E-Book, Italienisch, Band 37, 300 Seiten
Reihe: Cinema
Mamet Bambi contro Godzilla
1. Auflage 2025
ISBN: 978-88-3389-650-2
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Teoria e pratica dell'industria cinematografica
E-Book, Italienisch, Band 37, 300 Seiten
Reihe: Cinema
ISBN: 978-88-3389-650-2
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
è una delle figure più eclettiche del cinema e del teatro americani contemporanei. Nella sua lunga carriera ha firmato pièce teatrali come Glengarry Glen Ross (con cui ha vinto il premio Pulitzer), Oleanna e Perversioni sessuali a Chicago, e sceneggiature come Il postino suona sempre due volte, Gli intoccabili e Hannibal. Tra i film che ha diretto ricordiamo La casa dei giochi, American Buffalo, Il colpo e Hollywood, Vermont. Minimum fax ha pubblicato anche I tre usi del coltello .
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VITTIME E CATTIVI
Esistono dei buoni produttori? Sì.
Ho incontrato Otto Preminger nel suo ufficio sulla Fifth Avenue. La scenografia era perfetta per l’incontro con un grande produttore. La stanza era enorme e la scrivania pareva ispirata al ponte di una piccola portaerei. Mi offrì un sigaro. Parlammo del più e del meno, poi mi portò a pranzo nel «suo» ristorante sulla Cinquantacinquesima Strada. Finito di mangiare mi fissò e mi chiese se avessi mai recitato. Ammisi che, sì, in gioventù... Annuì. «Cerco un giovane che interpreti un ufficiale israeliano nel mio prossimo film», disse. «Già... le potrebbe interessare...?» Ovviamente ero lusingato oltre ogni dire che quel grande produttore avesse scrutato fino in fondo alla mia anima, scorgendovi il mio innato valore, la mia forza, la mia capacità di sacrificio e di comando... «E c’è qualcos’altro che vorrei proporle», aggiunse, e nel qualcos’altro c’era, ovviamente, la fregatura.
Ho dimenticato quale servizio volesse estorcermi adulandomi, ma ricordo bene che quasi ci riuscì.
Fu in occasione di quello stesso pranzo che mi raccontò come avesse girato la scena di massa di Exodus: la proclamazione, nella piazza dell’Indipendenza di Gerusalemme, dello stato d’Israele. Preminger aveva bisogno di una piazza gremita, qualcosa come diecimila comparse, ma non poteva pagarle.
«Come ha fatto?», gli domandai.
«Ho fatto in modo che fossero loro a pagare», rispose. Aveva tappezzato la città di manifesti: partecipate a un film, soltanto dieci shekel. È questo che io chiamo un produttore.
L’abilità di Preminger nel lavorare con un budget limitato mi fa tornare in mente una situazione in cui ci trovammo quando dirigevo il mio primo film, La casa dei giochi (1987), il cui produttore era il mio amico e mentore Mike Hausman.
Non avevamo un centesimo per girare quel film, così, cercando una località degradata e quindi poco costosa, scegliemmo Seattle, che a quel tempo era una città tutt’altro che prospera e vantava un quartiere splendidamente squallido, popolato di barboni, dove facemmo le riprese.
C’era però un problema. A Seattle girare costava poco, ma essendo praticamente sconosciuta come location, tutte le attrezzature andavano portate fin lì da Los Angeles. Il sindacato dei camionisti aveva una regola secondo cui la compagnia cinematografica doveva pagare ai suoi membri le tariffe e i contributi in vigore nel luogo da cui i conducenti partivano con i camion. Le tariffe sindacali di Seattle erano alla portata del nostro budget, ma quelle di Los Angeles avrebbero reso economicamente impossibile la realizzazione del film.
Mike si lambiccò il cervello per un po’ e alla fine caricò i camion con le attrezzature sul treno e li spedì a Seattle.
Iniziammo le riprese, i camionisti dissero: «Aspettate un momento...», e quando arrivammo a risolvere la questione il film ormai era pronto. Mike e i camionisti si lasciarono da amici e il loro rapporto, da pirata a pirata, fu sempre caratterizzato dal rispetto reciproco.
Un altro grande produttore, Sarah Green, realizzò diversi film con me nei dintorni di Boston. La gente imprecava e mugugnava contro gli intrattabili camionisti di lì, ma noi ci andammo d’amore e d’accordo.
Ho anche fatto un film sui camionisti (Hoffa, diretto da Danny DeVito su mia sceneggiatura). Quando uscì, nel 1992, fu stroncato dalla stampa, a quanto ho capito, per la sua posizione in favore del sindacato. Fui accusato, come scrittore, di essere un «apologeta» degli autotrasportatori.
È buffo, perché non ho mai pensato che i camionisti avessero bisogno di un difensore, disponendo di un sindacato (un’idea molto migliore).
Chi sgancia i soldi impreca contro i camionisti dai tempi in cui i fratelli Lumière tirarono fuori la prima macchina da presa, ma io, iscritto a vari sindacati e associazioni che si limitavano a recriminare, ho sempre ammirato il fegato degli autotrasportatori.
Il capitale, se non può etichettare i lavoratori come «rossi», li definisce «teppisti». L’Actors Equity, la Screen Actors Guild e, in misura minore, la Writers Guild, hanno il vizio di lamentarsi sempre.
