Dooren | In volo | E-Book | www.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 264 Seiten

Reihe: terra

Dooren In volo

Vita e morte sulla soglia dell'estinzione
1. Auflage 2025
ISBN: 979-12-5480-198-7
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

Vita e morte sulla soglia dell'estinzione

E-Book, Italienisch, 264 Seiten

Reihe: terra

ISBN: 979-12-5480-198-7
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



In questo libro commovente e illuminato Thom van Dooren mette la filosofia ambientale in dialogo con le scienze naturali e l'antropologia per far emergere tutto il significato culturale ed etico delle estinzioni contemporanee. A differenza di altre riflessioni su questo tema, In volo racconta alcune 'storie vive' di specie animali in pericolo nella loro complessità di forme e nessi: perché, nelle reti di relazioni condivise che si intrecciano sul pianeta, l'estinzione di una specie non è mai un fenomeno isolato, con conseguenze ristrette. Nell'attuale 'sesta estinzione di massa', di origine perlopiù antropogenica, i fili spezzati smagliano porzioni allargate di esistenza terrestre, compromettendo ecosistemi a catena. Ogni capitolo, illustrato da fotografie, si concentra su un gruppo di uccelli a rischio: gli albatros del Pacifico settentrionale, gli avvoltoi indiani, una colonia di pinguini in Australia, le gru del Nord America e i corvi hawaiani. Non più solo entità astratte dai nomi latini, queste specie in pericolo ci pongono interrogativi inaggirabili: sui filtri antropocentrici che ancora reggono la distinzione umano-animale, sulle responsabilità etiche verso le 'traiettorie' e i 'modi di vita' recisi, sugli approcci alla cura e alla conservazione. In un pianeta coabitato e coevoluto con gli altri viventi, riconoscere la dignità del lutto di e per queste esistenze senzienti è il primo passo per non rassegnarsi a un'era di perdite.

Thom van Dooren è un antropologo e filosofo ambientale 'sul campo' che si occupa di estinzione e conservazione delle specie animali. È professore di Environmental Humanities e vicedirettore del Sydney Environment Institute presso l'Università di Sydney. In volo (Flight Ways) è stato tradotto in diverse lingue ed è ormai considerato un classico.
Dooren In volo jetzt bestellen!

Weitere Infos & Material


Introduzione.
Raccontare storie piene di vita sulla soglia dell’estinzione


Come potrebbe cominciare un libro sul rapporto tra uccelli ed estinzione se non con la tragica storia del dodo? Nella morte, questo uccello originario di una piccola isola situata nella parte occidentale dell’Oceano Indiano ha conosciuto una curiosa fama, diventando una sorta di testimonial dell’estinzione. Eppure, le idee sul dodo presenti nell’immaginario collettivo sono perlopiù frutto di speculazioni. Di fatto, sul suo conto diverse cose rimangono ancora poco chiare: che tipo di uccello fosse, come vivesse e quando scomparve. Sebbene esistano racconti, disegni e dipinti risalenti al XVII secolo, è difficile determinare quanto siano accurati e fondati su esperienze di prima mano. Come nel gioco del telefono senza fili, sembra che una buona parte di questi resoconti e di queste immagini si fondasse su altri resoconti e su altre immagini, con vari gradi di licenze poetiche (Hume 2006).

Tuttavia, sappiamo che i dodo (Raphus cucullatus) erano grandi uccelli incapaci di volare che vivevano esclusivamente sull’isola di Mauritius1. È probabile che mangiassero frutti caduti dagli alberi, oltre a semi, bulbi, crostacei e insetti. E di frutti dovevano essercene in abbondanza prima dell’arrivo degli esseri umani, quando non erano presenti altri mammiferi terrestri (Livezey 1993: 271). I dodo avevano quindi presumibilmente meno concorrenti per il cibo rispetto a quanto accadeva altrove ad altri uccelli, ma soprattutto non convivevano con nessun importante predatore – una situazione che non li preparò affatto alle conseguenze dovute alla comparsa dell’essere umano.

