E-Book, Italienisch, 270 Seiten
Dallari Testi in testa
1. Auflage 2018
ISBN: 978-88-590-1566-6
Verlag: Edizioni Centro Studi Erickson
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Parole e immagini per educare conoscenze e competenze narrative
E-Book, Italienisch, 270 Seiten
ISBN: 978-88-590-1566-6
Verlag: Edizioni Centro Studi Erickson
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Dopo la laurea in Pedagogia (1972) presso l'Università di Bologna (relatore Piero Bertolini), è stato membro dell'équipe di coordinamento pedagogico delle scuole dell'infanzia del Comune di Bologna e capo servizio alla pubblica istruzione del Comune di Carpi. È stato docente di Pedagogia e Didattica dell'Educazione Artistica presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna e Firenze, professore straordinario di Pedagogia Comparata all'Università di Messina e professore ordinario di Pedagogia Generale e Sociale all'Università di Trento, dove ha fondato e diretto il Laboratorio di Comunicazione e Narratività. Scrittore e curatore di saggi, testi narrativi e libri per l'infanzia, è anche disegnatore e autore di opere verbovisuali.
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Cosa si intende per testo
Un retore latino del I secolo dopo Cristo, Marco Fabio Quintiliano, usava la parola testo in un’accezione metaforica, assumendo questo termine, in riferimento all’apparato linguistico, come un tessuto (textum), insieme ad altre metafore desunte dal materiale tessile, come la trama e l’ordito di un discorso o di un racconto.
Jacques Derrida accoglie l’idea di Quintiliano, anche se per lui la metafora che lega la figura del tessuto all’idea di testo si lega a ciò che egli definisce archiscrittura (scrittura originaria) capace di testimoniare e rappresentare al contempo le tracce della continuità con il passato, ma anche la discontinuità e l’essenziale differenza che diviene caratteristica di ogni essere vivente attraverso le diverse modalità grazie alle quali ciascuno produce testi e si rapporta alle produzioni testuali (Derrida, 1971).
Il testo è dunque ordito e come ogni ordito contiene e collega. La conoscenza, legata al linguaggio, si trasforma determinandosi all’interno della storicità, della contestualità, del divenire. L’organizzazione in forma testuale dei contenuti delle conoscenze li sottrae però, almeno in parte, al loro destino di mutamento permanente (scripta manent), li trasforma in tratti dell’identità personale e collettiva.
Sia che si sia d’accordo con Derrida, o che le sue convinzioni non risultino del tutto convincenti, è indubbio che, dal punto di vista educativo, la conquista di un buon livello di competenza testuale non è solo un risultato cognitivo ma il raggiungimento di una condizione grazie alla quale a ciascun soggetto è dato uno strumento di annessione all’umanità. Ciascun individuo è infatti in grado di partecipare a tutti gli effetti alla comunità culturale e simbolica che chiamiamo umanità quando pensieri, convinzioni, conoscenze, emozioni, sentimenti che gli sono propri possono essere formulati in forma testuale.
Occorre ricordare che alcuni studiosi individuano tre tipi metacognitivi di testo: pre-alfabetico, alfabetizzato o moderno e informatico. Questa distinzione riguarda soprattutto le modalità simboliche e i supporti (cartacei, in forma di rotolo, di volume, e infine elettronici) con cui i testi erano e sono composti e realizzati. L’idea di testo a cui faccio riferimento, come vedremo con maggior chiarezza più avanti, riguarda soprattutto caratteristiche di organizzazione interna e di unità, nonché le ricadute metacognitive e mentali che la frequentazione culturale di testi è capace di generare.
Conoscere e attivare processi di conoscenza, da questo punto di vista, significa utilizzare informazioni e intuizioni anche disparate che, grazie all’elaborazione testuale, prendono forma. Questo consente al soggetto conoscente di partecipare a un processo in cui conoscere è al contempo apprendere, interpretare ma anche costruire e creare pensiero e rappresentazioni. Decodificando e ricodificando i testi dei racconti, delle conoscenze, delle credenze, trasformando in testi e protocolli testuali le esperienze, ciascun soggetto co-costruisce la propria visione di sé e del mondo insieme alla propria appartenenza al genere umano.
La comprensione di ogni cosa percepibile avviene quando essa diventa, nella nostra mente, parte e ingrediente di un testo, intendendo con questo termine una formulazione linguistica — o polialfabetica1 — unitaria e autosufficiente, utilizzabile da un emittente per comunicare qualcosa a un ricevente, che può essere anche l’emittente stesso.
Il testo, per essere tale, ha senso compiuto e forma unitaria, cioè ha confini ben precisi e individuabili, a partire da un inizio per arrivare a una fine. È così evidente come il senso compiuto che caratterizza il testo si stende sugli ingredienti simbolici che lo compongono (parole, immagini, ecc.), i quali prendono senso e significato per il loro essere in un determinato contesto e descrivibili (e/o inscrivibili) in un determinato testo. È raro, anche se non impossibile, che una singola parola sia un testo; solitamente ciascuna parola ha un significato, o una serie di significati, ma non ha senso se non si trova all’interno di un testo. È la frase, o l’elaborato testuale di cui fa parte, a conferirle senso. E questo vale anche per gli alfabeti visuali: i chiodi applicati dal dadaista Man Ray sotto un ferro da stiro per confezionare il suo famoso Cadeau hanno un senso ben diverso dai chiodi utilizzati da uno scultore in un crocefisso, anche se sempre di chiodi si tratta.
