Dallari | La dimensione estetica della paideia | E-Book | www.sack.de
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E-Book, Italienisch, 422 Seiten

Dallari La dimensione estetica della paideia

Fenomenologia, arte, narratività
1. Auflage 2020
ISBN: 978-88-590-2515-3
Verlag: Edizioni Centro Studi Erickson
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

Fenomenologia, arte, narratività

E-Book, Italienisch, 422 Seiten

ISBN: 978-88-590-2515-3
Verlag: Edizioni Centro Studi Erickson
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Educatori e insegnanti non dovrebbero limitarsi a porgere e far apprendere 'i saperi', ma aprire, attraverso essi, la porta che schiude l'esistenza degli alunni sul mondo, produrre metacognizioni e strutturare la coscienza identitaria dei soggetti in formazione. La componente estetica, cioè la dimensione 'sensibile' della conoscenza e dell'identità, diviene allora essenziale per caratterizzare una proposta educativa teoreticamente fondata sulle concezioni della fenomenologia e metodologicamente orientata dalla pratica della narratività, capace di offrire e far condividere rappresentazioni, figure e universi simbolici in un processo di vera e propria 'iniziazione' al conoscere.

Dopo la laurea in Pedagogia (1972) presso l'Università di Bologna (relatore Piero Bertolini), è stato membro dell'équipe di coordinamento pedagogico delle scuole dell'infanzia del Comune di Bologna e capo servizio alla pubblica istruzione del Comune di Carpi. È stato docente di Pedagogia e Didattica dell'Educazione Artistica presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna e Firenze, professore straordinario di Pedagogia Comparata all'Università di Messina e professore ordinario di Pedagogia Generale e Sociale all'Università di Trento, dove ha fondato e diretto il Laboratorio di Comunicazione e Narratività. Scrittore e curatore di saggi, testi narrativi e libri per l'infanzia, è anche disegnatore e autore di opere verbovisuali.
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Prefazione


L’estetica non è, come molti affermano, la «scienza del bello»: riguarda invece l’intera dimensione «sensibile» (corpo, sensi, sensazioni, sensibilità) del rapporto con il mondo e con il Sé. E naturalmente anche il «sentimento della bellezza» che, di questa dimensione, è parte integrante e non certo marginale. L’educazione è trasmissione ed elaborazione di conoscenze, costruzione di rappresentazioni del mondo e strutturazione delle identità personali. La proposta contenuta in questo saggio riguarda la possibilità, e l’opportunità, di far incontrare e incrociare la dimensione pedagogica con quella estetica, individuando come ingredienti fondamentali di questo processo le disposizioni dell’universo sensibile soggettivo e collettivo. Ciò consente di approdare a un’idea di educazione e di formazione autentica e completa, perché, mentre affrontiamo il problema della trasmissione e della costruzione delle conoscenze, ci riappropriamo dei territori dell’affettività, dell’educazione sentimentale, della qualità sensibile del progetto e del setting pedagogico, degli scambi emozionali che caratterizzano il rapporto educativo.

Attraverso l’accoglimento e la scoperta dei saperi l’esistenza degli alunni si apre così sullo stupore del mondo, grazie alle conoscenze si costruisce e diviene consapevole la coscienza identitaria dei soggetti in formazione e si producono metaconoscenze: capacità di scegliere, di attivare percorsi di autoformazione, di autocoscienza, di autonomia intellettuale ed esistenziale. La componente estetica diviene allora essenziale per comprendere e formulare la propria proposta educativa e formativa, perché prima di qualsiasi scelta strumentale e strategica, del tutto legittima e opportuna, c’è l’esigenza prioritaria di presentare se stessi come protagonisti e testimoni di una storia che è storia culturale di saperi, di rappresentazioni, di invenzioni, di universi simbolici ai quali, ascoltandone il racconto, è possibile accedere e divenire, grazie ad essi, «iniziati».

Un’emozione estetica è sempre un dono, a volte inatteso, che può accadere in occasione di un evento naturale, come il silenzio di una nevicata, un rasserenamento e un tepore improvviso. A volte, invece, può accadere che qualcuno abbia preparato per noi questa sorpresa: può essere un concerto, un’opera d’arte, una poesia emozionante, una conferenza, una lezione, la proposta di partecipare a una ricerca, a un laboratorio…

Non credo che un educatore debba essere un artista, ma è senz’altro avvantaggiato se conosce e pratica il mondo dell’arte e, all’occasione, sa servirsene. Saper porgere e narrare la conoscenza in modo esteticamente efficace, avere familiarità con le dimensioni visuali e audiovisive della creazione e della comunicazione, essere in grado confezionare il sapere in forma di messaggi, di progetti, di proposte coinvolgenti ed emozionanti è senz’altro un’arte applicata, qualcosa che ha a che fare con un artigianato creativo, con competenze consolidate e originali che vanno molto al di là di una mera «professione» o dell’oggettivazione tecnicistica di una «didattica scientifica». Anche le opere d’arte, d’altra parte, e il loro modo di vivere, di testimoniare e di acquistare senso e significato nella nostra epoca, sono considerate sempre meno oggetti autosufficienti e a-storici, ma piuttosto frammenti e testimonianze della storia di vita dell’artista il quale costruisce la sua stessa esistenza come opera, mentre permette a ciascuno di noi di specchiarsi, riconoscersi e differenziarsi, scoprendo qualcosa di sé e qualcosa del mondo che, senza quell’incontro, forse gli sarebbe rimasto sconosciuto. Le opere d’arte, con la loro genesi e la loro storia, possono allora costituirsi come modelli paradigmatici del modo in cui tutto il sapere nasce, si consolida, si radica e permette a una cultura di rappresentarsi attraverso esso.