Non si sa quali furono i primi uomini a posare gli occhi sul dodo e sulla sua forma peculiare. Forse alcuni commercianti arabi che probabilmente scoprirono l’isola nel XIII secolo. O forse i navigatori portoghesi che cominciarono a visitarla qualche centinaio di anni dopo (dal 1507 in poi). Tuttavia, da quel che si sa, nessuno di loro si stabilì nell’isola di Mauritius e non esiste una prova documentale di un loro incontro con un dodo.

I primi racconti affidabili sul dodo vennero scritti dagli olandesi dopo il loro arrivo in loco nel 1558 (Hume 2006: 67). Da lì in poi, per circa un secolo la Compagnia olandese delle Indie Orientali usò l’isola di Mauritius come “terreno da pastura e da allevamento di bestiame e come fonte di carne indigena selvaggia” (Quammen 1996: 265). Fu l’inizio della fine per il dodo. Che oltre a finire esso stesso sul menù – insieme a tartarughe e a svariati altri uccelli del posto – pagò a caro prezzo l’introduzione intenzionale o involontaria di numerosi mammiferi per mano degli olandesi.

Parte del problema fu indubbiamente la vulnerabilità di questo uccello al cospetto di marinai e coloni affamati. Essendo incapace di volare, e non avendo alcuna esperienza di contatto con predatori, veniva catturato facilmente con le mani o preso a bastonate (ivi: 266-268). Anche se nel corso dei secoli si è spesso insinuato che la sua carne fosse sgradevole e quindi raramente consumata, oggi sembra che non fosse così.

Il paleontologo ed esperto di dodo Julian Hume (2006: 80) ha fornito infatti molte testimonianze di prima mano sull’“apprezzamento” da parte degli olandesi per la carne di quest’uccello – in particolare per il petto e per lo stomaco – e sul fatto che ogni giorno ne venissero catturati e mangiati molti esemplari2.

Tuttavia, dopo l’arrivo dell’uomo, è probabile che a causargli i maggiori problemi fu la comparsa di altre specie animali. La prima delle quali, quantomeno da un punto di vista cronologico, fu verosimilmente quella del ratto comune (Rattus rattus). Sull’isola di Mauritius, così come in diversi altri posti dove attraccavano all’epoca le navi europee, i ratti si trasformarono in una forza devastatrice. Le uova di dodo e i pulcini, che fino ad allora non avevano avuto bisogno di particolari protezioni, rappresentavano una fonte facile di cibo. Poco tempo dopo, nei primi decenni del XVII secolo, ai ratti si aggiunsero altre specie – in particolare macachi granchivori, capre, bovini, maiali e cervi. Tutti questi animali recitarono un ruolo nel declino del dodo: come predatori, concorrenti per il cibo, o entrambe le cose (Hume 2006: 83).

Non esistono testimonianze di visitatori che riferiscano di incontri con un dodo dopo gli anni ’80 del 1600, e tutto porta a credere che la specie alla fine del XVII secolo si fosse ormai estinta (Hume, Martill e Dewdney 2004). Dopo migliaia di anni passati a rimpinzarsi di frutti, improvvisamente il dodo fu costretto a convivere con la cultura europea e, altrettanto improvvisamente, sparì dal mondo.

Sebbene non si tratti di certo della prima specie sulla cui scomparsa gli umani hanno recitato un ruolo centrale, il dodo occupa un posto peculiare e iconico in numerosi racconti contemporanei sull’estinzione. Questo uccello e questo processo biologico sono diventati stranamente sinonimi. Se provate a chiedere al primo passante che incontrate per strada che cosa sa del dodo, può essere che vi risponda che viveva sull’isola di Mauritius; e forse potrebbe persino aggiungere che era un uccello che non volava; di sicuro vi dirà che è estinto.

Quest’ultimo particolare sembra essere la cosa che più ci è rimasta impressa su questa specie. Forse perché sono davvero poche le informazioni che abbiamo al suo riguardo. Ma forse un’altra possibile spiegazione del legame intimo esistente tra il dodo e l’estinzione risiede nella maniera particolare con cui questo uccello è entrato nella nostra storia. Secondo Beverly e Stephen Stearns (1999), il dodo ha il dubbio onore di essere “la prima specie la cui estinzione è stata addebitata – per iscritto – agli umani” (17; si veda anche Quammen 1996: 277)3.

