Aiolli | Lo stesso vento | E-Book | www.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 160 Seiten

Reihe: Intrecci

Aiolli Lo stesso vento


1. Auflage 2016
ISBN: 978-88-6243-347-1
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 160 Seiten

Reihe: Intrecci

ISBN: 978-88-6243-347-1
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Firenze, 1940. Fausto è apprendista operaio, Adriana la figlia sedicenne di un piccolo borghese dalle simpatie fasciste. Dopo la fine della guerra sognano di sposarsi e trasferirsi in Germania. Una sera lui le fa un regalo inusuale: un ventilatore prodotto nella fabbrica in cui lavora. Superata l'iniziale delusione di Adriana, l'oggetto diventa il simbolo dell'inizio della loro vita insieme. Lo stesso vento è la storia di Fausto e Adriana, ma anche di Peppe e Bianca, di Vittorio e Francesca, di Guido e Andrea, tutti legati dal ventilatore, che passa di mano in mano acquistando significati differenti e inserendo i vari personaggi in una stessa mappa narrativa. Con stile asciutto ed evocativo, attraversando gli eventi topici del '900 (la Seconda guerra mondiale, il '68, la caduta del Muro di Berlino), il romanzo racconta la sgangherata geometria dei rapporti umani.

Valerio Aiolli è nato nel 1961 a Firenze, dove vive. Ha esordito nel 1995 con la raccolta di racconti Male ai piedi. Il suo primo romanzo, Io e mio fratello (e/o, 1999), è stato tradotto anche in Germania e Ungheria. Sono seguiti Luce profuga (e/o, 2001), A rotta di collo (e/o, 2002), Fuori tempo (Rizzoli, 2004), Ali di sabbia (Alet, 2007) e nel 2014 Il sonnambulo (Gaffi). http://www.valerioaiolli.it/
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VITTORIO E ADRIANA
9 NOVEMBRE 1960


A volte Vittorio dice così, piano, a sé stesso: “Donne: la mamma Adriana. Uomini: il babbo Fausto. Bambini di anni dieci: io, che mi chiamo Vittorio. La mia famiglia è fatta di tre. Ma adesso in casa siamo solo due: Vittorio e la mamma Adriana.”

Le cinque di pomeriggio, fuori è già buio. Pioggia. Quella pioggerellina, pensa Vittorio, che alla mamma gli mette l’uggia alla bocca dello stomaco.

Le mette l’uggia. Singolare femminile. Errore da matita blu. Proprio tu che leggi tanto, Vittorio, mi fai questi errori.”

Dice così Vittorio, a volte, a sé stesso.

Quanto ad eventuali messe alla prova dei socialisti in alcune Giunte difficili, debbono realizzarsi due condizioni: che il PSI si stacchi chiaramente dal PCI e che non ponga preclusioni inaccettabili nei confronti del PLI.

Gli piace leggere articoli di giornale di cui non capisce niente. A quest’ora nei pomeriggi normali lui e la mamma non sono in casa. Sono in un caffè a prendere un tè. Di solito al caffè Rivoire in piazza Signoria, ma qualche volta anche al caffè Paszkowski in piazza della Repubblica, che quasi tutte le persone anziane la chiamano piazza Vittorio. Ma è un altro Vittorio, non lui, questo lo capisce bene. I caffè dove gli piace andare alla mamma, pensa, hanno il nome straniero.

“Dove le piace. Proprio tu, Vittorio, che leggi così tanto.”

Il parere dei democristiani è che innanzi tutto si formino Giunte coi partiti di governo, ovunque essi siano in maggioranza.

Di solito a quest’ora sono al caffè Rivoire, Vittorio ha davanti a sé una tazza di cioccolata e una fetta di torta e accanto a lui, da sinistra, la mamma e poi le sue amiche Giuliana Margherita Letizia, e poi Rossana (figlia di Giuliana), Alda (figlia di Margherita) e Priscilla (figlia di Letizia). Le mamme dicono: “Chiacchierate tra voi, chissà quante cose avrete da dirvi.” Poi cominciano a chiacchierare tra loro, e hanno davvero tante cose da dirsi. Loro, i bambini, invece per un po’ restano zitti.

