"Jovanotti" Cherubini / Bolelli | Viva tutto! | E-Book | www.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 418 Seiten

"Jovanotti" Cherubini / Bolelli Viva tutto!


1. Auflage 2011
ISBN: 978-88-96873-24-3
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 418 Seiten

ISBN: 978-88-96873-24-3
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



VIVA TUTTO! è un libro che nessuno definirà mai minimalista; è un libro che non sta dentro nessuno schema, nessun genere, perché i generi vuole abbracciarli più o meno tutti. Lorenzo Jovanotti Cherubini e Franco Bolelli lo hanno scritto mescolando slanci vitali, riflessioni paradigmatiche, racconti personali, appunti di viaggio, linguaggio scritto e linguaggio parlato. È un libro che segue passo dopo passo la preparazione del nuovo disco di Lorenzo Jovanotti. In uscita a gennaio 2011 È un libro mentale e sentimentale che parla di maschile e femminile, di biologico e tecnologico, di Italia e California, di musica (naturalmente) e di libri, di social media e di un sacco di altre cose.

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1 marzo

LMi capita di rimanere a guardare i miei cani, ne abbiamo tre.

Li guardo che lottano o mangiano o dormono. Lo fanno con l’intero corpo. Non hanno rigidità e sono totalmente coinvolti nella loro azione. Corpi che sono mente. Gli umani invece sono quasi sempre frazionati. Se uno spinge l’interruttore, lo fa con il dito e la mente è da un’altra parte ma anche il piede è da un’altra parte. Se uno guarda la tv o morde una mela, lo fa impiegando solo una funzione specifica. La musica ha la possibilità di risvegliare l’unità di corpo e spirito e per questo mi è sempre piaciuta la musica e ne ho fatto una via per stare al mondo.

Da qualche parte ho letto che in base a certe ricerche i direttori di orchestra hanno fisici molto sani e una longevità diffusa. In fondo quello che fanno sembra un’arte marziale e la coordinazione corpo mente in quel caso deve essere molto affilata. Sul canale di musica classica di Sky danno spesso vecchi filmati di grandi direttori d’orchestra in bianco e nero che provano o dirigono, e se li guardi con l’audio abbassato sembra un’arte marziale la loro.

Un giorno ho fatto un seminario sull’uso della voce, non una cosa da cantanti veri e propri ma un percorso di indagine sulla propria voce.

Per i primi due giorni abbiamo solo fatto movimenti di tai-chi per prendere dimestichezza con la questione dei pesi. La voce come un fenomeno legato al peso non l’avevo pensata ma in realtà è proprio così. La voce, come ogni suono prodotto dall’uomo attraverso gli strumenti che possiede, deve vedersela con una questione di pesi e misure, di equilibrio e gravità, di distribuzione del peso. Interessante.

La voce è l’unica cosa che esce da noi e si separa da noi. Tutto quello che è venuto dopo, la scrittura, le armi, gli strumenti, la tecnologia in generale, sono una conseguenza della voce, un surrogato.

Il suono della voce si chiama TIMBRO proprio come un timbro, una firma, una certificazione di autenticità.

Voce e movimento, voce ed evoluzione. Mi piacerebbe molto sentire la voce dei nostri antenati. Mi manca non poter sentire il timbro vocale di Gesù o Leonardo da Vinci o di Shakespeare. Chissà che voce aveva l’uomo dell’età della pietra.

Stamattina sono all’ascolto del nuovo album dei Gorillaz, che sta uscendo in questi giorni ma in rete c’è già tutto. Mi sono piaciuti fin dall’inizio, il loro è uno dei progetti più belli del pop degli ultimi anni. Mi piace questo rimandare continuo a qualcos’altro. Le cose nei dischi dei Gorillaz sono sempre anche qualcos’altro.

È quello che io ho sempre tentato di fare e continuo a fare: dare alle cose identità multiple, muovermi attraverso le stringhe, essere insieme cartone animato ed essere umano. Il prossimo passo in questa avventura vorrei proprio che includesse la faccenda dell’età, cioè farmi chiamare Jovanotti e avere i peli della barba bianchi, essere un bambino e un vecchietto insieme, uno senza età perché in qualche modo ha diverse età contemporaneamente. Oggi questo sta diventando possibile e la cosa mi mette una certa allegria.

La «dittatura» della giovinezza è una bufala bella e buona, lo è sempre stata, perché in realtà si tratta della solita vecchia storia del conformismo che tenta di imporsi come modello unico. Non c’è niente di più vecchio della parola «giovane».

Ecco, le cose senza nome sono sempre le più forti.

FLorenzo,

oggi sempre di più le categorie sono ridicole e assurde. «I giovani», poi!: ci sono miliardi di giovani uno diverso dall’altro, e anche a volerli in qualche modo definire per appartenenze, ci sono diversissimi modelli di giovani. Tutti gli umani migliori che conosco non ce la fanno proprio – non è nella loro attitudine – a stare dentro una categoria, un’età, un’identità, un qualcosa di statico. È perché hanno introiettato il metabolismo della vita, quella capacità di abbracciare spinte diverse.

