E-Book, Italienisch, 515 Seiten
Reihe: Saggi
Pendell Pharmako/Dynamis
1. Auflage 2023
ISBN: 978-88-6783-449-5
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Piante eccitanti, pozioni e la via venefica
E-Book, Italienisch, 515 Seiten
Reihe: Saggi
ISBN: 978-88-6783-449-5
Verlag: ADD Editore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
harmako/Dynamis chiude la trilogia Pharmako, lo studio enciclopedico di Dale Pendell sulla storia e gli usi delle piante psicoattive e dei relativi sintetici, iniziata in Italia con la pubblicazione di Pharmako/Gnosis, dedicato alle piante psichedeliche e sciamaniche, poi proseguita con Pharmako/Poeia, sulle sostanze inebrianti mortifere e sensuali. Questo volume è dedicato alle piante e alle sostanze stimolanti (tra cui caffè, tè, cioccolato, betel, khat, coca e i suoi derivati) ed empatogene (noce moscata, ecstasy, GHB). Ogni sostanza è esplorata nel dettaglio, attraverso il racconto della storia, della natura chimica e di usi, preparazioni, significati culturali e corrispondenze esoteriche. Pendell dispensa esperienze personali e descrizioni vivide degli effetti provati ricorrendo a un linguaggio e a uno sguardo proprio solo dei poeti.
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DEVI RICONOSCERE I VELENI PER ESSERNE LIBERO. APPUNTI SULLA VIA VENEFICA
Francesca Matteoni
Nei libri migliori le cose non vengono narrate: accadono. Il lettore riceve ospiti e ascolta la varietà delle loro voci. A volte non capisce cosa dicono, ma è attratto dal ritmo. Voci che frusciano come le foglie, voci che si arrampicano, si avvinghiano, diventano coro, danno indicazioni affidabili ma anche mortali, e, addirittura, liberano.
Nella trilogia di Dale Pendell, che si chiude nella traduzione italiana con il volume , le voci escono da eccezionali grimori che sembrano scriversi mentre li leggiamo. Provengono da piante che inebriano e seducono, stimolano e ci aprono il cuore, rivelano e incantano. O, per usare una sola parola: avvelenano, poiché «la via del Guaritore è la via di Caino» (). Sentite la selva che cresce? Vi accoglie, vi intrappola o vi uccide?, bisbiglia la voce di Pendell stesso, fuso alla sua opera quale vero alchimista, sciamano, poeta. Nessuna parola è casuale e ognuna è pericolosa almeno quanto gli effetti delle piante che si animano nelle pagine. Ogni alchimista lavora in segretezza e sa che prima o poi dovrà sprofondare nel buio senza uscita del : non c’è altro modo per risorgere, sebbene ogni impulso vitale venga soppresso. Lo sciamano crea relazioni che lo faranno a pezzi quando scenderà per incontrare gli spiriti di tutte le malattie, e quindi della salute, nei mondi che premono dentro e sotto questo, e che ci appaiono dalle cortecce, dalle radici nodose, dai venti indomabili che intrecciano rami. Entrambi poi, l’alchimista e lo sciamano, hanno qualcosa del furfante e dell’imbroglione che attrae dentro la fine, mentre assicura di tenerla lontana. Infine, il poeta fallisce prima di cominciare. Sa che il suo strumento è la sua debolezza: che il linguaggio deve tacere perché le lingue altre possano dialogare, nascere in versi stralunati, diventare intuizione di una sapienza ancestrale, intraducibile. «Non conosco nemmeno il tuo nome, ho pensato. Il nome è ciò che ci separa, ha risposto lui» ().
Queste sono le premesse di chi accetta la via venefica, che non consiste affatto nel perseguire la propria distruzione, ma nel vedere la paura e non fuggire («il volto segreto dell’alleata è il terrore» (), nel lasciar perdere le pretese dell’io, avventurarsi nel tempo vasto da cui ogni cosa è emersa e in cui l’essere umano è relativamente giovane e sciocco. La coscienza, suggerisce Pendell, si attiva negli animali dalle piante, creature che camminano stando immobili e possiedono le qualità del sottosuolo e dell’aria, del fuoco solare e della linfa. Cos’è la coscienza se non prendere atto del corpo che abbiamo? E cos’è il corpo se non la relazione costante con ciò che nutre e con l’incedere della decadenza? Le due cose sono davvero distinte? Dice la pianta alleata: «Avvicinati. Stai lontano. Ti amo. Mangiami e morirai» ().
Un’alleanza, d’altronde, non è tanto un’amicizia quanto una resa al potere dell’altro. E, detto chiaramente, moriremo comunque – di tempo perduto, di cibo ingerito, di occasioni, di gioia, di stanchezza, di terra che reclama la nostra borsa di ossa.
Così, fra le pagine troverete note etnobotaniche, classificazioni magiche, immagini, liste, racconti di sperimentatori, citazioni, saperi indigeni, formule divinatorie, momenti di cronaca, miti stravolti nell’esperienza personale, episodi dai vari continenti, tutti riuniti in una foresta mutaforma, sensoriale e intellettuale in cui gli autori non corrispondono più ai volti e perdersi è più importante che comprendere. «Una volta mi sono svegliato da un sogno, poi mi sono svegliato di nuovo» (). Ogni tanto qualcuno parla oltre il testo, dando direttamente del tu all’autore come al lettore. Lo riconoscerete. È la pianta libera, è un o un , è il compagno immaginario dell’infanzia, è il custode delle anime. Si intrufola nel nostro tentativo di fare ordine e ci strega.
