E-Book, Italienisch, 192 Seiten
Reihe: Amazzoni
Draesner La traversata
1. Auflage 2023
ISBN: 978-88-6243-600-7
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 192 Seiten
Reihe: Amazzoni
ISBN: 978-88-6243-600-7
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Nata a Monaco di Baviera nel 1962, è fra le figure più importanti della letteratura tedesca contemporanea. È autrice di romanzi, racconti, poesie, saggi e traduzioni, per i quali ha ricevuto numerosi riconoscimenti. Plurinominata per il Deutscher Buchpreis, nel 2020 ha vinto il Deutscher Preis für Nature Writing e nel 2021 il 'Gran premio' del Deutscher Literaturfonds. Dal 2018 insegna scrittura letteraria al Deutsches Literaturinstitut di Lipsia.
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Dalla scarpata davanti alla finestra della cucina, la luce fresca delle foglie, punteggiata di un giallo tenue, si posava sul pavimento e sul tavolo. Il ritmo di uno studio di Chopin filtrava attraverso il soffitto. Venerdì pomeriggio, lezione di pianoforte di Maude. Dal laboratorio a Oxford era andato a Paddington in treno per poi proseguire una mezz’ora in metropolitana. Il fine settimana tornava a casa. Così sua moglie aveva chiamato sin dal primo giorno il civico 8 di Portland Terrace: casa. Vivevano lì da un anno.
Aveva bisogno di un tè.
C’era qualcosa in cucina che non andava.
Si trovava nel seminterrato, come di consueto nelle costruzioni vittoriane. Quando appese la giacca – era luglio, il nuovo caldo imperversava, ma imperversavano anche i vecchi rovesci d’acqua e le imprevedibili raffiche di vento che dal Mare del Nord risalivano il Tamigi – quando appese la giacca impermeabile alla porta, sopra la sedia, vide che qualcuno aveva capovolto la calamita sul frigorifero, un autobus rosso a due piani. Giaceva a testa in giù, con le ruote all’aria. Al posto della solita lista della spesa c’era infilata sotto una lettera.
Oxford, 12.11.1978
Carissima Maude,
...Non posso più...
mai stata nessun’altra che te...
Abigail... sotto l’accappatoio di Silas... io... mio... sicuro
...dimenticare quei giorni a Sylt... A te, almeno a te...
Il modo in cui sono finiti...
e abbiamo dovuto occuparci di cose
che solo poche ore prima non potevamo immaginare...
Voglio... libera... costruirti una
vita... senza menzogne... Dovevo dirtelo
...Maude
Forever yours
Charles
Quelli erano matti.
Quelli: sua moglie e l’amante.
Sua moglie e il suo miglior amico.
Maude e Silas.
Nella colonnina del bollitore, l’acqua si mise a gorgogliare blu. Il ritmo di Chopin 1, 2, 3, 1, 2, 1, 2. Prima ancora che arrivasse a formulare un pensiero, la sua mano aveva infilato il foglio nella tasca della giacca. Si rivide seduto nella sua stanza di studente, il fuoco nel caminetto – due fili come in un tostapane – ardeva rosso, il burro, che conservava sul davanzale interno della finestra gotica a ogiva, restava duro. La penna stilografica graffiava la carta. Quella lettera aveva quarant’anni.
Mescolò il latte al tè.
Osservò il cucchiaino di plastica. La plastica non si scaldava.
A bit crowded, his marriage.
Crowded, così, in tre.
Nella sua, di Charles, nuova casa londinese.
Please touch, la sala brulica del rumore della gente. Due scheletri di dinosauro sorretti da impalcature oscillano nella corrente d’aria, la mandibola di un cetaceo è appoggiata a una colonna.
Fa così spesso avanti e indietro tra la citta grande e la piccola sul Tamigi che è grato per ogni giorno in cui non deve star seduto su uno dei treni che procedono lenti, arrivare sulla banchina sconnessa di Oxford e, insieme ad altre centinaia di persone, arrampicarsi sul ponte pedonale saldato in metallo sottilissimo. E invece ha già preso di nuovo il treno, giusto ieri sera.
Ha trascorso la notte nel suo pied-à-terre. Sorge a ridosso di vari ettari di prato incolto su cui pascolano mucche e cavalli. Da quattromila anni, dicono, qui non si ara più, sui sentieri sabbiosi corrono amanti del jogging e cani. Ora, d’estate, c’è odore di sterco di mucca, stenta a credere dove vive. Come può essere così agreste – erboso, caldo umido, pieno di insetti – se ci mette appena dieci minuti a piedi a raggiungere il laboratorio o un museo come quello?
Cinque cetacei, di cui il più piccolo è un antenato della focena e il più grande un iperodonte, sono appesi alle nervature grigio argento del soffitto. La dimora oxoniana delle scienze naturali è calda, rimbomba, possenti travi in acciaio sorreggono il tetto in vetro, una navata di creazione divina che trasvola in aria, un sogno di infinito nella crinolina dell’ingegneria vittoriana. A trenta metri di altezza, scheletri di teste sporgono da vertebre cervicali grandi come sedie, slitte di mandibole appuntite e sovradimensionate fendono l’aria su pattini di ossa affilate mentre le zampe massicce dei dinosauri di 65 milioni di anni fa toccano terra allargando le dita nel punto in cui si trova anche lui.