Lo scopo di questo libro è valorizzare e promuovere l’Aisthesis (l’estetica) nel suo incontro con la Paideia (l’educazione come pensiero e come pratica). Questo intento di carattere ideale prende metodologicamente forma compiuta attraverso la categoria della narratività e nell’individuazione della «metacognizione narrativa». Narratività non è solo narrazione, anche se il linguaggio e la pratica narrativa ne costituiscono il riferimento paradigmatico. Narratività è soprattutto clima e atteggiamento culturale essenziali a un setting educativo che si riconosca nella dimensione estetica e pedagogico-fenomenologica. Narrare, allora, è saper fare riferimenti competenti ed efficaci all’universo del sapere narrativo e alla dimensione narrativa dei saperi, è commentare e animare il commento delle narrazioni e delle pratiche ermeneutiche che le riguardano. La dimensione metacognitiva che si genera nel setting educativo narrativamente caratterizzato risulta essere la capacità di esercitare e utilizzare un pensiero simbolico, metaforico, «laterale», e di pensare e comunicare in forma di racconto.

Perché ciò possa accadere occorre però una condizione culturale ineludibile: la capacità, da parte dell’educatore-insegnante, di frequentare l’universo simbolico dell’arte e delle narrazioni, di praticare in maniera accattivante ed efficace la lettura e di avere come abitudine personale la lettura narrativa. La capacità, l’abitudine, il piacere della lettura narrativa, da parte dell’insegnante di qualsivoglia ordine e grado di scuola o di istituzione formativa, dovrebbe essere, forse prima di molti altri requisiti oggi considerati «professionalizzanti», caratteristica degli appartenenti alla comunità di chi si occupa di educare e trasmettere il sapere.

D’altra parte chi non ha capacità e abitudine di lettura è un soggetto dalle risorse limitate non solo dal punto di vista cognitivo ma anche esistenziale, che spesso non sa pensare l’esistenza sua e altrui al di fuori dei binari dell’inerzia e del senso comune, che quando ama usa schemi rudimentali e stereotipi perché non conosce le mille variazioni dell’amore, quando soffre non sa come cavarsela e si chiude in sé, perché non sa dialogare e raccontare il dolore né con se stesso né con chi, se solo sapesse dirsi, sarebbe disposto ad ascoltarlo, e quando gli tocca di conversare dice di sé, quasi con fierezza: «Io sarò un ignorante, ma…» per poi sciorinare una valanga di banalità.

Il non-lettore ammanta solitamente la sua ignoranza di pragmatismo, si autorappresenta come un «tecnico», si definisce «concreto», ma non sa che quel mondo, che al suo risveglio gli si presenta solo come un elenco di problemi da risolvere e di cose da fare, è soltanto il contenitore di un’esistenza fatta di modeste abitudini, di aspirazioni convenzionali e desideri inautentici, di manìe scambiate per desideri. Il non-lettore non vive «il mondo», ma la sua riduzione in stereotipi e routine, perché non è in grado di pensare e sognare un «altrove», e anche se tenta di sostituire la lettura con il cinema e le storie audiovisive ne capisce ben poco, perché solo chi è iniziato alla lettura sa trovare e interpretare il racconto implicito che ha generato la scrittura cinematografica. Ed è, purtroppo, colui che riduce l’avventura pedagogica al livello della formazione strumentale, pensando che la scuola deve preparare al lavoro e al «mercato», dimenticando (o fingendo di dimenticare per nascondere la propria inadeguatezza) che la Paideia è ben altro, e va ben oltre.

Il lettore ha molti mondi a disposizione, e molti modi di interpretare, rappresentare, pensare, desiderare, progettare il suo essere nel mondo. Abituato a esercitare il giudizio critico su testi nei quali prendono forma universi, storie, personaggi che non sono mai qualcosa di già dato, di assoluto, egli sa prendere le distanze da qualsiasi tipo di «oggettività» perché è ben consapevole di come in ogni giudizio, in ogni scelta, in ogni azione c’è l’interpretazione (l’ermeneutica) del mondo e del suo apparire, condizionata e orientata dalla componente estetica che affianca sempre, ineludibilmente, il lavoro della ragione.

Questo scritto, d’altra parte, si confronta spesso con la dimensione dell’universo emozionale soggettivo dell’io-autore, ed è formulato in prima persona, come «racconto di pensiero», senza paura di con-fondere riflessioni argomentative e ragionevoli con istanze e scelte riferibili alla sfera delle emozioni, nel luogo d’incontro, spesso conflittuale ma sempre autentico, in cui Eros e ragione (proprio come Amore e Psiche) negoziano insieme scelte, sentenze, decisioni, scommesse esistenziali. Sono infatti convinto che solamente accettando tutti i rischi di questa condizione, possiamo accorgerci che l’altro, l’interlocutore necessario di ogni processo di costruzione della conoscenza e della conoscenza di sé, è sempre soggetto incarnato, a sua volta portatore di emozione e sensibilità estetica. L’altro-da-me può essere l’oggetto dell’amore o dell’antipatia, persona desiderata come complice e sodale o detestata e tenuta idealmente e fisicamente lontana, può essere il viandante, lo sconosciuto che ci offre una sua inattesa presenza o colui con il quale abbiamo professionalmente a che fare, magari come educatori o insegnanti; ad ogni modo, chiunque sia e comunque si manifesti, quest’altro non è mai un fantasma, o una costruzione della mente, ma è reale, anzi, è terribilmente fisico e concreto. E ci accorgiamo così che principi, idee, valori, regole e metodi non sono astrazioni autosufficienti, non abitano un universo metafisico, ma sono idee, principi, valori di...



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