Benedetto / Ciliento | La terra non è mai sporca | E-Book | www.sack.de
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E-Book, Italienisch, 224 Seiten

Benedetto / Ciliento La terra non è mai sporca


1. Auflage 2018
ISBN: 978-88-6783-197-5
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 224 Seiten

ISBN: 978-88-6783-197-5
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
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Terra: pianeta, suolo, polvere. Gli autori, chiamati a raccontare la loro 'terra', disegnano un mosaico: le terre alte dell'alpinista, il vuoto sotto i piedi del funambolo, l'agricoltura del futuro, il luogo dello spirito, il posto che accoglie la vita. Terra e sociale, terra e politica, terra e spirito, terra e utopia, terra e confini, terra e identità attraverso i racconti di: Pierre Rabhi, contadino-poeta e padre dell'agro-ecologia; Paolo Marin, agronomo e referente tecnico di progetti agricoli penitenziari del Dip. Amm. Penitenziaria Ministero della Giustizia; Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti; Svamini Hamsananda Ghiri, monaca, vice-presidente Unione Induista Italiana; Ma Uma Shakti Ghiri, monaca; Nahal Tajadod, scrittrice; Jorge Bakker, land artist; Sveva Sagramola, conduttrice televisiva; Andrea Loreni, funambolo zen; Alexander Vilenkin, cosmologo quantistico; Daniele Nardi, alpinista; Eugenio in Via Di Gioia, gruppo musicale indie; Jadav Payeng, attivista ambientalista; Beppe Tenti, esploratore; Tiziano Guardini, stilista; Giuseppe Verdi, compositore; Michelangelo Pistoletto; artista; Maria Teresa Pisani, Capo del Programma Commercio Sostenibile; Paola Deda, Presidente della Sezione Forestale dell'UNECE; Catriona Patterson, Creative Carbon Scotland.

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In ascolto


Questo libro è nato in viaggio e con il viaggio si è costruito. È la tappa di un percorso iniziato nel 2012 quando, con Susanna Paisio della nostra associazione culturale Gruppo del Cerchio, stavamo preparando la sesta edizione di Per sentieri e remiganti. Il festival dei viaggiatori extra-ordinari. Come ogni anno sceglievamo ospiti provenienti dagli ambiti più diversi, dalla musica alla scienza, dalla letteratura alle arti marziali, dalla spiritualità alla fotografia, accomunati dall’essere pionieri, dall’aver aperto per primi una strada, e li invitavamo a dialogare intorno a un tema.

Il festival di quell’anno era dedicato alla gentilezza. Visto che in Francia si parlava della rivoluzione gentile che Pierre Rabhi stava portando avanti attraverso l’agroecologia, abbiamo deciso di andare a intervistarlo ed eventualmente invitarlo. Siamo partiti in cinque, quella volta, con noi anche i nostri collaboratori Igor Piumetti e Alessandro De Salvo. Lungo la strada che porta in Ardèche, dove Rabhi vive tuttora, ci domandavamo se trovandoci di fronte a un uomo chiamato il “Gandhi della terra”, avremmo saputo trovare un terreno di dialogo comune. Certo ognuno di noi aveva amato un albero, un campo o un bosco, ma di lì a dire che conoscevamo la terra tanto da poterne parlare con un gigante come Rabhi, ce ne voleva. E soprattutto com’era il nostro rapporto con la Terra? Come la stavamo abitando?

Rabhi ci accolse con calore, la prima volta come tutte quelle che seguirono. Ci fece accomodare nella veranda che guarda la valle rocciosa e ci versò del tè alla menta. L’incontro si prolungò per tre ore, a dispetto dei quindici minuti di intervista in programma. Alla fine quell’anno Rabhi non ha partecipato al festival ma ci ha regalato una riflessione sulla gentilezza da proiettare in apertura.

Siamo risaliti in macchina e abbiamo percorso la stradina tortuosa che porta fino alla statale in assoluto silenzio. Perfino quel paesaggio così brullo, di pietre e rovi sotto il cielo grigio di febbraio, all’andata così monotono e aspro, adesso appariva vivo e accogliente: era “la sinfonia della Terra” di cui ci aveva parlato Rabhi. Ci sono incontri che segnano e regalano nuove percezioni sulle cose. E così è stato con lui.