È comunque indubbio che al termine testo, usato nel linguaggio comune per definire molte cose e concetti, dal libro scolastico alla teglia da forno, è attribuibile una notevole varietà e complessità di significati. A coronamento delle riflessioni e delle concezioni anche più antiche, è comunque interessante utilizzare il contributo di Ivan Illich, ben conosciuto da insegnanti e studiosi dei processi educativi per le sue provocatorie tesi sulla descolarizzazione della società, che al tema della testualità e delle sue implicite ricadute educative ha dato un contributo importante con il saggio intitolato Nella vigna del testo. Per una etologia della lettura (1994).
Illich non è certo l’unico contemporaneo a essersi occupato di testualità: assieme ai suoi e a quelli di Jacques Derrida sono estremamente interessanti gli studi e le riflessioni di Julia Kristeva, Marshall McLuhan, Walter Ong e molti altri. Illich, però, si è occupato ripetutamente di educazione, e, forse anche in ragione di ciò, le sue riflessioni sembrano pronte per avere ricadute importanti in ambito pedagogico e didattico.
La teoria di Ivan Illich è semplice e complessa al tempo stesso. Cercherò di riassumerla utilizzando, del suo pensiero, soprattutto ciò che può avere attinenza con l’ambito educativo, a rischio di ignorare riferimenti storici e filologici comunque interessanti e originali, che affascineranno senz’altro chi vorrà affrontare direttamente lo scritto illicciano.
La nascita dell’idea di testo è, per Illich, legata alle pratiche della scrittura, ma quando lo scritto era eseguito a mano e il libro o il rotolo erano in copia unica, destinati non tanto alla lettura ma piuttosto alla declamazione, l’idea della testualità non era riferita all’oggetto ma piuttosto al suo contenuto e apparteneva dunque alla dimensione della concettualità. Il testo era nella mente, ci dice Illich che intitola significativamente un capitolo del suo saggio L’astrazione del testo (Illich, 1994). La pratica della scrittura testuale, nata per svelare e diffondere concezioni dell’universo e della vita, diviene nel periodo della declamazione un apparato che oggi definiremmo metacognitivo:
La conversione del libro da indicatore della natura a indicatore della mente: da una parte il fatto che il testo si sradica dalle pagine del manoscritto, dall’altra il fatto che la lettera rompe il suo millenario asservimento al latino. (Illich, 1994, p. 124)
In questa fase storica testo e libro non si identificano: lo scritto serviva per imparare il testo a memoria ed esso viveva nella mente di chi ne aveva conoscenza; non a caso, nella vita monastica erano diffuse pratiche ed esercizi di mnemotecnica oggi snobbati e sopravvissuti solamente nel mondo del teatro.
Con l’avvento della stampa il testo diviene oggetto, e il termine finisce per diventare sinonimo di libro. In questo periodo storico il libro, inteso come microcosmo entro cui leggere il cosmo e l’intera storia della civilizzazione, ha toccato il suo culmine, diventando emblema di un’epoca in cui è avvenuta una definitiva trasformazione della concezione dell’uomo e della vita, in cui il pensare e il fare erano parti integranti di un comune progetto di conoscenza e di esistenza.
La diffusione della stampa e la possibilità di moltiplicare all’infinito le copie di ciascun libro e di semplificarne tipograficamente la produzione toglie al singolo libro l’aura di contenitore della sapienza e della verità, che si trasferiscono dal libro ai libri, dal singolo volume alla biblioteca. Da un passato in cui il libro, in copia unica, veniva scritto, conservato, memorizzato, declamato, si passa a un tempo in cui il testo-libro-oggetto viene diffuso, studiato, commentato. Non c’è più il Libro, ci sono i libri. E in questa fase il libro-testo cambia anche abitazione: «Come il monastero era stato l’ambiente congeniale alla cultura del libro sacro, così l’università nacque come cornice istituzionale e simbolico tutore del nuovo testo libresco» (Illich, 1994, p. 122).
L’identificazione libro-testo, e la convinzione culturalmente consolidata che quello sia il luogo del sapere entrano in crisi, secondo Illich, con l’avvento del computer, oggetto che non rappresenta soltanto una rivoluzionaria innovazione tecnologica, ma diviene rapidamente metafora dell’uomo e della sua mente. La psicologia cognitiva (da non confondere e identificare con le scienze cognitive) dà avvio alle sue ricerche e considerazioni partendo dall’assunto che l’intelligenza artificiale, cioè quella del computer, si differenzi da quella umana solo in termini quantitativi (inferiore rispetto a certe funzioni, superiore rispetto ad altre) ma non di difformità sostanziali. A partire da questo assunto la psicologia cognitiva ricerca, sperimenta e costruisce il proprio paradigma, anche se da più parti non viene legittimato il suo statuto di scienza poiché, secondo una convinzione epistemologica largamente...