Stefánsson | Crepitio di stelle | E-Book | sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 202 Seiten

Reihe: Narrativa

Stefánsson Crepitio di stelle


1. Auflage 2020
ISBN: 978-88-7091-983-7
Verlag: Iperborea
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 202 Seiten

Reihe: Narrativa

ISBN: 978-88-7091-983-7
Verlag: Iperborea
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Una conchiglia e un sasso, ricordi di famiglia che fanno riemergere dal passato due grandi storie d'amore e di vita: quella burrascosa e irrequieta del bisnonno, uomo dalle mille risorse e mille debolezze, che sposa una diciassettenne cui resterà sempre legato malgrado l'irrefrenabile tendenza alla fuga, e quella tenera e triste del padre, apprendista muratore che, venuto a Reykjavík dai fiordi dell'Est, trova l'amore della vita in una ragazza ribelle e sognatrice, destinata a morire troppo presto lasciandolo con un bambino di sette anni. Quel bambino, oggi quarantenne, ripercorre con l'ingenuità dell'infanzia il dolore di quei momenti, le lunghe giornate di solitudine con i suoi inseparabili soldatini, la comparsa improvvisa e sconvolgente di una donna dal ruolo inquietante di matrigna. Ma riaffiorano anche i momenti quotidiani della vita del quartiere, il panettiere Böðvar dagli occhi tristi, le partite a pallone, l'amicizia con Pétur dalle mani delicate, le angherie del bullo Frikki. Ricreando attraverso la scrittura i meccanismi della memoria, dove il tempo si dilata e si contrae sovrapponendo immagini, pensieri, sentimenti e luoghi, Jón Kalman Stefánsson intreccia i destini di quattro generazioni di donne e uomini, vite effimere come le nuvole nei cieli d'Islanda, la cui incessante ricerca di un senso - nella vita, nel bisogno di radici, nell'inesorabilità della morte e del desiderio - è assoluta ed eterna, come lo sono una conchiglia e un sasso: «Un giorno, prima o poi, li riporterò tutti e due sulla Snæfellsnes e li lascerò al loro posto: il sasso sulla collina, la conchiglia in mare. Grazie per avermeli dati in prestito, dirò.»

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1


Abito in un condominio che si trova nella città di Reykjavík ed è l’ultimo di quattro palazzi tutti uguali. Il mio appartamento è quello del primo piano a sinistra, al numero 54, tre stanze più uno stanzino senza finestra, un balcone e una cantina. Davanti al condominio c’è un parcheggio e chi si affaccia alla finestra della nostra cucina verso sera o magari la domenica può vedere dall’alto la Trabant con il tetto rosso. Sul sedile davanti c’è una cazzuola.

Di fronte al condominio c’è un grande edificio a due piani. Al pianterreno ci sono la lavanderia Björg, una libreria e un barbiere con delle vetrine enormi che arrivano fino all’angolo. Nelle giornate tiepide d’estate il barbiere, che è pelato, si piazza sulla porta, e se dimentico di dirgli buongiorno mi tira uno scappellotto con il giornale arrotolato. Vicino al barbiere c’è un negozietto pieno di vestitini da bambini, poi di fianco c’è una specie di caverna con lo sportello della bottega di Söbekk. Niente porta, solo questa specie di sportello, e chi ha sette anni deve alzarsi sulle punte dei piedi per vedere dentro; qualche passo più in là c’è la porta della bottega, poi la latteria e subito dopo la panetteria di Böðvar.