Da quella conversazione è nato Pierre Rabhi. Il mio corpo è la terra1, il primo documentario italiano su di lui, proiettato in anteprima al nostro festival nel 2012 e l’anno successivo alla presenza di Rabhi, che per la prima volta veniva in Italia.

Il documentario ha girato tutta la penisola, dal Piemonte alla Sardegna e alla Sicilia, passando per Roma e Milano, facendoci conoscere persone di tutte le età e gli ambiti. Sono tanti coloro che si interessano alla terra, che sia suolo o pianeta, che la amano visceralmente, che la coltivano con rispetto, che ne proteggono le bellezze e ne osservano i mutamenti. Durante i cinque anni di proiezioni, confrontandoci tra noi e con altri, la prima scoperta è stata che, come dice Rabhi, «la terra è di tutti». Non importa cosa si faccia nella vita, quale sia il nostro credo, senza la terra semplicemente non siamo. E ognuno di noi ne ha un’idea propria, plasmata da formazione ed esperienze, ma anche dallo stupore, che prima o poi lei concede. In modo inatteso la terra ci consola, ci sfianca, ci ammutolisce, ci travolge.

Nell’estate 2016 Svamini Hamsananda Ghiri dell’Unione Induista Italiana ci invitò a presentare il documentario nell’ashram di Altare, in una giornata dedicata all’ecologia e allo spirito. «La terra non è mai sporca, siamo noi che la sporchiamo con i nostri pensieri» ha esordito alla tavola rotonda Svamini Ma Uma Shakti Ghiri, la monaca che cura l’orto e il roseto. Quella frase è stata una rivelazione. Ha preso a girarci in testa e non ci ha più abbandonate.

L’idea del libro è nata all’ashram e la voce delle monache era ovviamente irrinunciabile. In quell’occasione abbiamo incontrato anche Paolo Marin che raccontava la sua esperienza di agricoltura nelle carceri, di una terra che rigenera, ridà la dignità, il senso del tempo e della vita. È stato il primo ad accettare di condividere la sua storia con noi e per farlo ci ha aperto il giardino della sua cascina nel Monferrato, dove ci ha svelato anche i misteri del mondo degli insetti.

In fondo La terra non è mai sporca si è costruito da solo, come se avesse una sua voce. Noi ci siamo messe in ascolto, abbiamo lasciato che la terra ci parlasse. Spesso le idee venivano camminando sul Lungopò, nelle campagne dietro casa o pedalando in bicicletta. È stato naturale trovare la maggior parte degli autori, e anche incontrarli. Tempi e luoghi diventavano facili, subito possibili. Noi siamo viaggiatrici incallite e quando è stato possibile abbiamo raggiunto le persone nel loro ambiente, tra Francia, Svizzera, Olanda e Italia, scegliendo un giardino, un sentiero di mezza montagna, le sponde di un fiume, un parco fra le vestigia romane o un orto urbano nel cuore di Amsterdam. Percorrendo la terra per raggiungerli, si creava un tempo fertile per mettersi in ascolto, per pensare, per riempirsi gli occhi di paesaggi, di albe e di tramonti, e per godere dei profumi della terra nelle diverse stagioni. E quelle impressioni si sono fatte posto nei racconti.

Sono stati incontri personali, di tempo buono per conoscersi davvero, per mettere le storie in dialogo.

Sveva Sagramola, per esempio, raccomandandoci di percorrere il Col di Tenda anziché l’autostrada, ci ha accolte tra amici, nell’entroterra ligure. Così, affiancando le rotte dei passeurs, coloro che aiutano i migranti a passare il confine, dove la terra è sfida e speranza, ci preparavamo a incontrare una grande viaggiatrice. Abbiamo chiacchierato di terra ai piedi di una roccia, fra gli ulivi che guardano il mare, mentre due caprette tentavano di mangiucchiare i fiori che Sveva teneva in mano.

