E-Book, Italienisch, 368 Seiten
Multatuli Max Havelaar
1. Auflage 2011
ISBN: 978-88-7091-294-4
Verlag: Iperborea
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 368 Seiten
ISBN: 978-88-7091-294-4
Verlag: Iperborea
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'Faccio il sensale nel ramo del caffè, e abito in Lauriergracht n. 37'. Con questo prosaico quanto memorabile incipit si apre il più grande classico della letteratura nederlandese, pubblicato nel 1860 esplodendo come una duplice bomba: come capolavoro letterario e come atto di accusa sociale. 'Il libro che ha ucciso il colonialismo', sarà definito, e resta un'opera di sconvolgente modernità sia per la raffinata struttura narrativa, sia per la forza della denuncia dei misfatti di cui è costellata la storia dell'imperialismo occidentale. Chi parla è Batavus Droogstoppel, l'irresistibile affarista che incarna, col suo assoluto perbenismo, il reale cinismo e l'ipocrisia di un'Olanda troppo intenta a fare soldi per chiedersi da dove venga il suo benessere. Colpito dall'interesse di un fascio di manoscritti che si è trovato suo malgrado tra le mani, il buon sensale intende trarne un utile trattatello sulle aste del caffè nelle Indie Olandesi, ma è tutt'altro materiale che ne vedrà estrapolato, affidando la stesura al giovane Stern, romantico figlio di un ambito cliente tedesco, di ben diversa sensibilità. È la ricostruzione della vita di Max Havelaar, coraggioso e idealista funzionario a Giava, che si illude di riuscire a combattere i soprusi dei potenti locali e la connivenza dell'amministrazione coloniale e di rendere giustizia ai contadini vessati da entrambi.
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II
C’era fiacca alla borsa; l’asta di primavera le farà certamente bene. Non pensate che da noi non si facciano affari... da Busselinck & Waterman c’è ancora più fiacca. È un mondo strano, il nostro, se ne vedono di tutti i colori quando come me si frequenta la borsa per vent’anni. Pensate che quelli lì – Busselinck & Waterman, voglio dire – hanno cercato di portarmi via Ludwig Stern. Poiché non so se voi siete pratici della borsa, vi dirò che Stern è una casa di prim’ordine nel campo del caffè, si trova ad Amburgo ed è sempre stata servita da Last & C. Me ne sono accorto per caso – intendo dire della manovra di Busselinck & Waterman. Sarebbero stati disposti a rinunciare al venticinque per cento della senseria (miserabili sono, e nient’altro), ma ecco che cosa ho fatto io per sventare questo colpo. Un altro al posto mio avrebbe forse scritto a Ludwig Stern dicendogli di essere ugualmente pronto a rinunciare a una parte della senseria, vantandosi di aver lavorato a lungo presso Last & C. (ho calcolato che in cinquant’anni buoni la ditta si è meritata da Stern quattro tonnellate: il rapporto risale al sistema continentale, quando noi importavamo di contrabbando derrate coloniali da Helgoland), e altre cose di questo tipo. No, io non sono un miserabile. Me ne sono andato al «Polonia»5, mi son fatto dare carta e penna, e ho scritto:
che il grande sviluppo dei nostri affari negli ultimi tempi, soprattutto per le molte pregiate ordinazioni dalla Germania settentrionale (è la pura verità), rende necessario un aumento del personale (è la verità – ancora ieri, dopo le undici il ragioniere in ufficio era sempre a cercare i suoi occhiali); che soprattutto si avverte il bisogno di giovani a posto, beneducati, per la corrispondenza in lingua tedesca; che sì, ad Amsterdam ci sono molti giovani tedeschi in possesso dei requisiti necessari, ma una ditta che si rispetti (è la pura verità), data la crescente leggerezza e immoralità dei giovani d’oggi, dato il quotidiano aumento del numero degli avventurieri, tenendo conto della necessità di appaiare la serietà del comportamento alla serietà nell’eseguire le ordinazioni (davvero, tutto questo è la pura verità), una ditta così – intendo Last & C, sensali di caffè, Lauriergracht n. 37 – non può abbassarsi ad assumere soggetti...
