David-Néel | Nel paese dei briganti gentiluomini | E-Book | www.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 443 Seiten

Reihe: Supereconomici Voland

David-Néel Nel paese dei briganti gentiluomini


1. Auflage 2013
ISBN: 978-88-6243-292-4
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 443 Seiten

Reihe: Supereconomici Voland

ISBN: 978-88-6243-292-4
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Nel 1920 nessun occidentale aveva mai messo piede in Tibet. Questo libro è il resoconto del primo tentativo di Alexandra David-Néel di raggiungere quella terra sconosciuta percorrendo migliaia di chilometri in sella a un mulo e più spesso a piedi. Imprese folli e rischiose raccontate da una voce acuta e sincera che ci svela tutto il fascino dell'Oriente.

David-Néel Nel paese dei briganti gentiluomini jetzt bestellen!

Weitere Infos & Material


CAPITOLO II


Yongden viaggiava al mio fianco da otto anni; avevo avuto tutto il tempo per abituarmi ai suoi modi talvolta strani, ma in quell’occasione mi aveva proprio sbalordito e la cosa più singolare era che lui stesso si era stupito di quanto aveva fatto.

Malgrado la nostra partenza mattutina da Labrang, non eravamo riusciti a raggiungere il punto che ci eravamo prefissati. Alcune persone che volevano augurarmi buon viaggio, farmi dei regali e ricevere la mia benedizione erano arrivate alla locanda dopo la mia partenza. Ci avevano seguiti e, una volta raggiunta la piccola carovana, ci avevano fatto perdere un bel po’ di tempo. Poi le corde che tenevano i bagagli legati sul dorso dei muli avevano ceduto ed eravamo stati costretti a scaricare le bestie e riattaccare borse e pacchi… Insomma, stava per scendere la notte quando arrivammo in un paesino e ci rendemmo conto di non poter proseguire.

Uno dei domestici andò a bussare alla porta di una fattoria e chiese ospitalità, ma gli fu seccamente rifiutata. Ci informò dell’esito negativo e si apprestò a chiederla altrove quando Yongden lo fermò.

Il giovane lama aveva avuto un’improvvisa ispirazione. Audacemente richiamò l’attenzione di una donna che ci guardava dalla finestra e, con tono imperioso, chiese dove risiedeva un certo Passang di cui non avevo mai sentito parlare. Questo Passang era il proprietario della più bella casa del paese. Yongden vi si recò e, col solito tono imperioso, annunciò che eravamo inviati dal Lezang del monastero di Labrang, il quale ordinava al padrone di casa di riceverci e ospitarci nel migliore dei modi.

Chi era Lezang? Come faceva Yongden a conoscerlo? Non ne avevo la minima idea. Ma sapevo per certo che questa persona non ci aveva mai raccomandato per ottenere ospitalità lì dove solo l’ora tarda aveva indotto a fermarci.

La porta venne immediatamente aperta e ci accolsero con gran rispetto.

Fui condotta nella bella stanzetta dove avrei passato la notte. Mentre la mia gente scaricava le bestie e portava i sacchi con le coperte e il mio letto da campo, i nostri ospiti erano indaffarati in cucina per prepararci da mangiare.

Poco dopo feci onore a un’abbondante e ottima cena. Tutti coloro che abitavano in quella casa, dai padroni ai domestici, sfilarono per farsi benedire da me. Alla richiesta di invitare anche i vicini, dissi loro di essere stanca e promisi di riceverli l’indomani.

Prima di andare a letto, trattenni un momento Yongden nella mia stanza. Morivo dalla voglia di sapere come gli era venuta l’idea di farci raccomandare da quel lama che non conoscevo:

– Non lo conosco per niente.

– Non lo conosci!… E quel Passang?

– Nemmeno…

– Insomma, fammi capire, l’idea della raccomandazione e di farci ospitare è stato un trucco. Ma i nomi di questa gente, come li sapevi, e come facevi a sapere che Passang era un 41 di Lezang?

– Sono stupito quanto voi. Probabilmente ho sentito parlare di questo lama e del suo durante il nostro soggiorno a Labrang, ma non me li ricordavo più. E la cosa più strana è che ancora adesso, per quanto mi lambicchi il cervello, mi è impossibile ricordare dove e quando li ho sentiti nominare. Questi due nomi e quello che dovevo dire per ottenere un alloggio mi sono venuti improvvisamente in mente quando Tobgyal ha detto che alla fattoria rifiutavano di ospitarci. Non ho riflettuto. Ho obbedito a un impulso…

Era una cosa ben strana, pensai. Ma il lampo improvviso che aveva illuminato la memoria di Yongden era caduto a puntino. E rimandai a più tardi ulteriori riflessioni sull’argomento. Congedai il ragazzo e mi addormentai profondamente.

Mi svegliai di buon’ora, ma ero già stata preceduta da una ventina di persone, in attesa di benedizioni, incantesimi e riti divinatori, che premevano alla porta.

Uno dopo l’altro mi espressero i loro desideri. Mi pregarono di consacrare e distribuire l’acqua di lunga vita e anche di benedire l’orzo che i presenti si sarebbero distribuiti e avrebbero conservato in casa o mandato ai parenti e agli amici lontani. Si ritiene che questo seme contenga, come l’acqua di lunga vita, una virtù che conservi la salute, virtù infusa dal lama officiante.

