E-Book, Italienisch, 358 Seiten
Turnbull Crime
1. Auflage 2019
ISBN: 978-88-3389-078-4
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Storia, miti e personaggi delle serie tv più popolari
E-Book, Italienisch, 358 Seiten
ISBN: 978-88-3389-078-4
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Poliziotti e criminali. Delitti e investigazioni. Affari loschi e condotte integerrime. Fin dalle origini della narrazione seriale, il genere crime - nelle sue molte varianti, con le sue evoluzioni progressive - occupa una posizione di assoluto primo piano in televisione, negli ascolti come nei gusti di pubblico e critica, dando vita a personaggi memorabili, raccontando situazioni altrimenti inaccessibili, appassionando gli spettatori episodio dopo episodio, caso dopo caso. Sue Turnbull racconta le storie parallele e intrecciate di questo genere nella televisione statunitense e in quella britannica, senza però dimenticare che il crime si presta molto bene anche a essere esportato, a circolare sui canali tv di tutto il mondo, a venire riproposto in innumerevoli traduzioni. Da Dragnet a Law & Order, da Hill Street Blues a CSI, da Dexter a The Killing, per citare solo alcuni titoli, tra le pagine di questo libro si dipana una storia che parte dalla radio e approda alle piattaforme digitali. Sono messe in fila le parole chiave del genere, le case history più rilevanti, le principali traiettorie nella rappresentazione del male e della lotta contro di esso, le ibridazioni e contaminazioni con altri generi, le possibili chiavi di lettura. Il libro è arricchito inoltre da alcune riflessioni conclusive sul ruolo del genere nello scenario mediale contemporaneo, dove gli stabili archetipi narrativi e l'appeal globale sono diventati un punto di forza ulteriore per un tipo di serialità che non invecchia ma mantiene intatta tutta la sua rilevanza. E, persino, la accresce. Questo volume è stato realizzato grazie alla collaborazione con Tivù S.r.l.
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PREFAZIONE
LE MOLTEPLICI GRADAZIONI TELEVISIVE DEL GIALLO
Negli elenchi delle serie televisive migliori, più importanti, maggiormente apprezzate o capaci di meglio innovare il linguaggio del medium, che siano stilati per uso personale (familiare, amicale) o pubblicati su giornali, riviste e siti web, è sempre abbastanza difficile trovare tanti titoli appartenenti al genere crime, al «giallo» e a tutte le sue possibili sfumature. Anche se ce ne sono alcuni, si tratta sempre di esemplari curiosi, eccezionali, che si discostano dalle consuete marche di genere, dalla ripetitività degli episodi. Per essere incluso nel canone, questo tipo di contenuti dev’essere diverso, speciale. Dev’essere l’eccezione, mica la regola. Quando si intende sottolineare la novità, la creatività o la grandezza delle serie televisive, quelle crime risultano troppo formulaiche, e in fondo troppo popolari, per funzionare bene da esempio, per mettere in giusto risalto le abilità e le competenze di chi scrive, per agire da fattore di distinzione.
Una simile dimenticanza è ancor più degna di nota visto che proprio il crime drama costituisce invece una delle costanti, una delle regole della televisione: un genere presente fin dalle origini e lungo tutta la sua storia, diffuso pressoché ovunque, spesso riconoscibile dopo solo pochi secondi e al tempo stesso declinato in infinite varianti e tipologie. Non c’è, insomma, alcuna proporzione tra la diffusione di questa serialità, il suo radicamento, e la sua relativa invisibilità critica (e, almeno in parte, accademica). Il giallo in tv è in qualche modo dato per scontato, forse perché così consueto da potersi considerare parte dello sfondo, tanto familiare da non aver bisogno di attenzione specifica, di rilievo particolare. C’è uno scarto, in sostanza, tra la qualità «percepita» e quella «reale», tra la quantità di discorsi fatti dagli intermediari e la rilevanza degli immaginari per le audience, tra la visibilità del genere e la sua diffusione.
Ma è proprio in questo scarto che sta l’aspetto in fondo più interessante del crime, la radice della sua lunga durata (nel genere e nei singoli prodotti) e del suo successo. Ed è tra queste polarità, talvolta esplicitate, altrove solo alluse, che si colloca questo volume, nel tentativo riuscito di ricostruire il giallo televisivo nella sua storia, nelle sue declinazioni, nelle sue moltissime gradazioni.
Un genere (anche) nazionale
Affrontando in modo ora intrecciato e ora invece separato le evoluzioni del crime nella tv statunitense e in quella britannica, un primo tratto cruciale che emerge con chiarezza è che si tratta di una tipologia di contenuti che presenta un fortissimo legame con lo stato-nazione. Sono nazionali gli spazi, gli ambienti, le location usati come sfondo o motore dell’azione, così come quegli eventi di una storia minuta o della Storia con l’iniziale maiuscola con cui le narrazioni entrano in relazione dialettica. Sono nazionali, e funzionano in modo peculiare, le forze di polizia, l’organizzazione della sicurezza pubblica, le norme in vigore, l’amministrazione della giustizia. E sono parte di una comunità in primo luogo nazionale, riunita (anche) attorno alla televisione, gli spettatori, con i loro bisogni, le loro ansie e timori, le loro abitudini.
