Fisher | The Weird and the Eerie | E-Book | www.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 194 Seiten

Reihe: Indi

Fisher The Weird and the Eerie

Lo strano e l'inquietante nel mondo contemporaneo
1. Auflage 2018
ISBN: 978-88-7521-990-1
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

Lo strano e l'inquietante nel mondo contemporaneo

E-Book, Italienisch, 194 Seiten

Reihe: Indi

ISBN: 978-88-7521-990-1
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



The Weird and the Eerie è l'ultimo libro pubblicato in vita da Mark Fisher, lo scrittore e critico culturale inglese che anche nel nostro paese sta ora raccogliendo grande interesse. Il suo Realismo capitalista ha generato un vivace dibattito e ha mostrato come Fisher sia una figura fondamentale per comprendere il presente. Ricordando l'amico, Simon Reynolds ha scritto: «Costruendo, con incomparabile rigore ed eloquenza, un ponte che collega estetica e politica, critica e attivismo, Fisher era davvero un intellettuale impegnato, potremmo dire persino: un John Berger post rave». Quest'ultima definizione è perfetta anche per inquadrare The Weird and the Eerie, dove s'indagano - tra letteratura, musica e cinema - due forme/sentimenti che non hanno una perfetta corrispondenza nella nostra lingua. Solo approssimativamente, infatti, il weird può essere reso con «strano» e l'eerie con «inquietante». Fisher segue e spiega queste categorie attraverso le arti e le epoche: il weird si rivela così nei racconti di H.P. Lovecraft, nelle canzoni dei Fall, nei romanzi di Philip Dick e nei film di David Lynch, mentre l'eerie si manifesta nell'opera di scrittori, musicisti e registi come Margaret Atwood, Brian Eno, Stanley Kubrick e Christopher Nolan. «Il fascino di weird ed eerie non è sintetizzabile nell'idea che 'ricaviamo piacere da ciò che ci spaventa'. Ha piuttosto a che vedere con l'attrazione per l'esterno, per ciò che sta al di là della percezione, della conoscenza e dell'esperienza comune», scrive Fisher. In questo libro, il reale si apre dunque all'ignoto, all'incubo e all'incanto.

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INTRODUZIONE
WEIRD E EERIE (OLTRE L’UNHEIMLICH)


È strano che mi ci sia voluto tanto tempo per fare i conti con il e l’. Anche se le origini immediate di questo libro risalgono a eventi piuttosto recenti, sono affascinato e ossessionato da una vita da casi di weird e eerie. Ma non avevo mai identificato concretamente le due diverse modalità, e meno che meno chiarito i loro tratti definitori. Ciò senza dubbio dipende in parte dal fatto che i più importanti casi culturali di weird e eerie si collocano al margine di generi come horror e fantascienza, e che queste associazioni di genere hanno oscurato le specificità dei due concetti.

Ho messo a fuoco per la prima volta il concetto di weird una decina d’anni fa, in seguito a due convegni sull’opera di H.P. Lovecraft tenuti al Goldsmiths College di Londra. L’eerie invece è stato il tema centrale di , un audiosaggio prodotto nel 2013 insieme a Justin Barton. Neanche a farlo apposta, la nozione di eerie ci ha colti tutt’e due di sorpresa: in origine non era affatto al centro della nostra indagine, ma alla fine del progetto ci siamo resi conto che gran parte della musica, del cinema e della letteratura di cui da sempre eravamo appassionati possedeva questa qualità.

Il tratto comune di weird e eerie è un’ossessione per ciò che è strano. Strano, non raccapricciante. Il fascino di weird e eerie non è sintetizzabile nell’idea che «ricaviamo piacere da ciò che ci spaventa». Ha piuttosto a che vedere con l’attrazione per l’esterno, per ciò che sta al di là della percezione, della conoscenza e dell’esperienza comune. Quest’attrazione comporta di solito una certa dose d’inquietudine, magari anche timore – ma sarebbe sbagliato sostenere che weird e eerie siano per forza spaventosi. Non intendo certo affermare qui che ciò che sta al di fuori sia sempre benevolo. L’esterno ci mette a disposizione un’abbondante dose di terrori. Ma questi terrori non esauriscono tutto ciò che c’è da dire sull’esterno.

Forse il ritardo con cui sono approdato all’idea di weird e eerie è dipeso dal fascino proiettato dal concetto freudiano di (perturbante). Com’è noto, tale concetto è stato tradotto in inglese con il termine inadeguato di (misterioso, soprannaturale). Il termine inglese che descrive meglio il senso attribuito da Freud è invece (non familiare, estraneo). L’unheimlich viene spesso fatto coincidere con weird e eerie (lo stesso scritto di Freud tratta i due termini in maniera intercambiabile). Ma l’influenza del grande saggio di Freud ha fatto sì che l’unheimlich finisse per escludere le altre due modalità.

Il saggio sull’unheimlich ha esercitato un’enorme influenza sullo studio dell’horror e della fantascienza – forse alla fine più a causa delle esitazioni, congetture e tesi respinte da Freud che della definizione da lui effettivamente fornita. Gli esempi di unheimlich riportati da Freud – doppi, entità meccaniche dall’apparenza umana, protesi – evocano un particolare tipo d’inquietudine. Ma la spiegazione finale dell’enigma dell’unheimlich da parte di Freud – l’affermazione che esso si può ricondurre all’ansia da castrazione – è deludente quanto la soluzione di routine fornita dall’investigatore in un thriller mediocre. Ciò che invece resta affascinante è il grappolo di concetti che circolano nel saggio di Freud, e il modo in cui essi spesso esemplificano ricorsivamente il meccanismo cui si riferiscono. e – essi stessi coppia di concetti misteriosi che si sdoppiano e ripetono a vicenda – sembrano essere al centro di tutti i fenomeni «misteriosi» identificati da Freud.

