Vv. / Alajmo / Carini | COSE Spiegate bene. La sicurezza degli oggetti | E-Book | www.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 288 Seiten

Reihe: COSE Spiegate bene

Vv. / Alajmo / Carini COSE Spiegate bene. La sicurezza degli oggetti


1. Auflage 2025
ISBN: 978-88-7091-742-0
Verlag: Iperborea
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 288 Seiten

Reihe: COSE Spiegate bene

ISBN: 978-88-7091-742-0
Verlag: Iperborea
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Saranno pure «inanimati», ma le nostre vite sono fatte di relazioni intime, quotidiane, spesso indispensabili, con oggetti, strumenti, prodotti, arnesi di ogni genere, che abbiano la versatilità del coltellino svizzero o la strettissima funzione del carrello della spesa (non così stretta, poi: ci mettiamo anche i bambini). Oggetti che a volte viviamo solo per il loro uso pratico oppure con cui costruiamo rapporti che coinvolgono emozioni e persino sentimenti; del cui aspetto e storia ci curiamo poco oppure che chiamiamo «di design», dimenticando che ogni cosa ha un design e che quelli più riusciti sono il risultato di attenzioni alle funzioni o lunghissimi tempi di studio, sperimentazione o uso. La loro storia è un pezzo della storia del genere umano e il rapporto con gli oggetti descrive popoli e individui: tra i quali c'è chi seleziona oggetti accuratamente, chi ne accumula in modo compulsivo, chi studia come eliminarli, e chi dà loro un nome proprio. Fra le tante storie e spiegazioni contenute in questo numero di COSE Spiegate bene ci sono la presenza rilevante della plastica nelle cose che ci circondano, i pregi e i difetti del cartone della pizza, il bianchetto e la donna che lo inventò, il cambiamento del rapporto con la musica introdotto dal Walkman, la storia del bidet e del perché si trova solo in alcuni paesi, e anche il bancale, il vibratore, il cubo di Rubik e una breve storia delle maniglie. Un COSE sulle cose.

COSE Spiegate bene è la rivista di carta del Post, il giornale online nato nel 2010 e che ha cambiato un pezzo dell'informazione italiana. Ogni numero è dedicato a un argomento, per raccontare come funziona, di cosa si parla, quali sono le Cose da sapere e che spesso vengono date per scontate. Perché le Cose cambiano se le si conoscono bene, e le vite migliorano se si capiscono le Cose.
Vv. / Alajmo / Carini COSE Spiegate bene. La sicurezza degli oggetti jetzt bestellen!

Weitere Infos & Material


Un mondo di plastica


Storia, successi e guai del materiale più presente nelle cose di tutti i giorni

Sembra impossibile immaginare un mondo senza plastica, considerati tutti gli usi che ne facciamo e la sua versatilità, eppure una delle sue prime versioni fu inventata per rispondere a una specifica esigenza: continuare a giocare a biliardo. Dopo aver utilizzato per secoli l’avorio ottenuto dagli elefanti per costruire le palle da biliardo, nella seconda metà dell’Ottocento era diventato sempre più difficile trovare e cacciare questi animali per rispondere alla crescente domanda. Per questo un produttore di New York mise in palio un premio di 10mila dollari (circa 200mila dollari dei giorni nostri) per chi avesse trovato un nuovo materiale alternativo all’avorio, che non si deformasse come il legno e che fosse resistente al punto giusto per non essere danneggiato dai ripetuti colpi durante le partite a biliardo.

L’inventore statunitense John Wesley Hyatt accolse la sfida e, dopo circa cinque anni di prove e fallimenti, nel 1869 brevettò una «imitazione dell’avorio», cogliendo le nuove opportunità commerciali. Non è chiaro se vinse il premio, o se questo fu mai assegnato in assoluto, ma con il suo lavoro diede un contributo fondamentale alla diffusione della celluloide, uno dei primissimi tipi di plastica. Era stata inizialmente sviluppata dall’inventore inglese Alexander Parkes, che aveva sperimentato la combinazione della nitrocellulosa, una sostanza che si ottiene trattando con acidi le fibre di legno, con la canfora ottenuta da una particolare specie di albero.