Per spiegare quello che accade nella trilogia ho pensato a tre vie di accesso, ognuna ispirata alle stesse fonti a cui Pendell si è abbeverato, contaminando le acque con la sua presenza. Non ci addentriamo mai nei luoghi, fantastici, tangibili, noti o ignoti che siano, senza lasciare la traccia del nostro passaggio. Le cose sono vive perché vogliono essere dette e nel dirle le mutiamo. Forse questa mutazione è il veleno. E il veleno siamo noi.
Ma ora, immaginate.
La vecchia selva oscura in cui il pellegrino dantesco si smarrisce proprio a metà del suo cammino terrestre. Già lo sapete, dovrà recarsi all’inferno, dovrà scalare il monte purgatoriale per purificarsi, dovrà ammutolire nell’estasi paradisiaca. Questa volta però non ci interessa seguirlo. Lui resta fermo, avvolto nelle ombre che proiettano gli alberi e gli arbusti, sfiorato dalle erbe ai suoi piedi. È la selva a muoversi verso di lui, nel suo ramificare, fagocitare, modificarsi: entra nella sua mente e nel suo corpo. Apre possibilità in cui il pellegrino può indugiare fino all’oblio, toccando l’idea di non esprimere alcuna potenza salvifica, ma il profondo nessuno da cui si inventano le identità. Il pellegrino deve morire continuando a respirare. Le piante lo sradicano dalle certezze e dagli intenti, gli donano il dolore dell’annientamento. Potrebbe perfino credere che esse siano la verità. Ma la verità è attraverso di esse. Tabacco, etere, acquavite, lieviti, salvia, assenzio. Sopra di loro tremano stelle fredde verso cui il pellegrino senza nome alza lo sguardo. È lì che è diretto?
Deve salire verso gli astri. Intraprendere la seconda via. Si dice che una volta gli orsi non fossero poi così diversi da noi e tutti gli animali fossero esseri umani nel loro proprio modo. Mangiavano piante. Amavano e temevano la morte. Si cacciavano tramutandosi gli uni negli altri. Quando gli umani pensarono più forte loro stessi si credettero diversi, più astuti e più soli. Gli animali smisero di parlare e la Grande Madre Orsa migrò nel buio primitivo del cielo. Il viandante che la osserva incastonata nelle luci stellari desidera di nuovo conoscerla. Essere lei. Le piante lo guidano nell’ascesa, lo chiamano, incitandolo ad andarsene dalla solitudine dell’umanità. Forse anche il soma, bevanda degli dei indù, suggerisce Pendell, proviene da una pianta che stimola e mantiene svegli, senza donare allucinazioni. Forse lo spirito è una tensione più che una rivelazione. Spinge nel grande aperto sotto il cielo, nella danza che unisce e mescola, finché ogni forma è percepita pulsante sotto la pelle, finché ogni gesto è amore, finché l’Orsa tende i suoi artigli uscendo dalle mani. Caffè, tè, betel, cacao, ephedra, coca, MDMA. Per salire il viandante deve scendere nella forza animale, abbandonare l’umano mentre ne esprime i limiti e le frontiere. Tutto è bellezza.
A quel punto può entrare nel regno dei . Qui fabbrica il suo oggetto del potere: un bastone della parola. Non può tuttavia tenerlo per sé. Deve cederlo alle alleate che lo reclamano nel cerchio e tolgono all’umano ogni controllo. Il viandante si arrende: non cerca di decifrare la visione, mentre accetta di essere la visione, abbracciare il balbettio delle creature fino allo stato primordiale, che nel presente rischiara «mattine fredde/capanne di mammut» (), come non fosse trascorso un giorno dall’approdo su questa terra. Ayahuasca, , , LSD, mescal, peyote, iboga, ketamina, rospi. Comincia a sentire che non è affatto lui a sognare con le piante e le sostanze, ma che esse lo sognano e lo determinano ben oltre la sua volontà. È allora che ottiene la magia, intesa quale segreto della natura, alla maniera dei rinascimentali. Questo segreto è l’anima che dà forma al corpo. Proviene dall’esterno e invita il viandante alla riconnessione. Alla dissoluzione. Solo così avrà «il potere di curare. È l’unica cosa che conta» ().
Queste tre strade magiche hanno tutte a che fare con la morte e non può essere altrimenti: la via venefica è il valore rischioso del rimosso grazie a cui possiamo riconoscerci portatori di male e libertà, sempre le due cose insieme, mentre la luce denuda l’inganno. «Tendiamo a dimenticare che il coinvolgimento è totale. Non puoi farlo soltanto con una parte di te. È in gioco tutta la tua vita. La tua anima. Per usare un’espressione poetica. Vuoi la libertà o no? Riesci ad affidarti totalmente alla tua vera alleata? Vuoi la libertà o no?» ()
In chi avremo fiducia? ci chiedono queste pagine. L’invito di Dale Pendell si traduce in un atto poetico che non occorre seguire in modo didascalico. Non è una guida all’uso delle piante psicoattive o, meglio, è molto di più, per chi voglia sospendere l’incredulità accogliendo il suggerimento dei romantici e con lei il bisogno di risposte certe. È un salto al contrario nella nostra storia di specie, dove veniamo evocati dai nostri compagni...