E-Book, Italienisch, 305 Seiten
Reihe: Miniborei
Jägerfeld La mia morte gloriosa col botto
1. Auflage 2023
ISBN: 978-88-7091-893-9
Verlag: Iperborea
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 305 Seiten
Reihe: Miniborei
ISBN: 978-88-7091-893-9
Verlag: Iperborea
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Dopo La mia vita dorata da re, Sigge è tornato! È trascorso appena qualche mese da quando si è trasferito con la mamma, le due sorelline e il cane Einstein nella cittadina di Skärblacka, eppure la sua vita è già migliorata. L'impopolarità incassata nella vecchia scuola di Stoccolma è ormai solo un brutto ricordo e l'amicizia con la fantastica Juno dai capelli turchesi non fa che rafforzarsi intorno al progetto di creare FortunaBestiale, innovativa app di incontri per animali. Ma l'amicizia non è sempre facile, soprattutto per lui che all'amicizia è nuovo. Che fare quando i gemelli più cool della scuola gli offrono, oltre alla propria strampalata simpatia, di rappare nella loro crew allo spettacolo di Natale? Come conciliare i due progetti senza scontentare nessuno? Ed è più importante non scontentare nessuno o essere fedeli a se stessi? A rubare la scena a Sigge, in queste nuove avventure ci sono la nonna Charlotte, con le sue auto d'epoca e la sua insofferenza alle regole, la sorellina Majken, tanto chiacchierona e incapace di regolare il volume della voce quanto la piccola Bobo è laconica, e Krille Meringa, amabile e magniloquente cineasta fallito. E, tra importanti scoperte e nuovi batticuori, torna la delicatezza con cui Jenny Jägerfeld segue il suo piccolo protagonista nel compito più difficile che ognuno ha, quello di trovare se stesso.
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(Quando ancora non mi importava che mancassero)60 giorni allo show di Natale
«SONO GESÙ!» gridò Majken sbattendo la porta d’ingresso così forte da far tremare i vetri delle finestre.
Abbassò gli occhi su di me che, steso sul pavimento, cercavo di ripararmi la faccia dai baci appassionati di Einstein. Ero rientrato da quasi un quarto d’ora, ma non ero ancora riuscito a togliermi i roller perché lui mi attaccava ogni volta che cercavo di mettermi seduto. Scodinzolava così veloce che sentivo piccole folate di vento. Ogni tanto mi chiedevo da dove gli era arrivata quella coda. Cioè, ovviamente ce l’aveva da quando era nato, ma era troppo folta sia per un rottweiler (cosa che lui era per tre quarti) sia per un pastore tedesco (cosa che era per l’altro quarto). Sembrava imparentato anche con una volpe, o qualcosa del genere.
Majken lanciò in aria il berretto, che atterrò elegantemente sul dorso della zebra impagliata ma scivolò subito per terra, dove c’erano già un cappello verde, un guanto di pelle e una corona regale di cartoncino dorato. A quanto pareva nessuno di noi aveva una gran mira.
Einstein si decise a lasciarmi stare perché aveva visto un bombo (o forse una vespa molto grassa) e si era messo a rincorrerlo, nonostante sapessimo tutti e due che le sue cacce agli insetti finivano sempre con una puntura che lo faceva ululare di dolore.
«No, Einstein», tentai, ma non mi diede retta.
«SONO GESÙ!» gridò di nuovo Majken.
Mia sorella è incapace di parlare in un normale tono da conversazione dal giorno in cui è nata, otto anni fa. Be’, insomma, diciamo dal giorno in cui ha pronunciato la prima parola (che era «GEATTO», altrimenti noto come «gelato»). Stavolta però era così esaltata che per poco non mi aveva assordato.
«Ah sì?» dissi alzandomi a sedere. «E io che ero quasi sicuro che avesse la barba.»
Majken aggrottò la fronte e mi guardò senza capire, ma appena sentì dal piano di sopra la voce della nonna le labbra le si aprirono in un sorrisone.
«The Wilde kids sono a casa!»
