E-Book, Italienisch, 284 Seiten
Dallari / Moriggi Educare bellezza e verità
1. Auflage 2017
ISBN: 978-88-590-1473-7
Verlag: Edizioni Centro Studi Erickson
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 284 Seiten
ISBN: 978-88-590-1473-7
Verlag: Edizioni Centro Studi Erickson
Format: EPUB
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Marco Dallari Dopo la laurea in Pedagogia (1972) presso l'Università di Bologna (relatore Piero Bertolini), è stato membro dell'équipe di coordinamento pedagogico delle scuole dell'infanzia del Comune di Bologna e capo servizio alla pubblica istruzione del Comune di Carpi. È stato docente di Pedagogia e Didattica dell'Educazione Artistica presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna e Firenze, professore straordinario di Pedagogia Comparata all'Università di Messina e professore ordinario di Pedagogia Generale e Sociale all'Università di Trento, dove ha fondato e diretto il Laboratorio di Comunicazione e Narratività. Scrittore e curatore di saggi, testi narrativi e libri per l'infanzia, è anche disegnatore e autore di opere verbovisuali. Stefano Moriggi Professore associato di Cittadinanza digitale e di Società e Contesti Educativi Digitali presso l'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. È membro della McLuhan Foundation (Toronto).
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Prefazione
Questa pubblicazione nasce dal desiderio mio e degli autori di offrire ai docenti l’opportunità di esplorare e approfondire, anche attraverso indicazioni didattiche di natura operativa e laboratoriale, l’«Educare al Bello, Educare al Vero», tema che ci ha accompagnati nella giornata di convegno del 4 settembre 2015 da me coordinato e condotto in qualità di dirigente scolastico referente per la formazione. Un percorso euristico, dunque, che si poneva l’obiettivo di riunire in un momento di significativa riflessione i docenti del I Ciclo d’Istruzione del Comune di Modena, condividendo spazi di pensiero autentico, suggestioni e idee, per essere un po’ visionari e spostare più in là la banalità e lo strato superficiale delle cose, per creare senso di appartenenza e sentirsi appunto comunità, condividendo la fierezza di esserne parte.
La tradizione vuole che si inauguri così l’anno scolastico, all’interno di una serie di eventi organizzati dal Comune di Modena denominati «Buon Anno Scuola!».
Ogni anno a settembre ci troviamo insieme a ragionare di educazione in un convegno dal sapore culturale e dirompente, motivante e intrigante, reso possibile dalla sinergia tra l’ente locale nella sua articolazione del Centro di Formazione MEMO e le scuole.
L’educare al bello e l’educare al vero: due categorie senza le quali l’essere umano non potrebbe conoscere il mondo, pensarlo, immaginarlo, sognarlo e agire in esso.
Il nostro tentativo è quello di tracciare, attraverso gli interventi di Marco Dallari e Stefano Moriggi, le coordinate concettuali di due ambiti che da sempre, sin da tempi remoti e dalla nascita della filosofia, sono stati oggetto di indagine da parte dell’uomo.
Questa operazione deve consentire a chi è educatore di delineare percorsi, di aprire orizzonti e nuove prospettive di formazione del pensiero che si pongano la finalità fondamentale di condurre gli studenti a costruirsi significati autentici ed ermeneutiche non banali del mondo, fornendo loro gli strumenti per leggere e comprendere in profondità la portata storica e culturale degli elementi ed eventi che costituiscono la Stimmung contemporanea, agendo su di essa.
Quali le ragioni, quindi, per questo tema?
Probabilmente sono da ricercare nell’avvertita necessità di ritrovare la luce, nell’esigenza di uscire dal grigiore dei tempi che stiamo vivendo, dalla caverna di platoniana memoria e dal buio e dalle ombre che minacciano la nostra esistenza e quella ovviamente dei nostri ragazzi.
In questa occasione Marco Dallari, docente di Pedagogia Generale all’Università di Trento, ha assegnato al suo intervento il seguente titolo: Intelligenza emotiva e riscatto della bellezza. Stefano Moriggi, storico e filosofo della scienza, che svolge attività di ricerca presso l’Università di Milano Bicocca, ha intitolato il suo intervento Oltre la didattica: La paura di scoprirsi umani.
Viene spontaneo il riferimento al testo di Howard Gardner dal titolo Verità, bellezza, bontà: Educare alle virtù nel ventunesimo secolo nel quale l’autore esplora il significato di queste tre parole in un’epoca in cui il progresso tecnologico, assieme a un diffuso atteggiamento di scetticismo nei confronti della natura umana, ha profondamente scosso la nostra visione morale. Si riscopre comunque che occorre assumere criteri per discriminare tra ciò che è vero e ciò che è falso, tra ciò che è arte e ciò che non lo è, tra ciò che è bene e ciò che è male.
Credo sia un dovere di ogni educatore interrogarsi oggi più che mai seriamente, anche attraverso le categorie del bello e del vero, intorno al senso da assegnare all’educazione e alla formazione dei giovani, scandagliare senza stancarsi le modalità processuali attraverso le quali essi apprendono, si accostano alla conoscenza e assegnano senso al loro agire nel mondo.
Il saper stare al mondo, inoltre, è una finalità che viene segnalata alla scuola anche dalle indicazioni nazionali del 2012.
