E-Book, Italienisch, 671 Seiten
Mittell Complex Tv
1. Auflage 2017
ISBN: 978-88-7521-853-9
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Teoria e tecnica dello storytelling delle serie tv
E-Book, Italienisch, 671 Seiten
ISBN: 978-88-7521-853-9
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Come fanno le serie tv di nuova generazione a tenerci incollati allo schermo, spingendoci a guardare dieci puntate di fila e parlare dei protagonisti come se fossero i nostri amici più cari? Quasi mai per caso, né per l'idea geniale di un solo showrunner, bensì grazie allo sforzo creativo e collaborativo che avviene nella «stanza degli autori». In Complex Tv lo studioso di televisione e media Jason Mittell ci accompagna lungo la filiera delle serie, dall'ideazione alla produzione, dalla ricezione del pubblico alla gemmazione dei paratesti. In questo percorso l'autore ci spiega cosa distingue la «televisione complessa» da quella del passato, con particolare attenzione allo storytelling e alle tecniche peculiari del mezzo. Emancipandosi dalla narratologia tramite un linguaggio nuovo e dedicato, esamina tutti i capisaldi di questo formato e i fenomeni a essi associati: dalla rivoluzione apportata dai Soprano al successo irripetibile di Lost, dalla struttura comica complessa di Arrested Development e How I Met Your Mother fino alla radicale trasformazione di Walter White in Breaking Bad. Complex Tv non si rivolge solo agli appassionati: oltre a essere lo strumento che mancava per analizzare questa nuova arte, può rivelarsi prezioso per chiunque voglia scoprire (e magari imparare) i segreti dello storytelling.
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INTRODUZIONE
Nell’autunno del 2001 hanno fatto il loro esordio sulla televisione americana tre serie tv di spionaggio: , e Tutte e tre sono sopravvissute ai bassi ascolti della prima stagione, conquistandosi così il diritto a una seconda stagione, un traguardo raggiunto di rado dalle nuove serie.1 Inaspettatamente, proprio quella con l’audience migliore, , trasmessa dalla Cbs, è stata cancellata dopo la seconda stagione, nel 2003, mentre , trasmessa dalla Abc, si è via via conquistata le sue rispettabili cinque stagioni, e , su Fox, la cui prima stagione era stata la meno seguita delle tre, è durata più di un decennio, ed è stata considerata una delle serie meglio scritte di tutti i tempi. Il destino di queste tre serie offre una panoramica illuminante su quei cambiamenti dello storytelling televisivo che hanno avuto inizio negli anni 2000 e che sono l’argomento di questo libro.
Delle tre serie, era decisamente la più convenzionale: riprendeva quel modello di a episodi che la Cbs aveva testato con successo grazie a e a , seguite negli anni 2000 da prodotti simili come , e . Per via di certe convinzioni datate sulle caratteristiche di un programma vincente, si pensava che l’approccio convenzionale e la formula rodata di avrebbero incontrato i favori del pubblico (o quanto meno un’audience alta), ma le cose sono andate diversamente, perché durante la seconda stagione gli ascolti sono calati a tal punto da spingere la rete a cancellare il programma, senza che questo suscitasse troppo clamore né lamentele.
Le altre due serie avevano invece un approccio narrativo molto più innovativo e, nonostante la suddetta convinzione che la televisione di successo debba essere convenzionale, hanno avuto un’audience sufficientemente alta da giustificarne una prosecuzione. era una delle serie più eccentriche apparse fino ad allora in televisione, per via dello stile visivo e sonoro d’impatto, delle trame complicate e di una mitologia complessa: tutto ciò le ha permesso di attrarre un pubblico piccolo ma appassionato, che l’ha accolta come l’erede del fenomeno cult . Nonostante gli indici d’ascolto non abbiano mai raggiunto quelli sperati dalla Abc per un programma ad alto budget, i riconoscimenti della critica e la crescente popolarità di Jennifer Garner hanno convinto il network a portare avanti la serie per altre cinque stagioni, finché nel 2004 non è stato il momento di successi maggiori come e .
Il percorso di è stato persino più sorprendente, considerata la struttura notevolmente atipica della serie: ogni episodio rappresenta un’ora di tempo della storia raccontato in «tempo reale», avvalendosi di split screen, timer e altri espedienti metanarrativi inconsueti per la televisione tradizionale. Il titolo stesso del programma non ci dice nulla della storia, e fa soltanto riferimento al modo in cui essa verrà raccontata (le 24 ore che costituiscono un giorno nella vita del protagonista Jack Bauer). Dopo una prima stagione di ascolti bassi, è diventata sempre più popolare, raccogliendo un seguito abbastanza robusto da permetterle di andare avanti per otto stagioni (e persino di tornare in onda nel 2014): per più di un decennio la serie non ha mai smesso di conquistare posizioni nella classifica dei 30 programmi più visti dell’anno. Al successo di hanno contribuito la vendita e il noleggio dei dvd, che all’inizio del 2000 erano ancora un fenomeno relativamente recente: permettendo infatti a chi aveva perso la prima stagione di rimettersi al passo, i dvd hanno fatto confluire nuovi spettatori al bacino iniziale, facendo salire gli ascolti della seconda stagione di un sorprendente 25%.2 Mettere a confronto le storie di queste tre serie può essere utile per delineare l’inizio di un nuovo scenario della tv americana, nel quale, contrariamente al passato, una narrazione complessa e innovativa può ottenere sia il plauso della critica sia il successo commerciale, mentre una serie prudente e convenzionale può rivelarsi un flop.