Non è che siamo particolarmente selvaggi (non io, almeno), ma ci chiamiamo Wilde di cognome.
«CHARLOTTE!» urlò Majken alzando eccitata gli occhi verso la scala mentre si toglieva lo zaino e nello stesso tempo si sfilava le scarpe da ginnastica pestandole sul tallone.
La chiamiamo tutti per nome, dato che non vuole essere chiamata «nonna». Secondo lei parole come «mamma» e «nonna» la sminuiscono come persona. È come se gli altri si aspettassero che lei fosse solo tenera, materna e sempre disponibile. E non si può dire che lo sia particolarmente! In realtà a volte si occupa di noi, ma se lo fa è perché lo vuole lei, non perché questo rientra nell’idea di come devono essere le mamme o le nonne.
«Che fortuna sfacciata che siate arrivati proprio adesso!» esclamò. «Mi avete dato un ottimo motivo per rimandare a un altro giorno il momento di spolverare!»
Prima vedemmo un paio di scarpe giallo limone con il tacco alto, poi dei leggings verdi glitterati seguiti da un maglione bianco molto vaporoso e solo alla fine il resto della nonna, cioè la sua testa, con i capelli grigi raccolti in una treccia sulla spalla. Majken si mise a saltellare su e giù per la gioia e strillò:
«CHARLOTTE, CHARLOTTE, NON INDOVINERAI MAI COS’È SUCCESSO! SONO GESÙ!»
«No, tesoro. In effetti non avrei mai potuto indovinarlo», rispose la nonna.
La mamma comparve sulla soglia della cucina, o almeno che fosse lei, ma non si poteva essere sicuri, visto che reggeva un mucchio di panni da lavare così alto che le si vedevano solo le gambe.
«Di cosa parlate?» chiese la voce (decisamente quella della mamma) dietro la montagna di vestiti.
«A quanto pare Majken si è trasformata nel figlio di dio», la informai.
«NO, NO! NON AVETE CAPITO NIENTE! FARANNO UNO SHOW DI NATALE ALLA MOSTROSKOLA!»
«Mosstorpsskola», mormorai.
«CON CANTI E DANZE E RECITE TEATRALI E NUMERI DI MAGIA E TUTTO QUANTO. LO FANNO OGNI ANNO E TUTTI QUELLI CHE VOGLIONO PARTECIPARE POSSONO FARLO! TUTTI, DALLA PRIMA ALLA SESTA! ANCHE TU, SIGGE!»
«No, grazie», dissi.
«E FAREMO UNA RECITA NATALIZIA!» continuò lei, sempre saltando per l’eccitazione. «È COME UN TEATRO E PARLA DI MARIA E GIUSEPPE, E MARIA AVRÀ UN BAMBINO QUINDI È GRASSISSIMA E DEVE PARTORIRE IN UNA STALLA, MA MARIA E GIUSEPPE NON SONO DEGLI ANIMALI COME MAGARI CREDE QUALCUNO VISTO CHE DORMONO NELLA STALLA, SONO PERSONE E QUINDI FANNO UN FIGLIO CHE BATTEZZANO GESÙ!»
«Ah», commentai.
Una recita natalizia. Questo spiegava tutto.
«E IO SONO GESÙ! MI HANNO DATO LA PARTE PRINCIPALE!» esclamò Majken.
«È assolutamente fantastico», disse la nonna cercando di sistemarle qualche ciocca della zazzera ribelle.
Non servì a molto: i capelli di Majken somigliavano lo stesso a un nido di uccello. Un nido fatto da un uccello abbastanza svogliato. La nonna raccolse da terra il cappello verde e glielo mise in testa.
«LO SO!» disse Majken, tirandoselo così giù che le orecchie le si aprirono in fuori.
«Complimenti, amore!» esclamò la mamma.
«Ma siamo proprio sicuri che quella di Gesù sia la parte principale?» dissi. «Nella recita natalizia della mia vecchia scuola, come Gesù avevamo usato una vecchia bambola.»
