E-Book, Italienisch, 184 Seiten
Reihe: Sírin
Tolstoj Racconti di Sebastopoli
1. Auflage 2024
ISBN: 978-88-6243-708-0
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 184 Seiten
Reihe: Sírin
ISBN: 978-88-6243-708-0
Verlag: Voland
Format: EPUB
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Nato a Jasnaja Poljana nel 1828 e morto ad Astapovo nel 1910, Lev Tolstoj è considerato uno dei massimi scrittori di tutti i tempi. Come Nietzsche e Kierkegaard condusse una serrata critica alla civiltà moderna, invocando il ritorno alla vita primitiva. La sua profonda volontà di rinnovamento nei confronti della società russa ne fece un audace saggista in campo politico, filosofico e critico. Le sue attività gli valsero la scomunica della Chiesa russa e gli attacchi della censura, mentre comunità di 'tolstoiani' si formarono allo scopo di vivere secondo i suoi precetti. Il significato universale delle sue opere va ricercato nella loro forza morale, e i suoi scritti e i suoi insegnamenti filosofici hanno esercitato un enorme influsso su tutta la letteratura russa ed europea dei secoli successivi. Resta tuttora uno degli autori più letti al mondo e ogni generazione gli offre la sua nutrita schiera di devoti lettori. Fra le sue opere maggiori ricordiamo 'Guerra e pace', 'Anna Karenina', 'La sonata a Kreutzer', 'I racconti di Sebastopoli', 'I cosacchi', 'La morte di Ivan Il'i?', 'Infanzia, adolescenza, giovinezza e Resurrezione'.
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PREFAZIONE
di Alessandro Barbero
Chi saprebbe spiegare, così su due piedi, perché scoppiò la guerra di Crimea? (Quella del 1854, intendo). Che c’è stata, sono probabilmente in tanti a ricordarlo: ogni paese ha i suoi motivi. In Italia perché si studia a scuola che Cavour ebbe l’idea di partecipare a quel conflitto e mandarci a morire, quasi tutti di malattia, qualche migliaio di piemontesi (erano altri tempi, si capisce) per guadagnare il diritto di sedere al tavolo dei negoziati di pace e garantirsi l’amicizia di Francia e Inghilterra, indispensabile per fare l’unità d’Italia. In Francia, perché a Parigi s’incontra a ogni passo una toponomastica che evoca quelle battaglie e quelle vittorie: boulevard de Sébastopol, Malakoff, pont de l’Alma (ma anche a Torino, allora: corso Sebastopoli, via Cernaia, piazza Crimea; in altre città italiane non manca via Crimea, ma la memoria pare più sbiadita). In Inghilterra, soprattutto per il ricordo hollywoodiano dei seicento di Balaklava; ma il monumento alla vittoria in Crimea, all’incrocio fra Pall Mall e Waterloo Place, è uno dei più imponenti di Londra. E se la ricordano anche in Russia, quella guerra che costò al paese un numero mai calcolato di morti, militari e civili: la seconda delle cinque (finora1) invasioni che la Russia ha subìto sul suo territorio, in poco più di due secoli, da parte dei paesi dell’Europa occidentale. La ricordano a Sebastopoli, dove il monumento alla flotta del Mar Nero, interamente distrutta durante l’assedio, è incluso nello stemma della città; anche se, ovviamente, è più vivo il ricordo dell’altro assedio, quando Sebastopoli, isolata già dall’ottobre 1941, resistette a von Manstein fino al giugno 1942, al costo di 300.000 fra morti e feriti.