Ripercorrendo il testo di Howard Gardner troviamo questa bellissima (a proposito di bello), a parer mio, affermazione: «Vorrei che le persone che hanno ricevuto un’istruzione potessero capire il mondo in modo diverso da come l’avrebbero capito se non l’avessero ricevuta» (Gardner, 2011). Questo sarebbe già un gran bel risultato!
Parlare del bello significa porsi delle domande, ad esempio quali siano gli effetti della bellezza su di noi, che cosa implica la visione di qualcosa di bello. Oppure, citando Dostoevskij, il mondo sarà salvato dalla bellezza? E ancora: qual è il contrario di bellezza?
Domande che si è posta anche Ágnes Heller, filosofa ungherese, e che troviamo in un dialogo tra lei e il noto sociologo polacco Zygmunt Bauman, La bellezza (non) ci salverà. La risposta è rintracciata dall’autrice nel pensiero del filosofo tedesco Theodor Adorno quando sostiene che il bello è una promessa di felicità, quindi non felicità realizzata: solamente una promessa, peraltro racchiusa in un istante, come ci insegna la storia di Faust, la cui anima viene salvata nonostante il patto con il diavolo perché dichiara bello l’attimo in cui, a seguito di una serie di azioni intraprese, immagina di stare su un suolo libero con un popolo libero. Si tratta di una speranza riferita a una felicità altrui, non propria, e non ancora di una realtà conquistata.
Bauman, invece, parla dell’utilità delle distopie perché la verità è tutt’altro che bella, piacevole e divertente e deve essere mostrata sempre per come è, in tutta la sua crudeltà. Egli si ispira in questo al pensiero di Michael Haneke, che considera «il più importante filosofo tra i cineasti e il più grande cineasta tra i filosofi contemporanei», e cita lo straordinario film dal titolo Il nastro bianco in cui, con grande maestria, Haneke mette in scena il male che si annida tra le pieghe della severa e austera morale condivisa dagli abitanti di un piccolo villaggio della Germania del Nord, il cui nome Eichwald richiama tristemente Buchenwald, alla vigilia della prima guerra mondiale. Qui la vita si sgrana in una monotona ripetitività, fino a quando accadono fatti inspiegabili ed entra in scena il male.
La domanda che sottende il film è la seguente: come può il male agire indisturbato proprio attraverso le azioni di persone giudicate buone secondo i parametri del codice etico del tempo?
Bauman riferisce le parole di Haneke:
Sono tornato in Austria recentemente e ho visto notizie e titoli in cui comparivano moltissime cose orribili riguardo terremoti ed esplosioni, ma l’intera faccenda era accompagnata da una musica dolce e speranzosa. Tutto era stato commercializzato, reso attraente; era divenuto un programma di intrattenimento. Questo è il pericolo: che si arrivi a non essere più in grado di notare una cosa del genere. (Heller e Bauman, 2015, p. 40)
Da Michel Foucault, invece, Bauman riprende alcuni concetti relativi all’arte contemporanea, affermando che vi è in essa il reiterato tentativo di frantumare un’idea superficiale e irriflessiva non attraverso la bellezza, bensì tramite la squallida bruttezza del reale che si rappresenta. L’artista si pone il compito di strappare il velo della presunta armonia e provocare un sentimento di rabbia nei confronti della ripugnante bruttezza che si cela dietro tale cortina.
Il sociologo e filosofo polacco si pone poi la seguente domanda: può la bellezza partecipare a un’azione di miglioramento del mondo rendendolo un posto più ospitale per la vita degli esseri umani, giocando in questo un ruolo significativo? E soprattutto chi potrà essere in grado di agire in tal senso?
Educare al bello è un processo che investe la didattica dell’arte, che secondo Marco Dallari conduce a riferirsi a tre dimensioni fondamentali: quella dell’estetica, quella dell’arte e quella della didattica, appunto, per scoprire che il paradigma fenomenologico attraversa nella nostra epoca tutti e tre i campi e che questi si offrono alla fruizione in modo trasversale e partecipato, tramite un’azione ermeneutica che a livello didattico prende forma e vita nell’esperienza del laboratorio (Dallari e Francucci, 1998).
Egli sostiene inoltre che la dimensione estetica, nel suo incontro con la paideia, produca uno scarto di emozione e di senso capace di trasmettere non solo conoscenze, ma anche lo spessore emozionale che queste contengono, che le ha generate e che possono a loro volta generare (Dallari, 2005).
Nel contributo intitolato A scuola con Afrodite Dallari traccia un percorso volto ad approfondire il concetto di bellezza e l’evoluzione che tale concetto ha subito nelle diverse epoche storiche, filosofiche e culturali in generale, giungendo a definizioni differenti, a volte diametralmente opposte.
Ci offre in questo modo l’opportunità di esplorare diverse dimensioni di questo campo di indagine e comprendere come la categoria del bello sia un tassello preponderante nella costruzione delle conoscenze, e di conseguenza quanto sia imprescindibile educare al bello gli studenti.
Ci viene presentata la bellezza come emozione, come sentimento che diviene componente fondamentale dell’intelligenza emotiva. La bellezza non abita quindi le cose ma risiede nell’incontro, nella mente che contempla, nella sensibilità.
Educare alla bellezza è quindi formare delicatezza dell’immaginazione, perché il contrario della bellezza non è la bruttezza, ma la rozzezza e l’ignoranza emozionale.
Nel Settecento Alexander Gottlieb Baumgarten,...