E-Book, Italienisch, 468 Seiten
Reihe: Nichel
Rigiani Il Tullio e l'eolao più stranissimo di tutto il Canton Ticino
1. Auflage 2022
ISBN: 978-88-3389-397-6
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 468 Seiten
Reihe: Nichel
ISBN: 978-88-3389-397-6
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
/1980 è nato a Lugano e vive a Sarzana, in Liguria. Il Tullio e l'eolao più stranissimo di tutto il Canton Ticino, il suo primo romanzo, ha ricevuto la Menzione speciale del Direttivo del Premio Calvino.
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19
Ad ogni modo nel mondo c’era la crisi economica, e così i direttori, i vicedirettori, i vicevicedirettori e i vicevicevicedirettori di tutte le banche più importantissime della Svizzera si erano dati appuntamento verso la metà di ottobre nella città di Zurigo per un finesettimana di riunioni straordinarie assieme a politici, capitani d’industria e vari signori tutti ricchi sfondati. In quell’occasione avrebbero fatto diversi aperitivi e parlato di mazze da golf in fibra di carbonio, ville con piscine coperte o scoperte, smartphone, BMW, biglietti in prima fila per Wimbledon, pianoforti a coda e corni alpini.
La signora Ghiringhelli ci doveva andare per forza anche lei. Si presentava dunque questo problema, per la verità già affrontato dai Ghiringhelli in passato, che aveva a che fare con il signor Ghiringhelli e la sua cognizione del tempo. Il fatto in pratica era il seguente: il signor Ghiringhelli, se per un qualunque motivo veniva separato dalla signora Ghiringhelli per un periodo di tempo troppo lungo, perdeva di vista la struttura oraria della giornata, la routine gli si ingarbugliava tutta, collassava su se stessa e lo proiettava nei fusi orari più imprevedibili.
Era un fenomeno stranissimo. A niente valevano orologi, sveglie o quant’altro, solo la signora Ghiringhelli era in grado di dare forma e disciplina al tempo del signor Ghiringhelli.
Ora, se al signor Ghiringhelli, in assenza della moglie, saltava il ghiribizzo di dormire durante il giorno e poi magari alzarsi alle tre di notte per friggere le melanzane, pazienza. Tanto era in quello stato di sconclusionatezza che viveva quando la signora Ghiringhelli lo aveva conosciuto, e in fin dei conti non era mai morto per questo. E per quanto riguardava poi la sorella grande del Tullio, la signora Ghiringhelli non si preoccupava, perché la sorella grande era grande e non si lasciava trascinare nella confusione da suo padre. Il Tullio però era ancora abbastanza piccolo e la signora Ghiringhelli temeva che per lui, che già inclinava dal lato del disordine paterno, essere lasciato in balia degli scompigli del signor Ghiringhelli non fosse l’ideale.
La mamma del Tullio sospirò e stabilì di portarselo in trasferta. Infilò nel trolley indumenti di ricambio per se stessa e per il Tullio, una scorta di dentifricio e biscotti per l’eolao, poi infilò il suddetto trolley, il figlio e il suo eolao nella Renault, raccomandò al marito di non dare fuoco alla casa, guidò fino alla stazione, caricò trolley, figlio ed eolao sull’Eurocity Lugano-Zurigo, e partirono.
Appena furono usciti dalla porta, la sorella grande dichiarò a voce alta che, vabbe’, allora a quel punto lei avrebbe portato fuori il sacco della spazzatura. Ciò era molto sospetto, perché in netta controtendenza con tutti i precedenti storici che la vedevano opporre strenua resistenza ogni volta che questo compito le era stato affidato. Il signor Ghiringhelli però si era già distratto e si limitò a produrre una specie di «Mmm», sorta di muggito che poteva essere interpretato come un sì o come un no, a piacere. La sorella grande, d’un tratto vestita e truccata di tutto punto, con uno zaino gonfio di cose, uno schlafsack arrotolato sotto al braccio e nessunissimo sacco della spazzatura, uscì.
Sull’Eurocity intanto la signora Ghiringhelli aveva sistemato il Tullio al suo posto prenotato, l’eolao in quello accanto, e poi era andata a occuparsi dei vicevicedirettori e dei vicevicevicedirettori che viaggiavano su quello stesso treno.
I vicevice e i vicevicevice si agitavano sempre quando andavano in trasferta, e siccome tutti quanti avevano il numero della signora Ghiringhelli memorizzato tra le chiamate rapide, ecco che dal momento in cui erano partiti il suo cellulare aveva incominciato a lampeggiare, vibrare e squillare, e non aveva più smesso. I vicevice avevano il problema che non capivano mai in quale carrozza dovessero andare, e già questo li mandava nel panico. I vicevicevice invece la carrozza magari la trovavano anche, ma poi non sapevano in che posto si dovessero sedere. Tutti chiedevano aiuto alla signora Ghiringhelli, la quale arrivava, li prendeva per la cravatta come fosse un guinzaglio, e li portava alla carrozza e al posto giusti. Solo che poi non si trovavano più i bagagli e bisognava cercarli, e quando si ritrovano i bagagli non c’era più il biglietto, e quando saltavano fuori sia il biglietto che i bagagli bisognava ricominciare da capo e cercare di nuovo la carrozza e il posto, e quando finalmente la signora Ghiringhelli riusciva a mettere assieme e il posto e la carrozza e il biglietto e i bagagli, non si trovava più il vicevicedirettore o vicevicevicedirettore in questione.