Ma perché scoppiò, dunque, quella guerra ottocentesca, dopo che per quarant’anni la Santa Alleanza aveva garantito la pace in Europa? Per motivi che fino a un po’ di tempo fa, quando non avevamo ancora dimenticato le lezioni del ’900, avremmo giudicato tipici di un’epoca finita per sempre, quando lo scopo di ogni paese era di accrescere a tutti i costi la propria potenza militare nel contesto internazionale (non per niente in quell’epoca, che finì con la Prima guerra mondiale, era diventato normale, appunto, chiamare “potenze” quelli che oggi chiamiamo stati o paesi) e la guerra era un modo normale di mostrare i denti e rimettere al loro posto i competitori. Una di quelle potenze era la Russia, che desiderava da tanto tempo allargarsi verso sud, divorando i cadaveri viventi dell’Impero ottomano e, chissà, di quello persiano, impadronendosi di Costantinopoli e dello sbocco al Mediterraneo. Non per niente Caterina la Grande, che conquistò la Crimea cominciando l’opera che Stalin avrebbe poi completato – farne, cioè, una terra russa – aveva ordinato a suo figlio Paolo di battezzare i nipotini Alessandro e Costantino: due nomi, due eroi dell’antichità classica, un unico programma.
Intorno alla metà dell’800 la Russia era vicina a realizzare quel programma, che dal suo punto di vista aveva soprattutto una dimensione religiosa: perché la missione dell’impero degli zar era di proteggere e, un giorno, liberare i cristiani che vivevano sotto il giogo ottomano. I governi delle due potenze occidentali, Francia e Inghilterra, erano assai meno sensibili a questa dimensione religiosa, ma non volevano che la Russia si impadronisse di Costantinopoli e magari di Gerusalemme: perciò decisero che era ora di fermarla, anche a costo di allearsi con quei turchi che una generazione prima, al tempo della guerra d’indipendenza greca, erano stati dipinti al pubblico europeo come barbari e nemici dell’umanità. Quando il contrasto latente fra Russia e Turchia portò il sultano a dichiarare guerra, nell’ottobre 1853, Inghilterra e Francia inviarono le loro flotte nelle acque turche. Il messaggio era chiaro: se la Russia fosse passata all’offensiva, sarebbero intervenute. Il 30 novembre 1853 la flotta russa del Mar Nero annientò la flotta turca nel porto ottomano di Sinope, e i due governi occidentali decisero che a una simile provocazione si poteva rispondere soltanto con la guerra.
Fu in realtà una guerra mondiale, combattuta in Romania, nell’Epiro e nel Caucaso, nel Mar d’Azov, a Kerc’ e Taganrog, nell’Egeo dove gli alleati occuparono per anni con la forza il porto del Pireo per impedire alla Grecia ortodossa di mandare aiuti ai russi, nel Baltico dove le flotte alleate minacciarono Pietroburgo attaccando la fortezza di Kronštadt e i porti, le coste e le isole della Finlandia, nel Mar Bianco dove una squadra inglese bombardò la città di Kola e le isole Solovki, e in Estremo Oriente dove inglesi e francesi tentarono sbarchi in Kamcatka, a Sachalin e alle isole Curili. Ma quelle che tutti ricordano sono le operazioni in cui era coinvolto il grosso dell’esercito inglese e francese, con fotografi al seguito, e di cui si parlava tutti i giorni sulle gazzette, ed è per questo che la chiamiamo la guerra di Crimea. All’indomani della dichiarazione di guerra la flotta anglofrancese entrò nel Mar Nero, bombardò la città di Odessa e finalmente, nel settembre 1854, sbarcò un esercito in Crimea. L’obiettivo strategico era conquistare il porto di Sebastopoli, eliminando così la minaccia che la flotta del Mar Nero rappresentava per la Turchia. L’assedio di Sebastopoli cominciò il 25 settembre 1854 e durò quasi un anno, fino a quando la città venne evacuata, e quel che restava della flotta autoaffondato, il 9 settembre 1855; i vincitori saccheggiarono la città in rovina e fecero saltare in aria le installazioni portuali, dopodiché lo zar accettò di negoziare la pace. Il trattato di Parigi sancì una smilitarizzazione del Mar Nero che umiliava tanto la Russia sconfitta quanto l’Impero ottomano nominalmente vincitore, ma in compenso giovava moltissimo agli interessi di Francia e Inghilterra. Come ha scritto Orlando Figes, “a nessuna grande potenza era mai stato imposto un disarmo obbligatorio. Gli alleati di fronte alla Russia non pensavano davvero di aver a che fare con una potenza europea”. La consideravano una potenza asiatica, che poteva essere trattata con la stessa sprezzante durezza con cui si trattava la Cina.2
