E-Book, Italienisch, 348 Seiten
Reihe: Extrema ratio
Katsma / de Marino Morfologia del romanzo
1. Auflage 2024
ISBN: 979-12-5480-060-7
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 348 Seiten
Reihe: Extrema ratio
ISBN: 979-12-5480-060-7
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Holst Katsma ha scritto un saggio illuminante su alcune forme spaziali specifiche che organizzano il romanzo europeo moderno, seguendo il loro processo di emergenza, sviluppo e codifica dal Settecento in poi. Studioso outsider, come lo definisce Franco Moretti, Katsma si concentra su due peculiari 'notazioni' grafiche e strutturali che nascono all'interno della forma romanzesca e si sviluppano grazie all'accelerazione della produzione che investe scrittura e stampa: le virgolette per individuare le voci parlanti nei dialoghi, distinguendoli così sul piano visivo dal discorso indiretto, e la suddivisione dei blocchi infiniti di testo (tipici dei primi novels) in capitoli e paragrafi. Con strumenti di studio quantitativo della letteratura quali l'analisi delle occorrenze e i diagrammi, l'autore mostra come queste due notazioni spaziali ormai scontate per i lettori contemporanei - e quasi ignorate dai critici perché, paradossalmente, troppo visibili - contengano in nuce la specificità della forma-romanzo: la trasformazione visiva della pagina così 'cesellata' corrisponde sia a una 'radicale riorganizzazione del linguaggio' nel percorso graduale dalla narrazione orale a quella scritta, sia a 'un nuovo campo semantico di forza' che attrae attorno a sé le voci del mondo, incapsulandole in ciò che, secondo Katsma, costituisce la nervatura dell'espressione romanzesca: la sua partitura sonora in rapporto alla nostra immaginazione. Bio definitiva: Holst Katsma è un giovane studioso statunitense formatosi tra la Stanford e la Harvard University. Nelle sue ricerche, indaga il rapporto tra la forma letteraria e l'immaginazione. Morfologia del romanzo è il suo primo libro.
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L’effetto della pagina: storie e spazi dell’immaginazione romanzesca
di Tiziano De Marino
Le scienze naturali utilizzano il termine “forma” per classificare e descrivere gli elementi della realtà. È il vizio irrefrenabile della prospettiva antropocentrica che esige la comprensione di quel che ci circonda. Non diversamente, il bisogno di giudicare una molteplicità di “forme” sta alla base delle tassonomie romanzesche: diamo nomi ai romanzi, li amiamo, li detestiamo, ma soprattutto li etichettiamo per subordinarli al nostro ordine cognitivo. “L’umanità è immensa e la realtà presenta una miriade di forme”1, commentava Henry James. Chi di professione si occupa dello studio della forma-romanzo segue un po’ lo stesso percorso delle scienze naturali: addentrarsi nella pletora di macro e micro-categorizzazioni di questa forma narrativa è un po’ come esplorare una biblioteca sconfinata, al buio e con il solo ausilio d’un fiammifero. In questa continua insoddisfazione conoscitiva risiede lo sconforto della scienza.
“Forma”, come lessema e concetto teorico, presenta non pochi problemi. Già negli anni ’60 René Wellek constatava la confusione che circonda il termine:
Sarebbe facile raccogliere centinaia di definizioni di “forma” e di “struttura” dai critici e dagli studiosi contemporanei di estetica, e dimostrare che essi si contraddicono così radicalmente e fondamentalmente che sarebbe meglio abbandonare questi termini2.
Studi recenti e ancora più inclusivi sul termine , come è il caso della visione liberal-politicizzante di Caroline Levine, complicano ulteriormente gli usi di questa parola-ombrello3. Il vero dilemma della critica letteraria, in fin dei conti, risiede proprio nella fluidità semantica del termine. È ormai chiaro che l’univocità referenziale di “forma” è un miraggio. Si tratta, fondamentalmente, di una denotazione relazionale il cui uso si adatta agli interessi della disciplina che se ne appropria; e persino all’interno dello stesso ambito disciplinare si riscontra una notevole pluralità di significati (che non necessariamente è un male)4. Ma ciò non allontana il presentimento di un problema di prim’ordine per la teoria del romanzo: la sensazione di non poter determinare il concetto in modo coerente e definitivo.
L’ ci presenta “Shape, arrangement of parts”5 come primissima definizione di . Interessante, se la colleghiamo al romanzo, perché esiste senza dubbio un dato artigianale e/o organico dell’artefatto linguistico. La nona accezione, più vicina a certe sensibilità del critico letterario, descrive come “Style of expressing the thoughts and ideas in literary or musical composition, including the arrangement and order of the different parts of the whole. Also, method of arranging the ideas in logical reasoning; good or just order (of ideas, etc.), †logical sequence”6 Ed ecco che, implicito, scatta un processo d’idealizzazione. Sembra però che, sotto un descrittivismo di ascendenza illuminista proteso verso un paradigma di della Forma – e, per buona parte del Novecento, questo concetto circolò come religione critica –, “la forma letteraria” non si presti più a un’analisi scientifica; intendendo un tipo di analisi che abbia come oggetto d’indagine quell’aspetto della forma che si fonda, , su un’esperienza prettamente fisico-percettiva in relazione ad materia: il romanzo si legge su supporto fisico, non scorre per arie platoniche. Utile, poi, individuare la forma (il romanzo, nel nostro caso) nei termini di Coleridge: ossia non tanto come “corpo”, ma come “agente” – vale a dire, forma che ()7. E cosa forma? L’immaginazione. Come lo fa? Attraverso la percezione. Immaginazione tramite la percezione della “forma (romanzo)”. Serve allora essere più concreti, forse, con il termine “forma” in relazione a un genere (oggetto estetico) che ha rivoluzionato le nostre esistenze.
