E-Book, Italienisch, 149 Seiten
Reihe: Minimum classics
Welty La figlia dell'ottimista
1. Auflage 2018
ISBN: 978-88-3389-028-9
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 149 Seiten
Reihe: Minimum classics
ISBN: 978-88-3389-028-9
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Quando suo padre, il giudice McKelva, le comunica di dover subire un'operazione a un occhio, Laurel non esita a lasciare la sua casa di Chicago e andare a New Orleans per prendersene cura, anche se dovrà avere a che fare con la nuova moglie del giudice, Fay: una donna più giovane di lei, con un carattere duro e scostante, che secondo molti si è sposata solo per interesse. L'intervento sembra riuscito, ma il giudice - l'ottimista del titolo - stenta a guarire, e sprofonda in uno stato di prostrazione a cui seguirà una morte inaspettata. Alle due donne non resta che andare in Mississippi per seppellirlo nel cimitero di famiglia: Laurel avrà così l'occasione per fare i conti con la sua comunità di origine - lasciata forse troppo presto in cerca di una felicità e una realizzazione che hanno faticato ad arrivare - ma anche con Fay e il suo passato, e infine con un mondo che, nella sua meravigliosa testardaggine, si rifiuta di rinunciare alle proprie tradizioni. Maestra indiscussa del racconto e del romanzo di famiglia, Eudora Welty raggiunge con La figlia dell'ottimista - Premio Pulitzer per la narrativa nel 1973 - quella che rimane forse la vetta più alta della sua arte, creando, con Laurel e Fay, due tra i ritratti femminili più complessi e affascinanti che la letteratura americana abbia mai prodotto.
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1
Un’infermiera aprì loro la porta. Il giudice McKelva entrò per primo nella stanza priva di finestre in cui il dottore l’avrebbe visitato, seguito dalla figlia Laurel e dalla moglie Fay. Il giudice era un settantunenne alto e corpulento, che di solito portava gli occhiali appesi a un nastro. Stavolta, invece, li tenne in mano mentre si accomodava sulla specie di trono rialzato che sovrastava lo sgabello del dottore. Ai suoi lati, Laurel e Fay.
Laurel McKelva Hand era una donna dall’aria tranquilla, slanciata, bruna, senza neanche un capello bianco malgrado i quaranta suonati. Indossava un completo di taglio e tessuto raffinati, forse troppo invernale per New Orleans, con la gonna spiegazzata. Gli occhi color azzurro cupo parevano insonni.
Fay, minuta e pallida nell’abito con i bottoni dorati, batteva il piede calzato di sandalo.
Era un lunedì mattina di inizio marzo. New Orleans era altrove per tutti loro.
Il dottor Courtland, puntualissimo, attraversò la stanza a lunghe falcate e strinse la mano al giudice McKelva e a Laurel. Gli dovettero presentare Fay, sposata con il giudice solo da un anno e mezzo. Poi il dottore si accomodò sullo sgabello, i talloni poggiati sul piolo. Sollevò il volto con espressione attenta e compiaciuta, come se il giudice McKelva fosse arrivato a New Orleans espressamente per consegnargli un regalo, o per riceverne uno da lui.
«Nate», esordì il padre di Laurel, «il vero guaio è che ormai ho una certa età. Ma voglio credere che si tratti solo degli occhi».
Il dottor Courtland, oculista di fama, se la prese comoda e serrò piano le manone da campagnolo, con le dita che a Laurel parevano da sempre capaci di trasmettere l’ora esatta alla pelle, sfiorando appena il cristallo di un orologio.
«Questo mio lieve disturbo risale al compleanno di George Washington», disse il giudice McKelva.
Il dottor Courtland annuì, come se il compleanno di George Washington fosse il giorno perfetto per avere un disturbo. «Me ne parli», disse.