La guerra contro la Russia non fu soltanto una mossa dovuta nel Risiko del potere: all’opinione pubblica fu venduta come una crociata della civiltà contro la barbarie. L’800 è il secolo in cui le crociate, derise nell’età dell’Illuminismo come una manifestazione estrema della stupidità umana, erano ridiventate una fonte di ispirazione per la propaganda politica. Trent’anni prima, la pubblicistica aveva utilizzato con entusiasmo il linguaggio della crociata in sostegno all’insurrezione greca; nella guerra di Crimea i turchi erano alleati, ma anche i russi andavano benissimo come nemici di Dio e della civiltà. Per anni la stampa aveva alimentato la russofobia del pubblico raffigurando la Russia come una potenza malefica nemica dell’Europa, decisa a conquistare il mondo e schiacciare ovunque la libertà, e queste fantasie avevano circolato a tal punto che i governi occidentali avevano cominciato a credere alla loro stessa propaganda.3 In Gran Bretagna la guerra venne preceduta dalla proclamazione di un digiuno nazionale, e in Francia ci fu chi scrisse un poema epico intitolato La Croisade de Sébastopol, con Napoleone III nei panni del moderno crociato4. Nei due paesi, ma specialmente in Inghilterra, la russofobia era arrivata a un tale parossismo che alla fine rese più difficile l’avvio di trattative di pace, anche quando era diventato evidente che non c’era più nessun motivo di continuare la guerra.
Uno di quei nemici di Dio e della civiltà era un giovane aristocratico che non aveva ancora deciso se quello che gli interessava davvero era fare il soldato oppure lo scrittore. Il conte Tolstoj, Lev Nikolaevic, aveva appena compiuto i 26 anni quando cominciò l’assedio di Sebastopoli, ed era lì sui bastioni, ufficiale di artiglieria. Il suo primo racconto, Infanzia, era stato pubblicato già due anni prima, e da allora ne aveva scritti o abbozzati diversi altri, fra i quali uno la cui idea sarebbe piaciuta a Perec, Storia della giornata di ieri: si trattava di descrivere tutte le impressioni e i pensieri del protagonista in una singola giornata. D’altra parte, erano già due anni che faceva la guerra: prima di diventare ufficiale di carriera era partito per il Caucaso da volontario (non è solo in Occidente che la guerra era vissuta con spirito di crociata: a Sebastopoli sono sepolti nelle fosse comuni, insieme ai difensori russi, anche volontari serbi, bulgari e greci, venuti a difendere la fede ortodossa) e non aveva tardato a scoprire che proprio l’esperienza della guerra poteva fornire a uno scrittore spunti straordinari. E dunque combatté durante tutto l’assedio, guadagnandosi l’Ordine di Sant’Anna di quarta classe, e contemporaneamente cominciò a scrivere i Racconti di Sebastopoli, coi loro titoli straordinariamente impassibili, da cronista – Sebastopoli nel mese di dicembre, Sebastopoli a maggio, Sebastopoli nell’agosto del 1855. E cronaca era davvero, a suo modo, perché il primo racconto porta in calce la data del 25 aprile 1855: lo scrisse, dunque, durante l’assedio, e senza sapere come sarebbe andata a finire. Il secondo venne scritto a giugno; solo il terzo venne concepito e interamente scritto fra settembre e dicembre, dopo la fine dell’assedio.
I racconti ebbero in Russia un immediato successo: del primo racconto di Sebastopoli lo zar...




