Cavallo / Papi | Cose spiegate bene. A proposito di libri | E-Book | www.sack.de
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E-Book, Italienisch, 240 Seiten

Reihe: Cose spiegate bene

Cavallo / Papi Cose spiegate bene. A proposito di libri


1. Auflage 2022
ISBN: 978-88-7091-883-0
Verlag: Iperborea
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

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Reihe: Cose spiegate bene

ISBN: 978-88-7091-883-0
Verlag: Iperborea
Format: EPUB
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Di tutti noi appassionati di «libri», che ne celebriamo la bellezza e il pregio, chi può dire di conoscere i passaggi della metamorfosi dal testo all'oggetto? Chi sa quante sono e di chi sono le case editrici, e perché usano quasi tutte lo stesso font? Chi ha capito come si contano le copie nelle classifiche pubblicate nei supplementi culturali dei quotidiani e perché i libri spariscono così rapidamente dalle vetrine delle librerie? Chi sa perché a volte vengono scritti nei fatti da qualcun altro, editor, traduttori, ghostwriter?

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Cos’è la carta


È la materia prima di cui sono fatti i libri e ha una storia infinita, innumerevoli varietà, editori che ci stanno attenti e altri che non se ne curano troppo

La carta è la materia di cui sono fatti i libri – oltre che i soldi, i quaderni e un sacco di altre cose – ma in pochi, sfogliando un libro, sono in grado di dire di che tipo di carta sia fatto. In altri campi non è così: le conoscenze tecniche elementari sono diffuse e gli esperti – o i sedicenti tali – proliferano. Quasi tutti sanno distinguere il denim dal tweed, la seta dal lino o il cachemire dall’acrilico, e negli ultimi anni si sono moltiplicati gli esperti di cibo e di vino. Nonostante la carta sia fondamentale per valutare i libri in quanto oggetti attraverso la vista, il tatto e l’olfatto, quasi nessuno sa dire perché un libro si sia ingiallito, quali siano gli editori che usano la carta migliore e se una copertina sia goffrata oppure marcata a feltro. Distinguiamo a stento la carta vetrata, usata nel libro Mémoires. Structures portantes d’Asger Jorn di Guy Debord e Asger Jorn, i fondatori dell’Internazionale situazionista, stampato a Copenaghen nel 1957. (Nel 2011 una copia è stata venduta all’asta a Parigi da Christie’s per tremila euro. Jorn disse allo stampatore Permild che la copertina in carta vetrata era stata pensata per minacciare i libri vicini sullo scaffale o per pulire tavoli di mogano.)

CHI PRODUCE E QUANTO PESA LA CARTA IN ITALIA


In Italia l’industria della carta ha una tradizione antica e dimensioni importanti: secondo i dati forniti da Assocarta, nel 2019 contava 119 imprese, 153 stabilimenti e 19.300 addetti per un fatturato annuale di 7,2 miliardi di euro, equamente divisi tra import ed export, e una produzione totale di nove milioni di tonnellate. L’ottanta per cento della carta italiana viene prodotta nella lucchesia, nella zona di Capannori, ma si tratta perlopiù di carta igienico-sanitaria, su cui quindi è difficile stampare. Il maggiore gruppo cartario italiano è il gruppo Burgo, fondato a Verzuolo, Cuneo, nel 1905. Il più importante produttore italiano di carta di qualità per fatturato, e uno dei più antichi, è il gruppo Fedrigoni di Verona, che nel settore della carta di lusso è uno dei più forti anche a livello mondiale.

Nel 2020 Fedrigoni – che ha quattromila dipendenti di cui 2200 in Italia e 16 stabilimenti in Italia, Spagna, Brasile e Stati Uniti – ha fatturato 1 miliardo 300 milioni di euro, più di Tod’s e quasi quanto Dolce & Gabbana. La prima cartiera fu fondata da Giuseppe Fedrigoni nel 1724 a Trambileno, vicino a Rovereto. Tre secoli più tardi, nel 2002, Fedrigoni ha acquisito dal Poligrafico di stato le Cartiere Fabriano, le più antiche del mondo ancora in attività, fondate nelle Marche nel 1264, un anno prima che Dante Alighieri nascesse. Fedrigoni-Fabriano, oggi, è uno dei maggiori produttori mondiali di cartoncini di lusso, scatole per profumi e carta adesiva (anche le figurine Panini), carta per libri illustrati e per libri di narrativa pubblicati da editori attenti alla carta. Il prodotto più noto di Fabriano sono gli album da disegno, compresi i preziosi fogli per acquerelli e incisioni; quello meno conosciuto sono le banconote, di cui il gruppo è l’unico produttore italiano. «La carta per acquerelli o incisione e quella dei soldi sono molto simili, tutte cotone, senza tracce di legno. Questi tipi di carta e la carta moneta sono sorelle» dice Chiara Medioli, vice presidente, direttrice marketing e discendente del fondatore.

COME SI FA LA CARTA


La carta si ottiene dalle fibre disidratate di cellulosa – un polimero presente in natura da cui si estraggono molti altri materiali, tra cui il diacetato delle montature degli occhiali, il rayon o il cellophane – che vengono sciolte nell’acqua fino a formare una pasta che si può stendere in fogli. «È come stendere la sfoglia dopo aver mischiato acqua e farina. La carta ha molto in comune con la cucina» dice Medioli. «Ogni tipo di carta ha una ricetta, spesso segreta. La sua qualità dipende dal tipo di cellulosa utilizzata, se è carta di cellulosa, derivata da fibre che si usano nel tessile come lino o cotone, oppure estratta dal legno, e dal tipo di legno, dai minerali nell’impasto e dai procedimenti chimici a cui è stata o non è stata sottoposta.»