Credevo le cerimonie terminate quando Passang mi pregò rispettosamente di esorcizzare la sua dimora. Non vi aveva notato nulla di sospetto, ma i demoni sono così numerosi e furbi che era sempre meglio prevenire gli effetti della loro malignità piuttosto che combatterli. Il ragionamento non faceva una grinza. Questo vale anche per le malattie e l’igiene. Procedetti quindi all’esorcismo preventivo della fattoria.

Ci si abitua a tutto. Riuscivo a officiare con la stessa gravità di un arcivescovo, ma questi esercizi mi pesavano.

Al principio del mio soggiorno tra i contadini tibetani, mi ero sforzata di dimostrare loro l’inutilità di questi riti e di convincerli che credere alla loro efficacia era un errore formalmente condannato da Buddha di cui si dicevano discepoli. Fatica sprecata. Non ero riuscita, nemmeno in minima misura, a far vacillare il loro attaccamento a superstizioni secolari: anzi erano sorti loro dubbi relativi alla sincerità e all’ortodossia del buddhismo che volevo professare. Gli abitanti del villaggio cominciarono a sospettare che fossi una missionaria cristiana che cercava di corrompere la loro religione.

In seguito, in altre regioni, quando la mia qualità di membro del 42 non fu messa in questione e anzi mi fu riconosciuto il potere di celebrare alcuni riti lamaisti, continuai a non sopportare il cerimoniale. Proseguii, facendo leva anche su una maggiore autorità, a mostrarne gli effetti deleteri e a spiegare che nei riti, una sequenza di gesti e parole sostituisce l’indispensabile azione mentale. Avevo a mio favore l’opinione e l’esempio dei grandi mistici tibetani e degli eremiti contemplativi, i quali rifiutano tutti i riti, ma il popolo mi opponeva una umiltà ostinata.

43 e 44 – dicevano loro – potevano tranquillamente fare a meno di queste cerimonie perché erano più grandi degli dèi e si facevano obbedire da questi come dai demoni. Ma imitare quei giganti spirituali non si addiceva a uomini qualunque: e così loro, semplici laici, si attenevano alle abitudini dei loro padri.

A Kumbum avevo preso l’abitudine di indossare sempre l’abito da lama e lo portavo anche in viaggio. Il mio anonimato non era così rigido come a Lhasa: Yongden e i servitori mi presentavano come donna-lama, una , ma non specificavano la mia nazionalità. Spesso la gente dei villaggi mi credeva tibetana e nessuno li smentiva. A domande dirette, si rispondeva che venivo da Gyamed, un nome che indica vagamente l’Indocina, oppure dalla Mongolia.

Sotto queste spoglie mi era ancora più difficile sottrarmi ai “doveri ecclesiastici” che mi spettavano.

Yongden, armato di una buona dose di scetticismo per quanto riguarda l’aspetto esteriore, si prendeva gioco dei miei scrupoli che riteneva fuori luogo.

– Bah! – mi diceva. – Soffiate pure sulla schiena di questo reumatico o nell’orecchio di quel sordo, non staranno peggio e farete loro un gran piacere. Non potete far altro, voi che siete iniziata alle pratiche della concentrazione del pensiero, che emettere una forza benefattrice che comunicherete col fiato, l’acqua e le pillole da voi benedette, a questa povera gente. Bisogna compatirla e trattarla come si deve. Così fanno i dotti e i santi anacoreti.

Ahimè! Ahimè! Senza essere di una grande umiltà, non mi consideravo certo alla stregua di un “dottissimo lama” e la mia “santità” non mi sembrava così pura. Ma Yongden, sempre pratico, rispondeva:

– Siamo o non siamo, voi e io, religiosi autentici? È così, non è vero? In questo viaggio abbiamo deciso di presentarci come lama, bisogna recitare a fondo il nostro ruolo, sennò diventeremo sospetti, la gente penserà che ci siamo travestiti per raggiungere uno scopo malvagio e ci potrebbe capitare qualcosa di brutto. Peggio ancora se, per causa nostra, questa gente commettesse il peccato di far del male a due veri lama, come noi. Ne saremmo responsabili e ne pagheremmo le conseguenze.

Non c’era niente da controbattere agli argomenti del giovane e la cosa migliore era non suscitare sospetti per evitare anche di nuocere agli altri. Mi ero così rassegnata a esercitare le mie funzioni ecclesiastiche. Non mi limitavo a semplici gesti rituali, e talvolta il mio carattere religioso dava origine a episodi commoventi.

A casa di Passang una donna, che si era tenuta in disparte per tutta la cerimonia, si avvicinò a me quando gli altri se ne furono andati.

– Mio padre è morto la settimana scorsa – mi disse piangendo. – Cosa è divenuto? Lo vorrei sapere. Avrà una reincarnazione felice? Per favore guardate e ditemelo.

Qualunque tipo di ragionamento sarebbe stato inutile. Questa donna non cercava vane consolazioni, voleva sapere un fatto preciso: dove suo padre era...



Ihre Fragen, Wünsche oder Anmerkungen
Vorname*
Nachname*
Ihre E-Mail-Adresse*
Kundennr.
Ihre Nachricht*
Lediglich mit * gekennzeichnete Felder sind Pflichtfelder.
Wenn Sie die im Kontaktformular eingegebenen Daten durch Klick auf den nachfolgenden Button übersenden, erklären Sie sich damit einverstanden, dass wir Ihr Angaben für die Beantwortung Ihrer Anfrage verwenden. Selbstverständlich werden Ihre Daten vertraulich behandelt und nicht an Dritte weitergegeben. Sie können der Verwendung Ihrer Daten jederzeit widersprechen. Das Datenhandling bei Sack Fachmedien erklären wir Ihnen in unserer Datenschutzerklärung.