«Stavo rientrando in casa, dopo aver potato le rose. Come sai, sono in pensione. Mi sono fermato sul portico, per tenere d’occhio la strada: Fay era uscita a fare non so cosa», disse il giudice, rivolgendo alla moglie un sorriso benevolo, che somigliava parecchio a un rimprovero.
«Ero andata in centro a farmi sistemare i ricci da Myrtis, la parrucchiera», si giustificò Fay.
«E ho visto il fico», disse il giudice. «Il fico! Mandava bagliori da quei vecchi spaventapasseri che Becky aveva pensato bene di appendere ai rami anni or sono!»
I due uomini sorrisero. Appartenevano a generazioni diverse, ma erano dello stesso posto. Becky era la madre di Laurel. Gli spaventapasseri erano specchietti fatti in casa, cerchietti di stagnola, assolutamente inefficaci per tenere gli uccelli lontano dal fico in luglio.
«Nate, sai bene quanto me che il fico si trova tra il retro di casa mia e la stalla di tua madre. Io però ho visto il lampo mentre scrutavo in direzione del Tribunale», proseguì il giudice. «Quindi, sono giunto alla conclusione di avere il dono della vista posteriore».
Fay rise, un unico verso acuto, beffardo come quello di una ghiandaia.
«Un vero fastidio, direi». Il dottor Courtland si curvò in avanti sullo sgabello. «Diamo una bella occhiata».
«Ho guardato . Non c’era niente», intervenne Fay. «Ti sarai graffiato con un rovo, tesoro, ma non è rimasta nessuna spina».
«Ovviamente, la mia memoria perde colpi. Becky direbbe che mi sta bene. Non si dovrebbero potare i rampicanti prima della fioritura», insisté il giudice, con lo stesso tono confidenziale; il suo viso e quello del dottore quasi si sfioravano. «Ma so bene che il Rampicante di Becky non si ferma davanti a niente».
«Vero», mormorò il dottore. «Se non erro, mia sorella ha ancora quello cresciuto da una talea che apparteneva a Becky». Ma l’espressione del viso mentre si allungava per spegnere la luce era di marmo.
«Buio!», esclamò Fay con un gridolino. «Come gli è saltato in mente di andare a cacciarsi in quei rovi, dico io? Solo perché ero uscita un attimo?»
«Perché dalle nostre parti il compleanno di George Washington è stato eletto giorno di potatura», disse il dottore, affabile. «Avrebbe dovuto chiedere a Adele di occuparsene».
«Oh, si è offerta», rispose il giudice, liquidando la faccenda con un lieve cenno della mano. «Ma, insomma, ormai dovrei essere capace di farlo da solo».
Laurel lo aveva visto potare. Brandiva le cesoie e si lanciava in una specie di goffa sarabanda, tagliuzzando qua e là come se stesse facendo un inchino alla dama di turno, e alla fine il cespuglio somigliava a un puzzle da ricomporre.
«Le è capitato qualche altro episodio, da allora, giudice Mac?»
«Oh, un offuscamento. Niente di allarmante rispetto a quel primo disturbo».
«Allora perché non lasciamo che la natura segua il suo corso?», disse Fay. «Non faccio che ripeterglielo».
Laurel era appena arrivata dall’aeroporto: un volo notturno da Chicago. Un viaggio inatteso, concordato la sera prima con un’interurbana. Il padre, nella vecchia casa di Mount Salus, Mississippi, preferiva le telefonate alle lettere, ma quella era stata una conversazione stranamente laconica da parte sua. Alla fine, si era risolto a dire: «A proposito, Laurel, di recente ho avuto qualche piccolo fastidio alla vista. Forse è il caso che chieda a Nate Courtland di darmi un’occhiata». Poi aveva aggiunto: «Fay dice che mi accompagna, così fa qualche spesa».
Quell’ammissione di turbamento le era parsa nuova non meno dei problemi di salute, e aveva preso il primo aereo.
