Zapperi Zucker | Un giorno a Bolzano | Buch | 978-3-943810-06-6 | www.sack.de

Buch, Italienisch, 224 Seiten, PB, Format (B × H): 130 mm x 210 mm, Gewicht: 300 g

Zapperi Zucker

Un giorno a Bolzano

Sulle tracce di una generazione perduta
1. Auflage 2014
ISBN: 978-3-943810-06-6
Verlag: VoG - Verlag ohne Geld

Sulle tracce di una generazione perduta

Buch, Italienisch, 224 Seiten, PB, Format (B × H): 130 mm x 210 mm, Gewicht: 300 g

ISBN: 978-3-943810-06-6
Verlag: VoG - Verlag ohne Geld


Vier Erzählungen und eine Biografie – eine etwas ungewöhnliche Zusammenstellung, doch geht die Biografie aus einer der Erzählungen hervor. Alle vier Erzählungen aber sind mehr oder weniger mit dem zweiten Weltkrieg verbunden, entweder in den Erinnerungen der Nachkriegsgeneration oder als handfeste Gegenwart, wie in der ersten Erzählung, in der eine Wiener Jüdin in Gossensaß (Südtirol) Unterschlupf sucht. Das italienische Original dieser Erzählung erhielt 2013 den ersten Preis für unveröffentlichte Arbeiten des internationalen Literaturwettbewerbs "Il Molinello".

Die Biografie handelt von einem Wiener Halbjuden, der als junger Mann von den Nazis in österreichische Arbeitslager verschleppt wurde und der als einer der wenigen überlebte. Nach dem Krieg machte er als Trickfilmzeichner von sich reden, einige seiner Werbespots wurden mit Staatspreisen ausgezeichnet. Ein großes Talent, das aber mit der Vergangenheit nicht fertig wurde und daran auch zu Grunde ging.
In dieser Biografie ist nicht nur der Lebenslauf dieses Mannes nachgezeichnet, die Autorin berichtet auch von ihren Recherchen und Nachforschungen und beschreibt ihre Erlebnisse und Schwierigkeiten bei Behörden und Institutionen.

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Zielgruppe


Erwachsene, die an den Auswirkungen des zweiten Weltkriegs interessiert sind, teilweise auf die Region Südtirol bezogen.


Autoren/Hrsg.


Weitere Infos & Material


Indice
La governante francese 11
Un giorno a Bolzano 85
Una piccola storia minimalista 131
Una passegiata 155
Sulle tracce di una generazione perduta 181
Una biografia


La governante francese
Il 4 dicembre del 1938 Louise Raffelsberger arrivò col treno delle cinque nella stazioncina di Colle Isarco.
Fu l’unica a scendere.
Di media statura, snella anzi magrissima, era vestita con eleganza tutta parigina: calze velate, scarpe col tacco, scollate, troppo leggere per quelle strade coperte di neve e, particolare molto importante, una sciarpa, un cosiddetto boa di piume di struzzo, o di chissà quale uccello esotico buttata intorno al collo. Dalle piume spuntava una piccola testa dai capelli neri cortissimi, la nuca scoperta, due riccioli tirabaci che sembravano dipinti sulle guance tanto erano perfetti, più una frangetta, liscia, lucidissima, a metà fronte. Un minuscolo cappellino si reggeva per miracolo in cima a quella testa capricciosa, sfidando ogni legge di gravità.
Gli occhi abbondantemente bistrati, la bocca ridotta a un cuore dipinto di rosso, un rosso scuro che faceva pensare ai vampiri, sembrava essere caduta lì, in quel paesino di montagna, da un altro pianeta: "possibile che sia tutto autentico?", si chiese infatti l’impiegato della stazione, "peccato, perché mi sembra una bella donnina, una che sa far girare la testa a un uomo. Ma prima bisognerebbe che si lavasse la faccia."
La giovane donna aveva posato la grossa borsa di tela per terra restando in attesa, intanto che si guardava intorno. Il treno era subito ripartito e lei non si muoveva ancora, mezza congelata dal freddo. L’impiegato della stazione si avvicinò:

'Aspetta qualcuno?', chiese, intimidito dagli occhi freddi della donna che lo stava misurando dalla testa ai piedi.
'Monsieur Pichler. Je lui écrit… il n'est pas ici. Vous le connaissais?' La sua voce era acuta, come di persona vicina a una crisi di nervi. Parlava uno strano francese con forte accento di chiara provenienza viennese. L’uomo, pur non conoscendo la lingua francese, capì e sorrise:

