Brokken | La scoperta dell'Olanda | E-Book | sack.de
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E-Book, Italienisch, Band 396, 384 Seiten

Reihe: Gli Iperborei

Brokken La scoperta dell'Olanda


1. Auflage 2025
ISBN: 978-88-7091-721-5
Verlag: Iperborea
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, Band 396, 384 Seiten

Reihe: Gli Iperborei

ISBN: 978-88-7091-721-5
Verlag: Iperborea
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



L'insegna dell'Hotel Spaander, nel pittoresco villaggio costiero di Volendam, vicino ad Amsterdam, è il dipinto di un uomo sorridente con una mano sporca di tempera blu e la scritta: «Benvenuto, artista.» Fondato nel 1881 da un visionario votato all'arte, l'albergo ha ospitato per oltre un secolo centinaia di pittori e scultori, diventando un vivace centro di confronto, creazione e sperimentazione di stili e universi estetici, crocevia di vite vagabonde, radicalismi politici e passioni inquiete, angolo preservato dal clamore delle grandi capitali e protetto in un'Europa dilaniata dalle guerre. A Jan Brokken basta una visita per rimanere affascinato dalla ricchezza di storie e curiosità di questo luogo d'eccezione dell'arte moderna, che ha attirato Picasso, Kandinskij, Signac, Joseph Beuys, così come Proust che qui trovò ispirazione per un'eroina della sua Recherche. Una colonia internazionale libera e aperta dove l'americana Elizabeth Nourse e molte altre artiste, regolarmente escluse dai coevi circoli parigini, venivano accolte e trattate da pari a pari dai colleghi uomini. Con la sua capacità di rivelare gemme nascoste del Novecento europeo attraverso percorsi poetici e romanzeschi, Brokken ci accompagna alla scoperta di ciò che tanti talenti da tutto il mondo hanno inseguito e cercato di catturare sulla tela a Volendam, spesso ingaggiando sfide senza fine: la luce unica dell'Olanda, con i suoi vasti cieli mutevoli che in ogni scorcio si specchiano nell'acqua; i colori, i silenzi, i volti rosi dalla salsedine dei pescatori e la grazia di semplici gesti femminili; i riti antichi di una comunità di mare in cui sembra farsi più intensa ogni esperienza umana.

Scrittore e viaggiatore olandese, noto per la capacita? di raccontare le vite di personaggi fuori dall'ordinario e i grandi protagonisti del mondo letterario e musicale, ha pubblicato numerosi libri che la stampa ha avvicinato a Graham Greene e Bruce Chatwin, come Jungle Rudy, il suo primo successo internazionale. Iperborea ha inoltre pubblicato: Nella casa del pianista, sulla vita di Youri Egorov; Il giardino dei cosacchi, sul periodo siberiano di Dostoevskij; il bestseller Anime baltiche, viaggio in un cruciale ma dimenticato pezzo d'Europa; Bagliori a San Pietroburgo, dedicato alla grande citta? della musica e della poesia russa; I Giusti, ritratto di un eroe che ha trovato il coraggio di opporsi alla brutalita? del Nazismo; L'anima delle citta?, che racconta le esplorazioni dello scrittore sulle orme dei grandi protagonisti dell'arte e della cultura, tra Europa e Giappone; La suite di Giava, sull'esperienza della madre Olga nell'arcipelago indonesiano degli anni Trenta.
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1
La morte di Thaulow


L’Hotel Spaander è fallito. Colpa del Covid: i turisti asiatici – cinesi, giapponesi, coreani – non sono più arrivati. Quando anche il ristorante caffetteria ha dovuto chiudere i battenti, non c’è stato più niente da fare. Tutte le tende delle camere sono state tirate, e sull’albergo vicino al porto di Volendam è calato il sipario.

Quando ho letto la notizia sul giornale, mi sono chiesto che fine avrebbero fatto i quadri. Allo Spaander non c’era una sola parete vuota, neanche quella sotto la scala. Centinaia e centinaia di schizzi preparatori, acquerelli, gouache e dipinti a olio, molti dei quali di pittori rinomati.

Nel 1980 ho visitato quell’albergo in compagnia del poeta Hans Tentije. Pavimenti scricchiolanti, luce chiara che dall’acqua entrava nell’hotel diffondendosi sulle pareti coperte di dipinti. Bevemmo un caffè col latte; il poeta si accese la pipa e si mise a raccontare pensieroso, ora fissando lo sguardo sul volto rugoso di un pescatore dipinto in tonalità aspre e rosse, ora lasciandolo vagare liberamente sull’acqua, un’acqua salmastra che un tempo era salata.

