E-Book, Italienisch, 656 Seiten
Laxness Gente indipendente
1. Auflage 2014
ISBN: 978-88-7091-385-9
Verlag: Iperborea
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 656 Seiten
ISBN: 978-88-7091-385-9
Verlag: Iperborea
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Nella selvaggia Islanda a cavallo fra i secoli XIX e XX, la vita del bracciante Bjartur di Sumarhús sembra giungere a una svolta: finalmente, dopo diciotto anni passati al servizio dell'ufficiale distrettuale, è in grado di acquistare un appezzamento di terreno nella brughiera orientale e dichiararsi indipendente. Dopo anni di pasti frugali e duro lavoro, animati unicamente da discussioni di poesia e letteratura, di politica e di religione, il variegato nucleo familiare di Bjartur potrà definitivamente insediarsi nella casupola di torba da lui stesso costruita. Non solo la storia di un contadino alla conquista della propria emancipazione, ma anche della società islandese dell'epoca, di cui l'autore mostra le piccolezze e le meschinità.
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1
Kolumkilli
Le fonti islandesi raccontano che in origine l’Islanda era stata abitata da genti occidentali1 che lasciarono dietro di sé croci, campane e altri oggetti simili usati per fare stregonerie. Nelle fonti latine sono elencati per nome tutti gli uomini che navigarono fino a qui dalle terre occidentali agli albori del papato. Il loro capo spirituale si chiamava Kolumkilli2 l’Irlandese ed era un famoso negromante. In quei giorni il suolo in Islanda era molto fertile. Ma quando i norreni vi si stabilirono definitivamente, gli stregoni occidentali fuggirono dal paese e i testi antichi narrano che per vendicarsi Kolumkilli giurò che il nuovo popolo non avrebbe mai prosperato in queste terre e altre cose affini, che in effetti in seguito apparentemente si avverarono. Molto più tardi i norreni si allontanarono dalla vera fede per abbracciare l’idolatria di popoli di sangue straniero. Allora ogni cosa andò a rovescio in Islanda, le divinità dei norreni vennero derise e vennero introdotti nuovi dei e nuovi santi, alcuni dai paesi orientali e altri da quelli occidentali.
Narra la storia che a Kolumkilli venne eretta una chiesa nella valle, nel luogo in cui più tardi sorse la fattoria di Albogastadir sulla Brughiera, che anticamente era stata la residenza di un capo. Il prefetto Jón Reykdalín di Útiraudsmýri raccolse numerose informazioni erudite riguardanti quella valle di brughiera, dopo che l’insediamento fu abbandonato durante la grande scorribanda degli spiriti del 1750. Il prefetto in persona fu testimone, con i propri occhi e orecchi, dei vari fenomeni strani che vi accaddero, come si legge nel suo famoso Resoconto del Diavolo di Albogastadir. Lo spettro fu udito parlare a voce alta nella fattoria dalla metà del mese di Thorri3 fino al giorno dell’Ascensione, quando la gente fuggì verso l’abitato; per due volte pronunciò il suo nome nell’orecchio del prefetto ma, secondo la testimonianza dello stesso, rispose a tutte le altre domande con “orribili versi in latino e inaudibili oscenità”.
Tra le storie che si sono raccontate su questo casale, la più famosa risale a molto prima dei tempi del prefetto Jón, e non è fuori luogo ricordarla qui ancora una volta, per dilettare coloro che non si sono mai avventurati sui pianori oltre il fiume, dove i secoli giacciono fianco a fianco sui sentieri che i cavalli del passato hanno segnato in modo diseguale, o coloro che desiderano visitare il vecchio sito sul colle tra le paludi mentre attraversano la valle.
Non può essere stato più tardi della fine del ministero del vescovo Gudbrandur,4 che una coppia si stabilì a Albogastadir sulla Brughiera. Non si conosce il nome del marito, ma la moglie si chiamava Gunnvör o Gudvör. Era ritenuta una donna dalla personalità vigorosa, versata nelle scienze occulte e capace di cambiare forma, che aveva soggiogato totalmente il marito, da tutti invece apparentemente giudicato un assoluto inetto.
Tanto per cominciare, i due non prosperarono molto; tenevano pochi lavoranti e giravano voci che la donna costringesse il marito a esporre i neonati quando i figli cominciarono ad aumentare. Alcuni furono deposti sotto un lastrone in montagna, e se ne possono ancora udire i gemiti all’inizio della primavera, nel periodo in cui la neve comincia a sciogliersi; altri vennero legati a una pietra e il contadino li affogò nel lago, da dove si sente ancora il loro pianto al chiaro di luna invernale, specialmente nel gelo o prima di una tempesta.
