Salgari | Un'avventura in Siberia | E-Book | www.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 133 Seiten

Reihe: Intrecci

Salgari Un'avventura in Siberia


1. Auflage 2014
ISBN: 978-88-6243-238-2
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 133 Seiten

Reihe: Intrecci

ISBN: 978-88-6243-238-2
Verlag: Voland
Format: EPUB
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La Russia, dalla Siberia agli Urali, con le sue distese, i ghiacci, le nevi. In questa 'terra di frontiera' popolata di orsi bianchi, lupi, trichechi, la lotta tra l'uomo e la natura ha una vena di crudeltà primitiva che prende corpo in emozionanti avventure di caccia. Un racconto ambientato nei Balcani e una ventina di articoli giornalistici completano la movimentata visione che del mondo slavo offre un narratore d'eccezione.

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I CACCIATORI DI LUPI


Miei piccoli lettori, avete mai udito parlare della Siberia? Chissà quante volte questo nome vi sarà giunto agli orecchi e chissà, anche, quante volte avete provato un brivido di freddo nell’udirlo.

Siberia vuol dire freddo, gelo, ghiaccio ed infatti non si dice, durante l’inverno: che freddo da Siberia?

Eppure non è veramente così quel paese. D’inverno, sulle coste settentrionali, verso l’Oceano Artico, regna un freddo intenso, questo è esatto. Ghiacci e neve si accumulano fra quelle immense pianure, e gli orsi bianchi ed i lupi scendono in gran numero dai banchi di ghiaccio o dalle montagne; nelle regioni meridionali, invece, non fa più freddo che da noi.

Ne volete sapere di più? Durante l’estate fa più caldo in Siberia che nelle nostre province meridionali, ed invece degli orsi si vedono bande immense di tafani e di zanzare che vi mangiano vivi se non proteggete il volto e le mani con certe maschere e certi guanti di crino.

Però, come ho detto, in certi punti di quell’immensa regione che occupa tutta la parte settentrionale del continente asiatico, il freddo è acutissimo. Figuratevi che durante il dicembre ed il gennaio gli abitanti non possono abbandonare le loro casette di legno, dove giorno e notte sono accese continuamente le stufe, e figuratevi che talvolta gelano perfino il vino, il petrolio e il rhum.

Quando il freddo scema di qualche po’, quei disgraziati abitanti, che sono di frequente in lotta con la fame, si mettono in caccia.

Sono tutti violenti, coraggiosi e affrontano indifferentemente il gigantesco orso bianco e il ferocissimo lupo per pascersi delle loro carni e per vendere le pellicce ai mercanti russi.

Le pellicce, anzi, costituiscono la principale ricchezza del paese e non se ne raccolgono meno di cinquantamila all’anno, ricavando denari in abbondanza; perché alcune pelli, come, per esempio quelle delle volpi azzurre, non si pagano meno di settecento lire l’una e le più belle anche mille.

Fra i tanti cacciatori siberiani, io ne ho conosciuto uno, stabilitosi più tardi in una città della Russia, il quale si era creato una fama straordinaria fra i suoi compatrioti.

Era un ostiako, ossia un mezzo selvaggio: di statura quasi gigantesca, forte come un orso, con certe braccia che avrebbero fermato un toro, con una barba molto lunga e rossa e due occhi grigi, a riflessi d’acciaio.

Aveva abitato molti anni presso la foce dell’Obi, uno dei più grandi fiumi che attraversano la Siberia, ed aveva accumulato una fortuna rispettabile, trafficando in pellicce.

Sapendo che, durante le sue corse in mezzo alle nevi ed ai ghiacci, gli erano toccate tante straordinarie avventure, un giorno mi recai da lui per farmene raccontare qualcuna.

Ci eravamo già veduti parecchie volte; anzi era venuto a far colazione a bordo della nostra nave, ancorata in quel tempo ad Arkangelo, uno dei porti più settentrionali della Russia, dove si fa un grande commercio di pellicce.

Lo trovai nella sua isba, una specie di casetta di legno che aveva però ammobiliata con un certo gusto, occupato a fumare la sua pipa monumentale, dinanzi ad un grande bicchiere di acquavite di segala.

– Roskoff, – era il suo nome – voi mi racconterete quest’oggi una delle vostre più meravigliose avventure.

Mi hanno detto che durante il vostro soggiorno in Siberia, ve ne sono toccate di tutte le specie.

Il mio gigante aspirò una boccata di fumo che per qualche istante me lo nascose, si bagnò la lingua con una sorsata di acquavite, poi mi disse con un’orribile voce nasale:

– Sì, me ne sono toccate tante durante le mie cacce. Ho corso il pericolo di esser mangiato dagli orsi bianchi, sbranato dai lupi, sbudellato dalle morse ed inghiottito dai ghiacci.

– Una vera criniera di avventure interessanti – diss’io, ridendo.

– Se le aveste provate voi, non avreste certamente riso – mi rispose il siberiano.

– Ne sono convinto. Voi dunque prima mi narrerete la vostra avventura coi lupi.

– E poi?

– E poi le altre; ed io in cambio vi regalerò mezza dozzina di bottiglie di quell’eccellente gin inglese, che avete gustato a bordo del nostro legno.