La cellulosa – (C6H10O5)n – viene commerciata sotto forma di grossi fogli da sciogliere nell’acqua, eventualmente insieme a minerali, come il carbonato di calcio, il talco o il caolino, quello che si usa per fare la porcellana. Questi fogli di cellulosa possono essere bianchi o avorio a seconda del colore della carta che si vuole ottenere. La carta più preziosa deriva dalla cellulosa fibrosa, che viene estratta da piante come il cotone o la canapa, mentre quella del legno costa meno ma contiene lignina, la sostanza che fa invecchiare e ingiallire la carta. La presenza di lignina è la ragione per cui dopo un giorno all’aperto un quotidiano, che è fatto di carta poco costosa, diventa giallo. Per valutare la qualità della carta di un libro, la seconda cosa da fare dopo averla toccata, quindi, è vedere se invecchiando ingiallisce sui bordi.

BREVE STORIA DELLA CARTA


L’invenzione – o la scoperta – della carta risale almeno al II secolo a.C. Il più vecchio frammento di carta è stato ritrovato nel 1986, a Fàngmatan, vicino a Tianshui, nella provincia di Gansu, nel Nordest della Cina, sulla Via della seta. Apparteneva a una mappa della zona ed era stata ricavata dalla macerazione della corteccia di un gelso, l’albero i cui bachi producono la seta. Nel 105 d.C., grazie a un certo Ts’ai Lun, un eunuco funzionario alla corte degli Han orientali, la produzione si perfeziona e la carta – ricavata oltre che dal gelso anche da canapa, stoffa e reti da pesca – si diffonde in tutto l’impero. Poi, nel 751, gli arabi conquistano Samarcanda e – secondo la leggenda – prendono in ostaggio due cartai cinesi che svelano al mondo i segreti del mestiere. La carta arriva a Baghdad, da lì a Damasco, al Cairo, in Sicilia, a Istanbul e poi, dopo il 1000, in Marocco e Spagna. Nel 972 il geografo arabo Ibn Hawqal ne attesta la presenza a Palermo (allora Balarm). Nel 1264 nascono le cartiere di Fabriano, nelle Marche, e la carta si diffonde anche nel Nord dell’Europa.

Per molto tempo la scrittura su carta si affianca a quella su pergamena, le pelli di animale conciate, che qualcuno ancora produce e digitalizza. Nella biblioteca dell’abbazia del Nome della rosa di Umberto Eco ci sono entrambe, anche un libro in greco in «carta di panno» fabbricata «a Silos, vicino a Burgos» nel Nord della Spagna. A partire dal Medioevo capita spesso che ai bordi dei manoscritti compaiano appunti e note, perfino disegnini di scolari annoiati. Ma è con l’invenzione della stampa a caratteri mobili alla fine del Quattrocento che la produzione di carta si diffonde. A quel tempo la carta si ricavava soprattutto dai tessuti e dagli stracci – da cui il termine «carta straccia» – ed era quindi di miglior qualità rispetto a quella diffusa oggi.

L’uso massivo del legno incomincia con la Rivoluzione industriale, a partire dal Settecento, quando si forma un’opinione pubblica di lettori, nascono i giornali a grande tiratura e i primi best seller, come il romanzo epistolare Pamela di Samuel Richardson. Per vendere i libri al maggior numero possibile di persone bisogna contenere i costi, lavorando sui materiali e sui processi di produzione. In questa fase la storia della carta si sovrappone a quella della tipografia e delle altre grandi invenzioni del periodo: Giambattista Bodoni, l’inventore del famoso carattere tipografico, entrò in contatto con la cartiera Miliani di Fabriano; John Baskerville, l’inventore del carattere tipografico dei libri Adelphi, per molto tempo fu ritenuto anche l’inventore della carta velina che, in realtà, fu portata in Francia – da dove si diffuse in tutta Europa – da Pierre Montgolfier, il padre dei fratelli della mongolfiera. L’opinione pubblica vuole leggere e scrivere, e le tipografie hanno bisogno di stampare, ma più la carta diventa importante e centrale, e più se ne produce e vende, più la qualità media peggiora. Già nell’Ottocento la carta è diventata un prodotto industriale.

CARTA NATURALE E CARTA TRATTATA


La carta si divide in due grandi categorie: naturale e trattata. La carta naturale – o «usomano», perché è quella dei quaderni, cioè per scrivere a mano – è quella normalmente usata anche per gli interni dei libri in commercio. La qualità varia moltissimo a seconda della quantità di lignina e della lunghezza delle fibre, che dipendono dal tipo di albero da cui è estratta la cellulosa. Pini e abeti, cioè le conifere, hanno la fibra lunga, mentre aceri, faggi, eucalipti (latifoglie) hanno la fibra corta e quindi producono carte più opache. Esistono anche carte naturali – le più preziose – ricavate da cellulosa pura, senza lignina. A dispetto del suo nome, la carta naturale viene sottoposta a collatura, sulla superficie viene cioè stesa una patina di colla per non...



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