E-Book, Italienisch, 403 Seiten
Reihe: Asia
Song Oceano rosso
1. Auflage 2023
ISBN: 978-88-6783-447-1
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Il nostro presente/Il nostro passato
E-Book, Italienisch, 403 Seiten
Reihe: Asia
ISBN: 978-88-6783-447-1
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Nelle profondità dell'oceano, Stellamarina nasce e cresce in un mondo brutale in cui l'umanità, organizzata per tribù, è regredita al punto di vivere al solo scopo di superare crisi ed emergenze, in continui cicli di estinzione, migrazione e rinascita. La vita nell'oceano rosso è un'esperienza claustrofobica, piena di pericoli; le donne e il cibo sono mezzi di scambio, i rapporti fraterni soccombono al cannibalismo e l'unico motivo di speranza è una leggenda secondo cui esiste una Città Sottomarina, un luogo utopico sicuro e pacifico. Stellamarina decide di partire alla sua ricerca, in un viaggio costellato di insidie e solo dopo aver trovato dentro e fuori di sé le risposte che cercava, capirà che il suo destino è diventare Re.
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1. GLI ABISSI
Mia madre
Nacqui in fondo agli abissi, lì dove viveva la specie umana. Nel mondo acquatico tutto era rosso e gli strati d’acqua, più o meno profondi, risplendevano come fuochi d’artificio. In una sola notte, innumerevoli organismi marini, benthos, plancton e necton avevano iniziato a brillare, mentre milioni e milioni di frammenti di metallo scarlatto di origine ignota danzavano tremolanti come spore, facendo ribollire l’acqua a temperature mai raggiunte prima. Gli esseri umani lo chiamarono «brodo primordiale». Tutto ciò che si trovava al suo interno bruciava come fuoco; le fiamme distrussero corpi, sensi e tempo, causando un’indicibile pressione che agì sui fisici deboli e fragili del popolo acquatico, rendendo ancora più ardua la già difficile sopravvivenza.
La prima cosa che vidi alla nascita fu il corpo nudo, giovane e bello di mia madre. Questo fece sorgere in me la strana idea che l’oceano fosse di sesso femminile. Con il parto, sulla sua pelle rosea erano apparsi grappoli di macchie scure e brillanti, che trasudavano un liquido giallo e denso, espellendo il sale in eccesso. Urlando, mia madre propagò nel vasto oceano gioia e dolore, attraverso onde sonore a bassa frequenza. Poco dopo, la situazione attorno a lei si fece movimentata.
Alcuni uomini anziani le si avvicinarono e introdussero nella grotta i loro brutti crani simili a gusci di tartaruga, ma dopo aver visto che si trattava di una donna che stava dando alla luce un bambino, nuotarono via disinteressati. Lei, sofferente, chiuse gli occhi. Dopo un po’, però, uno di loro tornò indietro con fare furtivo, portando con sé una sacca in pelle di balena, morbida e resistente. Gli occhi di mia madre si aprirono di nuovo, lentamente, emettendo una luce flebile e tremolante. L’uomo sembrava agitato. Servendosi di rattan marino, legò la sacca allo scoglio accanto alla donna e si allontanò timido. Lei lo guardò distrattamente, immaginando che fosse mio padre. Si disse che tra loro poteva esserci stato qualcosa, ma non lo sapeva con certezza: nelle profondità del mare, a causa della pressione dell’acqua, la maggior parte degli esseri umani tendeva a dimenticare, ricordando solo i fatti più recenti. Mia madre, invece, esercitava sugli uomini una pressione diversa: li seduceva, li disorientava, e ripeteva con ognuno di loro sempre le stesse azioni. In fin dei conti, sapere chi fosse mio padre non aveva alcuna importanza, o senso. Gli uomini, negli abissi, si trattenevano solo per il lasso di tempo necessario a svolgere la funzione di partner sessuali e di protettori delle donne. Subito dopo, vagavano in gruppo verso un’altra area marina, in cerca di nuovo cibo e di altre femmine. Nel mondo incandescente e brillante abitato dalla specie umana, tutti i processi erano particolarmente brevi. Funzionava così anche nei rapporti con le donne, alla fine. Questa era la realtà che avrei presto scoperto.
Gli ospiti di passaggio
Il cibo era piuttosto importante: perfino io, poco dopo la nascita, intuii che tra il contenuto della sacca e il mio futuro ci fosse una relazione vitale, e il mio cuore, per la prima volta, traboccò di gioia. All’interno c’era la carne morbida, fresca e tenera delle nereidi. Alcuni fratelli e sorelle più grandi emersero dalle profondità della grotta, spiando avidi, ma restando in disparte. In quel momento, da lontano giunsero dei suoni. Un altro gruppo di uomini avanzava con brio, ma non erano della nostra tribù. Emisero un fischio dolce che, nell’acqua, era in grado di annunciare alle donne il loro arrivo da una grande distanza: nelle profondità dell’oceano le onde sonore si propagavano a una velocità maggiore, e gli esseri umani avevano sviluppato particolarmente l’udito, essendo così in grado di distinguere un movimento lontano decine di chilometri. Per un riflesso condizionato, le donne si precipitarono in fretta fuori dalla grotta, come un banco di sugarelli affamati.
Ai lati dei corpi dei nuovi arrivati spuntavano pinne appuntite, spesse e seducenti, e sulla loro schiena degli aculei ondeggiavano come bandiere: uomini di un’altra tribù avevano portato nuove pulsioni in quel deprimente bacino oceanico, e le donne entrarono in uno stato di eccitazione inestinguibile. Da tempo vivevano con lo stesso gruppo di uomini, ed erano stanche. Nel profondo dei loro cuori, attendevano l’avvento di nuovi protettori.
