E-Book, Italienisch, 312 Seiten
Reihe: Extrema ratio
Auerbach / Mazzoni Letteratura mondiale e metodo
1. Auflage 2022
ISBN: 978-88-7452-964-3
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Con un saggio di Guido Mazzoni
E-Book, Italienisch, 312 Seiten
Reihe: Extrema ratio
ISBN: 978-88-7452-964-3
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Erich Auerbach ha scritto uno dei libri decisivi del xx secolo: il suo Mimesis (1946) racconta i modi in cui le diverse epoche hanno dato una forma letteraria al mondo. Molti lo considerano il capolavoro assoluto della critica novecentesca, la sola opera che abbia pienamente resistito allo scetticismo del nostro tempo e alle sue guerre culturali. Letteratura mondiale e metodo raccoglie gli scritti teorici che hanno reso possibile Mimesis. Sono saggi che non hanno perso nulla della loro profondità e acutezza, e che aiutano a pensare meglio i temi fondamentali del dibattito contemporaneo: la possibilità di fare storia di lunga durata e di confrontare culture e tradizioni di origine diversa, la legittimità dei canoni, l'esistenza e i limiti della world literature. Il volume si apre con un saggio di Guido Mazzoni sull'attualità di questi scritti e dell'opera di Auerbach.
Autoren/Hrsg.
Weitere Infos & Material
Filologia della [1952]
[“Philologie der Weltliteratur”, in AA.VV., , Hrsg. W. Muschg und E. Staiger, Francke Verlag, Bern 1952; ora in Erich Auerbach, , Hrsg. M. Bormuth und M. Vialon, Francke Verlag, Tübingen 2018 (1a ed. Francke Verlag, Bern und München 1967).]
Agostino, (“Prooemium”)
È tempo di chiedersi quale significato possa ancora avere la parola , letteratura mondiale, goethianamente riferita al presente e a quanto ci si può aspettare dal futuro. La nostra Terra, che è il mondo della , diventa sempre più piccola e meno varia. Il termine si riferisce peraltro ai tratti comuni dell’umanità ma non intesi in generale, bensì sotto l’aspetto della fecondazione reciproca di una realtà molteplice. Suo presupposto è la dello sfaldarsi dell’umanità in molte diverse civiltà. E cosa accade oggi, cosa si sta preparando? Per mille ragioni, che tutti conosciamo, la vita degli uomini su tutto il nostro pianeta si sta uniformando. Il processo di sovrapposizione, originariamente limitato all’Europa, si estende ulteriormente e seppellisce tutte le particolari tradizioni locali. Certo, il sentimento nazionale è dappertutto più forte e fragoroso che mai, ma dappertutto esso si muove verso le stesse forme di vita, e cioè verso le forme moderne, e per l’osservatore imparziale è chiaro che ovunque i fondamenti intrinseci dell’esistenza nazionale si stanno dissolvendo. Le culture europee o fondate da europei, abituate a lunghi e fruttuosi rapporti reciproci e inoltre sostenute dalla consapevolezza del proprio valore e della propria attualità, sono quelle che meglio conservano l’autosufficienza individuale, sebbene anche per loro il processo di livellamento si compia molto più velocemente che in passato. Ma soprattutto si diffonde la standardizzazione, sia su modello europeo-americano, sia su modello russo-bolscevico; e per quanto diversi siano i due modelli, la differenza diviene relativamente piccola se li si confronta entrambi, nelle loro forme attuali, con i vari sostrati cui si sovrappongono: ad esempio le tradizioni islamiche, indiane o cinesi. Se l’umanità riuscirà a rimanere indenne dagli scossoni che un processo di concentrazione così potente, così travolgente e veloce (e così mal preparato interiormente) porta con sé, bisognerà incominciare a pensare alla possibilità che sulla Terra, organizzata in modo unitario, rimanga viva una sola cultura letteraria, anzi, che in un lasso di tempo relativamente breve rimangano vive solo poche lingue letterarie, forse ben presto una sola. In tal caso l’idea della verrebbe realizzata e al tempo stesso distrutta.
Questa situazione così ineluttabile e determinata da movimenti di massa è, se non m’inganno, ben poco goethiana. Goethe non amava seguire simili pensieri; a volte gli vennero idee rivolte un poco in questa direzione; ma solo un poco, poiché egli non poteva immaginare che la cosa a lui più sgradita dovesse avviarsi alla sua realizzazione tanto in fretta e in modo così radicale, al di là di ogni aspettativa. Come fu breve la sua epoca, di cui i più anziani di noi hanno fatto in tempo a vedere la fine! Sono passati circa cinque secoli da quando le letterature nazionali d’Europa prevalsero sul latino e acquistarono coscienza del proprio valore; quasi due, da quando si risvegliò il senso della prospettiva storica, che permise la creazione di un concetto come quello di Goethe stesso, che morì 120 anni fa, dette un contributo decisivo al formarsi del senso della prospettiva storica e della conseguente ricerca filologica. E noi già vediamo sorgere un mondo per il quale probabilmente questo senso della prospettiva storica non avrà più alcun significato pratico.