«SÌ, ERA QUELLO CHE PENSAVA DI FARE GUNNAR ALL’INIZIO, MA IO GLI HO DETTO CHE GESÙ È IL PROTAGONISTA DELLA RECITA NATALIZIA!»
«Eh, in un certo senso è il protagonista di tutto il cristianesimo», disse Krille Meringa, appena arrivato da dietro l’angolo con una tazza di caffè in mano.
Krille Meringa è un ultrasessantenne incredibilmente alto e incredibilmente magro che abita con noi al Royal Grand Golden Hotel Skärblacka. È l’unico cliente rimasto, perché quando siamo arrivati noi tutti gli altri hanno dovuto sloggiare. Lui però si pulisce la stanza e si prepara la colazione da solo, quindi ormai è quasi più uno di famiglia che un ospite della pensione.
«ESATTO», confermò Majken guardandolo con aria di apprezzamento. «E LA PARTE DEL PROTAGONISTA NON PUÒ MICA ESSERE RECITATA DA UNA BAMBOLA! E GUNNAR HA DETTO “BE’ MA ALLORA PUOI AVERLA TU LA PARTE DI GESÙ, MAJKEN”, E IO HO DETTO “SÌ” PERCHÉ SENTIVO CHE POTEVO ESSERE UN GESÙ PERFETTO PERCHÉ PER ESEMPIO HO ANCH’IO I CAPELLI LUNGHI.»
«Sarai un Gesù fenomenale», disse la nonna. «E poi hai una voce davvero adatta al teatro. Anche quelli seduti nelle file in fondo sentiranno tutte le battute!»
«Considerando che Gesù è appena nato, mi sa che non dirà molto. A parte “uè-uè”, magari», feci notare.
«L’HA DETTO ANCHE GUNNAR, MA ALLORA IO GLI HO RISPOSTO CHE MICA SI PUÒ FARE CHE IL PROTAGONISTA NON DICE NIENTE, SCUSA! SAREBBE MOLTO STRANO E QUINDI DOBBIAMO PER FORZA CAMBIARE IL COPIONE. MAMMA, DEVI VENIRE, MI RACCOMANDO, NON PUOI LAVORARE QUANDO FACCIAMO LA RECITA!»
«Certo, devo assolutamente venire a vederla!» rispose la mamma. «Quando sarà?»
«UNA DOMENICA DI DICEMBRE.»
Majken si tolse il cappello e fece un profondo inchino, come se stesse già preparandosi agli applausi.
«Ok, bisogna che scopriamo quale domenica è esattamente! Mi farà un sacco piacere venire a vederti, Majken», disse la mamma cercando di sbirciare da dietro la montagna di bucato, ma senza grandi risultati: le si vedevano soltanto un orecchio e una ciocca di capelli castani. Poi una maglietta cadde a terra, seguita da una piccola calzamaglia e subito dopo da una serie di altri vestiti.
«Scusa, che maleducato», disse Krille mettendo giù la tazza. «Immagino che tu stia scendendo in lavanderia. Ho ragione, Hannah?»
«Hai indovinato», rispose la mamma.
Krille si chinò a raccogliere dal pavimento i vestiti caduti e le prese dalla cima del mucchio anche un grande lenzuolo. Finalmente potemmo vederla in faccia. Ci sorrise e ci mandò un bacio ciascuno, uno a Majken e uno a me. Io finsi di afferrarlo al volo con la mano e di infilarmelo nella tasca dei pantaloni.
«Ti accompagno io», disse Krille con le braccia cariche di vestiti sporchi.
«Grazie, caro Krister, sei un vero angelo!» rispose la mamma. «Poi voglio sapere tutto di Gesù, Majken!» disse girando la testa sulla spalla prima di imboccare le scale del seminterrato.
Krille la seguì e lo sentii dire:
«Hanna, come sicuramente sai è molto difficile sfondare nel cinema, soprattutto quando, come me, non si hanno conoscenze nell’ambiente. Spero dunque che ti faccia piacere sapere che ho capito quale dovrebbe essere il mio prossimo passo!»
Povera mamma! Io voglio molto bene a Krille Meringa, ma quando deve raccontare...