analizza appunto questa svolta, mostrando in che modo è cambiato lo storytelling televisivo e quali sono le novità tecnologiche, produttive e di ricezione che hanno permesso e incentivato queste trasformazioni. Per identificare questi cambiamenti si dice spesso che la televisione è diventata più «letteraria» o «cinematografica», mutuando il prestigio di forme culturali più consolidate come la letteratura e il cinema; ma il modo migliore per comprendere questi cambiamenti è analizzare il mezzo televisivo in sé, piuttosto che cercare di legittimarlo attraverso similitudini cross-mediali. Negli ultimi 15 anni, infatti, gli orizzonti e le tecniche dello storytelling televisivo hanno subito cambiamenti drastici e specifici del mezzo in questione. Ciò che un tempo era un espediente rischiosamente innovativo, come una voce narrante soggettiva o una cronologia non lineare, è oggi quasi un cliché. Se prima il confine tra una serie (a episodi autoconclusivi) e un serial (con una storia continuativa) era netto, oggi questi territori sfumano l’uno nell’altro. L’idea che gli spettatori potessero aver voglia di guardare (e riguardare) una serie tv, di farlo rispettando l’ordine delle puntate, nonché di condividere le proprie riflessioni con un gruppo di sconosciuti, tutto ciò un tempo sarebbe risultato risibile: oggi è il mainstream. È cambiato il modo in cui gli spettatori guardano le serie, così come sono cambiate la produzione e distribuzione, e tutto ciò ha portato a una nuova modalità di storytelling che io ho definito « tv», televisione complessa: questo libro spiega nel dettaglio di cosa si tratta.
circoscrive la propria analisi al campo dei . Nel 2001, quando guardai le tre serie di spionaggio di cui sopra, il settore non era particolarmente interessato ad analizzare le forme narrative della televisione. Ai tempi (ma in realtà ancora oggi), queste serie avrebbero al massimo suscitato negli studiosi domande riguardanti la loro rappresentazione culturale della realtà: d’altronde, tutte e tre le serie videro la luce in un periodo di profonda trasformazione della storia americana e trattavano quel tipo di eventi in atto in quel momento. Così, nonostante ai tempi dell’attentato dell’11 settembre tutte e tre le serie fossero già state ideate, programmate e in parte prodotte, e nonostante esordirono a ottobre e novembre soltanto in seguito ad alcuni slittamenti del palinsesto, la critica e gli opinionisti le collegarono direttamente alla dichiarazione di «Guerra al terrorismo» fatta dall’America in risposta agli attacchi subiti. Potrebbe essere interessante, per gli studiosi, analizzare i contenuti veicolati da quelle serie, in particolare il modo in cui rappresentavano l’identità culturale americana, il ruolo dello Stato e la percezione di un pericolo straniero in un paesaggio culturale trasformato.3
Allo stesso modo, tutte e tre le serie offrono interessanti spunti di analisi sulla rappresentazione dell’identità, probabilmente l’area di ricerca più attiva nel campo dei negli anni Novanta. ha una visione dell’identità di genere piuttosto suggestiva, poiché la sua protagonista, Sydney Bristow, è un’eroina quasi onnipotente, che non solo gira il mondo e mena con gran stile, ma trova persino il tempo di dedicarsi a rapporti complicati con figure paterne, possibili partner, amiche, rivali e persino una madre cattiva tornata dalla tomba. Anche gioca con le regole dell’identità di genere, seppure in modo più convenzionale, proponendo un eroe super-virile che, nella prima stagione, si batte per difendere moglie e figlia da quella che si rivelerà essere una sua ex amante, l’emblema della donna diabolica e seduttrice. Entrambe le serie, inoltre, presentano un certo numero di personaggi connotati etnicamente in contrapposizione ai protagonisti bianchi, proponendo così una gamma di possibili strategie di rappresentazione culturale adottabili dalla tv del 21esimo secolo.4
Per quanto non sconsiglierei mai di ignorare le questioni inerenti l’identità, nazionale o individuale che sia, in uno studio delle narrazioni televisive, questo libro non ha come obiettivo quello di analizzare i contenuti culturali da esse veicolati. Mi interessa piuttosto il modo in cui questi contenuti sono espressi dal formato narrativo televisivo, il modo in cui sono veicolati dallo storytelling. Uno dei motivi per cui le caratteristiche formali delle serie tv sono sempre state ignorate è la convinzione che lo storytelling televisivo sia semplicistico. I si concentrano di solito sull’importanza dei generi narrativi, delle situazioni ripetitive, delle spiegazioni ridondanti e dei vincoli strutturali dettati dalle interruzioni pubblicitarie e da una rigida programmazione. Benché molti programmi di oggi seguano effettivamente questi parametri (anche se con maggior flessibilità rispetto a quella ammessa da certi critici), le innovazioni degli ultimi due decenni hanno portato alla diffusione di un modello di complessità narrativa che è specifico del mezzo televisivo e che deve essere studiato senza ricorrere a prestiti terminologici.
Nel 2001, da studioso di televisione, mi era chiaro che...