E con l’avanzare degli anni, dice la storia, la fattoressa Gunnvör aveva sempre più sete di sangue umano. E anche fame di midollo. Si dice perfino che prese il sangue dei suoi figli sopravvissuti e lo bevve con le sue stesse labbra. Fece costruire dietro casa un sacrario per i suoi incantesimi dove, tra fuoco e fumo, era solita inneggiare al diabolico5 Kolumkilli nelle sere d’autunno.
Si dice anche che una volta suo marito avesse cercato di fuggire e denunciare pubblicamente i suoi atti malvagi tra la gente delle aree abitate, ma lei lo inseguì e, raggiuntolo sul crinale di Raudsmýri, lo uccise a sassate, ne mutilò il cadavere e poi portò a casa le ossa fino al suo sacrario, lasciando però la carne e le interiora in pasto ai corvi; poi diffuse la notizia nel distretto che era morto mentre cercava le greggi sui monti.
Da quel giorno in poi la fattoressa Gunnvör cominciò a prosperare grazie al suo patto malvagio con Kolumkilli, e divenne presto proprietaria di ottimi cavalli.
A quei tempi c’era un gran passaggio di gente attraverso il distretto, sia in inverno, quando gli uomini andavano a pescare sotto il ghiacciaio, sia in primavera, quando molti giungevano fino a lì dalle altre regioni del paese per comprare lo stoccafisso. Col passare del tempo, comunque, tra gli abitanti del distretto si sparse la voce che la fattoressa Gunnvör diventava sempre meno ospitale man mano che acquistava più cavalli. E sebbene andasse regolarmente in chiesa com’era costume al tempo, negli annali si dice che per il giorno dell’Ascensione non vide il sole6 in un cielo sgombro di nubi dopo la messa nella chiesa di Raudsmýri.
Non per farla troppo lunga, ma cominciarono anche a circolare voci sulla fine di suo marito e sul fatto che lei uccidesse uomini, chi per i loro beni, chi per il sangue e il midollo, e che ne inseguisse altri a cavallo sulle montagne. Ora, nella valle di Albogastadir, a sud ma non troppo distante dalla fattoria, si forma un lago stagnante chiamato Ígulvatn, nome che porta tuttora. La fattoressa uccideva i suoi ospiti nella notte aggredendoli con una spada mentre dormivano, poi li mordeva al collo, ne smembrava i corpi e usava le ossa come gingilli per sé e per il diabolico Kolumkilli. Ne inseguiva alcuni sulla brughiera aggredendoli con la sua spada, con la lama che sfavillava fulgente, mentre ne decretava il destino; era forte al pari di qualsiasi uomo e in più aveva dalla sua le arti del demonio. Grumi di sangue sono ancora visibili nella neve nei crepacci della brughiera, specie prima di Natale. Trasportava i loro cadaveri nella valle, vi legava delle pietre e li affondava nel lago. Poi si impossessava dei loro beni, dei vestiti, dei cavalli e del denaro, se ne trovava. I suoi figli diventarono tutti degli idioti, abbaiavano come cani di casa o se ne stavano seduti sulla soglia come ebeti e mordevano la gente; il diavolo li aveva privati di lingua umana e di buon senso. Ancora oggi i bimbi nel distretto cantano questa ninnananna, da ambedue i versanti della brughiera:
Ma alla fine accadde che furono scoperte le pratiche della fattoressa Gunnvör, il fatto che avesse causato la morte di molte persone, uomini, donne e bambini in egual modo, e che avesse inneggiato di notte al diabolico Kolumkilli. Fu processata davanti al parlamento distrettuale e le furono spaccate le ossa al cancello del cimitero di Raudsmýri nel giorno del Corpus Domini, poi fu smembrata e infine le fu tagliata la testa, ma lei reagì bene al suo destino e in punto di morte maledisse tutti con strane imprecazioni. Il busto, la testa e gli arti furono raccolti in una bisaccia di pelle che fu portata sul crinale a ovest di Albogastadir e sepolta nel punto più alto. Il tumulo è ancora visibile, adesso è coperto di vegetazione e recentemente è stato chiamato «il tumulo di...




