E-Book, Italienisch, 178 Seiten
Reihe: Narrativa
Paasilinna Un uomo felice
1. Auflage 2021
ISBN: 978-88-7091-970-7
Verlag: Iperborea
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 178 Seiten
Reihe: Narrativa
ISBN: 978-88-7091-970-7
Verlag: Iperborea
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Incaricato di costruire un nuovo ponte a Kuusmäki, piccolo paese sperduto tra i boschi e i laghi della Finlandia, teatro di un efferato eccidio di Rossi durante la Guerra civile, Akseli Jaatinen è destinato a suscitare una sospettosa diffidenza fin dalla sua comparsa, una nebbiosa mattina di marzo: possibile che sia davvero un ingegnere quell'energumeno che si presenta in camicia a scacchi e stivali di gomma, arriva in pullman come qualsiasi squattrinato e familiarizza subito con gli operai? Che non sia tipo da badare alle convenzioni è più che evidente, e basta poco perché i suoi modi liberi, la sua refrattarietà ai codici e alle gerarchie sociali e la sua insofferenza per ogni ipocrisia e sopruso trasformino la diffidenza dei notabili locali in guerra aperta: le autorità, la polizia e perfino il prete fanno di tutto per ostacolarlo e umiliarlo, finché non riusciranno a espellere dalla piccola comunità quell'estraneo che disturba la legge e l'ordine. Ma come in un western in salsa finnica, Jaatinen tornerà in veste di rampante imprenditore a compiere la sua beffarda vendetta di giustiziere. La rivincita dei Rossi contro i Bianchi, di un costruttore di ponti contro i difensori dei muri di una società chiusa e classista, che perpetua nell'immobilismo le sue disuguaglianze: scritto subito dopo L'anno della lepre, il romanzo rivela l'aperto intento politico, senza però mai perdere la vena ironica e paradossale di Paasilinna. E quel fondo di sottile malinconia, che è la sigla della sua genialità. Nelle umoristiche peripezie, i suoi protagonisti si ritrovano sempre a combattere contro i conformismi inseguendo obiettivi libertari, ma forse raggiungerli non basta, forse anche un uomo felice alla fin fine sogna di fuggire.
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1
Un vecchio ponte di legno attraversava un fiume dalle acque torbide. Gli abitanti di Kuusmäki lo chiamavano ponte Eccidio, perché nel 1918, al tempo della guerra civile, era stato teatro di una sanguinosa battaglia. Ecco come erano andati i fatti.
Una compagnia di mitraglieri dei Bianchi era scesa dal Nord fino al fiume con l’intenzione di strappare il ponte ai Rossi che lo difendevano. Questi, trincerati dietro l’argine della riva meridionale, avevano opposto una fiera resistenza per parecchie ore. Gli attaccanti, però, erano poi riusciti a posizionare la loro mitragliatrice in modo da tenere sotto controllo tutto il terreno degli scontri e il combattimento si era volto a loro favore.
La sera di quello stesso giorno, i Bianchi tempestarono il ponte di un diluvio di fuoco: numerosi Rossi caddero prigionieri, mentre altri vi persero la vita. In quei fatidici momenti il comandante del plotone dei Rossi, un certo Vornanen, si era lanciato alla disperata sul ponte, ed era stato falciato da un tiro di mitragliatrice. Leggenda vuole che, crollando a terra nel suo sangue, il moribondo avesse urlato con tutto il fiato che gli restava in gola:
«I posteri ci vendicheranno!»
Secondo altri, prima di spirare Vornanen avrebbe anche gridato:
«Un giorno i Rossi torneranno a mettere questo paese in ginocchio, ma prima di allora il sangue versato oggi sarà stato lavato cento volte cento!»
