Orsi | A scuola senza zaino | E-Book | sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 392 Seiten

Reihe: le GUIDE

Orsi A scuola senza zaino

Il metodo del curricolo globale per una didattica innovativa
1. Auflage 2017
ISBN: 978-88-590-1198-9
Verlag: Edizioni Centro Studi Erickson
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

Il metodo del curricolo globale per una didattica innovativa

E-Book, Italienisch, 392 Seiten

Reihe: le GUIDE

ISBN: 978-88-590-1198-9
Verlag: Edizioni Centro Studi Erickson
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



La sorprendente diffusione del movimento «Senza Zaino» ha condotto a questa nuova edizione della guida, rivista e aggiornata, il cui punto di partenza è la riflessione sull'oggetto zaino, emblema di luoghi inospitali che rimanda a un modello pedagogico improntato all'individualismo e alla standardizzazione. Ad esso si contrappongono i valori promossi da «Senza Zaino», la comunità, l'ospitalità e la responsabilità. Il libro si propone di individuare pratiche e fornire strumenti didattici capaci di orientare il processo di insegnamento e l'azione stessa del docente, affrontando i 5 passi che portano, ispirandosi alla struttura della bottega artigiana, alla realizzazione delle scuole «Senza Zaino»: 1. organizzare gli spazi (strumenti e tecnologie didattiche); 2. organizzare la classe (differenziare l'insegnamento); 3. progettare e valutare le attività; 4. gestire la scuola-comunità; 5. coinvolgere i genitori, aprirsi al territorio. Un itinerario di cambiamento che viene percorso oggi da più di 100 istituti sparsi su tutto il territorio nazionale, una rete che testimonia una spinta all'innovazione quanto mai vitale e attuale.

È stato insegnante di scuola primaria, ora è dirigente scolastico a Lucca e tutor degli studenti al Corso in Scienze della formazione primaria presso l'Università di Firenze. Presidente dell'associazione e ideatore delle scuole «Senza Zaino», ha insegnato alla Facoltà di Scienze politiche e alla SISS dell'Università di Pisa. Svolge formazione per le scuole e per gli insegnanti. È autore di diversi libri e saggi.
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Presentazione della nuova edizione


Marco Orsi

Quando fu scritto questo libro niente faceva presagire che a dieci anni di distanza ci sarebbe voluta una nuova edizione, nemmeno nessuno di noi immaginava che il movimento delle scuole Senza Zaino potesse diffondersi — come è poi accaduto — e d’altronde nessuno prevedeva che le esperienze e le riflessioni fatte allora potessero ancora mantenere la loro vitalità dopo un lasso di tempo così importante come una decade. C’è stata una sorta di passa parola che, partendo da Lucca nel 2003 con due classi di scuola primaria del Circolo Didattico n. 7, di cui ero allora dirigente scolastico, è arrivato alle oltre 900 classi attuali, per un totale di più di 100 istituti e di quasi 200 scuole (plessi) sparsi in tutto il Paese. Certo guardando all’insieme del sistema i numeri sono modesti, se si pensa che gli istituti scolastici in Italia sono nel 2016-2017 circa 8400 e gli alunni più di 7 milioni e mezzo, mentre la nostra rete ne conta solo 18 mila. Tuttavia sappiamo che vale il fatto di creare situazioni di sperimentazione innovative che per loro natura non possono che essere portate avanti da minoranze attive e sensibili. È anche la risonanza a fare la differenza e dobbiamo dire che nessuno di noi profetizzava che di Senza Zaino si sarebbe parlato così tanto nei convegni e sui mass-media. Siamo al punto che molte delle pratiche proposte vengono recepite e realizzate anche da scuole non appartenenti al movimento. Tutto ciò ci riempie di orgoglio, ma ci impegna anche a proseguire nella ricerca e nella sperimentazione, sapendo che è necessario mantenersi in quello stato di feconda inquietudine che non fa affievolire lo spirito della spinta iniziale con quell’entusiasmo delle origini che lo caratterizza. Nel capitolo 15 di questa nuova edizione non solo segnaliamo i numeri dell’espansione del movimento Senza Zaino, ma dedichiamo anche uno spazio a illustrare come è organizzata la formazione dei formatori che può costituire un contributo e dare alcune suggestioni su come sia possibile realizzare percorsi di formazione per docenti diversi da quelli consueti.

