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E-Book, Italienisch, 321 Seiten

Song Oceano rosso - volume 2

Il passato del nostro passato / Il nostro futuro
1. Auflage 2024
ISBN: 978-88-6783-517-1
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

Il passato del nostro passato / Il nostro futuro

E-Book, Italienisch, 321 Seiten

ISBN: 978-88-6783-517-1
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Siamo alla vigilia della guerra contro i Bianchi, il popolo che si è insediato sulla Luna. I terriani, ormai sull'orlo dell'estinzione, scelgono di alterarsi geneticamente per colonizzare l'ecosistema più vasto del pianeta: l'oceano. Ma la nuova specie degli acquatici e le altre comunità che abitano la terra rifiutano il proprio destino e lo combattono. Che il nemico siano le alghe rosse e allucinogene che invadono l'oceano o i Naviganti con cui concorrere per il poco pesce commestibile rimasto, la lotta in scena è quella dell'umanità contro sé stessa: incapace di imparare dalla storia, cade ricorsivamente in cicli di conflitto e violenza estrema. L'epopea oceanica aperta nel primo volume dell'opera si chiude con una lettura ucronica in cui l'esploratore cinese del Quattrocento Zheng He 'scopre' l'Europa. Nell'inquietante incontro fra Cina e Occidente, dove presente e passato si confondono, il futuro si svelerà come un feroce ritorno alle origini.

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L’ACQUATICO


Un segreto militare di massima riservatezza


L’acquatico nacque un giorno d’autunno, nella stagione in cui le piante terriane brillano come fuoco. Ma lui non poteva godere della loro vista, poiché quando venne al mondo fu subito rinchiuso in un serbatoio d’incubazione. Perlomeno al suo interno poteva muoversi liberamente, una fortuna che non avevano invece i suoi creatori, originari delle terre emerse.

Fu un gruppo di scienziati a dare vita a questa creatura mitologica modificando e assemblando diverse migliaia di geni. La corporatura era un terzo più grande di quella degli esseri umani. Tra le dita di mani e piedi aveva spesse e ampie membrane rosa, branchie marrone scuro dietro le orecchie e pinne sotto l’addome. Era privo di peli. Il naso, piccolo e stretto, aveva narici inclinate e a stento visibili, come quelle delle balene: le utilizzava per respirare di tanto in tanto, quando si trovava in superficie, avendo mantenuto intatte le funzionalità polmonari. Nonostante la pelle fosse liscia e grassa come quella di un delfino, si ritrovava con quattro arti per niente adatti a nuotare, una scelta che derivava dalle controverse considerazioni etiche e culturali che avevano portato gli scienziati a ispirarsi alla forma umana nel progettare l’acquatico: «Se non fosse per gli arti, assomiglierebbe in tutto a una creatura marina!», esclamarono sconfortati. Avvolti nei loro splendenti camici bianchi, sotto i quali si intravedeva occasionalmente l’uniforme militare, lo contemplavano commossi. C’era voluto un intero decennio per realizzarlo: l’acquatico era un’innovazione tecnologica sviluppata allo scopo di salvare il mondo.

«Ma si può considerare un essere umano?»

Nel laboratorio si diffuse un brusio incerto.

«O più precisamente, un essere umano di nazionalità giapponese?»

L’atmosfera si fece un po’ tesa, poi qualcuno rispose: «Che assurdità, certo che è umano!».

«Ha la carnagione un poco più scura, ma è senza dubbio giapponese.»

«E se non fosse umano, che genere di creatura sarebbe?»

«Siamo forse simili a Frankenstein?»

Frankenstein, un personaggio nato dall’immaginazione della scrittrice inglese Mary Shelley, si era servito della biotecnologia per creare una forma di vita artificiale, un essere né umano né demoniaco, che tuttavia aveva finito per trarre soddisfazione nell’uccidere.

«Ah, Frankenstein! Intendi forse dire che abbiamo creato un mostro organico che si tramuterà in un nemico dell’umanità? Ma sentitelo!»

«Sentitelo! Ahahah. Questo sarà un problema dei Bianchi. Perché dovrebbe riguardarci?»

Poi subito un’atmosfera cupa avvolse il laboratorio. Gli scienziati militari erano così devoti alla causa che poggiando gli occhi adoranti sulla creatura ammutolirono di colpo, sentendo il cuore colmo di compassione e pietà. Persino i camici bianchi sembravano riflettere una luce sinistra.

L’acquatico nuotava nel serbatoio d’incubazione e non poteva rendersene conto.

«È un giorno di festa, smettiamola di dire sciocchezze.» A pronunciare queste parole era stato il comandante maggiore, responsabile del gruppo di ricerca. «Certo non ha un aspetto così attraente da farne l’amante di qualche signora, ma di fronte all’ineluttabile è l’unica speranza per gli abitanti delle terre emerse.»

In quel momento un uomo entrò strillando: «Una lettera di congratulazioni dai piani alti!».

Il comandante lesse ad alta voce il messaggio: «Avete realizzato un miracolo della scienza, superando l’India e la Corea del Sud e facendo guadagnare al Paese tempo prezioso in questa sfida globale».

Solo allora l’imbarazzo che aleggiava nel laboratorio si dissolse e il messaggio di congratulazioni portò addirittura allegria. Da molto tempo il Paese intero lavorava al progetto di creazione di un essere acquatico, chiamato ufficialmente Hyperhomus. Quasi tutti avevano fallito, ma la base operativa di Yokohama era riuscita nell’intento. Si trattava di un segreto militare della massima riservatezza.

