Cialente | Il vento sulla sabbia | E-Book | www.sack.de
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E-Book, Italienisch, 201 Seiten

Cialente Il vento sulla sabbia


1. Auflage 2023
ISBN: 979-12-5480-036-2
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 201 Seiten

ISBN: 979-12-5480-036-2
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



'Rimasta sola al mondo, dovetti anch'io emigrare in Levante'. Dopo aver perso la famiglia, la giovane Lisa si trasferisce in Africa, dove trova la protezione prima dell'anziana zia Albina e poi del cugino Filippo con la moglie Malvina, ebrei la cui casa è 'un 'covo' di antifascismo per gli intellettuali di tutte le nazionalità'. Il destino di Lisa muta ancora quando viene accolta nella grande villa chiamata Sans Souci, dove vivono i coniugi tedeschi Frida e Stefan: una dimora da sogno avvolta di misteri, nella quale un'altra ospite, l'indecifrabile pittrice Lottie, è il perno di storie e segreti. Il vento sulla sabbia, uscito nel 1972, torna finalmente in libreria dopo cinquant'anni per stupire e affascinare nuovi lettori. Fausta Cialente mostra le passioni e le velleità di un gruppo di borghesi europei in Africa, mette in scena il colonialismo da una prospettiva laterale e illuminante, racconta con acume e grazia gli anni che hanno preceduto la Seconda Guerra Mondiale. Questo è il grande evento che sconvolgerà le vite di tutti: una frattura storica capace di segnare anche il passaggio alla maturità di Lisa, la voce che in questo romanzo sa narrare con disincanto la devastazione della fine di un'epoca e nel contempo, nel suo minuto destino che è il destino di ognuno, la fine della giovinezza.

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II


Fu quello un giorno di cui dovetti ricordare poi quasi tutti i particolari, non tanto per la gente chiassosa che ingombrò la veranda e il giardino, e qualcuno anche il salotto nonostante facesse un gran caldo dentro la casa, quanto perché, inaspettatamente, il mio destino ebbe la sua piccola svolta. Filippo non riuscì a farsi invitare da Lottie alla serata di Frida, com’era da aspettarsi, e lo vidi più di una volta sbadigliarle in faccia, perché essendo lei un’invitata “nuova” in casa sua, e invitata proprio da lui, fu costretto ad occuparsene: ma fu altrettanto evidente che, oltre ad aver la conferma (e di ciò Malvina l’aveva ben avvertito) che Lottie non aveva il potere d’invitare qualcuno in casa di Frida e Stefan, benché ne fosse ospite quasi permanente da una ventina d’anni o più, essa lo annoiava; e anche questo Malvina l’aveva previsto. Per di più era nel carattere di Filippo quel mettersi a burlare chi non gli procurava ciò che aveva preteso o sperato; un modo, per lui, di smaltire la noia o la delusione che gliene derivavano, o fors’anche un modo di vendicarsi, col maligno proposito di divertire se stesso e gli altri. Se avessi colto qualche armonia, fra tutti quelli, amaramente sola com’ero, avrei potuto invidiarli; avevo invece la sensazione che stessero insieme per vanitosa abitudine, e la loro allegria, le loro spiritosaggini mi sembravano insensate o false, quasi sempre, talmente in disaccordo col puro cielo dove già si coloravano le nubi del tramonto e dove sarebbe stato possibile veder passare gli angeli, mi sembrava, se soltanto si avesse avuto la pazienza di guardare. Ma nessuno l’aveva, io nemmeno, e alla fine ero stanca e come stordita dalle chiacchiere di tutti, dal continuo smuovere le seggiole, dal tintinnare delle tazze e dei bicchieri. Così nuova all’ambiente e alle persone, la povera Lottie non doveva accorgersi tanto presto che si cercava di farle fare la parte dello zimbello. All’inizio Filippo l’aveva manovrata con mano assai leggera, assai abile, devo dire, ed aveva scelto quel giorno il modo più facile, poiché conosceva il suo lato più vulnerabile e più noto, ch’erano i suoi discorsi fumosi su ogni cosa in generale e sull’arte in particolare; un atteggiamento così antico, in lei, da esser diventato una seconda natura, e il suo voler “sembrare un’immagine”, come aveva detto Malvina, doveva per forza accompagnarsi alle frasi sempre allusive, ondeggianti come i suoi veli, all’estremo palpitare delle ciglia, all’improvviso sgranare gli occhi come se vedesse volare quegli angeli che avrei voluto vedere io e con i quali proprio lei sembrava essere in una continua segreta e amorosa comunicazione. Ora, ai suoi vaghi discorsi Filippo rispondeva malignamente come se gli fossero chiari e li capisse, la provocava con frasi altrettanto fumose, che praticamente non significavano nulla, ma lo faceva con una scioltezza e una disinvoltura, con un viso così serio e impassibile che gli altri, quelli che si erano trovati abbastanza vicini per sentire, si accorsero del trucco solo dopo una prima incertezza, poi cominciarono a sogghignare, a darsi di nascosto qualche gomitata.

“Lo senti?” sussurrò Malvina passandomi accanto con due o tre bicchieri sul vassoio, “c’era da aspettarselo! Vuol farle pagare la sua delusione… poveretta lei!”

Altri s’erano intanto avvicinati al gruppo, eccitati dal gioco, e avevano voluto parteciparvi, ma l’avevano fatto con tale malagrazia e pesantezza che Lottie aveva cominciato a corrugare la fronte e ad esitare, come se volesse mostrare che faticava un po’ a capirli, ma con buona volontà e con pazienza – con pazienza, certo! – ci sarebbe arrivata. Mentre in realtà il sospetto già balenava nei suoi grandi e slavati occhi azzurri circondati da un patetico alone di finissime rughe. Mi fece pena e stavo pensando di far qualcosa per toglierla dalle unghie di Filippo quando proprio lui, vedendomi avanzare, cambiò tono improvvisamente e m’indicò a Lottie.