Il periodo dell’umanesimo goethiano fu breve ma ricco di frutti, e diede l’avvio a molti indirizzi vivi ancor oggi e anzi tuttora in espansione e ramificazione. Il materiale della letteratura mondiale, passata e presente, di cui Goethe disponeva al termine della sua vita, era vastissimo, in confronto a quello conosciuto al tempo della sua nascita; scarsissimo se lo paragoniamo a quanto possediamo oggi. Noi dobbiamo questo patrimonio all’impulso fornito dall’umanesimo storico di quell’epoca. E non si è trattato solo del ritrovamento del materiale e dell’elaborazione dei metodi per la sua indagine, ma di una sua penetrazione e uso ai fini di una storia interiore dell’umanità, tesa a un’idea unitaria dell’uomo, pur nella sua molteplicità. Fin dai tempi di Vico e di Herder, era questo il vero scopo della filologia-guida. La filologia si trascinò dietro la storia delle altre arti, quella delle religioni, del diritto e della politica, e si intrecciò con queste condividendone in principi sistematici le mete da perseguire. I risultati ottenuti, sia nella ricerca sia nella sintesi, sono noti e non occorre ricordarli.
Se cambiano completamente le circostanze e le prospettive, può aver senso proseguire quest’attività? Il semplice fatto che essa venga portata avanti, che anzi continui a estendersi, non dice gran che. Se una cosa è diventata abitudine e istituzione, è probabile che continui a svilupparsi per molto tempo. Tanto più che anche chi si accorge di un sostanziale mutamento dei presupposti generali della sua esistenza, e ne riconosce tutto il significato, non per questo è ancora pronto e spesso non è nemmeno capace di trarne le conseguenze pratiche. Considerando però con quale passione, ora come in passato, un piccolo numero di giovani (piccolo, ma eletto per doti e originalità) si dedica all’attività filologica e allo studio della , se ne può trarre la speranza che l’istinto di questi studiosi non li inganni e che tale attività abbia anche oggi un senso e un futuro.
Lo studio della realtà del mondo, condotto con metodi scientifici, riempie e domina la nostra esistenza, ed è, se si vuole, il nostro mito; infatti non ne abbiamo un altro dotato di valore generale. Nella realtà del mondo, la storia è ciò che ci tocca più da vicino, ci scuote più profondamente e più efficacemente contribuisce a formare la coscienza di noi stessi. È infatti l’unico oggetto nel quale abbiamo davanti a noi gli uomini (e come oggetto della storia non si intende solamente il passato, ma in genere il procedere degli avvenimenti, sicché vi si include ciò che di volta in volta è il presente). La storia interiore degli ultimi millenni, che la filologia tratta in quanto scienza storica, è la storia dell’umanità giunta a esprimere se stessa. Comprende i documenti della poderosa avanzata degli uomini verso la coscienza della propria condizione e verso la realizzazione delle loro intrinseche possibilità; un’avanzata di cui per molto tempo non fu possibile intuire la meta (anche nella forma certo molto frammentaria in cui adesso si presenta), e che, tuttavia, negli intricati meandri del suo corso sembra aver proceduto seguendo un piano prestabilito. In essa è contenuto quel multiforme gioco di tensioni di cui il nostro essere è capace; in essa si svolge uno spettacolo la cui ricchezza e profondità mettono in moto tutte le energie dello spettatore e insieme, per mezzo dell’arricchimento che questi ne trae, lo rendono capace di trovare pace nell’ambito della realtà data. Perdere la possibilità di contemplare questo spettacolo (che per mostrarsi ha bisogno di essere presentato e interpretato) sarebbe un impoverimento che nulla potrebbe compensare. Certo, questa perdita verrebbe sentita solo da coloro che non l’hanno ancora subita del tutto; ma tale considerazione non ci deve impedire di fare tutto il possibile perché essa non abbia luogo. Se le previsioni sul futuro con le quali avevo iniziato sono in certo qual modo giustificate, raccogliere il materiale e organizzarlo in modo da ottenere un risultato unitario è compito veramente urgente. Infatti, noi siamo ancora in grado, almeno in linea di principio, di assolvere a questo compito: non soltanto perché disponiamo di una grandissima quantità di materiale, ma soprattutto perché abbiamo ereditato il senso della prospettiva storica necessario per farlo. Lo possediamo ancora questo senso, dal momento che continuiamo a vivere sperimentando la varietà dei fenomeni storici, senza la quale, temo, esso potrebbe perdere ben presto vivacità e concretezza. Noi viviamo dunque, mi sembra, in un ?a???? della storiografia e non sappiamo quante generazioni vi apparterranno ancora. Già ora siamo minacciati dall’impoverimento derivante da una formazione culturale astorica, formazione che non solo già esiste, ma vanta ormai diritti di sovranità. Ciò che noi siamo, lo siamo diventati nella nostra storia, e solo in essa possiamo rimanere tali e svilupparci. Additare questo concetto in modo che penetri e diventi indimenticabile: ecco il compito della filologia mondiale del nostro tempo e dappertutto. In , verso la fine del capitolo...