In questa edizione troviamo lo stesso impianto diviso in tre parti con modifiche più significative nella parte seconda, quella relativa alle pratiche, modifiche che rispecchiano l’esperienza e la ricerca portata avanti attraverso formazione, consulenza organizzativa, preparazione dei formatori, realizzazione di workshop e convegni. A parte il primo capitolo, che ripropone il significato dell’abolizione dello zaino, i successivi capitoli 2, 3 e 4 si confrontano con i tre valori che proponiamo: la comunità, l’ospitalità, la responsabilità. Nel capitolo 5 abbiamo cercato di migliorare la mappa concettuale della nostra idea di curricolo che si sostanzia appunto nell’Approccio Globale al Curricolo. Lo schema che troviamo nella figura 5.6 è il tentativo di un ulteriore chiarimento, per cui abbiamo definito i 4 aspetti che vogliamo tenere in considerazione: la rappresentazione, la classificazione, la progettazione e le caratteristiche delle attività. Qui ci interessa sottolineare l’intuizione di fondo, per noi ancora attualissima, del mettere al centro dell’azione di insegnamento l’attività. Spesso non ci si rende conto che l’enfasi sul tema delle competenze e dei compiti autentici ha a che fare proprio con la necessità di rifocalizzare la scuola sull’attività. Non di rado in articoli, saggi, libri, documenti di istituti troviamo progettazioni dove l’attività sembra essere un elemento tra i tanti. Sono diffusi schemi di tipo lineare come il seguente: definizione di competenze e discipline, obiettivi di apprendimento, contenuti, attività, metodo, strumenti, durata, valutazione delle competenze, inseriti in tabelle a doppia entrata.

