E-Book, Italienisch, 188 Seiten
Passoni / Lorenzoni Cinque passi per una scuola inclusiva
1. Auflage 2023
ISBN: 978-88-590-3465-0
Verlag: Edizioni Centro Studi Erickson
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Trasformare la didattica con una formazione dal basso
E-Book, Italienisch, 188 Seiten
ISBN: 978-88-590-3465-0
Verlag: Edizioni Centro Studi Erickson
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Roberta Passoni Insegnante di scuola primaria, ha promosso progetti di educazione alla lettura e guida stage di formazione sulla narrazione orale e l'integrazione di ragazzi e adulti con disabilità. Nel 2016-2017 è stata referente per l'inclusione e il contrasto alla dispersione scolastica per l'Ufficio scolastico regionale dell'Umbria. Attiva nel Movimento di Cooperazione Educativa, coordina le attività educative della Casa-laboratorio di Cenci. Ha scritto A partire da un libro (Edizioni Casa-laboratorio di Cenci, 2018) e Dove abita la poesia? (Edizioni Casa-laboratorio di Cenci, 2016). Collabora con le riviste: «Cooperazione Educativa», «Gli Asini», «La vita scolastica». Franco Lorenzoni Maestro elementare per quarant'anni, nel 1980 ha fondato la Casa-laboratorio di Cenci ad Amelia, in Umbria: un luogo di sperimentazione, formazione e ricerca educativa e artistica che si occupa di tematiche ecologiche, scientifiche, interculturali e di inclusione. Attivo nel Movimento di Cooperazione Educativa, ha pubblicato, tra gli altri, L'ospite bambino (Era Nuova, 2001), Con il cielo negli occhi (La Meridiana, 2009), I bambini pensano grande (Sellerio, 2014), I bambini ci guardano (Sellerio, 2019). Collabora con le riviste: «Internazionale», «Cooperazione Educativa», «Gli Asini», «Info-Comune.it», «Sesamo». Ha promosso diverse campagne per un uso limitato e consapevole delle tecnologie nella scuola, in favore dello ius soli e ius culturae per garantire piena cittadinanza ai bambini e ragazzi immigrati, e sta coordinando, con il tavolo inter-associativo Saltamuri, l'iniziativa «Mille scuole aperte per una società aperta».
Autoren/Hrsg.
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Un dialogo come premessa
È possibile trasformare la didattica in un’intera scuola, in un intero Istituto comprensivo?
È possibile ricalibrare passo passo ogni relazione educativa, per renderla realmente inclusiva?
Queste due domande sono all’origine di un progetto di formazione durato quattro anni, che qui desideriamo narrare.
Modificare il nostro lavoro e le pratiche didattiche che mettiamo in atto in classe è difficile. Ancor più difficile è provare a trasformare il lavoro di un intero Collegio di docenti. Eppure è questo che chiedono le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, divenute legge nel novembre del 2012.
Questo libro propone cinque possibili passi che ci sembra possano aiutare a intraprendere percorsi di formazione innovativi:
- il laboratorio adulto
- l’affiancamento nella progettazione didattica
- la sperimentazione nelle classi
- l’intreccio tra discipline e tra ordini di scuola differenti
- le mostre didattiche e la documentazione generativa.
Questi cinque passi sono stati sperimentati in un’esperienza di formazione che ha coinvolto in quattro anni oltre 300 insegnanti di sei Istituti comprensivi, insieme a diversi docenti di scuola superiore. Abbiamo voluto raccogliere in queste pagine i documenti e le esperienze vissute in questo percorso perché riteniamo che abbia avuto una certa efficacia e che stia progressivamente cambiando, poco a poco, la didattica nelle nostre scuole. Si tratta di un esperimento innovativo di formazione, che potrebbe offrire spunti e suggerimenti a chi progetta, organizza, conduce e anima percorsi di aggiornamento e formazione.
È stato un progetto fortemente voluto da tre Dirigenti scolastiche della Provincia di Terni, ma costruito dal basso, con l’apporto di tante e tanti insegnanti. Ogni passaggio del corso è nato da un lavoro collettivo perché costruito e realizzato da un nutrito gruppo di docenti che lo ha progettato e ricalibrato di continuo, in corso d’opera, confrontandosi e discutendone continuamente insieme alle loro Dirigenti. Per questo motivo si è pensato di introdurlo con un breve dialogo che evidenzia i nostri diversi ruoli in questa esperienza condivisa.
L’ambizione dell’inclusione
Roberta: «L’ambizione delle Indicazioni del 2012 è molto alta: “La scuola realizza appieno la propria funzione pubblica impegnandosi per il successo scolastico di tutti gli studenti, con particolare attenzione al sostegno delle varie forme di diversità, disabilità, svantaggio”. Basterebbe questa frase per avere presente l’enorme lavoro che c’è da fare perché queste non restino parole, ma diventino la base del lavoro concreto e quotidiano di tutti noi insegnanti».
Franco: «Evitare che la differenza si trasformi in diseguaglianza non è un compito facile per nessuno di noi che opera nella scuola. Ci vogliono grande impegno e una formazione culturale ad ampio raggio, profonda e continua nel tempo, perché noi insegnanti si sia in grado di rispondere a una sfida così impegnativa. Se presa sul serio, con le conseguenze che comporta, è davvero radicale l’idea di combattere giorno per giorno contro l’insorgere di piccole e grandi discriminazioni».
Roberta: «Chiediamo alla scuola di applicare l’articolo 3 della Costituzione che il resto della società è ancora assai lontano dall’attuare e la cultura corrente assai lontana da accogliere. Ma per rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona dobbiamo dotarci di grande coraggio. Per affrontare una sfida così impegnativa occorre rompere molte nostre consuetudini».