Risalire all’origine delle prime plastiche sintetiche non è semplice: diversi inventori si contesero primati e brevetti, ma in realtà la storia della plastica era iniziata molto prima del XIX secolo. Materiali plastici naturali come le gomme e le resine erano già impiegati oltre tremila anni fa da numerose civiltà come quelle del Centro America.

«“Plastica” è del resto un termine ombrello, che usiamo per definire sostanze e materiali molto diversi tra loro che hanno in comune la presenza del carbonio e dell’idrogeno, elementi senza i quali non esisteremmo neppure noi.»

«Plastica» è del resto un termine ombrello, che usiamo per definire sostanze e materiali molto diversi tra loro che hanno in comune la presenza del carbonio e dell’idrogeno, elementi senza i quali non esisteremmo neppure noi.

Le plastiche sono formate da polimeri, cioè macromolecole formate da una grande quantità di gruppi molecolari uniti a catena. Anche le proteine di cui siamo fatti e gli acidi nucleici (come il Dna) sono macromolecole, ma di solito nel contesto dell’industria chimica con «polimeri» si intendono le sostanze ottenute in laboratorio. Le lunghe catene delle macromolecole sono ciò che rende le plastiche morbide e malleabili durante la produzione, prima che si induriscano assumendo la forma desiderata. Si chiamano così proprio perché sono «plastiche», nel senso che possono essere plasmate praticamente in qualsiasi modo.

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento la celluloide fu impiegata per produrre accessori per capelli e bigiotteria, bambole, bottoni, pellicole e decorazioni di vario tipo, ma aveva lo svantaggio di essere altamente infiammabile. Un’alternativa più sicura fu trovata nel 1907 dal chimico belga Leo Baekeland, che mise insieme il fenolo e la formaldeide, ottenendo la prima plastica derivante da componenti sintetici: fiero della propria invenzione, la chiamò bakelite per rivendicarne la paternità. Nei decenni seguenti ci sarebbe stata una forte accelerazione nello sviluppo di nuove plastiche, dal vinile agli acrilici passando per il nylon, nato per imitare la seta ed essere più resistente.

Lo sviluppo più importante che avrebbe condizionato buona parte del successo della plastica arrivò nei primi anni Trenta con la sintesi industriale del polietilene, ottenuto dall’etilene e costituito come gli altri idrocarburi da atomi di carbonio e idrogeno. Il polietilene divenne un materiale importante nella Seconda guerra mondiale e alla fine del conflitto le tante aziende nate per rispondere alle esigenze belliche convertirono le loro produzioni, adattandole a scopi civili. La grande versatilità dei vari tipi di polietilene e i bassi costi per produrlo decretarono il successo di questo materiale, che ancora oggi viene usato per produrre la maggior parte degli imballaggi che usiamo ogni giorno, dalle bottiglie di plastica dell’acqua a quelle per i detersivi, passando per alcuni tipi di buste e sacchetti.

Oggi esistono plastiche molto diverse, ma la loro storia inizia quasi sempre nelle profondità dei giacimenti petroliferi. Una volta estratto, il petrolio viene scaldato e immesso alla base di una torre di frazionamento, cioè un grande cilindro con al suo interno tante camere in comunicazione tra loro. I vapori del petrolio salgono verso l’alto e, poiché i vari componenti diventano liquidi a temperature diverse, man mano che si raffreddano si depositano in una delle camere, rendendo quindi possibile la separazione di gasolio, benzina, oli lubrificanti e altri. Nel processo di raffinazione nella parte alta della torre rimangono alcuni gas, come l’etano e il propano, le cui molecole vengono poi spezzate (cracking) per ottenerne di più piccole come etilene e propilene, chiamati anche monomeri.

Come in una collana che ha tanti anelli, i monomeri vengono uniti tra loro formando i polimeri grazie a un processo che si chiama polimerizzazione. Il materiale plastico dopo questo trattamento ricorda un po’ un impasto per fare il pane: è una massa densa e viscosa, con caratteristiche che variano a seconda dei polimeri e delle sostanze che sono state via via aggiunte (gli additivi). La massa viene raffreddata e separata in piccoli granuli (nurdles), più pratici da trasportare e frazionare negli impianti dove saranno nuovamente fusi per produrre gli oggetti desiderati utilizzando stampi e forme.

«La plastica ha bassi costi di produzione, una grande versatilità e una buona resistenza, caratteristiche che hanno favorito la sua diffusione rendendola di gran lunga il materiale più presente nelle nostre vite.»

