Crupi / Maurizi | Prismi 3 | E-Book | sack.de
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E-Book, Italienisch, 268 Seiten

Crupi / Maurizi Prismi 3

Quaderni del Dottorato in Scienze documentarie, linguistiche e letterarie
1. Auflage 2025
ISBN: 979-12-5600-400-3
Verlag: Ledizioni
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

Quaderni del Dottorato in Scienze documentarie, linguistiche e letterarie

E-Book, Italienisch, 268 Seiten

ISBN: 979-12-5600-400-3
Verlag: Ledizioni
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Lo scopo di questi Quaderni è in primo luogo quello di documentare e condividere l'esperienza didattica e scientifica del Dottorato di ricerca in Scienze documentarie, linguistiche e letterarie che ha sede presso l'Università La Sapienza di Roma. La prima sezione è dedicata ad aprire qualche 'finestra' sull'attività didattica svolta nel Dottorato, in parte condivisa e in parte rivolta specificamente a singoli curricula, e sempre attenta sia alla dimensione della discussione, del dibattito, sia al respiro internazionale. Nella seconda sezione trova spazio invece una selezione di contributi, di dottorandi in corso e dottori che hanno conseguito il titolo negli ultimi due o tre anni, che illustrino nel loro complesso l'ampio orizzonte tematico delle ricerche portate avanti nel Dottorato. Alcuni dottorandi, inoltre, hanno collaborato alla redazione del volume, arricchendo anche in questo modo la loro esperienza. Inoltre si è ritenuto opportuno includere, come terza sezione, un repertorio delle ricerche e delle relative tesi di Dottorato, che prosegue e integra quelli già pubblicati nei primi volumi di Prismi.

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“Le anime vive”: Gogol’ e Roma*

Gabriele Mazzitelli**

Abstract

Thanks to the epistolary and some relevant passages from the short story Rome, this study retraces the relationship between the writer and the Eternal City – mainly inspired by Rita Giuliani’s critical studies – with the aim of emphasising not only the importance that Rome had in the writer’s life and aesthetic conception, but also the extremely topical value that Gogol’s idea of the city could still have today. His vision serves to emphasise the aesthetic qualities and artistic and cultural riches of this multifaceted metropolis, which are often overshadowed by the numerous challenges associated with its urban life.

Keywords: Nikolaj Gogol’; Rome; Dead Souls; Rita Giuliani.

Devo fare una premessa che vuole essere anche un modo per saldare un debito di riconoscenza. Chi voglia parlare di Roma e Gogol’ non può prescindere dagli studi di Rita Giuliani, che sento l’obbligo di ringraziare per come è riuscita a trattare questo tema in maniera così affascinante. Inutile dire che inevitabilmente i suoi scritti, ai quali mi riferirò ampiamente, sono alla base di questo mio contributo1.

Forse mai come di questi tempi Roma ha bisogno di Gogol’. Tanto quanto Gogol’ ebbe bisogno di Roma nei nove anni in cui, seppure non continuativamente, vi soggiornò:

Lo scrittore visse a Roma tra il 1837 e il 1846, passandovi in tutto circa quattro anni e mezzo e tornandovi per ben nove volte. Nella sua permanenza in città si possono distinguere un primo e un secondo periodo. Il primo periodo va dal marzo 1837 all’agosto 1841, quando Gogol’ parte per la Russia, rimanendo lontano da Roma per più di un anno. Il secondo periodo va dall’ottobre 1842 al maggio 1846, quando lo scrittore lascia definitivamente la città, per preferirle Napoli2.

Sono due periodi che coincidono con un diverso stato d’animo di Gogol’, legato anche alle sue condizioni di salute, alla psicosi, all’ipocondria, alla bipolarità del suo carattere. Se il primo soggiorno è all’insegna di un’esaltazione della città, il secondo lo vede ripiegato su sé stesso, pessimista, non più capace di trarre giovamento – fisico e spirituale – dalla permanenza nella città eterna.

Dunque, Roma: la città eterna per antonomasia. Mi chiedo se non sia proprio questa “eternità”, riconosciuta a livello universale, a essere uno dei problemi per la vita dei romani contemporanei.

Si ha la sensazione che questa proclamata e ribadita eternità consenta di crogiolarsi nella convinzione che in un modo o nell’altro Roma è sempre Roma e sarà capace di resistere a ogni insulto del tempo, alle orde di turisti o alla maleducazione dei suoi abitanti, che è un altro dei suoi annosi problemi, in un territorio urbano che nel corso dei decenni è andato aumentando a dismisura.

Roma oggi avrebbe bisogno di Gogol’ per ritrovare sé stessa e riuscire a tramutare i suoi mali - che possiamo definire endemici - in un’opportunità di riscatto. Gogol’ potrebbe essere di sicuro ausilio, anche perché se c’è un dato che si può subito sottolineare è come lo scrittore sia riuscito ad apprezzare e a valorizzare anche quelli che già nella prima metà del XIX secolo a noi appaiono come peculiarità non troppo positive o palesi difetti della città e dei suoi cittadini, carenze e difetti che nel tempo sono andati peggiorando fino a incancrenirsi. Mi ha sempre incuriosito – e riprendo un’osservazione di Gogol’ – come già ai suoi tempi si potesse constatare che nella città abbondassero avvocati e curiali3. Un dato di qualche tempo fa, ma che ho ragione di credere che non sia di troppo mutato, rilevava come nella sola Roma esercitasse lo stesso numero di avvocati che operava nell’intera Francia. E che lo smaltimento dei rifiuti abbia sempre rappresentato un problema anche in passato è testimoniato dalle lapidi che imponevano il divieto di gettare l’immondizia e, a imperitura memoria, ancora adornano alcune strade cittadine.