“Vi hanno presentato questa mia giovane cugina, credo?… È nostra gradita ospite solo da oggi. È stata educata in un collegio tedesco, guarda che caso! E sta cercando un impiego. Con tre lingue a disposizione, italiano, francese e tedesco, potrà trovarlo abbastanza facilmente, non vi pare? Basta farlo sapere… Forse voi, con tante conoscenze?…”, e calcò ironicamente sulla parola conoscenze; ma era da chiedersi a che cosa voleva alludere il suo sarcasmo, se a coloro presso i quali Lottie sembrava non aver la possibilità di farlo invitare o alla mondanità a cui il suo mestiere la costringeva.

Lottie s’era messa in piedi, intanto, dopo aver dato un’occhiata all’orologio.

“Ecco,” pensai io, che nell’idea di soccorrerla mi trovavo ora di fronte a lei, anch’io in piedi, a pochi passi. “Ha finito per capire, s’è offesa… e se ne va”.

Invece, guardandomi a ciglia socchiuse, come se le fossi lontanissima e allo stesso tempo qualcosa di prezioso, d’inusitato: “Sììì,” mormorò con un lungo sospiro che sembrò liberarla da un’oppressione, “volevo proprio dire alla signorina… se non le dispiace… se le è possibile…” Il suo spiccato accento tedesco dava al francese in cui si esprimeva con scioltezza un che di lirico, come se recitasse in versi, ed io l’ascoltavo turbata e stupita in attesa di ciò che avrebbe potuto chiedere e non mi era possibile immaginare, benché più di una volta l’avessi sorpresa a guardarmi con insistenza, quasi mi riconoscesse in qualcuno d’altro o sul mio viso cercasse qualcosa “…se le fosse possibile, ecco, di venire a posare nel mio studio… Per un ritratto, voglio dire”. Serrò ancora di più le ciglia sollevando un poco il viso e scomparvero le lievi grinze del mento che la sciarpa di velo non riusciva a nascondere. “Un viso interessante… molto italiano… forse un Ghirlandaio. Rinascimentale, ad ogni modo”.

“,” aveva detto con un tono che non ammetteva replica. Mi sembrò che la sua irritazione, ben simulata, l’avesse improvvisamente decisa ad affrontare tutti quanti, proprio come se stesse pensando: “Potete burlarvi di me, se volete, io sono quella che sono, anche se non vi piace”.

“Certo che verrà, e molto volentieri, non è vero Lisa?” Malvina aveva tagliato la parola a Filippo che stava per rispondere, e anch’io dissi di sì, confusamente, credo anzi di averla perfino ringraziata mentre il commiato si svolgeva in modo frettoloso e con un certo imbarazzo in tutti, anche in Filippo; e la meno imbarazzata ora sembrava lei. Scendeva gli scalini della veranda col suo passo leggero, tenendomi per mano con dolce affettazione, come se volesse mostrarmi pubblicamente la sua riconoscenza; quindi fui costretta a seguirla fin sul cancello. L’ombra della sera era calata, ma potevamo avvedercene solo stando fuori dal chiarore che splendeva sulle soglie delle stanze.

“Le ore che perderete con me vi saranno contate,” sussurrò amabilmente Lottie in quell’oscurità. Ritirò la mano che ancora mi teneva e la mia cadde stupidamente. Mi sentivo difatti stupida, non sapevo che cosa rispondere. Un piccolo gatto balzò giù da una delle colonne che sostenevano il cancello e si fermò un istante a guardarci movendo lentamente la coda.

“Oh!” fece Lottie, “guardate, sembra un piccolo spettro”. Poi, sempre dal buio la sua voce cortese aggiunse: “Vi presenterò ai miei amici… Sarà di certo possibile trovare qualcosa per voi… Voglio dire, un’occupazione”. Sentivo che sotto la crosta di una manierata gentilezza la volontà doveva essere il vero fondo del suo carattere. “Addio,” sussurrò poi, e scomparve sotto gli alberi del viale. Il gattino fu spaventato dal colpo che diede il cancello sfuggendomi di mano e scappò miagolando. Non era affatto un piccolo spettro, era un povero randagio in cerca di cibo, ed io non ebbi voglia di risalire la scalinata della veranda per ritrovarmi in mezzo ai chiassosi invitati. Girai intorno alla villa ed entrai dalla porta della cucina per raggiungere la mia camera senza essere vista, al buio mi sdraiai sul letto. Una vivida gioia mi faceva battere il cuore, un cuore impetuoso, caldo. La sorte mi preparava qualcosa di buono, forse? E pensavo a me stessa con indulgenza, come se non avessi né difetti né debolezze e meritassi l’interesse che mi era stato rivolto. Le zanzare vennero a fischiare intorno alle mie orecchie e agitavo la mano al buio per cacciarle, pensai anzi di levarmi e accendere uno zampirone quando la luce brillò in mezzo alla camera. Malvina era entrata.

“Ah,” disse, “immaginavo che dovevi averne abbastanza,” e sedette vicino alla porta come se fosse stanca. Io non dissi nulla, la guardai dal letto dove rimanevo tranquillamente sdraiata.

“Ne ho abbastanza anch’io, e ancora non se ne vanno… Non so chi è stato più odioso, oggi, se Filippo con i suoi stupidi scherzi o Lottie con le sue smorfie… Sempre gli stessi, tutti quanti!”

Avevo sulle labbra: “Ma tu allora perché ci stai? Chi ti obbliga a sopportare un marito del quale sembri stufa, giacché non hai figli...



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