Franco: «Per farlo è necessario ripensare alla cultura e alle competenze di noi insegnanti e, insieme, alla capacità critica che siamo in grado di sviluppare riguardo alla cultura di cui facciamo parte e in cui siamo immersi, a partire dal linguaggio, dai pensieri, dagli atteggiamenti e comportamenti che viviamo nella scuola con più o meno consapevolezza».
Roberta: «Occorre innanzitutto migliorare la cura e l’attenzione che mettiamo nel nostro fare scuola. Nella nostra idea di scuola inclusiva, bambini e ragazzi che hanno difficoltà non possono essere di competenza esclusiva degli insegnanti di sostegno, ma chiamano l’intero gruppo docente a ripensare tempi e spazi della didattica. Bisogna avere chiaro, dunque, che per costruire una reale inclusione occorre mettere in atto un processo di lunga durata in cui tutti sono chiamati in causa. Un processo e un percorso che hanno bisogno di continue ricalibrature e aggiustamenti, perché in ogni classe le dinamiche sono diverse».
Franco: «Oltre a questa tensione a ricalibrare di continuo il percorso, ciò che più sento mancare nella scuola è la capacità di promuovere il confronto, il dialogo e la conversazione come architravi del processo educativo. Abituare bambine e bambini dai 3 anni in su a parlare e ascoltare gli altri, ad avere fiducia, a credere che ciò che si pensa è importante sempre, non è affatto facile e va sperimentato in classe giorno dopo giorno. Tra i pochi giovani che arrivano a insegnare nella scuola, molti non hanno la più pallida idea di che cosa si tratti e mi domando che formazione universitaria abbiano ricevuto. Siamo nella situazione paradossale per cui i momenti di ascolto reciproco senza giudizio — chiamati variamente “tempo del cerchio”, “cerchio narrativo” o “angolo dell’ascolto” —, invece di essere a fondamento dell’educazione scientifica, storica, linguistica e matematica, vengono relegati in tempi dedicati allo “stare bene a scuola”, come se la capacità di dialogare riguardasse solo la cura delle relazioni reciproche e non il fondamento di ogni apprendimento, che in classe deve essere necessariamente cooperativo. Quello che dovrebbe essere alla base di ogni pratica educativa fondata sull’ascolto, auspicata nelle Indicazioni, diventa così medicina per la scuola malata. E questo non è un buon segno».
Il lavoro dell’insegnante è un lavoro artigiano
Roberta: «Negli ultimi anni spesso si è scambiata l’innovazione didattica con l’introduzione di nuove tecnologie. Le tecnologie sempre più sofisticate di cui si può dotare una scuola possono certamente offrire supporti significativi alla didattica e, in particolare, possono offrire supporti e strumenti assai utili per rispondere a bisogni educativi speciali, ma è assai riduttivo pensare che l’innovazione didattica si possa misurare sulla quantità di tecnologia che introduciamo nelle nostre aule. È ciò che sta dietro e prima di ogni strumento che lo rende efficace e realmente innovativo».
Franco: «Talvolta vedo il rischio, per noi insegnanti, di prendere l’abitudine di scaricare molti materiali da internet, senza troppo criterio. Dovremmo porci qualche domanda sulle differenze tra tecnologia come possibilità e tecnologia come pigrizia. Se non si ha la necessità di mettersi in gioco, sperimentare, pensare in proprio, come possiamo dare a bambine e bambini, a ragazze e ragazzi, la fiducia che nasce dal pensare che di fronte a ogni oggetto di conoscenza tutti abbiano il diritto di dire la loro e di confrontarsi con ciò che pensano gli altri con grande libertà?».
Roberta: «Il nostro è un lavoro artigiano e credo non si possa crescere — soprattutto crescere insieme — senza quel corpo a corpo che permette a noi insegnanti di scambiarci esperienze, condividere materiali, progettare percorsi comuni. I materiali di lavoro, così necessari per ogni innovazione didattica, vanno costruiti e possibilmente condivisi tra docenti, non utilizzando esclusivamente il libro di testo come unico strumento a cui attingere o scaricando passivamente materiali già confezionati nel web. Altrimenti l’enorme ricchezza che potenzialmente la rete ci offre si trasforma in povertà».
Franco: «Il progetto lettura, promosso da 18 anni nell’Istituto comprensivo di Attigliano-Guardea, è un esempio concreto di come, a partire dal grande problema del rendere la lettura dei libri un territorio stimolante e appassionante per tutti, si possa costruire un luogo concreto di ricerca comune e di incontro tra insegnanti che lavorano con allievi di diverse età».
Roberta: «Il progetto lettura è stato pensato fin dall’inizio come esperienza verticale, per cercare di nutrire e favorire la continuità educativa. Credo abbia innescato ricerche interessanti perché lo scegliere un libro da leggere per tutto l’anno insieme, insegnanti della scuola dell’infanzia e della prima classe primaria, così come docenti della quinta primaria con professori della prima classe secondaria di primo grado, ha permesso incontri e contaminazioni reciproche sul terreno della didattica concreta. Trovare strategie e sperimentare metodi per un avvicinamento lento e significativo alla lettura di un libro ha stimolato a scambiarsi esperienze e confrontare percorsi durante il cammino, ed è stato particolarmente significativo che i bambini andassero regolarmente in visita ai loro compagni che frequentano un altro grado di scuola sull’onda di una lettura e di un percorso comune».1
Franco: «Accorciare le distanze tra livelli diversi di scuola è uno dei compiti che abbiamo e il miglior alleato sta sempre nella cooperazione tra colleghe e colleghi. Da diciotto anni il progetto lettura è...