E-Book, Italienisch, 182 Seiten
Mortimer La signora Armitage
1. Auflage 2014
ISBN: 978-88-7521-622-1
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 182 Seiten
ISBN: 978-88-7521-622-1
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
La signora Armitage è la storia di un matrimonio fuori dal comune: quello fra un giovane sceneggiatore cinematografico in ascesa e una donna passionale e vitale (alter ego dell'autrice) che ha avuto uno sciame di figli da quattro uomini diversi, e non sa rassegnarsi a condurre una vita borghese fatta di elegante normalità di facciata e trasgressioni taciute. Fra squarci di intimità familiare, flashback sul passato e scene di dialogo dal ritmo serrato, si dipana un memorabile ritratto di nevrosi femminile, e una dolorosa riflessione sul tema della maternità e della monogamia condotto con affilata ironia e senza un filo di vittimismo. Pubblicato originariamente nel 1962, trasformato poi in un film (Frenesia del piacere) sceneggiato dal premio Nobel inglese Harold Pinter, che valse ad Anne Bancroft una candidatura all'Oscar come miglior attrice protagonista, questo romanzo torna dopo cinquant'anni in una nuova traduzione che ne esalta la sferzante modernità. Fra lo sguardo spietato di Revolutionary Road e la finezza psicologica di Virginia Woolf, La signora Armitage è una riscoperta destinata a incantare i lettori.
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2
«Immagino sappiate il fatto vostro» disse il padre di Jake. «I bambini cosa dicono?»
«Be’, con loro...»
«Be’, con loro in effetti non ne abbiamo » disse Jake. «Sono , appunto. Non è che dobbiamo chiedergli il permesso, no?»
«Al contrario» disse suo padre, «avrei detto che fosse la cosa più importante.
«Non capisco perché tu voglia sposare Jake» proseguì, dando un morso delicato alla punta di un bastoncino al formaggio. «Non capisco proprio». Mi sorrise, il bastoncino pronto fra le dita per il morso successivo.
«Lo so che siamo tantissimi, ma...»
«Ah, ma non è quello a preoccuparmi, assolutamente no. Suppongo che i tuoi precedenti mariti ti versino qualcosa per il mantenimento eccetera, no?»
«Qualcosina». Bugia.
«Finora te la sei cavata, e a vederti direi che seguiterai a cavartela. Jake, però? Sarà un marito tremendo».
«Ehi, aspetta un attimo» disse Jake.
«Tremendo, garantito. Ti capiterà di ammalarti, per esempio. E da lui non avrai la minima solidarietà, perché odia le malattie. Non ha un soldo, è un pelandrone, e poi beve troppo». Indirizzò al figlio un tenero sorriso di congratulazioni.
«A sentirlo pare che mi detesti» disse Jake.
«Che sciocchezza, figliolo. Lei lo sa che non è così. Versale un altro po’ di sherry ma tu non farti un altro scotch, perché deve durarmi fino a martedì. E dove pensate di andare a vivere, per dirne una?»
«Non lo sappiamo ancora...»
«Be’, ovvio che sono solo affari vostri. Io, se fossi sistemato a modo in una casa di campagna con del mobilio – mobilio ne avrai, suppongo – e ogni comodità, di certo non abbandonerei tutto quanto per Jake, che è totalmente inaffidabile. Sempre stato. E nemmeno sapevo che gli piacessero i bambini. Già» domandò a Jake in tono leggero, «ti piacciono i bambini?»
«Certo. Ne vado pazzo. Sempre adorati».
«Ma davvero? Che strano. Tu pensa, avrei detto che li trovassi orribilmente noiosi. Ma ne , di bambini?»
«Lo senti?» disse Jake. «Te l’avevo detto, è impossibile».
«Non mi starai mica finendo lo scotch, eh?»
«Te ne compro un’altra bottiglia».
«E dove? Lo sai che è giovedì e chiudono presto».
«Scendo al pub prima di pranzo e te ne compro un’altra bottiglia, va bene?»
«Ci dai un occhio tu, che ci vada davvero?» mi chiese il vecchio. «Guarda che questo mi saccheggia casa. L’ultima volta che è stato qui se n’è andato col mio rasoio...»
«Ma santo cielo» disse Jake, «ne avevi ».
«Perché me ne servono sei. Anzi, spero che tu me l’abbia riportato».
«No. Non ce l’ho».
«Non è che me lo spediresti tu, cara? È un piccolo Gillette, di quelli che si svitano, credo che vengano sui cinque scellini e undici penny».
«Vedrò se lo ritrovo» dissi io. «Altrimenti glielo ricompriamo, naturalmente».
«Molto gentile. È un rasoietto davvero indispensabile; per raggiungere gli angoli più antipatici, sai. E adesso, Jake, basta con quel muso lungo. Dalle un altro dito di sherry. Il ragazzo non è granché quanto a buone maniere, ma immagino che te ne sia già accorta».
«A dire il vero» dissi io con le dita dei piedi arricciate e la voce un pochino stridula, «a dire il vero io gli voglio molto bene».
«Non lo metto in dubbio. Anch’io».
Ci scambiammo un sorriso caloroso.
«Sei una ragazza coraggiosa» mi disse poi.
«Ma no. È Jake, quello... coraggioso».
«Che sciocchezza. Lui sta solo mirando al massimo. Una graziosa mogliettina che sa cucinare, una famiglia bell’e pronta, una caterva di mobili. Ti chiederà molto».
Tesi la mano per prendere quella di Jake. «A me va bene».
«Ha passato troppo tempo da solo. Mia moglie non poteva più avere figli, lo abbiamo viziato. Detesta mandare le camicie in lavanderia, lo sapevi?»
«Ma sant’Iddio» sbottò Jake. «Sono un uomo di ventinove anni, e sono ».