Concetti come weird, eerie e unheimlich hanno senza dubbio qualcosa in comune. Indicano tutti tipi diversi di sensazione, ma anche di modalità: modalità del cinema e della narrativa, della percezione, e in definitiva dell’essere, potremmo persino affermare. Nonostante ciò, non costituiscono dei veri generi.

Forse la differenza più importante tra l’unheimlich da un lato e il weird e l’eerie dall’altro, sta nel loro modo di trattare ciò che è strano. L’unheimlich di Freud riguarda lo strano del familiare, lo stranamente familiare, il familiare come strano – il modo in cui il mondo domestico non coincide con se stesso. In questo concetto ritroviamo tutte le ambiguità della psicoanalisi di Freud. Stiamo parlando di rendere il familiare – e il – strano? Oppure di ricondurre lo strano al familiare, al famigliare? È qui possibile cogliere il doppio movimento caratteristico della psicoanalisi freudiana: in primo luogo, lo straniamento di numerose nozioni comuni che riguardano la famiglia; questo movimento è però accompagnato da una mossa compensativa, in cui l’esterno diventa leggibile in chiave di dramma familiare modernista. La psicoanalisi stessa è un genere unheimlich: ossessionata da qualcosa che sta al di fuori, intorno a cui essa ruota ma che non è mai in grado di riconoscere o affermare appieno. Molti commentatori hanno riconosciuto che lo stesso saggio sull’unheimlich somiglia a un racconto, con Freud nei panni dell’inaffidabile narratore jamesiano. E se Freud è un narratore inaffidabile, perché dovremmo accettare che il suo racconto venga classificato nei termini della categoria proposta dal saggio? E se il vero dramma del saggio consistesse invece nei continui tentativi da parte di Freud di circoscrivere i fenomeni che esplora nell’ambito dell’unheimlich?

Il ricondurre il weird e l’eerie all’unheimlich è sintomatico di un ripiegamento secolare dall’esterno. La predilezione generale per l’unheimlich è commisurata alla compulsione verso un certo tipo di critica, che opera analizzando sempre l’esterno attraverso gli interstizi e le impasse di ciò che si trova all’interno. Il weird e l’eerie muovono da una direzione opposta: ci permettono di osservare l’interno da una prospettiva esterna. Come vedremo, il weird è , ciò che non torna. Il weird apporta al familiare qualcosa che normalmente si trova al di fuori di esso, e che non si riconcilia con il «casalingo» (neppure come sua negazione). La forma artistica che è forse più appropriata al weird è quella del montaggio – la combinazione di . Da qui la predilezione per il weird da parte del surrealismo, che interpretava l’inconscio come una macchina per il montaggio cinematografico, un generatore di accostamenti bizzarri. Da qui anche la ragione per cui Jacques Lacan – raccogliendo la sfida lanciata dal surrealismo e dal resto del modernismo estetico – ha potuto muovere in direzione di una , dove pulsione di morte, sogni e inconscio si sono svincolati da ogni naturalizzazione o senso di familiarità.

A prima vista l’eerie potrebbe sembrare più vicino all’unheimlich che al weird. Eppure, esattamente come il weird, anche l’eerie riguarda in modo fondamentale l’esterno, e qui possiamo intendere l’esterno in un senso immediatamente empirico, oltre che in uno trascendente più astratto. Il senso dell’eerie è di rado ancorato a spazi domestici circoscritti e abitati: lo incontriamo più di frequente in paesaggi parzialmente svuotati della presenza umana. Che cos’è avvenuto per originare quelle rovine, quell’assenza? Che genere di entità è coinvolta? Che tipo di essere ha prodotto quel ?1 Come questi esempi indicano con chiarezza, l’eerie è fondamentalmente legato a questioni di agentività (). Che tipo di agente opera in questo caso? Ed esiste veramente un agente? Sono domande che possono essere riformulate in un registro psicoanalitico – se non siamo chi crediamo di essere, che cosa siamo allora? – ma che si applicano anche alle forze che governano la società capitalista. Il capitale è ad ogni livello un’entità eerie: comparso dal nulla, esercita cionondimeno maggiore influenza di qualsiasi entità che sulla carta dovrebbe essere concreta.

Lo scandalo metafisico del capitale ci conduce alla questione più ampia dell’agentività dell’immateriale e dell’inanimato: il ruolo di pietre e paesaggi in autori come Nigel Kneale e Alan Garner, e il modo in cui «noi stessi» ci troviamo invischiati in ritmi, pulsioni e modelli di forze non umane. Non esiste interno salvo che come ripiegamento dell’esterno: lo specchio s’infrange, io sono un altro, e lo sono sempre stato. Il fremito qui è il fremito dell’eerie, non dell’unheimlich.

Il romanzo di D.M. Thomas ci offre uno straordinario esempio di destituzione dell’unheimlich da parte dell’eerie. Sulle prime l’argomento del romanzo sembra essere un caso di studio simulato riguardante una paziente immaginaria di Freud, una certa «Anna G». La poesia di Anna G che apre il romanzo appare a prima vista satura d’isteria erotica, come il Freud di Thomas dichiara nel caso di cui scrive nel libro. L’analisi di Freud minaccia di dissipare l’atmosfera onirica della poesia di Anna G, e anche di stabilire una direzione d’interpretazione: dal presente verso il passato, dall’esterno verso l’interno. Poi però si scopre che l’apparente erotismo è esso stesso un offuscamento e una deflessione dal punto di riferimento più profondo della poesia, che non si trova nel passato di Anna G, bensì nel suo futuro – la sua morte nel massacro di Babij Jar nel 1941. I problemi di chiaroveggenza e fato qui ci conducono a una forma scioccante di eerie....



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