Un mare in fiore


Il tempo trascorse più in fretta del previsto e l’acquatico compì sette anni. Un pomeriggio di primavera, il piccolo individuo strisciò fuori dal serbatoio d’incubazione e con fare un po’ goffo si sedette pacifico su una riva verdeggiante. Si mise a osservare con gioia il luminoso scenario di fronte a sé, incapace di distogliere lo sguardo e ridacchiando di tanto in tanto.

Proprio davanti a lui, il mare, che si apriva ampio come il cielo in una distesa priva di ostacoli allo sguardo, fioriva silenzioso e senza vento come una valle in primavera, offrendogli una poetica malinconia.

L’acquatico, inconsapevole di avere di fronte la sua futura casa, la guardava spensierato da un angolo della base militare.

Comparvero una decina di cime torreggianti che fluttuavano leggiadre tra le nuvole, trasportate a passo di lumaca dal caldo flusso di umidità che ricopriva la superficie oceanica.

Non era un miraggio, ma una maestosa città galleggiante i cui edifici sembravano montagne d’acciaio erette sull’oceano. La parte centrale del gruppo architettonico, che in quella stagione appariva ricoperto di boccioli e avvolto da un coro di uccelli marini, si sviluppava per un chilometro.

Più vicino a lui, spuntavano dall’acqua corpi cilindrici in lega di titanio, scintillanti di luce cristallina e con fioriture a fungo sulla sommità, che rendevano la superficie oceanica ancor più simile a un giardino o a una foresta. Erano strumentazioni necessarie a raccogliere la luce solare: attraverso un complesso sistema di rifrazione, trasferivano la luce a mille metri di profondità nelle città sottomarine, facendole così apparire seducenti da qualunque prospettiva. Intorno circolavano navi grandi come balene che trasportavano magnesio, e si ergevano alte centrali mareomotrici e a energia termica. Nel cielo blu, chiazzato di sporadiche nuvole bianche, droni solari circolavano fitti come banchi di sardine. Con gli occhi pieni di meraviglia, l’acquatico sorrise. Cinquanta metri più avanti, era ormeggiato un veicolo anfibio. Gli scienziati erano seduti a prua. In quell’occasione, non indossavano abiti militari ma civili, e dai loro volti trapelavano sentimenti che non avrebbero dovuto provare: smarrimento e paura. A un improvviso cenno del comandante, l’acquatico si tuffò con un tonfo gioioso. Iniziò a immergersi e a fare pratica della vita nell’oceano. Sebbene il comandante maggiore, bagnato e teso, respirasse con affanno, era in realtà molto felice. A un tratto il ragazzo acquatico si voltò a osservare il paesaggio terriano e il suo cuore iniziò a palpitare. Il comandante notò che il giovane tremava come una foglia e aveva uno sguardo scuro e spettrale. Si girò a sua volta per scoprire una scena che lo lasciò stupefatto: oltre la base militare, si scorgevano enormi sagome stagliarsi dalle terre emerse. Facevano pensare a strani insetti alieni. Si trattava di un’antica città terriana, da cui si levavano una nebbia violacea e un gas nero che divoravano ogni possibilità di connessione al resto del mondo.

Malinconia e mistero


Dieci anni dopo, durante l’estate, l’acquatico sedeva sulla costa osservando in silenzio il paesaggio di fronte a lui. Il tempo della spensieratezza era ormai terminato.

Era un giovane vigoroso, e l’espressione da giocherellone aveva lasciato il posto a un’aria sempre più malinconica.

I suoi creatori, ignari dell’origine di quella malinconia, pensavano che in adolescenza il cuore è attraversato da nuvole transitorie, e il suo non faceva eccezione.

Sebbene il suo corpo appartenesse a un’altra specie, il cuore sembrava umano.

Infatti, anche se era sempre la stessa, agli occhi del ragazzo acquatico la città galleggiante appariva mano a mano diversa e sempre più estranea.

Attorno all’agglomerato urbano si muovevano flotte di navi da guerra arancioni, equipaggiate di cannoni laser e armi agli ioni, generando una tensione palpabile sulla superficie rossa dell’oceano. Sciami di aerei da combattimento fischiavano come locuste, volando rigidi e nervosi verso l’ignoto confine del mondo.

Persino al giovane acquatico era giunta voce di una guerra imminente.

Erano giorni che nutriti gruppi di persone abbandonavano le terre emerse per imbarcarsi sui Sudu 4000, mezzi di trasporto capaci di raggiungere le profondità marine e muoversi lungo i fondali oceanici. A bordo le espressioni erano tetre. C’era chi tornava presto a terra, in lacrime. Altri, invece, rimanevano sott’acqua.

Il giovane acquatico sentiva incombere la paura di una notte senza fine.

In quegli anni aveva consultato libri e immagini per capire cosa fossero quelle città e perché la comparsa di acquatici come lui fosse diventato un argomento centrale nelle discussioni dei terriani. In più di un’occasione avrebbe voluto chiedere spiegazioni al comandante, ma si era sempre trattenuto, diventando man mano più introverso e preoccupando tutti.

Sentiva di essere diverso da chi viveva sulle terre emerse, ma...



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