Gli autonomisti, come si è detto, guardano di preferenza ai problemi locali.

Mi fanno male i gomiti, pensa Vittorio. Gli piace leggere articoli di giornale di cui non capisce nulla, ma dopo un po’ si annoia.

Si alza, va a vedere se trova un biscotto. Forse ha solo sbagliato articolo. Gli piace così tanto cominciare dal fondo, e dall’ultima pagina, che quando arriva all’inizio degli articoli poi è stanchissimo e ci si addormenta sopra. Con gli occhi chiusi, davvero.

Come la mamma ferma in mezzo alla sua camera, adesso, pensa Vittorio dopo averla squadrata per bene. Ha gli occhi chiusi, la mano destra sul fianco, la nocca dell’indice sinistro stretta tra i denti. Intorno a lei, aperte e mezze piene di roba, tre grandi valigie.

Devo finire, devo finire, devo finire.

Deve finire le valigie, Adriana. Respira, si dice, stai calma, non è niente, solo un piccolo attacco di paura, era naturale che prima o poi ti venisse, mica potevi pretendere che tutto andasse liscio com’è andato finora, con Fausto, un tesoro, e Vittorio un angelo come suo solito, di là a leggersi il giornale da cima a fondo, anzi da fondo a cima. Chissà da chi l’avrà presa questa attitudine. Non certo da lei, che ha cominciato a leggere qualche libro soltanto da un anno, guarda caso. E non certo da Fausto, che di leggere non ha mai avuto il tempo. Né il modo, visto che ha lasciato la scuola dopo la quinta elementare. Almeno io le commerciali le ho fatte, pensa, non saranno l’università, ma qualche cosa in zucca ci sarà pure rimasta. Forse Vittorio l’ha presa dal nonno, quella passione per la lettura. Il godimento con cui sprofondava nella poltrona di cuoio, dopo ogni pranzo e dopo ogni cena. Lui, il sigaro e il giornale. Se lo leggeva sempre dalla prima all’ultima pagina. Guerra, non guerra, pace, non pace, sport, cronaca nera. A lui mica importava quello che leggeva, gli bastava leggere. Un po’ come Vittorio, a quanto le sembra di capire. I figli sembra sempre di capirli, pensa, poi non li si capisce mai. Oppure il contrario, quando si crede di non capirli è quando li si sta toccando nel profondo. Che ragionamenti complicati riesce a fare, da un anno a questa parte. Guarda caso.

Il sigaro, accidenti a quel sigaro. Se l’è portato via il sigaro, suo padre. Quel mezzo toscano puzzolente, maledetto, che stava sempre lì a mordicchiare. Se l’è mangiato da dentro, ospite vigliacco traditore, quinta colonna, spia. Quanto avrebbe oggi il babbo? Era del 1895, avrebbe sessantacinque anni. Poteva essere un bel signore distinto, che si sarebbe divertito a portare a passeggio Vittorio per il centro, il pomeriggio. Invece niente. Alla fine non aveva neanche più l’esofago. Gli facevano dei punturoni di omogeneizzati direttamente nello stomaco. Poi solo la flebo. Poi più nulla.