(Tutto questo è la pura verità, lettore. Non sai forse che quel giovane tedesco che alla borsa stava al pilastro 17 è scappato con la figlia di Busselinck & Waterman? La nostra Marie a settembre compirà già tredici anni).
Che io ho avuto l’onore di apprendere dal Signor Saffeler (Saffeler viaggia per Stern) come l’illustrissimo capo della ditta Ludwig Stern abbia un figlio, il Signor Ernest Stern, il quale per perfezionare le sue nozioni commerciali desidererebbe impiegarsi per qualche tempo presso una ditta olandese. Che io, tenendo conto di... (e qui ho ripetuto tutte quelle cose sull’immoralità e ho raccontato la storia della figlia di Busselinck & Waterman – non fa mai male che lo si sappia), io tenendo conto di questo sarei felicissimo di vedere il Signor Ernest Stern incaricato di sbrigare la corrispondenza tedesca della nostra ditta.
(Per delicatezza ho evitato qualsiasi accenno a onorario o salario; tuttavia ho aggiunto):
che qualora il Signor Ernest Stern gradisse di soggiornare presso di noi – Lauriergracht n. 37 – mia moglie sarebbe pronta a curarlo come un figlio, e la biancheria gli si po-trebbe rammendare in casa.
(Questa è la pura verità, perché Marie si diverte moltissimo a cucire e rammendare. E infine):
che da noi si onora il Signore.
(Questo l’ho scritto a bella posta, perché gli Stern sono luterani).
E così ho mandato questa lettera. Voi capite che il vecchio Stern non potrà passare tanto facilmente a Busselinck & Waterman, se suo figlio viene a lavorare nel nostro ufficio. Sono proprio curioso di vedere che cosa risponderà.
Per tornare al mio libro. Qualche tempo fa, camminavo di sera per la Kalverstraat quando mi fermai a guardare la bottega di un pizzicagnolo indaffarato a fare la cernita di una piccola partita di «Giava, ordinario, bello, giallo, qualità Cheribon, qualche rottura, qualche scarto»: il che m’interessava moltissimo, poiché io bado sempre a tutto. A un tratto il mio sguardo cadde su un signore fermo vicino a me, davanti a una libreria. Mi sembrava di conoscerlo. Anche lui parve riconoscermi, giacché mi fissò a lungo. Devo confessare che ero troppo preso dagli scarti per notare quello che vidi più tardi, e cioè che egli era assai male in arnese; altrimenti avrei lasciato perdere. Ma all’improvviso mi balenò nella mente l’idea che potesse essere il rappresentante di una casa tedesca in cerca di un bravo sensale. E in effetti aveva qualcosa sia del tedesco che del rappresentante: era biondissimo, aveva occhi azzurri, e nel suo modo di fare e di vestire c’era qualcosa di straniero. Invece di un cappotto come si deve, aveva sulle spalle una specie di scialle (Frits dice «dalle», cosa che io non faccio), come se arrivasse da un viaggio. Vi intravidi un cliente, e gli porsi un biglietto da visita: «Last & C., sensali di caffè, Lauriergracht n. 37». Lui si avvicinò per leggerlo al lampione a gas e disse: «La ringrazio, ma mi sono sbagliato; pensavo di avere il piacere di rivedere un vecchio compagno di scuola, ma... Last... il nome è diverso...».
«Scusi – dissi io, che sono sempre garbato – io sono il signor Droogstoppel, Batavus Droogstoppel Last & C. è la ditta, sensali di caffè, Lauriergr...».
«Ah, Droogstoppel! Non mi riconosci? Guardami bene!».