Hans Tentije aveva suppergiù trentacinque anni, i capelli lunghi e lisci. Era considerato un talento emergente tra i poeti olandesi, e si rivelò all’altezza delle aspettative: in quarant’anni pubblicò venti raccolte, con titoli come Quello che fa la luce, Di primavera e morte, Bianco notte, Ciò che disse, C’è tutto. Soprattutto quest’ultimo è un bel titolo; c’è tutto, è vero, bisogna solo accorgersene e saperlo cogliere, come fanno i poeti, o i pittori.

Riconosco molto di me stesso nella poesia di Tentije, nel suo modo di osservare e nel suo approccio pragmatico. Nei suoi versi non si trovano sentimenti espliciti, ma immagini che suscitano una particolare emozione. Quello che vede lui è capitato anche a noi di vederlo, solo non abbiamo cercato le parole per descriverlo e l’abbiamo messo da parte come un vago ricordo.

Nel 1976 mi trasferii ad Amsterdam, in pieno centro. Fin dal primo momento mi sembrò il mio destino, ma a volte sentivo un’indefinibile nostalgia per il paesaggio olandese dei polder in cui ero cresciuto. Allora mi affrettavo a raggiungere lo Schermer, il Beemster, il Wormer, camminavo lungo una diga e mi nutrivo degli ampi panorami. Era così bello vedere le spatole bianche che volavano contro lo sfondo delle nuvole grigie e i merli che zampettavano nell’erba, sentire starnazzare le oche selvatiche, sempre in coppia; le pecore belavano, un cavallo nitriva in lontananza. Era così rassicurante vedere emergere all’orizzonte i villaggi con lo stesso profilo che avevano nel XVIII secolo; paesini come Graft, De Rijp, Jisp o le cittadine su quello che una volta era lo Zuiderzee, che avevano perso la loro importanza ma non il loro carattere. Edam mi era cara quanto Monnickendam o Hoorn o Enkhuizen; le case sull’acqua hanno per me sempre un fascino particolare. Andavo in barca da Marken a Volendam, dove mangiavo una frittura di pesce sempre un po’ troppo unta, e poi facevo ritorno al villaggio con le case di legno verde e il faro più bello del mondo, che si può raggiungere solo camminando su uno stretto sentiero.

Acqua ovunque, vento nelle orecchie, gabbiani che volteggiano in un cielo argentato; ho ritrovato tutto questo nella poesia di Hans Tentije:

Ciò che permane dello sguardo sprofonda

in acque salmastre come il sonno, nelle sospese correnti sotterranee

del tempo, lungo rive senza orizzonte

Tentije guarda alla sua giovinezza come a un idillio. Un’infanzia trascorsa fra mare e polder. Non sarebbe voluto venire al mondo in un posto che non fosse Wijk aan Zee. Forse in un’altra epoca, ma di certo non in un altro luogo. Mi rende sempre felice incontrare qualcuno così, qualcuno che non cerca rifugio nel sogno di un altrove, come invece faccio io.

Quando andai a trovarlo, Tentije viveva in una casa colonica ristrutturata a Wijdenes, un paesino fra Hoorn ed Enkhuizen, protetto da un’alta diga che per secoli aveva trattenuto le acque dello Zuiderzee. All’interno l’atmosfera era cupa sotto le travi scure, ma non appena fuori ci trovavamo immersi in un mare di luce che illumina tutto ma non chiarisce nulla. Un verso come questo – illumina tutto ma non chiarisce nulla – mi colpisce quanto un bel panorama.

In quel periodo stavo scrivendo una serie di articoli per lo Haagse Post, di cui ero art editor, intitolata «Poesia», così andai a trovare Tentije perché volevo sapere di più della sua misteriosa poesia «La morte di Thaulow». Lui disse: «D’accordo, ma allora si va allo Spaander.»

È così che sono stato per la prima volta all’hotel, e non poteva andarmi meglio. Con un poeta come guida, sono entrato in un mondo che per molti pittori era praticamente un mito.

Nella sua poesia, Tentije rende tangibile il passato. Non si prende nessuna libertà, prima di cominciare una poesia si documenta accuratamente. Lo si potrebbe definire un poeta di «non-fiction», e anche in questo senso mi sento affine a lui.

