E-Book, Italienisch, 171 Seiten
Navarro La spia
1. Auflage 2013
ISBN: 978-88-6243-298-6
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 171 Seiten
ISBN: 978-88-6243-298-6
Verlag: Voland
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Italia, Seconda guerra mondiale: il poeta americano Ezra Pound partecipa da Radio Roma alla battaglia della propaganda contro gli Alleati e gli ebrei. Ma il fervore nazifascista di Pound risveglia i sospetti dei servizi di controspionaggio italiani. La radio è ormai uno strumento per arringare, indottrinare e mobilitare le masse, artefatto bellico e arma di spionaggio. I programmi radiofonici di Pound trasmettono messaggi cifrati al nemico? Il genio della letteratura è un agente che fa il doppio gioco o una semplice e patetica figura criminale?
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I. LA CADUTA
Venne arrestato da due partigiani. Accadde la mattina del 3 maggio 1945, a Sant’Ambrogio, Rapallo, non lontano da Genova, in Liguria, e a novembre comparve davanti a un tribunale di Washington. Si chiamava Pound. Viveva a Sant’Ambrogio con due donne, ma era solo quando arrivarono i partigiani, che lo chiamarono traditore. Che stava facendo in quel momento? Traduceva Mencio, filosofo cinese, discepolo di un discepolo di un nipote di Confucio.
Avevano fucili mitragliatori e non portavano un’uniforme vera e propria, ma gli abiti che potrebbe usare un meccanico per andare a caccia. Erano alti, ma non troppo, magri, non sbarbati. Uno aveva gli occhiali, sporchi. Non chiese loro i documenti. Non chiese se avessero un mandato di arresto. Non chiese quale autorità rappresentassero. Non sembrava una faccenda ufficiale, ma qualcosa da risolvere in privato. Lo sorvegliavano dall’ingresso, tenendolo sotto tiro, e vide nello specchio la schiena degli uomini, più infantile, più misera, più indifesa dei volti. Prese con sé un libro di Confucio in carta bibbia, bilingue, della Commercial Press di Shangai, molto usato, la copertina in pelle tenuta insieme dal cerotto, e il dizionario di cinese. Lasciò nella macchina da scrivere il foglio con la traduzione di Mencio. Lasciò alcune carte sul letto, il clarino, un cappello sull’attaccapanni, le racchette da tennis, i bastoni, le scatole di cioccolatini Moriondo in cui conservava la corrispondenza, lettere senza risposta, l’incorreggibile vita di tutti i giorni. Davanti ai due uomini scese le scale strette e brevi, in quel momento interminabili. Erano tempi di colpi alla nuca. Quattro o cinque giorni prima, Mussolini era stato ucciso e appeso per i piedi in un distributore di benzina, a Milano. Lui era uno scrittore famoso e aveva incontrato Mussolini a Palazzo Venezia una sera del 1933, in un’altra epoca, prima della fine del mondo. Sapeva che per il suo paese, gli Stati Uniti d’America, era un traditore e che, se quella mattina non gli avessero sparato, probabilmente lo doveva al fatto che i suoi volevano impiccarlo.
Si avviarono verso Zoagli, pochi chilometri più in giù, tra gli olivi. Alla curva che sbuca nel tratto finale del sentiero c’erano un eucalipto e un cipresso. Il prigioniero si chinò, come per allacciarsi una scarpa, ma si limitò a raccogliere un seme. Voleva avere una prova di quello che stava succedendo, un ricordo di quando gli avrebbero sparato. Non ti uccidono tutti i giorni. Non sapeva se il giudizio era già stato celebrato e la sentenza emanata, o se il processo fosse ancora in corso. I due partigiani, un unico arcangelo giustiziere incarnato in due corpi mortali e pericolosi, di carne scarsa e dura, gli indicavano la strada come se lo portassero dove doveva stare, come se fino ad allora ne avesse percorsa una sbagliata. Il prigioniero si chinò accanto al cipresso, raccolse un seme di eucalipto, e i due guardiani emersero all’istante dal sogno in cui scendevano passo passo il declivio, stringendo i loro Sten Mark 2 di fabbricazione inglese, che a Pound sembravano Thompson americani, armi con cui è difficile prendere la mira, soprattutto se le si impugna con troppa energia o euforia. I rami, mossi dall’aria, frusciavano come pioggia, ma il cielo era limpido. C’erano uccelli, o si sentivano di più perché ormai non cadevano bombe su Zoagli, a sud di Rapallo. Gli uccelli stridevano, battevano le ali spiccando il volo. Il mondo perduto stava tutto in un’edizione bilingue di Confucio, un dizionario cinese tascabile e un seme di eucalipto.
Al comando partigiano di Zoagli andò a cercarlo Olga Rudge. Non aveva sentito la macchina da scrivere quando era tornata alla casa di Sant’Ambrogio, la sua casa. Dov’era Pound? Una donna aveva visto gli uomini armati che se lo portavano via.
A Zoagli c’erano soldati inglesi che diedero loro pane e prosciutto. Aprirono lattine di birra con una baionetta. Nessuno dica che una baionetta non è l’ideale, per aprire le birre, disse Pound, e poi lui e Olga Rudge furono trasferiti in camion al comando partigiano di Chiavari, a sud-est di Rapallo e Zoagli. Arrivarono in un cortile. Era il carcere, ma poteva essere una fabbrica, via del Gasometro 2, vicino al porto. Si fermarono accanto ai rottami di un’auto, davanti a una serranda metallica abbassata a metà. Aspettarono tra pneumatici, quattro casse di carne in scatola, quattro latte di olio per motori e un bidone vuoto di proprietà dell’esercito degli Stati Uniti. Quando il camion era apparso, tre uomini avevano smesso di parlare, squadrando come poliziotti l’uomo e la donna in arrivo. Due erano armati.