I Bianchi si erano impadroniti del ponte, avevano infilzato il comandante sulla punta delle loro baionette e gettato il cadavere sanguinante nel fiume; pare che l’autore di quelle eroiche gesta fosse il rampollo di un potente proprietario terriero locale, un certo Jäminki. Era da qui, dunque, che il ponte aveva preso il nome di ponte Eccidio, ed Eccidio si chiamava anche il sottostante fiume. La corrente aveva trascinato via il cadavere di Vornanen, che non fu mai più ritrovato – se poi ci si era davvero data la pena di cercarlo. Col tempo, comunque, il ricordo del cruento episodio si era a poco a poco affievolito.
Negli anni Trenta il ponte Eccidio diventò luogo d’elezione per serate danzanti, e qualche volta i giovani del posto vi ingaggiavano risse, giusto per diversivo, senza disdegnare un finale a coltellate.
Un bel giorno, durante la Seconda guerra mondiale, il più ricco agricoltore di Kuusmäki, Eemeli Jäminki, fu visto salire sul ponte col fucile in spalla. L’incarico di capo del comitato municipale per gli approvvigionamenti lo dispensava dal combattere al fronte, ma un nobile spirito battagliero lo spingeva a mettere le sue migliori energie al servizio della patria, ed era quindi rimasto su quel posto di guardia praticamente per tutta la durata del conflitto. Ciò che più lo preoccupava era che paracadutisti delle forze speciali russe potessero calarsi dalla volta celeste per far saltare o incendiare il piccolo ponte di legno, ma c’era anche un’altra minaccia che lo turbava, spingendolo a scrutare spesso il cielo: il timore di un attacco dei bombardieri dell’Armata rossa. Per quel suo eroico compito, Jäminki aveva anche reclamato una mitragliatrice antiaerea, che però non gli venne mai concessa. L’ossessione costante di un pericolo dall’alto aveva finito per scavare, in tutti quegli anni di guerra, profonde rughe virili sul volto del ricco agricoltore.
Tornata la pace, sopra il ponte il traffico era man mano cresciuto, mentre sotto, il fiume continuava a convogliare verso il mare le sue inesauribili masse di acqua scura. La corrente aveva così ben corroso e indebolito a poco a poco la struttura in legno che solo gli autocarri leggeri potevano ancora attraversare senza pericolo la costruzione fatiscente.
Ed è così che arriviamo ai giorni nostri, o meglio al giorno di primavera in cui si vide una figura imponente avanzare sul vecchio impiantito.
Era l’ingegnere strutturista e progettista di ponti Akseli Jaatinen.
L’uomo, di trentasei anni, si avvicinò al parapetto, vi si appoggiò coi gomiti e rimase lì a scrutare l’acqua nera. In quel mattino di fine marzo una misteriosa foschia densa saliva dal fiume e avvolgeva il nuovo arrivato fin quasi a nasconderlo alla vista. Il sole era comunque già abbastanza alto da lasciar intravedere i dettagli della sua fisionomia.
Una folta capigliatura, un naso imponente, uno sguardo penetrante. Le grosse mani nude posate sul parapetto rivelavano nocche ossute e polsi robusti, mentre attraverso i pantaloni si indovinavano le rotule prominenti. L’uomo aveva un’aria risoluta, in qualche misura inquietante, e gli occhi che fissavano l’acqua erano profondamente infossati nelle orbite. Osservandolo, a nessuno sarebbe passato per la testa di definirlo un bell’uomo, però neanche sgradevole. E in ogni caso, non un tipo qualunque, questo era più che evidente.
Alla stazione dei pullman, Jaatinen aveva lasciato i bagagli al deposito e stretto la mano al perito edile del comune, un certo Kainulainen, che era andato ad accoglierlo, mentre una piccola folla di curiosi osservava con occhio inquisitivo il visitatore: un ingegnere, che invece di viaggiare in macchina, se ne andava in giro in pullman come un qualsiasi fotografo ambulante squattrinato! L’abbigliamento poi non poteva non suscitare la loro incredulità. Non aveva nulla che rivelasse il suo status: portava un giaccone sportivo verde lasciato negligentemente aperto sopra una camicia di flanella a scacchi. Niente cravatta, niente vestito intero… ai piedi alti stivali di gomma e, per completare il tutto, dei pantaloni spiegazzati.