'Certo che lo conosco. Chi non lo conosce qui?'
In quel momento arrivò appunto il signor Pichler, trafelato per la corsa.
'Excusez-moi Mademoiselle… je suis en retard….' La signora, con eleganza squisita, celando a stento una certa impazienza, gli porse subito una piccola mano inguantata di pelle nera: l’impiegato della stazione seguì con gli occhi tutta la scena, affascinato, anzi perso dietro quella manina che sembrava tanto bisognosa di protezione. Quanti anni poteva avere quella personcina così graziosa? Poco più di trent’anni portati bene, pensò, mentre il signor Pichler si piegava in due a baciare, o meglio a sfiorare appena appena con le labbra quella zampetta nervosa. Un gesto da vero gentiluomo che nessuno meglio del signor Pichler avrebbe saputo fare: anche questo notò l’impiegato della stazione e rifletté a lungo su come sia possibile piegarsi in due e nello stesso tempo porgere la mano con tanta eleganza. Concluse che ci voleva molto esercizio. Appena i due uscirono dalla stazione provò a ripetere lo stesso gesto davanti alla sua scrivania e poco mancò che non battesse la testa contro lo spigolo. Troppo profondo, commentò, ci vuole misura.Così cominciò la storia della francese a Colle Isarco: fu infatti soprannominata la francese prima per il suo aspetto esotico, del tutto fuori posto in quel paese di montagna, e poi perché si venne a sapere che veniva direttamente da Parigi. La donna che faceva i servizi in casa Pichler si era premurata di spargere la notizia qualche ora dopo.
Mademoiselle Louise era la nuova governante.
Il signor Pichler infatti si piccava di volere una francese per i suoi tre figli, orfani di madre, e nessuno ne aveva capito il motivo: certamente la donna parlava francese, per lo meno così si diceva, ma la sua origine era austriaca. Su questo nessuno ebbe dubbi; Mademoiselle Louise parlava francese col padrone e con i ragazzi – meglio sarebbe aggiungere subito che si trattava solo dell’ultimo figlio, ancora un ragazzino, dato che i due maggiori studiavano a Bressanone e venivano solo per le vacanze – mentre col personale sempre in perfetto viennese.

Il signor Pichler, proprietario di mezzo paese e di diversi terreni nei dintorni, aveva viaggiato molto, soprattutto in Francia, più precisamente sulla Costa Azzurra, dove aveva anche sperperato buona parte del patrimonio della moglie. E questo lo sapevano tutti.
Lui della Francia non amava soltanto la lingua. Di quel paese amava tutto: la cucina, le sale da gioco e in modo particolare le donne.
Una ventina di anni prima aveva sposato un’austriaca, una baronessa, figlia di gente assai ricca, con una dote che aveva fatto gola a più di un giovanotto: una rispettabile somma in denaro più proprietà terriere, soprattutto in Sudtirolo, e una bellissima villa a Gossensass, che portava il nome di una montagna che sovrasta appunto quella vallata, fatta costruire dal padre della ragazza già agli inizi del secolo. Come molti austriaci di alto livello sociale, anche la famiglia del barone viveva buona parte dell’anno fra Vienna e Innsbruck, ma amava attraversare le Alpi per trascorrere almeno tre mesi estivi in Sudtirolo.
In seguito alla costruzione della linea ferroviaria del Brennero, nella seconda metà del XIX secolo e con la scoperta di una fonte di acque termali, Colle Isarco, allora ancora Gossensass, era diventato un piccolo centro di un certo significato turistico, frequentato soprattutto da artisti tardo-romantici, come Ibsen, Schnitzler, Hugo von Hoffmannsthal e altri che cercavano fra quelle montagne ispirazione e riposo dalla vita assai turbolenta delle grandi città.


Zapperi Zucker, Ada
Ada Zapperi Zucker ist in Catania geboren und hat in Rom Klavier und Gesang studiert und dieses Studium an der Musikhochschule Wien beendet. Gleichzeitig hat sie für das „Dizionario Biografico degli italiani dell’Istituto Treccani”, für die „Enciclopedia dello Spettacolo” und die „Enciclopedia Universo De Agostini” gearbeitet und für diese Enzyklopädien viele Biographien von Musikern und Sängern verfasst. Als Opernsängerin war sie hauptsächlich außerhalb Italiens tätig, derzeit unterrichtet sie Gesang in Deutschland und in Südtirol und lebt seit vielen Jahren in München.

Durch eine Lehrtätigkeit am Bildungszentrum in Bozen kam sie mit Südtirol in näheren Kontakt. Als geborene Italienerin, aber durch ihre Ehe auch mit der österreichischen Kultur vertraut, hat dieses Land ihr immer schon waches Interesse für Politik und Geschichte besonders stimuliert. Die vielen Geschichten, die sie von ihren Südtiroler Gesangsschülern erzählt bekam, führten 2007 zu einem ersten Erzählband „La scuola delle catacombe”, der inzwischen auch auf deutsch unter dem Titel „Die Katakombenschule” erschienen ist und sich zu einem Longseller entwickelt hat.
Weitere Bücher folgten, vielfach mit Südtiroler Schwerpunkt, viele davon wurden in Italien mit Preisen ausgezeichnet. In dem 2015 erschienene Buch „La Cucchiara” wendet sie sich ihrem sizilianischen Ursprung zu, auch diese sizilianische Familien Saga in Form von Erzählungen hat schon einen ersten Preis erhalten und zwar bei dem renommierten internationalen Literaturwettbewerb „San Domenichino, città di Massa”.



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