Oggi l’evoluzione consiste nella rapidissima, folgorante estensione del metabolismo della vita alle tecnologie, e da queste alle nostre forme di conoscenza e di percezione. Il progetto biologico e naturale si sta espandendo con una potenza senza precedenti, si sta allargando in tutte le direzioni, creando centinaia di organismi di ogni tipo – da quelli cellulari a quelli culturali e comportamentali – alcuni dei quali poi ne conquistano altri, mentre altri scompaiono rapidamente e altri ancora continuano a esistere mutando forma, perché a sopravvivere e anzi ad affermarsi sono quegli organismi, quelle forme, quelle stesse idee, che possiedono tanto grande forza quanto flessibilità e capacità di adattarsi. È vero che la forma del mondo può apparire sempre più modellata sulla complessità e sul disordine: ma non dimentichiamoci mai che a spingere la corrente c’è un principio assoluto e incondizionato, quello della proliferazione attraverso la relazione. 

In questo senso la vita – fragilissima nelle sue manifestazioni singolari – è nel suo complesso irresistibile, sfrenata, addirittura imperialista nel conquistare ogni frammento e ogni spazio e piegarlo alla propria proliferante natura. Le infinite vite singolari e particolari possono durare poco (e questo ci disturba tremendamente), ma attraverso la dinamica dei contatti e delle relazioni – che nel mondo globale si moltiplicano vertiginosamente in ogni direzione – aumenta e si potenzia la vitalità, il principio della vita. 

Alla fine la vita non fa che riprodursi. L’evoluzione è il risultato spontaneo di tutte quelle forze che spingono per espandere, e delle loro miriadi di combinazioni (è proprio perché è spontanea, molteplice e incontrollata, che l’evoluzione è infinitamente più ampia, più potente e più viva del progresso storico e sociale). Ecco perché chi vede gli umani sottomessi alle macchine e alla tecnica capisce degli umani ancora meno del nulla che capisce delle macchine e della tecnica: perché il metabolismo che alla fine continua a imporsi e anzi a espandersi è quello della vita biologica, che oggi più che mai nutre la tecnica e si nutre di essa.

Te lo dicevo qualche mail fa: a me affascinano le voci «sbagliate». Dylan, il tono monocorde di Johnny Cash, o certe cantanti femminili – da Astrud Gilberto a Hope Sandoval – che hanno poco più di un sussurro. Hendrix cantava male, però era perfetto. Non ho mai sopportato i virtuosi della voce.

3 marzo

LBolelli!

Ieri notte abbiamo finito di rimettere in sesto lo studio. Ora non ho più scuse per temporeggiare, è pronto ad accoglierci.

Ho anche fatto costruire due trabiccoli per appoggiare le casse grandi. Sono una lamiera smaltata di rosso Ferrari. Veramente audaci.

Di solito gli studi di registrazione li fanno assomigliare a sale operatorie, io mi sono ispirato a un certo underground berlinese anni 80 con qualcosa del centro di Lagos Fela Kuti style e un po’ di Beastie Boys. I Beastie Boys hanno uno studio a New York che rappresenta il mio ideale di studio di registrazione ma loro hanno venduto una trentina di milioni di dischi e in questo senso le dimensioni contano, come dice il vecchio Godzilla. Ho anche realizzato una parete/pantheon dove ho attaccato con colla da attacchini un flusso di immagini scaricate e stampate su fogli A4 da Internet con la tecnica del flusso. Da Sammy Davis Junior al Dio di Michelangelo passando per Burt Simpson e Domenico Modugno, la mia mamma, la Teresa, Valentino Rossi, foto del mio matrimonio, Lee Scratch Perry, Joseph Conrad, Carlos Gardel, i Run dmc, James Brown, l’acceleratore di particelle di Ginevra ecc. ecc.

Il flusso di immagini da Google è uno dei miei passatempi prediletti la sera davanti alla tv. Con il computer sulle ginocchia e la ricerca immagini di Google parto da una cosa qualsiasi e arrivo in luoghi inaspettati e riempio una cartella di jpeg. Ne ho un po’ di queste cartelle e rivedendole dopo qualche giorno è praticamente impossibile risalire al motivo delle associazioni che mi hanno portato a scaricare l’Onda di Hokusai e un’immaginetta di sant’Antonio da Padova, il ballerino Nijinskij, il barone di Munchausen, il cantante africano Oliver de Coque, il profeta Mosè, la piantina di una città dove probabilmente non andrò mai, Stanlio e Ollio.

Ho una naturale tendenza verso le liste, e questo quando non è un vantaggio è un problema perché se fosse per me scriverei solo canzoni che sono un elenco di immagini, e non si può. È un tipo di arte che mi affascina da sempre. Ho fatto il deejay per questo. Sono attratto dalle sequenze di senso. Chiaramente le sequenze che mi attraggono sono quelle che non hanno senso apparente, ovvero che realizzano una narrazione che non segue parametri tradizionali.

Una cosa che mi colpisce è andare su Youtube a guardare i video che gli utenti si fanno da soli, magari con le mie canzoni. Nella quasi totalità dei casi quando io dico fiore il videomaker casalingo mette la foto di un fiore...



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