Böðvar è pelato proprio come il barbiere, ma è talmente grande e grosso che a qualcuno fa persino paura. Eppure è capace di regalarti una viennese calda che si scioglie in bocca mentre ti guarda con quei suoi occhi rossi e tristi per vedere l’espressione che fai. Böðvar non dorme, sono passati molti anni dall’ultima volta che ha dormito. Resta tutta la notte a fissare l’interno del forno rovente e pensa a cose tristi. Sono l’insonnia, il calore del forno e la tristezza dei pensieri a fargli venire gli occhi rossi. Non si può mai sapere che cosa si nasconda nelle pagnotte di Böðvar; una posata, uno spiedino, un pezzo di plastica, un tappo. Le donne del negozio Vogue un po’ storcono il naso e un po’ si commuovono per lui, sono quattro o cinque, tutte gentili, ti fanno pensare ai maglioni di lana cotta. Sopra la porta del loro negozio sta appesa una delle meraviglie del mondo, un paio di enormi forbici sfavillanti che sono grandi come un’automobile, o se non proprio come un’automobile almeno come un coccodrillo. Sono forbici che tagliano di continuo, un giorno dopo l’altro. Tagliano e sforbiciano eppure non tagliano niente se non forse questi ricordi, perché a volte la sera quando vado a letto, non più a sette anni ma a quasi quaranta, e il sonno mi si avvicina come un crepuscolo, vedo quelle forbici enormi che tagliano in profondità la nebbia del mio passato.

Le forbici


Di notte, al primo piano a sinistra le enormi forbici del negozio Vogue ritagliano il passato e l’appartamento fluttua nel vuoto siderale come un pianeta in cerca di un sole. Le forbici ritagliano la cazzuola di mio padre, ritagliano me stesso seduto sul pavimento del soggiorno con i soldatini, ritagliano una donna che esce dalla camera da letto, ritagliano Pétur dalle mani delicate e i due fratelli, ritagliano la mia bisnonna dalla testa a patata, ritagliano e sminuzzano, ritagliano mia madre che mi ha messo al mondo tra dolori tremendi, ritagliano mio padre che scende lungo la Skaftahlíð, ritagliano mio nonno che alza la scala da imbianchino e la nonna che era norvegese, ritagliano sempre più velocemente, ritagliano Vesturgata e la mia bisnonna che ha diciassette anni e profuma come una collina d’erica, sforbiciano e ritagliano in profondità la nebbia del passato, sempre più rapide, ritagliano la Snæfellsnes, un marinaio dai capelli rossi, un commerciante, un appartamento seminterrato, ritagliano dal passato il mio bisnonno.

Il bisnonno


Han var en reffileg mand, diceva la mia nonna norvegese quando parlava del mio bisnonno materno, men det vantaði alla staðfestu.1

Il bisnonno era cresciuto ad Akureyri, ma verso i vent’anni si era trasferito a Reykjavík; nel Nord aveva appreso l’arte della stampa, così trova lavoro alla tipografia Ísafold e vive in una stanza in affitto. Riceve non poche lettere da sua madre che vuole che il figlio si sistemi bene, si faccia una famiglia, diventi un esempio. Ma lui non pensa affatto a una vita del genere. Non so per quale motivo, se per la sua profonda inquietudine oppure per giovanile smania d’avventura, fatto sta che per lui Reykjavík doveva essere soltanto una tappa. Aveva pensato di lavorare per qualche anno, magari due o tre, risparmiare del denaro, salpare per Copenaghen e da lì partire per il vasto mondo. Imbarcarsi su un mercantile, andare a caccia di balene, risalire il corso di un grande fiume, attraversare la giungla. Vivere una vita avventurosa, tornare a casa da vecchio e scrivere un libro, come fece Jón l’Indiano.2 Ma lavora in tipografia e gli anni passano. Non ce la fa a mettere da parte il gruzzolo che gli serve per partire, così si trova un secondo lavoro nei fine settimana come guida nelle escursioni a cavallo dei ricchi borghesi. È in una di queste gite che conosce Gísli Garðarsson, futuro commerciante all’ingrosso.

