E-Book, Italienisch, 100 Seiten
Reihe: Intrecci
Robert La bocca delle carpe
1. Auflage 2019
ISBN: 978-88-6243-378-5
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Conversazioni con Amélie Nothomb
E-Book, Italienisch, 100 Seiten
Reihe: Intrecci
ISBN: 978-88-6243-378-5
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
'...è possibile non amare i miei libri e andare perfettamente d'accordo con me.' Michel Robert, scrittore e artista visivo, grande estimatore di Amélie Nothomb, raccoglie in questo libro una serie di conversazioni avute in anni passati con l'autrice belga. Scopriamo così le passioni di Amélie, i suoi gusti, la sua idea della solitudine, della sessualità, dell'amicizia e dell'amore inteso come ossessione assoluta. Ne ripercorriamo la vita, l'infanzia, le relazioni familiari, i suoi spostamenti nel mondo, dal Giappone all'Europa... Il ritratto di una donna straordinaria e affascinante, capace di confessare le proprie debolezze e ridere di sé stessa, di una scrittrice tanto sconcertante quanto ormai imprescindibile: 27 romanzi all'attivo, tradotta in 45 lingue, e la sorprendente cifra di 16 milioni di copie vendute nel mondo.
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1
ESSERE SCRITTORE
Sono nella stanza di scrittura di Amélie. C’è un vecchio cappotto in grossa lana, marrone chiaro, mangiato dalle tarme. Amélie nota il mio stupore e dice, un po’ imbarazzata:
– Ah no, per favore, non lo guardi, è...
Io la interrompo:
– Quindi è vero, scrive con questo addosso!...
Allora, con voce soave, lei mi risponde:
– Tiene molto caldo, sa...
Terminata la conversazione, mentre sono nell’ingresso, mi dice: – Credeva che mentissi? È buffo, da quando ho quattro anni e mezzo tutti pensano che io menta, ma non è così...
*
MICHEL ROBERT: Qual è la migliore definizione di scrittore?
AMÉLIE NOTHOMB: Innanzitutto, penso di non essere la persona più adatta a rispondere a una domanda simile. Uno scrittore è qualcuno che non può vivere senza scrivere e che possiede uno stile. Altrimenti, non si può parlare di scrittore.
– Di cosa si parlerà allora?
– Di qualsiasi altra cosa. Di giornalisti, di cronisti, di scribacchini, di sbruffoni, anche di uomini attaccati ai soldi. Ma lo stile non rimanda solo al concetto di estetica. Riguarda anche la morale, ovviamente.
– Nella parola francese écrivain, scrittore, la presenza dell’aggettivo vain, vano, non ha mai attirato la sua attenzione?
– Questo tipo di giochi di parole, per fortuna, non mi riguarda.
– Sul ruolo dello scrittore, in Libri da ardere lei afferma: ‘La gente è la stessa che si tratti di leggere o di vivere: egoista, avida di piacere e ineducabile. Non spetta allo scrittore lamentarsi della mediocrità dei suoi lettori: li deve prendere come sono. Se può ancora concepire l’idea che riuscirà a cambiarli – se riesce ancora a concepire una cosa simile nonostante la guerra – ebbene allora il romantico imbecille è lui, e non chi ama leggere Blatek.’2 È dura!
– È quello che penso! Sono molto pessimista. Sono una pessimista allegra, nel senso che sono un essere gioioso nonostante tutto. Diciamo che sono briosa per temperamento e pessimista per profonda convinzione.
– A volte lei usa delle parole che, me lo lasci dire, rasentano una certa volgarità. In Attentato, per esempio, ho notato i termini ‘acqua del cesso’, o l’espressione: ‘la mia vicina che ruttava.’
– Secondo me non sono affatto volgari! Sono parole di uso comune. Se vuole scoprire delle espressioni davvero volgari, può leggere un bel numero di miei colleghi...
“PERCHÉ DOVREI NEGARE CHE SONO UN ESSERE PERVERSO?”
– Un’altra sensazione, ancora più fastidiosa, che si percepisce leggendo molti dei suoi testi, è la sorprendente passione per il disgustoso. Cito qui due passaggi che mi sembrano rivelatori di questo fenomeno, talvolta simili a una sorta di scatologia: ‘A queste urine sempre meno fresche veniva incorporata una cospicua quantità di inchiostro di china – o meglio: di Cina. Formula chimica piuttosto semplice, che produceva un elisir verdastro dall’aroma di ammoniaca. Il tedesco veniva preso per le gambe e le braccia e veniva immerso a fondo nella vasca.’3
E ancora: ‘Ma in fondo, no: la parola protuberanza non era la più adatta. La sua ciccia era troppo liscia e bianca per evocare quel genere di efflorescenza. Una cisti, quella cosa era una cisti. La signora Bernardin era probabilmente fiorita come una cisti nel ventre del nostro persecutore. A volte, alcuni malati vengono operati di cisti interne che pesano il doppio, il triplo del loro peso: Palamède aveva sposato il pezzo di carne di cui lo avevano liberato.’4
– Dentro di me è profondamente radicato il culto della bellezza. Mi creda, amo la bellezza più di ogni altra cosa. Ma la mia interpretazione di tale culto passa attraverso una certa ossessione per il ripugnante.