La piccola, tormentosa spia dello strumento stava sospesa tra il volto immobile del giudice e quello nascosto del dottore.
Finalmente le luci a soffitto si riaccesero e il dottor Courtland si alzò, scrutando il giudice, che ricambiò il suo sguardo.
«Ero certo che ti avrei portato con cui tenerti occupato», dichiarò il giudice con il tono conciliante che sfoderava per emettere una sentenza, prima di abbandonare lo scranno.
«Ha subito il distacco della retina destra, giudice Mac», disse il dottor Courtland.
«Ottimo, me la riattacchi tu», rispose il padre di Laurel.
«Bisogna intervenire senza perdere altro tempo prezioso».
«Bene, quando mi puoi operare?»
«Per un graffio? Perché quelle vecchie rose non sono morte stecchite?», strepitò Fay.
«Ma non si tratta di un graffio. È successo qualcosa dentro l’occhio, non fuori. E poi ci sono i lampi sul lato da cui vede, signora McKelva». Il dottor Courtland distolse l’attenzione dal giudice e da Laurel e invitò Fay a guardare il grafico appeso alla parete. Lei si avvicinò, spandendo profumo. «Questo è l’esterno, e questo l’interno del nostro occhio», spiegò lui. Indicò sul grafico quel che avrebbero fatto.
Il giudice McKelva si inclinò di lato per parlare a Laurel, che era seduta più in basso. «Non scherza mica, quell’occhio!»
«Non so perché doveva capitare proprio a », osservò Fay.
Il dottor Courtland accompagnò il giudice in corridoio. «Si accomodi nel mio studio, signore. L’infermiera le farà qualche altra domanda».
Tornò nella sala visite e si sedette sulla sedia del paziente.
«Laurel, non voglio eseguire io l’intervento», disse. «Sono ancora troppo dispiaciuto per tua madre». Si girò a guardare Fay dritto in faccia, forse per la prima volta. «Le nostre famiglie si conoscono da tantissimo tempo», le disse. Frase che non si pronunciava mai, se non per suggerire l’indicibile.
«Dove si è verificato il distacco?», chiese Laurel.
«Quasi al centro», rispose lui. Lei continuò a guardarlo, fino a quando il dottore aggiunse: «Nessun tumore».
«Prima che le permetta di tentare, ritengo di dover sapere se tornerà a vedere bene», intervenne Fay.
«Dunque, molto dipende dal punto in cui è avvenuto il distacco», disse il dottor Courtland, «e poi da quanto l’intervento sarà risolutivo; poi, da quanto il giudice Mac sarà disposto a eseguire i nostri ordini e, infine, dal volere di Dio. Questa ragazza, qui, se lo ricorda bene». Indicò Laurel con un cenno del capo.
«Uno mica prende e si fa operare... ci arrivo pure io, a capirlo», rispose Fay.
«Ma non vorrà certo che aspetti e perda la vista da quell’occhio. Nell’altro si sta formando una cataratta», disse il dottore.
«Davvero?», chiese Laurel.
«L’ho scoperto prima di lasciare Mount Salus. Avanza da anni, un poco alla volta. Il giudice ne è al corrente, ma è convinto che non peggiorerà». Sorrise.
«Come per mamma. È cominciata così».
«Ascolta, Laurel, io non sono dotato di grande immaginazione», ribatté il dottor Courtland. «Quindi procedo con cautela. Ero vicino al giudice Mac e a Miss Becky, giù a casa. Ho assistito a quel che succedeva a tua madre».
«C’ero anch’io. Non ha nulla da rimproverarsi, e nessuno è stato mai sfiorato dall’idea che potesse impedirlo...»
«Se solo avessimo saputo allora quel che sappiamo adesso. L’occhio era solo un aspetto del problema di tua madre».
Laurel indugiò con lo sguardo su quel viso esperto, tanto innocente, che custodiva in sé la campagna del Mississippi da cui...