La plastica ha bassi costi di produzione, una grande versatilità e una buona resistenza, caratteristiche che hanno favorito la sua diffusione rendendola di gran lunga il materiale più presente nelle nostre vite. Grazie agli imballaggi in plastica possiamo conservare più facilmente e in sicurezza gli alimenti proteggendoli dagli agenti esterni, ed estendendo la loro durata riduciamo gli sprechi e i rischi di intossicazione. La plastica si è rivelata ideale per numerose applicazioni mediche, permettendo la produzione di dispositivi monouso sterili come siringhe, sacche per il trasporto del sangue e protesi di vario tipo. I materiali plastici hanno reso possibile una sensibile riduzione del prezzo degli abiti, della maggior parte degli utensili da lavoro e persino degli arredi, rendendoli accessibili a molte più persone anche nei paesi con economie poco sviluppate.

Si stima che ogni anno si producano in media 430 milioni di tonnellate di plastica in tutto il mondo, ma solo un terzo viene impiegato in prodotti di lunga durata. La maggior parte della plastica è utilizzata per gli imballaggi e per la produzione di altri oggetti usa e getta, che esauriscono quindi la loro funzione dopo un singolo utilizzo. La plastica ha contribuito più di ogni altro materiale all’aumento della produzione dei rifiuti nel Novecento, un problema sottovalutato per lungo tempo e che solo negli ultimi decenni è stato affrontato con sistemi di smaltimento adeguati e iniziative per rendere diffuso e pratico il riciclo.

Si stima che negli ambienti marini l’85 per cento circa di tutti i rifiuti siano materie plastiche. È difficile calcolare con precisione quanti nuovi rifiuti finiscano negli oceani ogni anno, ma secondo i calcoli più condivisi la media annua è di undici milioni di tonnellate, con un sensibile aumento registrato negli ultimi anni nonostante le maggiori attenzioni da parte dei produttori e dei consumatori. Molta della plastica che rimane negli oceani deriva dalle reti utilizzate per la pesca, ma analizzando ciò che viene portato dalle onde sulle spiagge si trovano frammenti di oggetti di ogni tipo, prodotti in alcuni casi molti anni prima e rimasti per decenni alla deriva.

Proprio per merito della resistenza dei polimeri, molte plastiche ci mettono decine di anni prima di iniziare a degradarsi e separarsi in frammenti sempre più piccoli. Quelle con dimensioni inferiori a cinque millimetri vengono definite «microplastiche», anche se non si è ancora trovato un consenso sui limiti massimi e minimi per avere una classificazione più precisa. Si distingue comunque tra «microplastiche secondarie», derivanti dai processi di degradazione degli oggetti di plastica, e «microplastiche primarie», cioè plastiche già prodotte per essere molto piccole in modo da assolvere a particolari funzioni (per esempio i granuli abrasivi nei cosmetici). Le secondarie sono enormemente più diffuse nell’ambiente rispetto alle primarie, ma finora le leggi si sono concentrate su queste ultime, visto che se ne può ridurre l’impiego intervenendo con certezza sui produttori.

«Il riciclo non è la soluzione a tutti i problemi di inquinamento causati dalla plastica, ma è una delle principali risorse per ridurre al minimo il rischio della sua dispersione nell’ambiente.»

Negli anni si è scoperto che le microplastiche hanno contaminato praticamente qualsiasi ambiente conosciuto. La loro presenza è stata rilevata finora in almeno...



Ihre Fragen, Wünsche oder Anmerkungen
Vorname*
Nachname*
Ihre E-Mail-Adresse*
Kundennr.
Ihre Nachricht*
Lediglich mit * gekennzeichnete Felder sind Pflichtfelder.
Wenn Sie die im Kontaktformular eingegebenen Daten durch Klick auf den nachfolgenden Button übersenden, erklären Sie sich damit einverstanden, dass wir Ihr Angaben für die Beantwortung Ihrer Anfrage verwenden. Selbstverständlich werden Ihre Daten vertraulich behandelt und nicht an Dritte weitergegeben. Sie können der Verwendung Ihrer Daten jederzeit widersprechen. Das Datenhandling bei Sack Fachmedien erklären wir Ihnen in unserer Datenschutzerklärung.