E-Book, Italienisch, 335 Seiten
Tryon Political tv
1. Auflage 2018
ISBN: 978-88-7521-955-0
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Informazione e satira, da Obama a Trump
E-Book, Italienisch, 335 Seiten
ISBN: 978-88-7521-955-0
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Contenuti dalla forte valenza politica attraversano da sempre la televisione americana. In anni recenti la presidenza di Barack Obama, abilissimo nel costruire la sua narrazione anche attraverso i mezzi di comunicazione, e quella di Donald Trump, star della reality television prima di approdare alla Casa Bianca, hanno enfatizzato ulteriormente sia lo stretto rapporto tra tv e politica, nelle rappresentazioni e nell'immaginario, sia le conseguenze di questo intreccio. Political tv offre una panoramica completa e ragionata sul tema, indagando tanto i generi televisivi più tradizionalmente legati alla necessità di informare (i telegiornali, le inchieste, le interviste), quanto quelli dove la politica è solo uno tra i molti ingredienti (le serie tv, i reality, la satira, il late night). Con rigore storico e chiarezza d'analisi Chuck Tryon esplora la costruzione televisiva di concetti fondamentali come la cittadinanza e l'identità nazionale, l'impatto nel rappresentare temi e idee, le contaminazioni con le logiche dell'intrattenimento e della pubblicità, lo statuto della tv politica nello scenario mediale post network. La postfazione al volume è stata scritta appositamente per questa edizione italiana e allarga lo sguardo alla presidenza Trump e al suo rapporto particolarissimo con i media.
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INTRODUZIONE
LA TV POLITICA E LA CITTADINANZA MEDIATA
È innegabile che esista un vasto pubblico per l’intrattenimento politico. A proposito della popolarità di programmi a tema politico come , e , Jeffrey P. Jones spiega che «le popolari reti mainstream hanno scoperto che i contenuti politici potevano essere il loro prodotto più richiesto».1 Anche se il pubblico dei notiziari trasmessi dai network è da tempo in declino, quelli via cavo continuano a guadagnare un numero di spettatori relativamente alto, seppur politicamente frammentato. Comedy Central e Hbo hanno costruito blocchi significativi del loro palinsesto e importanti quote di produzione originale intorno ai contenuti politici, che si tratti di notiziari satirici e di programmi di attualità in chiave comedy, come , e , di sketch comedy ricche di contenuti politici, o persino di sitcom ambientate all’interno della cultura politica di Washington, quali e . Nel frattempo nel panorama televisivo sono comparsi , tra cui , , e , che influiscono sul nostro modo di considerare la cultura politica in senso più ampio. Tuttavia, malgrado la popolarità di questi programmi, il loro appeal sembra scaturire in buona parte dal fatto che la politica americana è oggetto di un disprezzo pressoché universale. Questo disgusto per la cultura politica della Casa Bianca può assumere due forme. Nella prima la politica, come la esperisce la maggior parte delle persone, appare inautentica, un luogo artificiale che ha ben pochi contatti con le preoccupazioni quotidiane dei cittadini. Nella seconda Washington è diventata sinonimo di varie forme di corruzione e avidità, un luogo dominato da scandali e abusi di potere.
In questo contesto, uso l’espressione «spettacolo politico» per descrivere in linea di massima il ruolo dei politici e dei media nella costruzione di immagini idealizzate del coinvolgimento democratico e dell’identità nazionale. In tal modo, eventi fortemente , come i dibattiti politici, i discorsi nelle convention di partito, le inaugurazioni presidenziali e altri eventi mediali ufficiali servono a creare un’immagine romanticizzata della cultura politica di Washington. L’avversione nei confronti della corruzione di Washington è stata forse riassunta nel modo più efficace nel 2014 dal comico Nick Offerman durante un discorso alla cena della Radio and Television Correspondents’ Association, in cui ha descritto la capitale come una «fogna schifosa e corrotta in cui si può fare ben poco, tra pugnalate alle spalle, inganni e avidità». Allo stesso tempo, come sostiene Donna Brazile, da tempo stratega del Partito democratico, il comportamento disfunzionale dei politici «è materiale per un soggetto di Hollywood. Alla gente piace l’immoralità».2 Ma per molti versi questa percezione di Washington non riesce a spiegare perché la cultura politica della capitale statunitense continui a deluderci. In tal senso, la tv politica ci coinvolge come potenziali partecipanti del sistema, come elettori, come attivisti o anche come semplici osservatori che sperano di ottenere una maggiore comprensione di processi che spesso sembrano al di là del nostro controllo o della nostra intelligenza. Così, anche se molti programmi politici in tv sembrano cinici, spesso fanno parte di un più ampio processo di comprensione della cultura in cui viviamo. Questi testi ci propongono strumenti per interpretare la cultura politica di Washington, per valutare le storie politiche che dominano i telegiornali della sera, consentendoci di elaborare un linguaggio per le nostre aspirazioni ideali su come dovrebbe funzionare la politica.