Ma è proprio partendo dallo sconfinato amore per Roma di Gogol’ che si può parafrasare il titolo del suo capolavoro e parlare di anime vive, quando trattiamo del rapporto tra lo scrittore e la città. Il viaggio negli inferi di Cicikov nelle Anime morte si trasforma in un’ascesa verso la luce interiore di quel Paradiso in terra che Roma diventa non solo come una meta ideale da raggiungere, ma nel suo vissuto di ogni giorno.

La Roma di Gogol’ è la Roma degli artisti stranieri, degli scultori, dei pittori, delle modelle, quella del Caffè Greco e delle osterie, “Lepre” a via Condotti e “Il Falcone” nei pressi del Pantheon, le preferite da Gogol’, dove amava trascorrere le sue giornate. È la Roma del salotto della Principessa Volkonskaja, prima a Palazzo Poli e poi nella villa vicino a San Giovanni in Laterano a cui facevano da magnifica quinta i resti dell’acquedotto romano e si respirava l’aria della cultura russa, ma risuonavano anche i versi in romanesco del Belli e dove Gogol’ aveva modo di venire a contatto con il mondo culturale della città.

La verità è che Gogol’ e Roma si integrano perfettamente. Perché sono simili, sono speculari. Capaci di contenere al contempo il bello e il brutto, la gioia e il dolore, il sublime e la pošlost’, quella volgarità, quella meschinità umana che forse nessuno come Gogol’ è riuscito a descrivere con tratti così vividi.

Roma per Gogol’ è una città viva e vivace, piena di spunti creativi e solo a Roma l’anima, talora moribonda, dello scrittore sembra riuscire a respirare la pienezza della vita. A Roma Gogol’ si sente un uomo libero, mentre a San Pietroburgo è un Akakij Akakievic qualsiasi. Di Parigi, città che non a caso Walter Benjamin definisce come la capitale del XIX secolo, Gogol’ percepisce la vacuità dell’apparenza, la mercificazione, a Roma si sente invece ricolmo di un sentimento religioso che ben si sposa con il carattere sacro della città, centro del cattolicesimo, sebbene lui sia ortodosso e tale voglia restare, malgrado i sospetti di una sua possibile conversione che nutrono le persone a lui vicine.

Gogol’ come Roma è pieno di contraddizioni: aspira al bello, ma si direbbe che sia in grado solo di descrivere le brutture degli uomini, non diversamente da Roma che conserva un numero inestimabile di capolavori, ma che troppo spesso sembra saper esporre al pubblico solo i suoi aspetti più deprimenti. Gogol’ appare talora come un bigotto, desideroso di condannare i piaceri della carne, teso solo a una meditazione spirituale, eppure non disdegna di certo la buona cucina e ammira, forse con occhio molto malizioso, la bellezza delle popolane. Non diversamente, alla Roma di San Pietro e dei riti sacri ha sempre fatto da contraltare la suburra, il meretricio, i ragazzi di vita. Roma caput mundi, ma anche «capoccia der monno ‘nfame», per dirla con Antonello Venditti.

Roma è in sé e per sé un’opera d’arte, ma anche la testimonianza di come il genio degli artisti e la magnificenza della natura possano essere rapidamente sacrificati agli interessi economici dei “palazzinari” sia quelli ante litteram della seconda metà dell’Ottocento, in quella Roma umbertina che un altro russo, Pavel Muratov4, visitava e amava nonostante tutto, o degli anni ’50 e ’60 del Novecento e oltre.

Roma ispira, crea e brucia sé stessa per mano di tanti Neroni, non diversamente da Gogol’ che a Roma scrive la prima parte delle Anime morte, ma poi ne distrugge il seguito incapace di apprezzare fino in fondo il suo genio, vinto da oscuri sensi di colpa.

Lo scrittore arriva la prima volta a Roma nel marzo del 1837. Il 2 novembre scrive a Pëtr Pletnëv:

Che terra l’Italia! Non potete assolutamente immaginarvela. Oh, se poteste solo gettare uno sguardo a questo cielo accecante, che annega tutto nello splendore! Tutto è meraviglioso sotto questo cielo, ogni rovina è un quadro; sugli uomini c’è come un colorito luminoso; le costruzioni, gli alberi, le opere della natura e le opere dell’arte: tutto sembra respirare e parlare sotto questo cielo. Quando tutto vi tradirà, quando non vi resterà nulla di quel che vi legava a un qualsiasi angolo del mondo, venite in Italia. Non vi è destino migliore che morire a Roma; qui l’uomo è una versta più vicino alla divinità. Il principe Vjazemskij molto giustamente paragona Roma a un lungo, bel romanzo o a un’epopea. E davvero, che cosa le manca? Io la leggo, la leggo… e ancora non riesco ad arrivare in fondo; la mia lettura non ha mai fine. Non so in quale altro luogo potrebbe trascorrere meglio la vita un uomo per cui i meschini piaceri del mondo non hanno molto valore. È città e campagna al tempo stesso. È una città enorme, eppure in due minuti potete già ritrovarvi nei campi. Potete disegnare, se ne avete voglia, oppure guardare… se poi non volete fare né una cosa né l’altra, sarà l’aria stessa a infilarvisi in bocca. Il sole occhieggia (e fa capolino ogni giorno) e non desideri altro; sembra che nulla ormai possa aggiungersi alla tua felicità5.

In tutta la corrispondenza relativa al primo periodo del soggiorno di Gogol’ possiamo trovare continui accenni a Roma, alle sue bellezze, a quei tratti che la fanno apparire ai suoi occhi il luogo più bello del mondo. Nella Roma del...



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