Nel 1975, durante una vacanza in Norvegia visitò il museo di Lillehammer, una cittadina centottanta chilometri a nord di Oslo. Oltre a un Edvard Munch, alla parete erano appesi tre dipinti di Thaulow, artista a lui completamente sconosciuto; opere straordinarie, perfette nella composizione e nel tono. Thaulow si rivelò un maestro nel dipingere l’acqua che scorre, e questo colpì immediatamente Tentije. Sotto i quadri c’era scritto: Johan Fredrik Thaulow, nato a Christiania (Oslo) il 20 ottobre 1847, morto a Volendam (Olanda) il 5 novembre 1906. Acquistò il catalogo, soprattutto per via di quell’ultima annotazione: «morto a Volendam». Tentije sapeva già che all’inizio del XX secolo Volendam era un vivace villaggio portuale che attirava molti artisti, ma lo sorprese scoprire che dei pittori arrivavano lì persino dalla Norvegia.

Johan Fredrik Thaulow, detto Frits, era costantemente alla ricerca di nuove impressioni e di tipi diversi di luce. Dopo la sua formazione all’Accademia d’arte danese di Copenaghen e all’Accademia d’arte di Karlsruhe trascorse molti anni a Skagen, remoto villaggio di pescatori nell’estremità più settentrionale dello Jutland, dove si era costituita una colonia di pittori che gravitava intorno al Brøndums Hotel. Lì si riunivano soprattutto pittori danesi, norvegesi e svedesi che avevano preso le distanze dallo stile accademico per avvicinarsi all’impressionismo, influenzandosi l’uno con l’altro. Da Skagen, Thaulow si trasferì a Parigi, dove trovò una galleria disposta a vendere le sue opere ma dove, a parte la Senna, l’acqua era per lui decisamente troppo poca. Continuò a cercare ispirazione altrove, a Montreuil-sur-Mer, a Dieppe in Normandia, a Quimperlé nel Finistère; e poi a Venezia, in Belgio, nei Paesi Bassi e negli Stati Uniti. I suoi lavori migliori sono quelli realizzati a Venezia, Dieppe, Dordrecht, Volendam e fra le nevi della Norvegia.

Era un uomo grande e robusto con la barba bianca e la pipa perennemente in bocca. Si abbigliava con un lungo mantello nero dal collo di pelliccia e un berretto anche quello di pelliccia, e così poteva rimanere ore e ore a dipingere fuori al freddo, sotto la pioggia o la neve. Si sposò due volte, la prima con la danese Ingeborg Charlotte Gad, la cui sorella, Mette-Sophie, era la moglie di Paul Gauguin.

All’inizio della sua carriera di pittore Gauguin visse per due anni a Copenaghen, prima di lasciare Mette-Sophie e i suoi cinque figli e cominciare a vagabondare, cercando di sfuggire alla vergogna della povertà, a un matrimonio fallito e a una vita famigliare disastrosa. Il cammino della sua travagliata esistenza lo condusse da Parigi a Pont-Aven, dove diede vita al movimento artistico dei Nabis, i Profeti, e poi da Tahiti alle isole Marchesi.

Thaulow era meno radicale di Gauguin, ma a modo suo condusse una vita altrettanto avventurosa. Nel 1905 acquistò un’automobile, una biposto decappottabile capace di raggiungere l’incredibile velocità di sessanta chilometri all’ora, e guidò dalla Norvegia alla Svezia e dalla Danimarca ai Paesi Bassi. Qui trovò la più bella luce riflessa sull’acqua che avesse mai visto.

Trascorse alcuni mesi nei dintorni di Dordrecht e Rotterdam, e questo ha in qualche modo a che fare con il mio trisavolo, il pittore di marine e di paesaggi fluviali J.C. Schotel, e con la sua Veduta di Dordrecht del 1824. Thaulow scelse lo stesso punto di vista di Schotel, dalla sponda opposta del fiume. Cercò di eguagliare il dipinto del maestro di Dordrecht e ci riuscì senza sforzo, anzi forse addirittura lo superò. Sapeva dipingere l’acqua, e pochissimi pittori ne sono capaci; anche Schotel a volte aveva difficoltà, le sue onde sembravano l’acqua di una vasca da bagno. Riuscì a rappresentare un fiume tumultuoso solo verso la fine della sua vita; anche se ormai le sue mani erano rigide per l’artrite il suo approccio assunse qualcosa di fresco, e molti pittori seguirono il suo esempio. Lo stesso vale per Thaulow, che anche in età avanzata non si considerò mai arrivato, convinto di avere sempre qualcosa da imparare. Sono questi i veri artisti.

Nel 1906, dalla Norvegia Thaulow tornò nei Paesi Bassi, dipinse a Volendam e lì morì improvvisamente all’età di cinquantanove anni. Il suo ultimo dipinto fu Canale a Volendam, e Tentije...



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