Cavity, dice l’altra lingua, “cavità”. Il suo pugno entra nella cavity del dente mancante dalla mandibola del cetaceo. Don’t touch, fragile.
Ha vissuto in un college, poi in affitto negli Stati Uniti, più tardi con Maude in Germania. La terraced house con la porta d’ingresso laccata di un nero signorile è la sua prima vera casa inglese. L’ha acquistata per via della cucina, per via della luce subacquea della scarpata. Maude, invece, aveva buone motivazioni da fornire alla banca. Per lavoro lui conta cellule, “sulle tracce del mistero della vita”, così recita lo striscione sopra il dipartimento durante l’open day. Gli rimangono ancora cinque anni in quel posto, un miracolo che lo abbiano ripreso.
Vaga per le gallerie di animali rari ed estinti, passa accanto a Charles Darwin e al Watson della doppia elica. Creature si arrampicano qua e là tra acqua e rocce. Strisciano per terra. Lo guardano con occhi enormi. Pterosauri delicati come lucertole, peccato non si aggirino più per il pianeta (che posassero le loro zampe angolose incedendo con cautela alla maniera dei camaleonti? – gli vengono in mente dei maccheroni freddi). Sarebbe curioso trovarseli davanti al crepuscolo, durante una passeggiata nelle Cotswolds, quando un coniglio salta fuori da una siepe o i caprioli si dirigono verso una macchia di bosco. I dinosauri appartengono alla classe degli uccelli, recita il cartello, in origine di struttura piuttosto esile, e per alcuni secondi la realtà gli sembra proprio quella, un grazioso, agile Compsognathus longipes, fatto di abitudini e mezze conoscenze, già sparito quando pensi di averlo preso. La sua lettera attaccata allo sportello del frigorifero come fosse una lista della spesa, con l’autobus a due piani capovolto.
Oxford, novembre 1978: Carissima Maude.
Inchiostro, la sua vecchia Montblanc.
Quarant’anni non sono niente nel tempo dei dinosauri, quasi niente nel tempo oxoniano, molto nel tempo di una vita, nel tempo di Charles con Maude: tutto.
Che lei abbia conservato la lettera gli avrebbe fatto piacere in altre circostanze. Naturalmente sa perché ha dovuto spulciare quelle righe, ora che Silas è con lei. Silas – il vecchio amico inglese che, tra un viaggio e l’altro, andava a trovarla regolarmente già a Düsseldorf – d’un tratto non sembra muoversi più granché. Avrà ancora il suo appartamento a Bloomsbury, o abita già da loro? Da Maude?
L’umiliazione non brucia in viso. Né sul collo.
Lui in ogni caso non è lì. È scappato via. Come fosse alle prime armi in fatto di matrimonio. In fatto di crisi. E pensare che per quarant’anni era andato tutto bene, almeno dal suo punto di vista.
L’umiliazione non brucia, è un grumo che gli rotola tra le costole come una palla.
L’architetto ha ripiegato centralmente le navate laterali del museo facendo convergere l’intero edificio in una cuspide vetrata, cosicché in un ghiribizzo tecnico è la luce migliore a scendere, neutra, cristallina, sugli animali raccolti, tra i quali solo gli ominidi si muovono ancora. Perfino di sabato si portano su e giù per i corridoi, come per ordirli in un tessuto, i bambini in maglione blu scuro bordato di lilla sullo scollo, le bambine in gonna corta e calzettoni blu alle ginocchia, un po’ di pelle sempre esposta. “Cosa esiste al mondo?” “Da dove veniamo?” “Cos’è normale?”
Ancora una volta si stupisce di quanto i dintorni della città siano pieni di fossili: orme di dinosauro cristallizzate, zampe gigantesche, i crani, in confronto, sembrano fatti di ossa di gallina, sono fragili e sottili. In un fronte impressionante, quelle meraviglie divoratrici di felci e schiacciacorazze, le invenzioni di mucillagine primordiale, i cervelli piccoli e i primi detentori di polmoni, i forsennati dell’acqua, i rivoluzionari dell’aria, i pionieri assai traballanti dell’andatura, i primi e più profondi abitanti primordiali del pianeta si erano spinti fuori dalla loro patria, il fango.
Una casa la troviamo anche per te, aveva detto Maude quando da Düsseldorf erano tornati in Inghilterra dopo trent’anni sul continente, di ritorno nel paese irriconoscibile in cui lui, Charles, era cresciuto e a cui lei, Maude, apparteneva. In tutto e per tutto, così diceva. E lui, Charles, altrettanto, no?
Per metà, ribatteva lui.
Una casa per Maude. L’io inglese di Maude.
Mentre per abitudine cerca qualcosa da prenderle nel bookshop del museo, collegato direttamente all’immensa sala delle ossa e concepito alla maniera di una serra, il coniglio bianco di Alice nel Paese delle Meraviglie gli lancia un’occhiata di traverso.
Quando si porta a casa un pensiero, lo si fa per condividere il tempo che non si è condiviso insieme. Ma cosa fare dei pensieri se il tempo non lo si condivide già più?
Fissa il coniglio e cerca la parola inglese per “imbalsamato”.
Nel riflesso del vetro, un uomo dall’aria decisa lo guarda, ricorda un po’ un uccello, con un ciuffo di capelli sempre all’insù e gli occhi tondi, nascosti dietro gli occhiali da lettura a mezz’asta, che brillano. Trova di...