Notai con gelosia che mia madre, spinta dall’istinto, lottava per nuotare all’esterno seppure esausta per il parto. Davanti a noi apparve un corpo di dimensioni sconvolgenti, circondato da uno splendido e vorticoso alone di luce argentea che fece impallidire gli uomini della nostra tribù. L’argento, nella loro comunità, era un segnale di corteggiamento, mentre gli uomini della nostra sapevano solo dimenare in modo distratto le loro carni goffe e pieghettate. Le fattezze dei nuovi arrivati impressionarono fortemente mia madre: paragonati agli uomini della nostra tribù, erano più robusti, giovani e belli. Possibile che venissero da acque dove il cibo, l’ossigeno e i minerali fossero più abbondanti? Sarebbe stato importante saperlo.
«Da dove vieni?», chiese piano mia madre, ansimando.
«Da un altro mondo», tagliò corto lo straniero, mostrandosi indifferente.
Un altro mondo! Queste parole glaciali fecero tremare di paura il mio cuore ignorante. Ma l’uomo non aggiunse altro, e subito strinse a sé mia madre con impazienza. In quel momento, mi accorsi che un altro uomo, mio «padre», stava osservando tutto con attenzione, mezzo rannicchiato in uno strato d’acqua rossa e maleodorante; sembrava un pesce spazzino in preda allo sconforto.
Avvertii una sensazione di pericolo incombente, invisibile e insapore, che minacciava di avventarsi su di noi. Ma non successe nulla. Gli Argentei promisero del cibo come merce di scambio, e mio padre e gli altri si allontanarono in silenzio. Nell’oceano, dopotutto, contavano di più le donne o il cibo? Questa è la prima domanda che, appena nato, dovetti affrontare.
Con grande disappunto, notai che i nuovi arrivati non avevano intenzione di fermarsi a lungo. Dopo essersi accoppiati con le donne, se ne andarono senza voltarsi. Nell’acqua rimasero l’eco dei fischi, sempre più flebili, e luci e ombre argentee che piano piano andarono in pezzi: si erano portati via il loro mondo. Eppure le singolari informazioni su quei luoghi erano già scivolate, insieme all’acqua salata, nei corpi bramosi delle donne, intrufolandosi nella mia vista e nel mio udito, puri e infantili. Che impatto avrebbe avuto tutto questo sul nostro futuro?
Mia madre aveva a malapena familiarità con il mondo in cui viveva: conosceva solo il nostro bacino oceanico. Non so da quanto tempo il popolo acquatico avesse smesso di migrare. L’umanità si riproduceva e moriva di continuo, e a sopravvivere erano in pochi. Vivevamo all’interno di grotte situate in scogliere rocciose, l’habitat originario delle canocchie giganti. L’umanità le aveva scacciate e aveva trasformato le loro grotte in umili dimore. Io avevo cinquantacinque fratelli e sorelle. I più grandi, sotto la guida di mia madre, avevano già imparato a nuotare e a procacciarsi il cibo. Una volta indipendenti, alcuni di loro sarebbero forse andati altrove, in un altro mondo, unendosi ad altre tribù umane, sviluppando pinne larghe e appuntite, una pelle argentata o un qualche particolare tipo di abilità. Infine, senza eccezioni, dopo un continuo alternarsi di sesso e cibo, sarebbero morti, con le aperture branchiali violacee e gli occhi sbarrati e vitrei, nell’abbraccio caldo, ma indifferente e insipido, dell’oceano. Sarebbe stato anche il mio destino.
Il neonato
Con la scomparsa degli Argentei mia madre sembrò tornare di colpo alla realtà, e si ricordò di prendersi cura di me. Nell’ultima gravidanza aveva dato alla luce quattro bambini e io ero l’unico sopravvissuto. Il mio piccolo corpo era biancastro e privo di squame, caratteristiche che distinguevano i bambini umani dalla maggior parte dei pesci. Tuttavia, crescendo, il colore della mia pelle assunse una sorprendente tonalità rosea e in alcuni punti, poco alla volta, si svilupparono anche delle squame. Nuotando, il mio corpo si mimetizzava meravigliosamente con la luce rossastra emanata dall’acqua marina, aiutandomi a evitare l’attacco di feroci predatori, come ratti di mare e mante occhiobliquo – cosa che, però, capii solo con il tempo.
Quando nacqui ero molto irrequieto: per la fame e per la sensazione di aver subìto un torto, mi dimenavo nella sacca di pelle di balena, in preda all’ansia tra pianti e urla. Mia madre, afflitta dai sensi di colpa, mi prese in grembo. Tra le sue braccia fredde, mi sforzai di trovare il suo seno. Lei si sentì sollevata, perché questo gesto le fece capire che la mia intelligenza era nella norma. Chiudendo dolcemente gli occhi, quella giovane donna avvicinò con delicatezza il suo corpo al mio volto. Nell’acqua salata, amara e pungente del mare, avrei sentito raramente un odore così buono, tale da darmi le vertigini e capace di far scorrere dentro di me una scarica di sangue caldo. Morsi i suoi capezzoli turgidi usando di proposito molta forza. Lei rabbrividì dal dolore, ma spinse quei due teneri fiori più a fondo nella mia bocca. Bevevo a un ritmo regolare e costante....