Roberto Moncalvo ha affrontato gli aspetti politici della terra nel meraviglioso giardino di Palazzo Pallavicini Rospigliosi di Roma, sui colli del Quirinale, dove ha sede Coldiretti. Tiziano Guardini è arrivato da Federica Trotta, ideatrice di «Mia Le Journal», dopo una chiacchierata sul mondo della moda che all’epoca ci sembrava distantissimo dalla terra. Con Tiziano abbiamo conversato per ore seduti nell’erba alta di un piccolo parco nel cuore della capitale, e il suo entusiasmo ha contagiato Livia Firth e il Maestro Michelangelo Pistoletto; ma anche Paola Deda e Maria Teresa Pisani, con cui abbiamo parlato a Ginevra nel giardino delle Nazioni Unite, con lo sfondo di un enorme Terzo Paradiso di pietre, opera proprio del Maestro.

Per sentieri e remiganti ci ha regalato ospiti come Alexander Vilenkin, Jean-Claude Carrière e Nahal Tajadod. Purtroppo non abbiamo potuto raggiungere il cosmologo a Boston, ma una serrata corrispondenza ci ha uniti e i momenti in cui, con chiara pazienza, ci ha spiegato e rispiegato le fluttuazioni randomiche sono stati un viaggio egualmente esaltante. Tajadod e Carrière ci hanno invece invitate nella loro luminosa casa del Sud della Francia, in un pomeriggio caldo e ventilato, condividendo un tempo di confidenze, risate e buona tavola.

Di Daniele Nardi ci ha colpite un’intervista, la sua voce così umana che parlava di terre estreme. La citazione da I sogni segreti di Walter Mitty – film che abbiamo adorato – sul suo sito ci ha poi persuase a tentare un contatto. In poche settimane eravamo a Roma a intervistarlo e a firmare l’Alta Bandiera dei Diritti Umani di cui è portavoce.

Andrea Loreni, invece, l’abbiamo scoperto per caso, mentre parlava del vuoto e dei fiori di ciliegio in un video su Facebook. Con lui, non essendo assolutamente in grado di dialogare sospese fra due alberi, abbiamo trascorso una spassosa mattina al parco della Tesoriera di Torino, testimoni i vecchissimi platani.

Durante una fuga estiva al Moncenisio, cariche al solito di fogli da rileggere, un’amica ci ha parlato della band Eugenio in Via Di Gioia trascinandoci a un travolgente concerto di piazza. In poche settimane, le loro voci, direttamente dal parco del Valentino, entravano nel libro.

Correre fra Piacenza e Parma, guidate dallo storico Franco Sprega, per vedere i terreni che Giuseppe Verdi acquistò con i soldi delle sue opere più famose, è stato sorprendente ed emozionante, come entrare nella carrozza del compositore e trovarci un badile. La musica si è subito legata al libro in modo speciale. Mentre risalivamo l’Olanda per raggiungere Jorge Bakker, l’artista che ha progettato il modello della Bobbing Forest, ascoltavamo l’elettropop inglese dei Depeche Mode e quello italiano dei Pase, Piccoli Animali Senza Espressione. E quando Bakker volle che fossimo noi a scegliere il luogo più adatto per l’intervista, fu Tenedle, musicista e produttore artistico dei Pase, a suggerirci un orto urbano nel centro di Amsterdam.

Probabilmente questo libro ha bisbigliato anche nelle orecchie di Nahal Tajadod, perché una notte di agosto ci ha mandato un messaggio che non poteva attendere: aveva letto di un uomo che da quarant’anni, ogni giorno, pianta alberi in India. È Jadav Payeng, The Forest man of India. Il mattino successivo lo abbiamo contattato in costume e infradito, in piena spiaggia agostana e in pochi minuti ci siamo trovate in una elefantiaca telefonata con l’India.

Beppe Tenti invece lo abbiamo conosciuto in Calabria, a una conferenza sulla Via della Seta: un uomo che ha girato il pianeta in lungo e in largo, nel libro non poteva mancare.

Durante la partecipazione del Gruppo del Cerchio al Fringe Festival di Edimburgo del 2014 abbiamo incontrato Catriona...



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