C’erano macchie di fuliggine sulle pareti, e una moto bruciata, sventrata, carbonizzate le molle del sedile, e quattro carriole di ferro, incastrate una nell’altra. Un cane con la bocca chiusa riposava ai piedi di un vecchio che sembrava cieco, anche se guardava Pound e Rudge attraverso gli occhi del cane. L’uomo e la donna, stranieri, forse tedeschi, nemici, Pound e Rudge, videro il sangue sul muro. Benito Mussolini e Claretta Petacci, la donna che lo amava, erano stati uccisi in un posto altrettanto sudicio. Così è la gloria in questa guerra di merda, così finisce la storia.
La porta aperta dava su una stanza che dava su un’altra stanza con un tavolo e qualche sedia, come l’ufficio di una fabbrica, sommerso di carte che straripavano e cadevano ovunque. Un uomo non troppo giovane, uno di quegli operai che hanno letto sotto una luce fioca innumerevoli opuscoli clandestini, mal vestito, ma sbarbato di fresco come se fosse in attesa di ricevere i prigionieri, domandò chi fossero. Non sembrava armato. Li guardò come per vedere se li conosceva. Si sedette. Frugò tra i documenti, se li avvicinò agli occhi per vederli meglio, e, man mano che le carte cambiavano posto, gli incartamenti e le schede e i fascicoli si moltiplicavano, come se volessero collaborare e offrire ulteriori testimonianze sui crimini del prigioniero Pound. Ma l’americano Pound non lo cercava nessuno, o nessuno a Chiavari sapeva nulla dell’americano, per Pound non c’era nessuna ricompensa di mezzo milione di lire. E nemmeno esisteva neppure una denuncia.
I tre uomini del cortile adesso erano sei, un buon plotone di esecuzione. In quei giorni abbondavano le denunce e le delazioni e le esecuzioni. Una delazione serviva a salvarsi la vita, a liberarsi da pericoli o minacce, a saldare conti, a riscuotere una ricompensa, a sfogarsi. Il capo trovò insignificante il poeta americano, innocuo, come la sua amica, o amante, o moglie, Rudge. Non erano giovani. Avevano paura. Non vi consegnerò agli americani, se non volete che vi consegni agli americani, disse il capo. Sarei dannato, meriterei l’inferno se facessi una cosa del genere, siete liberi, disse. Ma Pound gli rispose che voleva essere immediatamente condotto davanti alle autorità americane. Era pronto a recarsi a Washington, a disposizione del Dipartimento di Stato e del presidente Truman, dichiarò, e chiese al capo di scrivergli il suo nome di uomo buono sul libro di Confucio: Angelo Bussoli, di Lavagna.
Proprio il giorno prima Pound, con il suo vestito migliore, era stato a Rapallo per incontrare le autorità americane come una volta, in altri tempi, aveva fatto con Mussolini. Il quartier generale alleato si trovava nel grand hotel del lungomare, vicinissimo a dove Pound aveva avuto il suo appartamento, e i vecchi camerieri dell’albergo lo salutarono con un cenno, o forse cercavano di tenerlo a distanza. Stammi lontano. Gironzolavano nei dintorni, in attesa che i nuovi padroni li chiamassero e reclutassero, e senza l’uniforme dell’hotel sembravano in difficoltà, ridotti a un niente, cancellati, più veri che mai, più sottomessi, ora che per caso e temporaneamente non erano i sottoposti di nessuno. C’era un che di clandestino e imbarazzato nei saluti a Pound, una celebrità a Rapallo, il poeta americano ricevuto da Mussolini, Pound il Dottore, il Professore, il Poeta, organizzatore di tornei di tennis e concerti. Il comitato organizzatore delle serate musicali si era riunito nel grand hotel dove ora chiudevano la porta in faccia proprio al membro più importante di quel comitato, Pound. Le sentinelle americane non capivano quel tizio che si dichiarava disposto ad andare a Washington per informare e consigliare il Dipartimento di Stato e il presidente Truman. I soldati non lo capivano, e tanta ignoranza, tanto disorientamento, confermavano a Pound che doveva volare al più presto a Washington e offrire all’esercito invasore la sua conoscenza dell’Italia. Un soldato nero aveva cercato di vendergli una bicicletta, consigliandogli di allontanarsi. Ma ora, il giorno dopo, il capo partigiano Angelo Bussoli si offriva di portarlo fino a Lavagna, a sud di Chiavari, al quartier generale degli americani, proprio come Pound voleva. Anche Rudge andò a Lavagna, dove i soldati erano neri e gli ufficiali bianchi. Bevvero bibite, mangiarono, e alle cinque del pomeriggio una jeep li portò a Genova, al comando di zona del servizio di controspionaggio militare degli Stati Uniti d’America. Il pomeriggio era ancora chiaro.
Aveva vissuto con sua moglie, Dorothy Shakespear, a Rapallo, in via Marsala 12, interno 5, finché i tedeschi non avevano fortificato la costa, minato le spiagge ed evacuato gli abitanti dal lungomare nella primavera del 1944. Il bombardamento di Genova...