Sono giunta alla conclusione che il bello possiede una qualità che non si esprime mai in modo tanto intenso quanto attraverso il suo contrario.
– Ma insomma, che le salta in mente!
– Perché dovrei negare che sono un essere perverso e che queste cose attirano? Spiego sinceramente questa attrazione, o meglio, questa specie di ossessione per il ripugnante con il fatto che in fondo sono attratta dall’estrema bellezza.
(Silenzio)
Mi dispiace deluderla.
– Non mi delude, sto riflettendo. Talvolta, le cose più brutte diventano per lei le più belle.
– Non direi belle, ma diventano attraenti per eccesso di bruttezza. Ricordo di aver visto in tram una donna talmente brutta da avere voglia di congratularmi con lei. Ho pensato: si è dovuta impegnare parecchio per diventare così! Era un capolavoro. Che trovavo molto superiore a quella specie di bruttezza mediocre riconoscibile ovunque per le strade.
– Le avevo mandato un invito per il vernissage di una giovane artista. Avevo infatti notato, tra gli articoli sulla sua opera, una frase che avremmo potuto benissimo ritrovare nell’analisi della personalità di Amélie Nothomb: ‘Il compiacimento per il mostruoso, la sofferenza e la sciagura denunciano una fascinazione per una certa estetica del sublime.’
– Ah sì, mi ricordo. È vero, questa frase andrebbe bene anche per me.
– Tuttavia non riesco a comprendere come attraverso l’orrore si possa rivelare anche solo un briciolo di bellezza...
– È una forma di teologia negativa. Nella fattispecie, parlando di bellezza, ritengo che possieda alcune proprietà chimiche. Come quella, ad esempio, di non manifestarsi mai tanto quanto nel suo contrario, come le ho già detto.
È difficilissimo mostrare, definire il bello di per sé... Spesso ho provato a parlarne in modo diretto senza far ricorso all’orrore, e non funziona. Soprattutto se, dopo accumuli di contrari, in un preciso istante spunta il bello. La bellezza di Léopoldine, alla fine di Igiene, è tanto più evidente in quanto abbiamo visto l’ignobile Prétextat nutrirsi, il giornalista vomitare...
– Questione di gusto...
– Anche questione di gusto, certamente.
– Lei mi ha comunque detto che il vomito fa parte della sua autobiografia. Lei vomita apposta...
– All’inizio lo facevo apposta, ma ben presto la cosa è cambiata. Diciamo che con gli anni ho trovato delle tecniche per farne a meno, o piuttosto per ritardare l’atto!
ORGE INTELLETTUALI
– Ma perché vomita?
– Ogni mattina ingurgito un tè orribilmente forte. Una bevanda essenziale per conservare la disposizione mentale di cui ho bisogno per scrivere. Ora, non appena deglutisco, ho una terrificante voglia di vomitare. Ma se lo faccio subito, gli effetti della bevanda non hanno il tempo di entrare in circolo nel mio sangue. Avrei ingerito il mio tè per niente! E trovandomi in uno stato alquanto... malaticcio, non avrei più il coraggio di prenderne un altro. È dunque fondamentale che io attenda almeno una mezz’ora per vomitare. Questo tempo della scrittura è sempre il più folgorante della giornata. Per assicurarmi la riuscita di un simile momento creativo essenziale, ho messo a punto delle tecniche mentali e fisiche per ritardare il fenomeno... Mi dispiace!
– Ma vomita ogni mattina?
– Sì. Quando si ingerisce nitroglicerina a digiuno, si hanno buoni motivi per ritrovarsi lo stomaco sottosopra... ma sa, a essere sincera, non è un problema vomitare quando ci si è abituati!
– Ci sono comunque dei fastidi, anche solo l’odore...
– Non è altro che un’evacuazione... a ogni modo, onestamente, ho un aspetto tanto orribile? Sa, i Romani vomitavano tutti i giorni. Io faccio delle orge intellettuali ed è questo che mi procura il vomito.
– E, a parte la mattina, vomita in altri momenti?
– Mi capita... rientrando da certe peripezie mondane, ad esempio.
– La sua compatriota Jacqueline Harpman, che è scrittrice e psicologa, un giorno mi ha detto che la scrittura non è, come pensano alcuni, una sorta di catarsi, una liberazione psicologica. Lei è dello stesso parere?
– Certo. Non sono affatto competente in materia, ma non scrivo a fini psicanalitici. E se la mia scrittura avesse effetti terapeutici su certi lettori, sarebbe assolutamente involontario da parte mia!
– Il fatto di scrivere non la rilassa?...
– Mi fa bene, molto bene. Non potrei vivere senza, ma equipararla alla psicanalisi... non c’è mica solo la psicanalisi al mondo che può aiutare le persone...
– Ci crede?
– Dato che non ne so nulla, a priori, ci credo!
(Risate)
Tuttavia, mi irrito quando incontro questi scienziati dell’anima e li sento affermare che ogni problema psicologico è dovuto a cause fisiche e deve esser curato a suon di farmaci. Ma ogni essere umano ha un eccellente motivo per andare dallo psichiatra o dallo psicologo, e per me questa è una ragione per non andarci.
(Risate)
Insomma, non possiamo certo andarci tutti!
– Per concludere riguardo all’aspetto poco invitante di alcuni suoi temi, perché ci sono tanti obesi nella...