Nei vari tentativi di sciogliere i meccanismi dell’arte romanzesca e illustrarne gli effetti sul lettore e la cultura cui il genere appartiene, si è solitamente fatto riferimento alla locuzione, certo seducente, di . Un’aggiunta sostantivale di successo, ma relativamente superflua e ridondante, vorrei sostenere, da un punto di vista semantico-sintattico. Molto meno si sente parlare, del resto, d’una . L’insistenza stessa per un concetto singolare di (), inoltre, e non piuttosto di , dovrebbe in ultima analisi suggerire qualche motivo di sospetto: la struttura architettonica romanzesca – la sua immensa morfologia (non inferiore alla poesia) – appare troppo variegata per poter essere confinata in una monolitica astrazione formale. Nella ridondanza sostantivale di “forma-romanzo” sembra allora insinuarsi, alle volte, più una ricerca di prestigio – fatto non nuovo per un genere che dal Settecento ha lottato per il proprio riconoscimento culturale – che una vera e propria utilità funzionale e un sincero interesse scientifico. Parliamo di forme allora, ma cerchiamo di capire meglio come e perché.
Lasciandoci alle spalle l’interrogativo sull’utilità effettiva del binomio critico “forma-romanzo”, che ci richiederebbe un’argomentazione molto più ricca per evitare alcune ingenue generalizzazioni, intendo fare uso di questa terminologia cercando di re-indirizzarne il contenuto semantico alla luce del saggio di Holst Katsma. Perché viene da pensare che il tanto parlare di forma-romanzo (), a indicare come referente questo prodotto dell’umano in un raffinato equilibro relazionale fra reale e finzione, abbia fatto perdere di vista la più tangibile-sensoriale forma romanzo in senso stretto: la stessa, fisica, che, cognitivamente, il termine forma dovrebbe attivare nelle nostre menti. Per dirla altrimenti, si è prestata scarsa attenzione critica all’effetto della pagina, all’organizzazione spaziale della parola che guida l’atto d’immaginazione e l’esperienza estetica attivata dalle forme. C’è un sapore di paradosso che accompagna il disinteresse per lo “spazio” (senza perdersi in metafore), che eminenti studiosi, si sa, già riconobbero per tempo.
Le costellazioni paratestuali di Gérard Genette incentivarono un nuovo studio delle impalcature del romanzo, fornendo una visione in grado di riportare lo sguardo ai luoghi dello spazio di carta. Forma, appunto, ben visibile (: “The visible aspect of a thing […]”8). E gli studi sulla cultura della stampa guardano da tempo all’immediato del romanzo9. Ciononostante, la rivoluzionaria prospettiva genettiana, battagliera per i tempi, ma che si riferiva principalmente alle “periferie” della pagina e che comunque rimaneva circoscritta alle tecnologie del suo tempo, sembra anch’essa allontanarsi dagli orizzonti odierni della teoria letteraria: nemmeno l’avanguardia formalista delle sembra seguirne granché le orme10. Che i tempi siano ora maturi per perlustrare ulteriormente questi sentieri, tuttavia, ce lo dimostra bene (, Tesi di dottorato, Harvard University, Harvard 2021).
Nel trattare le forme romanzo mi riferisco quindi alle “forme spaziali” introdotte e ispezionate con minuzia, in ottica diacronica, da Holst Katsma: paragrafi, capitoli e virgolette citazionali costituiscono le principali del suo studio storico-morfologico su questo genere. Al centro c’è il romanzo inglese fra Settecento e Ottocento, ma non solo; qui l’identità del viene appositamente ri-costituita ritracciando il suo intero corredo genetico. Romanzo riconsiderato, quindi, nel suo processo evolutivo nel corso dei secoli. Il consapevole storico permette così al lettore di seguire l’evoluzione “spaziale” e tipografica di molteplici testi. Per molti critici contemporanei della forma-romanzo, ormai abituati sia al trionfo della lettura silenziosa che a un approccio di matrice storico-tematica, le forme spaziali qui affrontate non sono che elementi accessori o scontati – fin troppo visibili, già decifrati. Ed ecco la trappola.
Non c’è però da farsene una colpa; siamo abituati, come osserva Barthes, a partire dall’assunto che la scrittura spesso “(o sempre?)” 11. E allora il visibile, gran peccato, finisce dietro le quinte. Sono queste forme a costituire i tessuti connettivi che tengono in piedi ciò che per fedeltà etimologica alla parola potremmo qui definire il – e lo si intenda organicamente – della forma-romanzo. Una nuova teoria del romanzo richiede nuovi strumenti d’indagine, un nuovo lessico e nuove intuizioni: trattando...