«Chi ci crederebbe che quello lì è un ingegnere?» aveva commentato il barista seguendolo con lo sguardo mentre si allontanava dal centro in direzione del ponte Eccidio.
Non era per caso che quello strano personaggio si trovava lì. Dopo essere rimasto a lungo a osservare dal parapetto, se ne staccò, percorse il ponte da un capo all’altro, quindi saltò giù sul terrapieno e si infilò sotto l’arcata. Esaminò la travatura, lanciò in acqua con un calcio, dio sa perché, un sasso che si era trovato davanti allo stivale, si accese una North State verde di tabacco bruno, e si sedette a fumarla su una traversa di legno. Ma non rimase a lungo sotto il ponte nel freddo umido della nebbia mattutina. Si alzò, sputò la cicca per terra, la schiacciò sul terreno fangoso col tallone, e risalì con un balzo sul ponte.
Erano ormai le nove quando altri uomini arrivarono sul posto: normali operai finlandesi in tuta da lavoro. Jaatinen li salutò e chiese a ciascuno dove avesse lavorato prima, nel tono delle tipiche conversazioni tra uomini.
Alle dieci c’era già più di una ventina di operai sul ponte e sull’argine del fiume. Verso mezzogiorno, si vide arrivare da Kuusmäki un pesante autocarro con rimorchio su cui c’erano un escavatore e una baracca da cantiere. Seguito poco dopo da un secondo camion che trasportava un’altra baracca più piccola e svariati attrezzi. Jaatinen diresse i mezzi fino al posto che aveva precedentemente scelto, dove gli automezzi scaricarono tutto quanto per ripartire subito. I carpentieri montarono i due prefabbricati su grossi blocchi di legno e li misero a piombo, per cominciare a portare dentro il mobilio essenziale. Jaatinen si sistemò nella baracca più piccola, dove mise una calcolatrice, una macchina da scrivere e una sedia girevole. Il resto dell’arredo era già in dotazione: uno schedario contro una parete, una branda contro l’altra e poi una stufa a gasolio e una bombola a gas. Sopra al letto un precedente capocantiere aveva attaccato foto di donne nude ritagliate da qualche rivista. Jaatinen le strappò via e le gettò appallottolate nel cestino della carta straccia imprecando:
«Niente pin-up qui.»
Una volta allestito l’ufficio, Jaatinen radunò gli uomini sulla riva del fiume e tenne un breve discorso:
«Sono l’ingegnere costruttore di ponti Akseli Jaatinen, responsabile del cantiere. Vicino a questo vecchio ponte ne costruiremo uno nuovo più grande in calcestruzzo, e come già sapete i lavori dureranno fino al prossimo autunno. A quel punto verrete tutti liquidati, che non sia perciò una sorpresa. Normalmente dovreste essere pagati a ore, ma cercherò di organizzare il lavoro a cottimo ogni volta che sarà possibile. Sceglietevi un rappresentante sindacale, per poter dire la vostra in caso nascano controversie. Il cantiere è sotto la giurisdizione dell’ANPES, l’Azienda Nazionale Ponti e Strade, che qui rappresento. Oggi è il primo giorno di lavoro, ma non è il caso di rimboccarsi subito le maniche, meglio prima familiarizzare un po’ con il posto. Domani alle otto cominceremo a ripulire gli argini dal terriccio, sistemeremo i paletti per la delimitazione del cantiere, poi una squadra avvierà la costruzione della strada d’accesso al nuovo ponte. Posso essere molto collerico, se me ne si dà motivo, ma fino a oggi non è mai successo nei miei cantieri precedenti. Ho costruito più di trenta ponti, oltre a qualche decina di chilometri di strada di collegamento, quindi direi che ho abbastanza esperienza. Perciò datemi retta senza protestare quando vi dico qualcosa, se no un cazzotto non ve lo toglie nessuno.»
Gli uomini scoppiarono a ridere.
«È uno che sa il fatto suo», fu il commento che circolò.
Qualcuno accese un falò sulla riva. Gli uomini si sdraiarono pigramente attorno...




