riferisce chiamandoli semplicemente «loro».
non hanno un governo, non hanno un credo, non hanno pietà. L’attimo prima sono metodici e deliberati nella loro crudeltà, quello successivo assurdamente sconsiderati e barbarici. si spostano a bordo di barche sui canali ed erigono sinistre torri sulla costa dove i ribelli vengono rinchiusi e i loro ricordi cancellati. disprezzano l’arte, le persone che vivono da sole, l’eccessiva manifestazione delle emozioni; sottraggono romanzi e dipinti, bruciano poesie e spartiti musicali.
E puniscono chiunque opponga resistenza. I pittori impenitenti vengono accecati, i musicisti spudorati vengono resi sordi. A uno scultore vengono cavati gli occhi utilizzando le schegge di vetro delle sue opere. Un’autrice di libri per bambini traumatizzata si immerge ogni giorno in uno stagno, a quanto parrebbe per estinguere il ricordo di quando le hanno dato fuoco. tengono sulle fiamme il braccio destro di Jane, una poeta, per otto minuti; il suo crimine è aver istintivamente fatto un passo verso le sue opere che bruciavano. («[Il marito] Russell aveva reagito diversamente. “Avete dimenticato questo”, aveva detto, buttando nel fuoco la fuga che aveva appena terminato di comporre».)
è asciutto, inquietante, familiare in un modo sinistro. Ricorda di Yoko Ogawa o di Jacqueline Harpman, collocandosi nello spazio tra distopia e horror. Il rigoglioso paesaggio è infestato da dettagli profondamente disturbanti che rivelano le forze in gioco – «Inutile tendere l’orecchio al rumore dei passi; loro non portavano scarpe» – e fa da sfondo alle incessanti interrogazioni sull’arte: cosa vuol dire creare senza un pubblico? Se non è più possibile leggere un romanzo, è sufficiente ricordarlo? È più importante proteggere l’artista o le sue opere?
non ebbe successo. Vendette così poco che, quando l’autrice chiese l’edizione tascabile, il suo editore le ricordò gentilmente che finché l’anticipo non fosse stato ripagato l’autore era tenuto a pagare per le proprie copie. «Suggerisco che la Penguin si sforzi di vendere più copie per sanare il deficit», rispose stizzita l’autrice.2 Non era soddisfatta delle vendite, né della promozione della Penguin; aveva l’impressione che nessuno in casa editrice si impegnasse a promuovere il libro. E a suo modo aveva ragione. Nessuno era davvero pronto per : né l’editore che l’aveva pubblicato, né i critici letterari, le cui recensioni mediocri riuscirono a essere incredibilmente sessiste.3 Due anni dopo la pubblicazione era fuori commercio. Dopo la morte di Dick nel 2001 gli eredi contattarono numerosi editori, ma tutti declinarono l’opportunità di ripubblicare il libro. Quando infine fu riscoperto – un incontro fortuito: un agente letterario per caso l’ha preso in mano in un negozio dell’usato – era impossibile comprarne una copia di seconda mano su internet; la mia più che un libro è un fascicolo di fragili pagine tenute insieme da un vago ricordo di rilegatura.
La riscoperta di è un lieto fine, naturalmente, ma un lieto fine di una storia molto triste che reca essa stessa un promemoria metaletterario su cosa succede alle sublimi vette della creazione quando si schiantano con il mondo reale, lo scontro tra arte e commercio. Non c’è bisogno di accecare o bruciare vivi gli artisti per silenziarli; si possono sopprimere semplicemente creando e mantenendo una precarietà economica e lasciando che i libri spariscano.
In un saggio pubblicato sulla , Lucy Scholes scrive dello shock di leggere dopo gli altri libri di Dick: «È stato come leggere l’opera di un’altra autrice, completamente diversa», dice, descrivendolo come una «completa anomalia nella produzione di Dick: un’occulta aberrazione di fine carriera, la cui genesi non è chiara, e di cui le opere successive non recano alcuna traccia». Questo fa venire in mente un’affermazione di H.P. Lovecraft, secondo cui il miglior esempio di quanto sia pervasivo il terrore umano che dà forza alla letteratura della «paura cosmica» era «quell’impulso che di tanto in tanto spinge gli scrittori di inclinazione diametralmente opposta a mettersi alla prova con questo tema in racconti isolati, come a voler espellere dalla mente certe forme fantasmatiche che altrimenti li perseguiterebbero». Cosa perseguitava Kay Dick? La precarietà economica? La frustrazione del processo creativo? È morta nel 2001 – appena un mese dopo che un attacco terroristico ha dato il via a una delle numerose distopie parallele attuali – ma è facile immaginare che avrebbe trovato altrettanto allarmanti parecchi dettagli della vita contemporanea: la violenza economica, le guerre eterne, il flirtare con l’autoritarismo, la catastrofe ambientale che si sta consumando.
Con si è tentati di fare il gioco delle allegorie, incorporarne la struttura nel nostro Zeitgeist come abbiamo fatto con o . È facile abusare delle metafore; certamente vi sarà capitato che un vostro oppositore ideologico invocasse in propria difesa, sostenendo (ne siete sicurissimi) una tesi esattamente opposta a quella che intendeva l’autore. Ed è facile – e non è sbagliato, sia chiaro – applicare l’etichetta «loro» a persone specifiche che hanno reso la vita un inferno ad artisti e intellettuali: politici conservatori, commentatori reazionari, genitori scandalizzati, istituzioni codarde. Questo genera una visione della distopia dall’alto in basso, in cui la colpa è altrove, fuori.
Ma io non credo che Kay Dick ci permetterebbe di cavarcela così; gli impulsi censori e gli esasperanti discorsi svianti e la bigotteria non sono certo patrimonio esclusivo della destra. L’autrice queer radicale di ha dovuto essere riscoperta da tutti, alla fine. Se la vostra comprensione della distopia non inizia, in primo luogo, con la vostra complicità – col fatto che in voi ci sia un po’ di , anche se non vorreste – non avete colto il punto. Il bello delle distopie è che potete usarle come un coltello in una rissa, ma dovete stare attenti a non lasciarle cadere, altrimenti rischiate di trovarvi dalla parte sbagliata della lama.
Siamo ancora nel mezzo di una pandemia. Eventi climatici a cui si assisteva una volta nella vita adesso succedono regolarmente; ho dimenticato come si susseguono le stagioni. Persone che non dovrebbero soffrire e morire soffrono e muoiono – non perché manchino le risorse, ma perché manca la volontà politica. L’arte è stritolata: capitalismo, commercio, governi, istituzioni, bigotti, codardi. In questo contesto ha un effetto quasi paralizzante. Cosa bisogna fare di fronte a questa perdita, a questo male, a questa calamità? Ce lo dice Kay Dick. O, almeno, ci dona un’apertura, una porticina significativa: Jane, la poeta. Quella alla quale hanno tenuto il braccio destro sulle fiamme per otto minuti, per aver opposto resistenza alla perdita delle sue opere. Lei è tornata a scrivere poesie. Col braccio destro rovinato, sta imparando a scrivere con il sinistro.
1. Romanzo composto da racconti preesistenti, editati dall’autore per dar loro un filo conduttore; comune nella letteratura di genere del dopoguerra, è caratterizzato (tra le altre cose) dal fatto che le varie parti non sono rigidamente legate, e sono tenute insieme da personaggi ricorrenti o dall’ambientazione.
2. , Università del Texas a Austin, Harry Ransom Humanities Research Center.
3. Tra cui forse la più indicativa è...