È quasi autunno, e quando la comitiva arriva alle pendici del monte Úlfarsfell, Gísli si accascia sul suo cavallo, troppo ubriaco per reggersi in sella. Il clima è tiepido, il sole brilla a metà del cielo. Gli escursionisti cercano di risvegliare Gísli dal coma etilico ma non c’è niente da fare, così rinunciano e proseguono per proprio conto, lasciando al bisnonno il compito di occuparsi di quell’uomo, destarlo dallo stato d’incoscienza e riaccompagnarlo a casa. Però, quando la comitiva è quasi sparita dalla vista Gísli si drizza in sella, ancora parecchio ubriaco ma improvvisamente su di giri. Si fruga nella tasca interna, prende la fiaschetta e la passa al bisnonno. Quelli là, dice indicando i compagni con un cenno del capo, quelli non conoscono la passione, osano a malapena vivere, invece ho il sospetto che tu sia fatto di una pasta diversa: bevi!

Fanno sosta in un paio di fattorie sulla via del ritorno e concludono l’escursione all’Hotel Ísland. A quel punto l’alcol ha spazzato via del tutto i freni inibitori che di solito ci sono tra due adulti, e il bisnonno comincia a raccontargli della sua infanzia. Il padre è un povero artigiano che non cambia quasi mai espressione, la madre è figlia del pastore di Glaumbær, una donna fiera e ambiziosa. Due figli, lui e suo fratello. La madre aveva sacrificato tutto per farne due uomini a modo, e l’intero patrimonio, o quasi, se n’era andato per pagare gli studi al più grande, nientemeno che alla Scuola Latina. Un allievo promettente che però si era perso nel bere, era stato cacciato dalla scuola all’inizio dell’ultimo anno e alla fine era annegato nel laghetto di Reykjavík, il Tjörnin – completamente sbronzo e senza più un briciolo di dignità.

Il loro nonno, il pastore di Glaumbær, non ha mai perdonato alla figlia di essersi sposata con un plebeo squattrinato; per lei aveva aspirato a un religioso, a un grande proprietario terriero o a un prefetto, per cui non degna il genero della minima attenzione, lo ignora totalmente. L’ho visto una volta, dice il bisnonno a Gísli alzando un dito; una sola volta. E sai che cosa ha detto, l’uomo di Dio, quando ha saputo che mio fratello era annegato? C’era da aspettarselo, ha detto!

È una notte di tarda estate, brindano, il bisnonno e Gísli che è determinato a fare fortuna, a farsi strada, a diventare un commerciante, vuole camminare per le strade di Reykjavík come l’uomo più importante della città. Le strade di Reykjavík! Sbotta il bisnonno in tono sarcastico, si sporge in avanti sul tavolo, guarda dritto in faccia il nuovo amico e gli ricorda le sue parole di prima, la passione, il coraggio di vivere.

Mentre lo dicevi ho capito che per noi la vita ha in serbo tante cose da fare insieme. Scordati di Reykjavík, che è un posto fuori dal mondo, sali piuttosto sulla collina di Skólavörðuholt e guarda il mare; oltre quel mare ci attende il mondo intero. Perché dovremmo sprecare la nostra esistenza in questo posto? Ci viene data una vita sola, dobbiamo impiegarla per viaggiare. Solo chi si è addormentato in Italia e si è svegliato in Grecia può dire di aver vissuto. Sì, chi si è tuffato nel Mediterraneo per cercare un tesoro ed è riemerso nell’oceano Pacifico. Se vuoi brindare, brinda a questo!

L’entusiasmo del bisnonno è talmente contagioso che anche Gísli s’infervora, è notte, sono giovani, giovani e ubriachi. Giurano l’uno all’altro di lanciarsi insieme verso l’ignoto. Ma per adesso è meglio se ti trovi un buon impiego, dice Gísli con convinzione; partiremo quando avremo messo da parte un bel gruzzolo, per avventure del genere bisogna essere ben riforniti. L’Africa! Il Pacifico! Vanno avanti a sbraitare per il resto della notte e non la smettono finché il sole non si accende nel cielo orientale.

Pochi giorni più tardi il bisnonno è diventato l’assistente di un agente immobiliare e si rivela particolarmente tagliato per quel mestiere, grazie alla parlantina, alla forza di persuasione e a una buona dose di sfacciataggine. In poco tempo si mette in proprio e...



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