Schemi del genere sembrano avere una radice idealistica, nel senso che inducono a non prendere contatto con la dimensione del reale, in quanto non distinguono la riflessione sulla realizzazione dalla realizzazione vera e propria. Mescolano, come dire, la progettazione della casa con la realizzazione della casa medesima, l’ideazione del pranzo con la sua concreta attuazione. In definitiva gli obiettivi, i contenuti e la valutazione sono una cosa, l’attività un’altra: siamo su due lunghezze d’onda diverse. Come dice Bruno Munari la realizzazione — ovvero l’attività — segna il contatto con il mondo. Gli obiettivi, le competenze e i contenuti indirizzano, dicono cosa fare, la valutazione analizza ciò che è stato fatto, l’attività è invece il fare stesso. L’attività perciò è un elemento di natura diversa dagli altri. Per questo la rappresentazione non può essere una tabella, ma un grafico a ciclo che contenga una procedura esecutiva. Un altro famoso designer, Norman, semplifica così tanto che alla fine individua solo due elementi progettuali, l’esecuzione e la valutazione: come si capisce siamo molto lontani dalla complessificazione delle progettazioni scolastiche. Nella progettazione didattica ciclica l’attività, la realizzazione, è — si diceva — il luogo del contatto con il mondo, che non può che rimandare concretamente a quello che domani farò con i ragazzi e i bambini in classe o nella sezione, per cui l’insegnante deve avere idee chiare e strumenti predisposti. È a questo aspetto di concretezza che noi teniamo e che pensiamo vada recuperato nella scuola italiana. Cosa faccio domani con i miei allievi? Come preparo l’attività? Quali pratiche condivido con loro sulla base dei repertori e delle risorse che anche loro conoscono? Nella prospettiva del recupero del valore dell’attività si può allora dare spessore alla questione della competenza. Possiamo passare molto tempo nel cercare di definire cosa intendiamo per competenza, ma questo impegno è utile solo se si trasforma in pratiche che fanno prendere contatto con il mondo. La competenza — con i suoi vari attributi di destrezza, abilità, conoscenza — si vede all’atto pratico e si acquisisce con attività ricche, variate, interessanti, coinvolgenti, responsabilizzanti, che non escludono affatto esercizio, fatica e memorizzazione. Si tratta di un filone che nei suoi aspetti pratici viene sviluppato nel capitolo 8 e che viene ripreso come riflessione nel capitolo 14. Qui insistiamo sul tasto della connessione che, in qualsiasi sistema delle attività, si stabilisce tra hardware e software. Non ci stanchiamo infatti di sottolineare come l’oggettualità sia tanto importante quanto ancora sottovalutata. La conoscenza, ovvero l’esplorazione del mondo, è potuta progredire grazie al sostegno di oggetti conformati, cioè tecnologie di cui sin dalla sua comparsa sulla Terra l’uomo si è dotato. L’uomo di Cro-Magnon si costruiva i primi attrezzi per cacciare e d’altra parte Galileo non avrebbe potuto fare le scoperte che ha fatto senza il cannocchiale, le indagini di Watson e Crick sulla struttura del DNA non ci sarebbero state senza l’impiego di microscopi avanzati, né quello che sappiamo ora sulla materia dell’universo sarebbe stato possibile senza l’uso dell’LHC del CERN di Ginevra, e così via. Persino la conoscenza mistica dei monaci, che sembrerebbe un’attività prettamente eterea, in realtà è basata su ambienti e oggetti — ovvero artefatti materiali — strutturati per la meditazione e la contemplazione come i monasteri con i loro arredi. È per questo che nel capitolo 6 insistiamo sugli strumenti didattici come strumenti che rendono varia, differenziata, ricca ed efficace l’attività (didattica) e aiutano nell’esplorazione del mondo. Il tema è poi ripreso nel capitolo 11 dove ci occupiamo di spazio, tempo e tecnologie.

Nella nostra prospettiva, sin dagli inizi, abbiamo dato rilevanza agli strumenti tattili, a ciò che si tocca e si manipola, a quelle cose a tre dimensioni che da una parte dicono della concretezza, perché il mondo è appunto in 3D, e dall’altra impegnano in simultanea più sensi con il risultato di rendere l’apprendimento maggiormente efficace. Ciò senza dimenticare gli strumenti digitali che tuttavia — salvo il caso della robotica dove ricompaiono le 3 dimensioni — sono sempre tecnologie a 2 dimensioni, definite dagli screen che impiegano. In definitiva diciamo che per la scuola (ma anche per la nostra civiltà) la sfida è quella della connessione tra tattile e digitale, virtuale e reale, Terra e Nuvola. Una connessione capace di far rimettere i piedi per terra ai nostri bambini e ai nostri ragazzi. Sì perché una scuola come la nostra, idealistica, eterea e immateriale, è in definitiva una scuola del non-limite, dell’assenza di legami e radici, che genera pertanto senso di onnipotenza, che non considera il corpo e le emozioni, che non valorizza la materia di cui siamo fatti noi e le cose. Se il sapere viene trasmesso solo con le parole e il pensiero ed è la teoria a dominare, allora nei nostri bambini e nei nostri ragazzi viene instillata la prospettiva che tutto sia possibile e che tutto questo possibile sia possibile nel presente. L’approccio del New Realism sostenuto dal filosofo Ferraris ci sembra sottolinei quella che noi possiamo chiamare una pedagogia dei piedi per terra. Egli infatti critica la tendenza del costruttivismo filosofico e la centralità dell’epistemologia, vale a dire si focalizza sul fatto che l’uomo è, possiamo dire, tentato di sentirsi il costruttore del mondo, non un esploratore del mondo. Il mondo nella prima versione non esisterebbe senza il pensare e il filosofare dell’uomo, di qui il relativismo, la precarietà e la dimensione liquida, per dirla con Bauman. Tutto può essere manipolato, smontato,...



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