Devo finire le valigie, pensa, sono sicuramente in ritardissimo, non oso neanche guardare quanto sono in ritardo. Per mia fortuna il resto è tutto fatto. Il resto: la parte più difficile. Che poi è stata molto meno difficile di quanto immaginassi. Stupida io che ho aspettato tutti questi mesi. Quante volte me l’aveva ripetuto, il Professore: “Tu parla con chiarezza, capiranno.” È andata proprio così. Fausto ha fatto solo quel suo sorriso stentato, quello che tira fuori quando è in imbarazzo. Ha detto che se l’aspettava, poi è rimasto in silenzio con quel sorriso, mentre io mi mettevo a sparecchiare la tavola. Ecco, l’unica differenza rispetto a tutte le altre sere è stata che non mi ha aiutata a sparecchiare. È sempre stato lui il primo a muoversi dopo cena, mi faceva sentire in colpa perché a me piaceva restare lì seduta senza dover subito arrabattarmi con l’ultimo boccone ancora in gola. Ma come potevo fare? Lui tornava dopo una giornata di lavoro in fabbrica ed era il primo ad alzarsi, impossibile rimanere lì a perdersi in fantasticherie, bisognava che mi alzassi anch’io e gli dessi una mano. E ieri sera invece sono stata io a muovermi per prima, anzi sono stata l’unica a muoversi perché lui è rimasto fermo lì come un tronco segato, e io parlavo e parlavo, e l’unica domanda che lui ha fatto a un certo punto è stata: “Quando?” Lì per lì ero talmente fuori che non capivo a cosa si riferisse. Lo guardavo e lui guardava per terra, studiava le briciole come avrebbe detto il babbo, allora ho capito e ho risposto: “Il più presto possibile. Domani.” Lui ha annuito e ha detto: “Dovremo dirlo a Vittorio.” Io ho smesso di sparecchiare, anche perché praticamente ormai avevo finito, era rimasta da togliere solo la tovaglia verdolina, mi sono seduta di fronte a lui e ho detto: “Gli parlerò domattina, ho già pensato bene a cosa dirgli.”

Fausto è davvero il marito ideale da lasciare, pensa Adriana. Qualsiasi altro marito mi si sarebbe scagliato contro, magari mi avrebbe picchiata, sicuramente mi avrebbe offesa, avrebbe minacciato di non farmi avere Vittorio, di non farmelo vedere mai più, di denunciarmi per abbandono del tetto coniugale. Perché mica siamo in Inghilterra o in America, dove ogni persona può fare tutti i matrimoni che gli pare. Qui una volta che ti sei sposata è per sempre. Anche se il marito lo hai scelto che eri ancora una ragazzina, e anche lui era un ragazzino, e più che un ragazzino sembrava un giovane puledro. Adriana pensa di essersi innamorata di lui perché aveva bisogno di innamorarsi di qualcuno pur di uscire dalla tutela di suo padre, ma lo pensa solo perché è l’interpretazione che ha dato del suo matrimonio il Professore.

– E ha ragione, come ha ragione in tutti i suoi ragionamenti – dice ad alta voce.

Questa è una ripetizione, il Professore la sottolineerebbe col suo ditino ammonitore alla Mike Bongiorno, lui dice che ha così successo perché le persone riconoscono in lui l’idiota che hanno dentro sé stessi. Quando dice così il Professore le fa un po’ paura, perché Mike Bongiorno a lei piace, la diverte.

“Siccome mi diverto vuol dire forse che sono un’idiota?” gli ha chiesto una volta.

Lui l’aveva guardata con dolcezza e aveva risposto che dentro ogni persona c’è almeno un grammo di idiozia, e che è proprio quel grammo che permette di riconoscere un concentrato di idiozia come Mike Bongiorno. Poi l’aveva baciata, erano in macchina nella sua giardinetta verde oliva, in una stradina dietro San Miniato al Monte. E Adriana staccandosi gli aveva chiesto se baciandola non rischiava di assorbire un po’ della sua idiozia, e il Professore aveva risposto che non era possibile, perché le persone quando sono innamorate si trasformano in degli idioti ambulanti e lui in quel momento era così pieno di idiozia da non poterne accogliere un solo grammo di più. Allora Adriana gli aveva tirato uno schiaffo leggero e aveva detto che in quel modo le aveva dato a tutti gli effetti ancor più dell’idiota, perché lei era talmente innamorata di lui da non riuscire a fare nessuna cosa nella giornata senza pensarlo. E lui aveva concluso che non potevano più continuare così. Era stato in quel momento che avevano deciso.

Con Vittorio, Adriana ci ha poi parlato davvero, stamattina. Vittorio è un bambino così maturo, a volte la spaventa. La sua maestra, la signora Taviani, glielo dice sempre: “Dimostra più anni dell’età che ha, con il procedere delle classi si troverà benissimo.” È dai primi anni di scuola che le ripete che il bambino è molto dotato per lo studio, e che dovrebbe avere la possibilità di proseguire le scuole il più possibile. Quando lei cercava di discuterne...



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