E-Book, Italienisch, 212 Seiten, Format (B × H): 130 mm x 210 mm, Gewicht: 286 g
Rotondi / Zapperi Zucker Un pugno di storie
1. Auflage 2021
ISBN: 978-3-943810-80-6
Verlag: VoG - Verlag ohne Geld
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Divagazioni e riflessioni
E-Book, Italienisch, 212 Seiten, Format (B × H): 130 mm x 210 mm, Gewicht: 286 g
ISBN: 978-3-943810-80-6
Verlag: VoG - Verlag ohne Geld
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Zwei Frauen, die eine als Lehrerin in der Toskana lebend, die ander in Sizilien geboren aber seit vielen jahren in München lebend, tauschen sich über die Geschehnisse ihres täglichen Lebens und die aktuellen politeschen und kulturellen Ereignisse aus. Es entsteht einschillerndes Bild unserer Welt, schillernd deshalb, weil aus zwei völlig verschiedenen Gesichtswinkeln und von ganz unterschiedlichen lebenshintergründen aus betrachtet.
Zielgruppe
Interkulturell Italien - Deutschland interessierte.
Autoren/Hrsg.
Weitere Infos & Material
I parenti turchi
München, 22.9.2019 Cara Lorella ieri sera, prima di andare a letto, ho dato un’occhiata al mio Computer e ho trovato la tua lettera. L’ho subito letta e, come sempre, sei riuscita ad incantarmi. Che parole hai saputo trovare, quanta sensibilità nel vedere, nel leggere dietro le righe! Lo sai che ti ammiro tanto, da quando per caso ti ho conosciuta, qui, a Monaco? Mi affascina sempre la tua personalità complessa, piena di luci e di ombre, ricca di una forza primordiale… più volte ti ho detto che sei un fenomeno della natura nella sua forma più perfetta, lo ricordi? Ne sono sempre più convinta. Purtroppo però non sono stata in grado di rispondere subito, come avrei voluto: un pomeriggio con otto persone, quattro piccoli e quattro grandi, più noi due, organizzare, preparare dolci e crostini (fettine di pane con pomodoro e mozzarella al forno. Questa notte alle 3:35 mi sono svegliata di soprassalto: ho dimenticato di mettere l’origano! ma li hanno finiti tutti, ben 28 crostini senza origano… una vergogna postuma, ma nessuno se ne è accorto, dato che non li conoscono. Piccola consolazione. (Scusa la digressione, so che non ami le digressioni, mentre io ne vivo. La mia vita è una continua digressione). Torno a bomba: ero distrutta. Ma in qualche modo soddisfatta. Infatti mi sono accorta che nessuno si era annoiato, nonostante l’enorme differenza sia di età che di provenienza. Si trattava infatti dei miei parenti turchi e di mio figlio insieme alla sua famiglia. Tu non sai che nel mio giro assai ristretto di parenti bisogna includere anche la parte turca. La sorella di mio marito, più giovane di lui di oltre dieci anni, come premio per la conseguita maturità, ebbe un viaggio in Turchia insieme a un’amica e ai suoi genitori. Immagina due ragazzine in giro per Istanbul, qualche soldo in tasca e una gran voglia di comprare una giacca di pelle, assai a buon mercato appunto in uno dei tanti bazar della città. Parlano insieme neanche in tedesco, ma in dialetto stiriano (tu sai che mio marito è di Graz) e commentano ad alta voce su tutto e su tutti: un giovanotto si avvicina e si permette di rispondere in stiriano… pur essendo un turco. Sorpresa, grandi risate e si scopre che il giovane ha studiato all’Università di Graz e per non so più quanti anni ha abitato due strade accanto alla casa di una delle ragazze, cioè di mia cognata. Per farla breve, questo giovane architetto è diventato mio cognato e ieri sono venuti a trovarmi suo figlio e la moglie, più i loro ragazzi, di 10 e 15 anni, che abitano da qualche anno qui, per via della situazione politica in Turchia. Inutile dirti che parlano tutti e quattro perfettamente tedesco per cui non ci sono stati problemi di comunicazione, dato che sia mio nipote che i suoi due figli, hanno sempre frequentato scuole di lingua tedesca, anche a Istanbul. Ieri pomeriggio ho avuto la sorpresa di rivedere il ragazzo più grande, Sina, quasi irriconoscibile. Dall’ultima volta che li ho incontrati, forse mezzo anno fa, è cresciuto enormemente, (1.80 m), nonostante sia rimasto il bambino sensibile e piuttosto insicuro che ho sempre conosciuto. Mi sono accorta che crescere in fretta e così sproporzionatamente può creare seri problemi, infatti era più riservato del solito. Del resto è sempre stato molto timido. Si è seduto al tavolo dei piccoli con qualche difficoltà per via delle gambe troppo lunghe (abbiamo messo in giardino un tavolo piuttosto basso riservato ai più piccoli). Mio marito lo ha seguito per occuparsi della più piccina, così almeno c’era anche un adulto insieme a lui! Devo subito aggiungere che è un bellissimo ragazzo, ben piantato, atletico, ma appunto di soli 15 anni, in piena adolescenza, cioè con un piede ancora invischiato nei difficili, insondabili meandri dell’infanzia, in cui il mondo appare come dietro un velo di mistero, in cui si mescola una profonda ignoranza di tutto e una sorta di sicurezza propria di chi non sa, e… un piede nel vuoto della maturità. Uso una parola sbagliata, mi sembra di sentirti: la maturità non ha niente a che fare con gli anni che si contano sul