Anche se non posso garantire che sia vero, di sicuro fu una delle prime specie a essere oggetto di cronache di questo tenore. La sua estinzione avvenne mentre alcuni esploratori e coloni europei cominciavano lentamente a rendersi conto del loro impatto sugli ambienti che visitavano, specie nelle isole più piccole. Come ha sottolineato lo storico dell’ambiente Richard Grove, Mauritius all’epoca venne citata come esempio lampante di questo potenziale distruttivo. Mentre le foreste venivano sfoltite e le risorse animali e minerali esaurite, “cominciò a emergere una coerente consapevolezza dell’impatto ecologico del capitalismo e della dominazione coloniale” (Grove 1992: 42). Tuttavia, per l’isola di Mauritius fu insufficiente e tardiva – sia per il dodo che per le numerose altre specie scomparse nello stesso periodo.

Ed è così che il dodo è entrato nelle testimonianze scritte e quindi nell’immaginario collettivo come una specie condotta all’estinzione dall’attività umana, il suo destino curiosamente legato alla prima e storica presa di coscienza del fatto che l’impatto dell’uomo potesse non solo uccidere singole piante e singoli animali, a volte anche a migliaia, ma persino mettere fine a interi modi di vita (tornerò più avanti sul senso in cui uso questa espressione). In virtù di questa consapevolezza, la scomparsa delle specie potrebbe essere intesa e narrata in maniera da coinvolgerci significativamente – in primo luogo come causa, poi forse da un punto di vista emotivo, di certo da quello etico. Ecco la triste eredità lasciataci dal dodo.

In volo. Vita e morte sulla soglia dell’estinzione si inserisce nell’ormai consolidata tradizione di raccontare “storie di estinzione” che coinvolgono gli umani. Ma è anche il tentativo di raccontarle in modo nuovo. Nello specifico, l’approccio nei confronti dell’estinzione adottato in questo libro si focalizza sugli “entanglements aviari” – i legami di interdipendenza e connessione della fauna aviaria –, sugli uccelli e i loro rapporti, sulle reti di interazione in cui gli esseri viventi appaiono, rimangono nel mondo e alla fine muoiono. La vita e la morte non avvengono in una condizione di isolamento dagli altri, ma per tutte le creature mortali, fatte di carne, sono questioni relazionali. E lo stesso vale per il mondo degli uccelli, che intrecciano connessioni con un ampio ventaglio di altre specie, tra cui gli umani. Si tratta di relazioni di co-evoluzione e di dipendenza ecologica, che non si limitano alla “biologia” nel senso stretto del termine. È all’interno degli entanglements multi-specie che avvengono apprendimento e sviluppo, e si formano pratiche sociali e culture. In breve, questi legami producono contemporaneamente sia la possibilità di vita sia ogni specifico stile di vita. Si tratta quindi di relazioni importanti. E se ciò vale quando tutto va bene, gli entanglements assumono un nuovo significato in tempi come quelli attuali, in cui un alto numero di specie sta scomparendo.

Questo libro è composto da cinque storie di estinzione, ognuna delle quali è incentrata su un gruppo di uccelli in pericolo. Ponendo l’accento su questi entanglements aviari, il libro ci permette di comprendere meglio chi sono questi animali, chi siamo noi e, alla fine, come tutti “diventiamo assieme” (Haraway 2008), nel bene o nel male, in un mondo condiviso. Da questa prospettiva, è evidente che nella scomparsa degli uccelli la posta in gioco sia molto più importante di quanto spesso si pensi, e ci consenta di comprendere i diversi significati dell’estinzione in...



Ihre Fragen, Wünsche oder Anmerkungen
Vorname*
Nachname*
Ihre E-Mail-Adresse*
Kundennr.
Ihre Nachricht*
Lediglich mit * gekennzeichnete Felder sind Pflichtfelder.
Wenn Sie die im Kontaktformular eingegebenen Daten durch Klick auf den nachfolgenden Button übersenden, erklären Sie sich damit einverstanden, dass wir Ihr Angaben für die Beantwortung Ihrer Anfrage verwenden. Selbstverständlich werden Ihre Daten vertraulich behandelt und nicht an Dritte weitergegeben. Sie können der Verwendung Ihrer Daten jederzeit widersprechen. Das Datenhandling bei Sack Fachmedien erklären wir Ihnen in unserer Datenschutzerklärung.