«Per tacere del caratteraccio. Quando pensavate di sposarvi?»
«Il mese prossimo» borbottai. «Una volta ottenuto il divorzio».
«Già, il divorzio. Procede come deve, sì?»
«Penso di sì. Mi spiace solo che Jake...»
«Si ritrovi coimputato in adulterio, certo. “Pur, ciò ch’io vidi è l’arcata che s’apre sul nuovo...”1 Devo dirtelo, figliolo, non pensavo proprio ne fossi capace. Bene, mi pare sia tutto, no? Questo discorso si può anche chiudere, giusto? Quella bottiglia di scotch, invece?»
«Spero che verrà» dissi io. «Voglio dire, ci farebbe piacere che venisse, se a lei fa piacere venire».
«Oh, non credo. Grazie, cara, ma non credo proprio. Odio i treni, e se anche riesco a convincere Williams a portarmi fin là in auto non troviamo mai da parcheggiare, e poi c’è il problema del pranzo di Williams. No, è una seccatura troppo grossa. Ma naturalmente avete la mia piena benedizione».
«Per quanto riguarda il regalo di nozze» disse Jake, «gradiremmo un assegno». Il viso era di un verde tenue e il labbro superiore arricciato in una smorfia impietrita.
«Un assegno» ripeté il vecchio facendosi immobile. Un raggio di sole si spostava ozioso per la stanza a cogliere pezzettini d’argento e cristallo, ad accendere i salvapunte lucidi sulle scarpe del vecchio, a scivolare sul cuoio delle poltrone. Lui prese un altro bastoncino al formaggio, soppesandolo fra le dita. «Un assegno? Che avete in mente?»
A quello non potevamo rispondere. Lui attese, poi morse di netto il bastoncino. «Allora vi faccio un assegno. Non grosso, badate, perché sono povero. Vorrete pur dare un rinfreschino, oserei dire, dopo l’evento. Qualche bottiglia di champagne e così via. Vi regalo venticinque sterline a esplicita condizione che le spendiate per quello. Siamo intesi?»
«Ma non » attaccai.
Lui mi diede la prima occhiata severa. «Anzi, ripensandoci» disse. «Date incarico a una ditta. E mandatemi la fattura».
Mio padre disse: «C’è qualche punto eminentemente pratico che mi piacerebbe chiarire. Si sieda, Armitage. Le arrotolo una sigaretta?»
«No, grazie» disse Jake. Poi si accomodò su un vetusto pouf in cuoio a losanghe rosse e blu scuro. Mio padre si rigirò verso la propria scrivania e sistemò la lampada in modo da illuminarla con precisione. «Pensi tu al tè, cara?» chiese.
«Tè?» chiesi a Jake. Avevamo appena cenato con salsicce e purè, più crema alla banana.
«No. No, grazie».
«In dispensa c’è un po’ di sambuca» disse papà. «Tesoro, fa’ una corsa a prendere la sambuca».
«No, grazie» disse Jake. «Davvero».
«Bene, allora. Dichiaro aperta la seduta». Fece un altro giro sulla sedia e indirizzò a Jake un sorriso incoraggiante. «Ora, inutile insistere sul perché e il percome di tutta questa faccenda. Siete entrambi adulti e pensate con la vostra testa. Devo dire che un giovanotto con tutta la vita davanti che si accolla una nidiata di bambini e una moglie inetta come mia figlia per me è matto. Matto da legare. Di buono c’è solo che almeno stavolta si è scelta un anziché un... musicante o uno scribacchino come gli altri. Lei mi è simpatico, Armitage. Penso che sia un folle, ma vorrei almeno aiutarla nell’impresa. Che ne dice?»
«Grazie. Grazie davvero» disse Jake. «Ne dico ogni bene».
«Se io le do una spinta, lei pensa di poter andare avanti da solo?»
«Spero di sì».
«Lo spero anch’io. Per prima cosa, alleggerire un po’ il carico: suggerirei di mandare i bambini più grandi in collegio. Ho qui gli estremi di un paio di scuole, le piacerebbe dare un’occhiata?»
Porse due opuscoli a Jake e appoggiò la schiena all’indietro, tamburellando con la matita sul bordo della scrivania. «Sono poco distanti l’una dall’altra» disse. «Entrambe sul mare. Certo non stiamo parlando di Harrow né di Roedean, ma se si applicano c’è una possibilità che più avanti ottengano delle borse di studio. Che ne dice?»
«No» dissi io. «Neanche per idea. Non possiamo mandarli via da casa, sono troppo piccoli. E comunque non ce lo possiamo permettere. E comunque...!»
«Tu stai buona» disse papà, acido. «La questione riguarda Jake, non te. Sto sottoscrivendo delle polizze a sussidio della loro istruzione nei prossimi cinque anni. A quel punto i ragazzi avranno...» diede uno sguardo al foglio di carta sulla scrivania «quattordici, dodici e undici anni, noi dovremmo aver capito se sono in grado di proseguire gli studi, e Jake avrà avuto modo di provare a farsi una posizione. Che ne dice?» gli chiese di nuovo.
«Mi sembra un’ottima idea».
«No!» ripetei io.
«Dai, cerca di ragionare» disse Jake. «A loro piacerebbe molto, e gli farà bene».
«E invece no! Si troverebbero malissimo! Perché non ci dai i soldi e basta...?»
«Perché non è quello il punto» scattò mio padre. «Non ti permetterò di schiacciare questo ragazzo sotto il peso delle responsabilità fin dal primo giorno. Al momento sta facendo il passo ben più lungo della gamba, e dovrà lavorare come un negro per riuscirci. Io non so nulla di queste... faccende di cinema, e a dire la verità non ci credo molto. Ma non voglio vederti tornare a casa fra cinque anni con...