certificato di nascita, ma è uno stato che non si raggiunge mai, o, con un poco di ottimismo, molto, molto più tardi… ne so qualcosa! Allo stesso tavolo sedeva oltre al fratello, Alpin, anche Lilly di 7 anni e Anne che proprio due giorni prima aveva compiuto 5 anni, tre bambini più o meno felici della propria incoscienza. Qualche giorno fa, mentre mi congedavo da Lilly, le ho detto: non dimenticare mai che sei una bambina felice. I suoi occhi fissi nei miei, in attesa: voleva sapere il senso della felicità, proprio da me, la nonna che sa tutto (sua opinione). Ho cercato di spiegarle che la felicità ha molto a che fare con l’amore e lei ha ben sei persone che l’adorano e la rispettano: quattro nonni e due genitori fuori dall’ordinario. L’ho vista pensierosa. Le ho anche detto che moltissimi bambini nel mondo non hanno tanto amore come lei. Subito mi ha chiesto se anch’io ho avuto quattro nonni. Ho soltanto risposto che ho conosciuto solo una nonna, una donna terribile, severa, tetra, che non ho mai amata e non mi ha mai amata. Mi avrà capita? So con certezza che non riesce a immaginarmi bambina, cioè diversa di adesso. Per lei sono sempre stata una vecchia nonna e basta. Se le mostro una mia foto di qualche anno fa, quando avevo ancora tutti i capelli e un aspetto più o meno giovanile, resta indifferente, come davanti a una sconosciuta. Mi ha impressionato soprattutto Sina, in qualche modo perso dietro non so che cosa: tu hai molta esperienza con adolescenti persi nel nulla. È il tuo lavoro quotidiano: sono incontri ai quali sei certo abituata ormai da anni. Io ricordo sempre con immenso piacere i tanti occhi puntati verso di me, la viva attenzione e anche l’attesa che era possibile leggervi, quella volta, tanti, tanti anni fa, quando mi invitasti a tenere una specie di conferenza nella tua classe, se non sbaglio su ‘Identità e coscienza storica’, ricordi? I tuoi ragazzini avevano letto insieme a te, per tutto l’anno, la mia Scuola delle catacombe2 Era stato il loro libro di lettura. Io mi trovavo per la prima volta davanti a una classe di adolescenti, e volevo intavolare un discorso sull’identità storica proprio con dei ragazzini che da poco avevano imparato il loro nome e cognome. Per fortuna i tuoi interventi hanno salvato la situazione. Anche questo ricordo. E vedo ancora davanti a me un ragazzino chiaramente di provenienza straniera, che mi dichiarò con la più grande ingenuità di sentirsi in tutto e per tutto italiano. Adesso mi chiedo per quanto tempo ha avuto questa certezza? Nel corso degli anni è stato sicuramente più volte confrontato col suo essere diverso non soltanto per via del suo aspetto fisico, ma anche e soprattutto per i suoi precedenti storici. Non è forse il dramma di tutti gli emigranti, cioè il dramma della propria identità culturale stravolta dalle necessità quotidiane, ma anche da quel primordiale istinto, irreprimibile, di uscire dal proprio nido? A questo incontro ne seguirono poi tanti, in altre scuole, soprattutto in Sudtirolo, dove il problema dell’identità storico-culturale è sentito in modo estremo, sempre invitata da insegnanti che mi conoscevano soltanto attraverso i miei libri, come del resto anche tu. Ma di quel primo incontro con te e i tuoi scolari conservo un ricordo sempre emozionante, per me nuovo, dato che i miei allievi sono tutti molto più ‘grandi’. Ricordi, ricordi, una vita costruita sui ricordi, la mia. Penso a quanto potresti raccontarmi delle tue esperienze con la gioventù di adesso, così diversa dalla mia, quella del dopoguerra; ma anche dalla tua, venti e più anni dopo. So della tua gioventù perché una volta me ne hai parlato, della difficoltà di crescere, di incontrare te stessa: non so se ti sei già incontrata, se finalmente sai chi sei, se cioè ti riconosci ogni giorno guardandoti allo specchio, la mattina, cosa che riesce ancora assai difficile a me, nonostante i tanti anni, i vari tentativi, i sondaggi nel profondo (che sembra non avere fondo) nelle diverse stratificazioni di una persona sempre sfuggente, inafferrabile. Chi sono io, veramente? Ho smesso di chiedermelo, ormai ho rinunciato: ho capito di essere due o forse tre, in continuo conflitto fra di loro. Dipenderà dal fatto che, come già sai, sono cresciuta fra Catania e Roma, con due genitori agli opposti per intelligenza, cultura, carattere, aspirazioni, anche se provenienti ambedue dallo stesso ambiente. Ora, a distanza di oltre mezzo secolo, guardo a loro come a due persone che hanno influito moltissimo sulla mia vita futura, soprattutto sulla mia difficoltà di stare al mondo. Mia madre era una donna assai modesta, estremamente riservata, schiva, incapace di accettare la realtà quotidiana. Tutt’altro che combattiva: a ogni difficoltà reagiva sempre ammalandosi… da qui la mia decisione di non ammalarmi mai! Al contrario, mio padre, sempre in prima fila, era pronto ad affrontare tutti i rischi, gli imprevisti, anche i pericoli che la vita gli proponeva e che lui stesso andava a cercare. So di aver ereditato anche questo da lui. Ma da mia madre ho imparato ad accettare il mio ruolo di donna (fino a un...