Avevo toccato il punto debole del mio ostiako, grande bevitore di liquori molto forti, come sono in generale tutti i russi ed i siberiani.

– Il patto è buono – mi disse, ridendo. – Guadagnerò le sei bottiglie in tre sere.

– Allora cominciamo dai lupi.

Roskoff mi offerse la sua borsa piena di eccellente tabacco, mi riempi un bicchiere del suo detestabile liquore; poi, dopo d’essere rimasto per alcuni istanti pensieroso, mi disse:

– L’inverno era stato freddissimo quell’anno. La foce dell’Obi si era coperta di banchi di ghiaccio e sul mare si vedevano oscillare, in mezzo alle onde, delle vere montagne, degli icebergs, come li chiamate voi naviganti.

Numerosi orsi bianchi, giunti dalla regione polare sui grandi campi di ghiaccio, erano sbarcati, minacciando seriamente gli abitanti di quei poveri villaggi che si trovavano presso lo sbocco del fiume.

Dalla parte delle montagne, invece, i lupi erano scesi in bande immense, portando ovunque lo spavento.

Alla notte, attorno alle capanne, era un concerto incessante di ululati paurosi. Quelle brutte bestie, ordinariamente non molto coraggiose quando sono in poche, erano diventate così audaci da assediare gli abitanti delle capanne isolate.

Io, in quell’epoca, non avevo che vent’anni, eppure godevo fama di essere un cacciatore valente e anche dei più coraggiosi. Avevo fatto le mie prime armi sotto un famoso tiratore, ed avevo già nel mio attivo due orsi bianchi, parecchie foche e almeno tre dozzine di lupi.

Un giorno, mentre preparavo delle trappole per le volpi bianche, vedo giungere alla mia capanna un vecchio ostiako, che io conoscevo molto bene.

– Che cosa vuoi, amico mio? – gli chiesi.

– Tu non hai paura dei lupi, non è vero? – mi disse.

– No, Vorzoff – risposi io.

– Allora tu devi farmi un grande favore.

– Agli amici non rifiuto mai nulla.

– Si tratta però di rischiare la pelle.

– La mia è molto dura anche per gli orsi – risposi. – Cosa devo fare?

– Accompagnarmi. Mia figlia è moribonda e desidera vedermi prima di spirare.

Rimasi un po’ perplesso. La figlia di Vorzoff abitava a quindici miglia dalla foce dell’Obi e per giungervi bisognava attraversare una vasta foresta di pini frequentata dai lupi.

– Orsù, decidi – mi chiese il vecchio, vedendomi esitante. – Tu sei un valente cacciatore di lupi e anch’io, nella mia gioventù, sono pure stato tale.

– Capirai, amico, che anche essendo buoni cacciatori il pericolo da sfidare è gravissimo.

– Se vieni, ti regalerò quattro rubli.

In quell’epoca io ero molto povero e una decina delle vostre lire rappresentava per me una piccola fortuna.

– Aggiungerò poi due pelli di volpi bianche – disse il vecchio, per tentarmi maggiormente.

– Andiamo – risposi io risolutamente.

– Verrò a prenderti con la mia slitta.

Avevo appena terminato i preparativi di partenza, quando vidi giungere il vecchio ostiako.

Montava una comoda slitta tirata da quattro robuste renne, begli animali, somiglianti ai vostri cervi d’Europa, più grandi però, e che per noi valgono quanto le vostre mucche, nutrendoci del loro latte.

Presi il mio fucile, una carabina che avevo comprata da un mercante russo, molte munizioni, una scure ben affilata e solida e balzai nella slitta.

Ad un segnale del vecchio le renne partirono al galoppo, trascinandoci in una corsa vertiginosa.

Faceva un freddo intenso, però non c’era vento; e quando questo non soffia dalle regioni polari, si possono sfidare impunemente anche i cinquanta gradi sotto zero.

D’altronde eravamo ben coperti con pelli d’orso bianco ed avevamo la testa riparata da cappucci di pelle di foca, foderati di pelo di lupo.

Il sole, che nelle nostre regioni non rimane sopra l’orizzonte che pochissime ore durante la stagione invernale, mentre, invece, nell’estate non tramonta che dopo la mezzanotte, era già scomparso; però, essendo l’aria limpidissima e la pianura coperta d’un alto strato di neve gelata, ci si vedeva benissimo.

Le renne, eccitate continuamente dalla neve e dalla lunga frusta del vecchio, aumentavano sempre la velocità. Pareva che le povere bestie presentissero già il grave pericolo che ci minacciava.

Correvamo da un’ora quando scorgemmo all’orizzonte i primi pini della grande foresta che dovevamo attraversare.

– Vorzoff, – diss’io al vecchio – prepariamo le armi.

– Hai già udito le urla dei lupi? – mi chiese.

– No, però sono certo che fra poco li avremo alle spalle.

– Le mie renne corrono come il vento.

– Anche i lupi hanno buone gambe, vecchio mio.

– Li faremo correre.

– Vorzoff, prepariamo le armi, – ripetei – sento la selvaggina.

– Sia – mi rispose l’ostiako.

Aprimmo i sacchetti delle cartucce, caricammo le carabine, ponendole dinanzi a noi e ci preparammo ad una disperata resistenza.

Eravamo giunti sotto la foresta. Era formata da pini di...



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