Il Denaro insinua: «Accettate: posso far recitare chiunque, non avete alcun potere», e le associazioni degli artisti sembrano scorgere in questo un pizzico di verità, indebolendo così la propria posizione.
Farebbero bene a riflettere sul fatto che chiunque può guidare un camion.
Ma torniamo a Otto Preminger.
Stavo riguardando il suo Exodus, l'altra sera. C'è Paul Newman, che voterei subito come l'uomo più bello che abbia mai onorato lo schermo della sua presenza. Lotta per i diritti, per la vita dei profughi ebrei fuggiti dall'Europa. Accidenti, quanto mi piace Paul Newman in questo film! È semplicemente «superiore». Non si cura di quello che pensano gli altri attori o, come da copione, «il mondo». Si sforza di far capire a Eva Marie Saint, l'innamorata, una cristiana americana di buona volontà, che nessuno si preoccupa degli ebrei ad eccezione degli ebrei stessi. Una lezione non solo interessante sul piano drammatico ma, coincidenza rara, vera. Seduto davanti alla tv, continuavo ad annuire.
Eva Marie Saint è straordinaria. È, innanzitutto, benevola, sincera e incredibilmente ingenua. Tipicamente americana, la sua risposta sembra essere, a tutti: «Non c’è del buono e del cattivo in ciascuno di noi? Non potremmo semplicemente “volerci bene”?»
Prima dell’inizio della storia, la fidanzata di Paul era stata rapita dal suo kibbutz. Ci viene detto che era stata torturata e accecata, le erano stati mozzati piedi e mani, ed era stata rimandata a morire dai suoi, che avevano dato il suo nome al kibbutz. La vita continua e Paul trascorre una notte d’amore con Eva Marie. Quando si rivedono, lei gli dice di essersi pentita: è soltanto una turista che ha «preso una sbandata». Perché? Perché la giovane profuga alla quale Eva si è affezionata preferisce rimanere nel kibbutz anziché tornare in America come sua figlia adottiva. Eva, in effetti, «proprio non li capisce questi ebrei». Com’è possibile che preferiscano la reciproca compagnia a quella di un vero americano?
La risposta, ovviamente, è che per Otto Preminger, per Leon Uris che ha scritto il libro, per Paul Newman, è un fatto naturale che gli americani «tornino a casa»: è in questo che eccelliamo. La scorribanda di Eva nella politica internazionale è un prototipo di quello che è ormai noto come «turismo d’avventura». Si fa scopare – scusate l’eufemismo – «pratica il bene», viene disillusa e torna a casa (cfr il Vietnam, il Kuwait e, state a vedere, l’Iraq).
Exodus ebbe un grande successo. Quando ero giovane la colonna sonora veniva suonata ad ogni bar e bat mitzvah e ad ogni matrimonio ebraico. Suonavano la nostra canzone. Ed ecco che, guarda caso, c’era questo nuovo paese, a pochi fusi orari da noi, il primo stato ebraico da duemila anni, da abbinare alla musica e al film.
Anche la colonna sonora del Padrino ha una connotazione razziale negli Stati Uniti.
All’apparenza, Il Padrino parla di un manipolo di teppisti sanguinari. In realtà, però, è la nostra Casa di Atreo. È la storia di una famiglia americana, con i suoi dei, semidei, Parche, Furie, clown, proprio come la vostra famiglia e la mia. La famiglia in questione si dà il caso sia composta da criminali. Ciò non soltanto è accettabile dal punto di vista drammatico; è una convenzione approvata storicamente. I mafiosi sono semplicemente i Plantageneti dei giorni nostri: distanti, esaltati, al di sopra della legge.
Kay, interpretata da Diane Keaton, è innamorata di Michael Corleone, erede al trono mafioso. Lui le dice che righerà dritto e lei gli risponde che se pensa che gli creda è un ingenuo.
«Mio padre non è diverso da un senatore o un presidente», dice lui.
«Senatori e presidenti non fanno ammazzare la gente», replica lei.
«Chi è l’ingenuo, Kay?», ribatte lui.
Sia nel Padrino che in Exodus, la cultura maggioritaria è rappresentata da una donna assolutamente in gamba, una donna protestante, bella e benintenzionata: «Perché tu [Michael Corleone, Ari Ben Canaan] non puoi semplicemente essere come me?», chiede la donna. La risposta, in entrambi i casi, è che l’eroe lotta per la propria vita e quella della sua gente, e la donna no.
Ora, Il Padrino è, ovviamente, il migliore dei due film. Anche il suo tema musicale è (sia pure di poco) più bello di quello di Exodus e, per finire, l’ultima volta che ebrei e italiani si sono scontrati (Masada, anno 73 dell’era cristiana), a vincere, anche allora, furono gli italiani.
Masada, se ben ricordo, era una miniserie di qualche anno o decennio fa. Come Exodus, come Il diario di Anna Frank, come Ballata per un condannato, Schindler’s List, La scelta di Sophie, aveva la «piuma magica». Ricorderete che Timoteo, il topolino, insegnò a Dumbo, l’elefantino, che poteva volare se teneva stretta la piuma magica. In un film, la piuma magica è il sentimentalismo: il micio o il cane che deve...