Quanto più lo guardavo, tanto più mi pareva di averlo già visto; ma, cosa strana, guardare il suo viso mi faceva l’effetto di fiutare profumi esotici. Non ridere, lettore; presto capirai. È certo che non aveva addosso una goccia di profumo, e tuttavia emanava un odore piacevole, un odore forte, un odore che mi ricordava... ecco, ci sono!
«Ah, sei tu? – gridai. – Quello che mi ha salvato dal greco?».
«Esattamente – rispose. – E tu come stai?».
Gli raccontai che in ufficio eravamo in tredici e che c’era molto da fare. E quindi gli chiesi come stava lui, cosa di cui poi mi pentii perché, a quanto pareva, non navigava in buone acque; e a me la gente povera non piace, che di solito è un po’ colpa loro, perché il Signore non abbandonerebbe uno che l’ha servito fedelmente. Se gli avessi detto semplicemente «Noi siamo in tredici» e «buonasera», me ne sarei liberato; ma quanto più domandavo e rispondevo, tanto più difficile (Frits dice «vieppiù difficile», cosa che io non faccio), tanto più difficile era svincolarsi. D’altro canto, devo anche confessare che in tal caso tu non avresti potuto leggere questo libro, perché esso è una conseguenza di quell’incontro... Io ci tengo ad annotare le cose buone, e quelli che non lo fanno sono persone incontentabili che non mi vanno a genio.
Già, già! era stato lui a salvarmi dalle grinfie del greco! Non pensate che io sia stato catturato dai pirati o che abbia attaccato briga con qualcuno in levante. Già vi ho raccontato come, una volta sposato, mi recassi all’Aja con mia moglie; lì visitammo il Mauritshuis6, e comprammo della flanella in Veenestraat. È l’unico viaggetto che io mi sia mai potuto permettere, perché da noi c’è tanto da fare. Ma no, fu proprio ad Amsterdam che per amor mio egli picchiò un greco facendogli uscire il sangue dal naso: e questo perché s’intrometteva sempre in cose che non lo riguardavano.
Eravamo nel ’33 o ’34, mi pare, e in settembre; infatti ad Amsterdam c’era la fiera. Poiché i miei vecchi avevano intenzione di fare di me un pastore evangelico, io studiavo il latino. Più tardi mi sono chiesto spesso perché mai si debba capire il latino per dire nella nostra lingua «Dio è buono». Bene, io dunque frequentavo la scuola latina (ora la chiamano ginnasio), e c’era la fiera – ad Amsterdam, intendo. Al Westermarkt c’erano le bancarelle, e se tu sei di Amsterdam, lettore, e se sei più o meno della mia generazione, ti ricorderai certo come ce ne fosse una che si distingueva per gli occhi neri e le lunghe trecce di una ragazza vestita da greca; anche suo padre era un greco, o per lo meno aveva l’aspetto di un greco. Vendevano ogni sorta di profumi.
Io ero grande abbastanza per trovar bella quella ragazza, senza tuttavia avere il coraggio di apostrofarla. Del resto, ciò mi avrebbe giovato assai poco, perché le ragazze di diciott’anni considerano un ragazzo di sedici alla stregua di un bambino, e hanno perfettamente ragione. Comunque, la sera noi ragazzi della quarta andavamo sempre al Westermarkt a vedere quella ragazza.
Ora, un giorno venne anche quel tizio con lo scialle, benché avesse due anni di meno degli altri e quindi fosse ancor più immaturo per guardare la greca; ma lui era il primo della nostra classe (era bravo, lo devo riconoscere) e gli piaceva moltissimo giocare, scherzare e far cagnara – per questo era con noi. Noi dunque (eravamo una buona decina) ce ne stavamo a una certa distanza dalla bancarella a guardare la greca, e ci consultavamo sulla tattica da seguire per fare la sua conoscenza. Alla fine decidemmo di fare una colletta e comprare qualcosa. Ma il guaio fu quando si trattò di trovare uno che avesse l’ardire di parlare alla ragazza....