Ripensare la politica
Questo libro è incentrato principalmente su quella parte della televisione che mette in scena e rappresenta la cultura politica americana. Osservando la televisione politica attraverso la prospettiva del contesto sociale, politico e industriale statunitense, possiamo cominciare a considerare come tutti i generi e le modalità della televisione politica – si tratti di programmi di informazione o di intrattenimento – costituiscano uno strumento per interpretare le idee e i valori della sfera politica. La cultura politica va oltre i singoli politici, i singoli partiti, le singole elezioni. Anzi, per come la definiscono John Corner e Dick Pels, coinvolge «le sfere dell’esperienza, dell’immaginazione, dei valori e delle tendenze che costituiscono l’ambiente entro cui opera un sistema politico e danno forma al carattere dei processi e del comportamento politici».3 Allora, anziché chiedersi se questi programmi di informazione e di intrattenimento influiscano sul pubblico, il libro si concentra sul modo in cui la televisione politica struttura le modalità con cui pensiamo al sistema politico più in generale. In questo senso, la televisione è un modo di «dare un senso» alla politica.
Anche se questo libro è incentrato sulla televisione politica, bisogna ammettere che la maggior parte delle persone si imbatte nei contenuti politici grazie a diverse forme mediali, tra cui televisione, radio, giornali e riviste (sia su carta sia online), libri e social media, spesso in modo informale o addirittura inavvertitamente. A causa della pluralità di media che descrivono aspetti della cultura politica, Jeffrey P. Jones ha proposto l’espressione «cittadinanza mediata» per descrivere il nostro rapporto con la politica e la nostra percezione di partecipare al dibattito politico. Fatte queste premesse, vale la pena di concentrarsi su come funziona la tv quando si tratta di mediare la nostra interpretazione della cultura politica.4 Tali questioni sono in realtà collegate a dibattiti più ampi che riguardano il rapporto stesso tra i media e la democrazia, e storicamente la televisione ha sempre rivestito un ruolo cruciale nei luoghi in cui si discute se i media promuovano o scoraggino la partecipazione politica e altre forme di cittadinanza attiva. In realtà, la tv è spesso accusata di promuovere la passività e il cinismo, a causa dei suoi contenuti o dei nostri assunti sulla tv come medium. In un certo senso, le lamentele sugli effetti della tv sulla nostra politica si basano su un numero ridotto di indicatori. Per esempio, alcuni critici hanno individuato una tendenza per cui la diminuzione della partecipazione politica sarebbe un indicatore di indifferenza o apatia, e hanno spesso incolpato i mezzi di informazione via cavo e, in alcuni casi, i programmi di satira, che avrebbero contribuito a diffondere un atteggiamento cinico nei confronti della politica. Tuttavia, dopo una breve flessione cominciata negli anni Settanta del Novecento, all’inizio del nuovo millennio la partecipazione al voto è ritornata nella norma. Dato ancora più cruciale, la partecipazione al voto è una misura incompleta del coinvolgimento in una cultura politica e mediale più ampia, che consente un numero maggiore di percorsi partecipativi rispetto al passato.
Altri hanno espresso il timore che i programmi di intrattenimento abbiano soppiantato i telegiornali come fonte di informazione politica. Molte di queste paure si sono coagulate nei risultati di un sondaggio condotto nel 2009 da , in cui Jon Stewart, allora conduttore del programma satirico in onda su Comedy Central, è risultato «il più fidato presentatore» d’America, staccando nettamente i conduttori di notiziari dei network Katie Couric, Charlie Gibson e Brian Williams e ottenendo il quarantaquattro per cento dei voti complessivi. Anche se probabilmente i risultati sono stati distorti dal fatto che Stewart era l’unico entertainer in lizza accanto a tre giornalisti, il sondaggio ha offerto materiale a chi riteneva che le forme tradizionali di giornalismo, in teoria caratterizzate da obiettività e sobrietà, stessero perdendo il loro potere.5 Tuttavia, malgrado i timori che il pubblico più giovane possa informarsi attraverso queste fonti non tradizionali, secondo la ricerca la maggior parte degli spettatori di questo tipo di intrattenimento è spesso più informata sulla politica rispetto a chi dichiara di apprendere le notizie da fonti più tradizionali. Un nuovo studio condotto nel 2012 da Pew Research ha rilevato che gli spettatori regolari di e tendevano a ottenere un punteggio più alto in un quiz di attualità rispetto a chi guardava Cnn, Fox News o Msnbc, e molto più alto di chi affermava di guardare i notiziari dei network nazionali o locali.6 Questa non è necessariamente un’indicazione del fatto che sia più informativo dei notiziari nazionali. Molti di coloro che guardano i programmi di satira politica lo fanno perché sono già interessati a quel tipo di intrattenimento, mentre chi consuma i notiziari locali o nazionali può farlo inavvertitamente, o tenerli come un rumore di sottofondo mentre si dedica ad altro. Detto questo, i notiziari satirici spesso ricoprono una preziosa funzione pedagogica, formulando interrogativi complessi in modi più facili da capire o più intriganti sotto il profilo narrativo.
Ripensare la televisione
Queste discussioni sul ruolo della televisione nella politica sono influenzate dagli assunti su quello che esattamente vada considerato come televisione in questa fase storica, quella che Henry Jenkins associa alla «convergenza dei media».7 Come...