Ricostruire le definizioni e le traiettorie del genere crime costringe a fare i conti con percorsi almeno in parte distinti e specifici, con le peculiarità degli Stati Uniti (e della loro politica, della loro società, della loro cultura di massa, del loro sistema televisivo) così come con quelle della Gran Bretagna. E consente di ipotizzare percorsi analoghi, fatti di parallelismi e divaricazioni, per quei paesi lasciati fuori. In questo modo, attraverso il crime e la sua evoluzione nei decenni, si può tratteggiare anche per l’Italia una storia della televisione, o almeno della fiction televisiva, sia pure per sommi capi. Una storia in cui proprio i titoli gialli segnano cambi di passo, innovazioni, successi presso il pubblico generalista.
Già nei primi anni delle trasmissioni ufficiali, nel corso del ventennio di monopolio paleotelevisivo, il crime è quel genere di finzione che consente allo sceneggiato italiano di stampo letterario di tentare una prima strada verso una serialità medio-lunga. Si parte dai libri, certo, ma il giallo consente di ritrovare più volte lo stesso personaggio, a distanza di anni, con le vicende del tenente Sheridan (in onda dal 1959 al 1972, prima con , poi con , e ), con (1964-1972), interpretato da Gino Cervi, o ancora con (1969-1971). Più avanti, è il crime a sancire il passaggio, anche lessicale, dallo sceneggiato alla fiction, con il grande successo di (1984-2001). È il crime a punteggiare l’età dell’oro della fiction del servizio pubblico, con titoli destinati a proseguire per decine di stagioni, come – tra i molti, su tonalità anche molto distanti – (1996-2008), (1999-), capace di radicarsi come vero e proprio evento, o il rassicurante (2000-). È il crime a sottolineare la spinta innovativa delle reti commerciali, e in primis di Canale 5 e di Taodue, che si ispirano ai modelli americani per introdurre scene d’azione, protagoniste femminili e narrazioni corali: ed ecco allora (2000-2012), (2005-2009) e (2009-2016). È ancora il crime, stavolta dalla parte dei cattivi, a sancire l’approdo alla produzione originale di serialità da parte di altri operatori, digitali e a pagamento, prima con Sky – (2008), (2008-2010), (2014-) – e più avanti con Netflix – la cui prima lunga serialità italiana è (2017-) – e a portare alcuni titoli italiani in palinsesti e library di tutto il mondo. Infine, è sempre il crime uno dei principali terreni di battaglia di una Rai che torna competitiva sulla fiction, che innova generi e linguaggi, che instaura partnership globali, con titoli come (2015-2018), (2016-), (2017-), (2017-), (2017) e (2018). E ancora...
In Italia, come negli Stati Uniti o nella Gran Bretagna di cui si delineano le genealogie in questo libro, la nazione si rispecchia nel suo crime drama, mescolando in un genere insieme stabile e sempre nuovo i riverberi di una società che cambia, le sperimentazioni formali e produttive, gli immaginari condivisi.
Un genere (comunque) internazionale
Se da una parte, il crime drama sottolinea pressoché a ogni episodio il suo legame con una comunità nazionale (e con i suoi complessi sistemi di riferimento), dall’altra, allo stesso tempo, pochi generi tv sono stati, e sono tuttora, capaci di circolare con altrettanta efficacia oltre le frontiere del singolo paese. La specificità nazionale, o iper-locale, si accompagna senza troppi contrasti alla sostanziale universalità delle storie, delle passioni, dei modelli formali e narrativi, consentendo al crime di viaggiare molto, in versione doppiata o sottotitolata, e di incontrare pubblici diversi, che aggiungeranno a un testo già denso altri significati, ulteriori strati di decodifica. Le vicende evolutive del crime americano e di quello britannico sono differenti, ma la distanza si accorcia o scompare persino grazie a richiami, allusioni, legami espliciti, rifacimenti, copiature, ispirazioni varie. A tutto questo, Sue Turnbull aggiunge poi il punto di vista australiano, quello di una televisione terza eppure collegata, che ospita in abbondanza testi statunitensi e narrazioni provenienti dal Regno Unito, dando spazio a un’alterità non troppo distante ma al tempo stesso fraintendendola e distorcendola almeno in parte: e lo stesso vale anche per altri paesi, Italia compresa, dove allo scarto culturale si aggiunge pure quello linguistico. Infine, il volume si conclude con un allargamento verso il «nordic noir» e le recenti produzioni scandinave (danesi e svedesi) che dalla periferia sono riuscite ad approdare, in originale o come remake, al centro della geografia degli immaginari televisivi, ritagliandosi uno spazio importante sia nell’evoluzione sia nei confini del genere: a ulteriore testimonianza di un’almeno parziale permeabilità, spesso prevista, talvolta inattesa.
Insomma, sono proprio l’apparente semplicità – sempre fissa, e insieme sempre diversa – del genere e la sua popolarità a consentirne una circolazione ampia, sia nel circuito della serialità globale «di qualità» (spesso sul modello americano) sia in quello, ben più interessante, delle narrazioni quotidiane, «banali», capaci di instaurare un dialogo con un pubblico variegato, stratificato, potenzialmente amplissimo. Il crime è un genere che circola tanto e da sempre, prima ancora che di mercato televisivo si parlasse sul serio. Lo ha fatto e lo fa sulla direttrice che dagli Stati Uniti porta altrove, con longseller dalla...