In breve la signora Ghiringhelli non fece altro che andare e venire per il treno, aprendosi la strada in mezzo a tutti questi vicevicedirettori e vicevicevicedirettori, i quali, smarriti, vagabondavano alla deriva e in più di un’occasione si incastrarono gli uni negli altri con i bagagli e tutto quanto, e ostruirono il corridoio. Per stappare la situazione la signora Ghiringhelli doveva prendere uno dei vicevice o vicevicevice per un braccio o per un piede, puntellarsi con il tallone nel fianco dell’altro vicevice o vicevicevice, e tirare forte. Già che c’era, si fece anche dare dal controllore la pinzatrice per timbrare i biglietti dei passeggeri e sgridò e multò un paio di giovanotti sprovvisti di un qualunque titolo di viaggio valido.
Il Tullio in tutto ciò se n’era rimasto buono buono al suo posto a leggere uno dei libri che si era portato, una storia di guerre galattiche venusiane, e a guardare la Svizzera che scappava via fuori dal finestrino, mentre l’eolao gli dormiva accanto. Solo quando tutti i vicevice e i vicevicevice furono sistemati ai loro posti, nelle loro carrozze, con i loro bagagli e i loro biglietti, la signora Ghiringhelli poté finalmente sedersi un attimo accanto al Tullio. In quel momento il treno entrava nella stazione di Zurigo.
Alla stazione radunò tutto un corteo di taxi, ci caricò dentro i vicevice e i vicevicevice, e li spedì in albergo raccomandandosi con gli autisti di non fare deviazioni per nessuna ragione al mondo. Lei saltò dentro all’ultimo taxi e, tenendo una Parisienne accesa con una mano fuori dal finestrino, si fece portare all’aeroporto. Là intercettò i vicedirettori, i quali avevano viaggiato in aereo, li caricò su altri taxi, di nuovo saltò nell’ultimo della fila e, sempre con una sigaretta fuori dal finestrino, si fece riportare in stazione perché in effetti si era dimenticata là il Tullio e l’eolao.
20
L’albergo dove era stato organizzato il vertice straordinario di tutte le più grandi banche svizzere si trovava a quindici minuti a piedi dal centro di Zurigo e costava biglietti da cento franchi anche solo a guardarlo da lontano. Era un edificio ultramoderno, tutto vetri e acciaio, con ascensori panoramici che si elevavano dentro a tubi trasparenti, e balconate dalle quali traboccavano chiome di vegetazione tropicale, curate da un team di parrucchieri che operavano con degli spruzzini per l’acqua e delle minuscole forbicine di precisione.
Il Tullio scese dal taxi dietro alla mamma, guardò quell’edificio impressionante e vide un inserviente che, imbracato come un rocciatore, penzolava a testa in giù contro la facciata e con estrema dignità lucidava la quinta di cinque stelle d’oro grandi così che coronavano l’insegna «Grand Hotel Imperial».
Si presentò la necessità di fare il giro del palazzo per entrare da una porta laterale, questo perché a quanto pareva i primi vicevice e vicevicevice che erano arrivati avevano infilato l’enorme porta girevole dell’ingresso con un entusiasmo eccessivo e giro girotondo si erano lasciati trasportare e non ne erano usciti più. La signora Ghiringhelli li dovette pescare fuori uno per uno agganciandoli al volo con il manico di un ombrello, come si faceva una volta per togliere di mezzo i cabarettisti fischiati dal pubblico.
«Capita spesso», le assicurò un imperturbabile receptionist.
A quel punto la signora Ghiringhelli mise in fila tutti i vice, i vicevice e i vicevicevice, e fece l’appello. Si scoprì che durante il viaggio era andato smarrito il vicevicevice Lehmann. Pazienza, si disse la signora Ghiringhelli. Furono assegnate le stanze, e anche là ci volle del bello e del buono per infilarci i direttori dentro.
In qualche modo si fece l’ora di cena. La signora Ghiringhelli recuperò il Tullio e l’eolao che vagavano per la hall e li portò al ristorante panoramico rotante situato all’ultimo piano dell’Imperial. Si apprestavano ad aprire i menu quando il cellulare della signora Ghiringhelli lampeggiò, vibrò e trillò. Un messaggio dell’ultimo dei vicevicevice le chiedeva se, gentilmente, potesse scrivere lei il discorso d’apertura che il gran direttore Francograsso avrebbe dovuto leggere il mattino seguente alle nove, grazie.
Il fatto era questo: il gran direttore, quando sei mesi prima era stato informato che sarebbe toccato a lui aprire il vertice straordinario, aveva incaricato un vicedirettore a caso di scriverglielo. Il vice in questione non aveva perso tempo e aveva prontamente scaricato l’incombenza su un altro vice, il quale a sua volta, e con altrettanta efficienza, l’aveva scaricata su un altro vice che di nuovo l’aveva scaricata su un altro vice ancora e così via, finché purtroppo non si era rimasti a corto di vice. Il primo vice si era rifiutato di ricominciare da capo il giro di scaricabarile, e dunque la palla era passata ai vicevice. I vicevice erano molti di più dei vice e fare il giro completo aveva richiesto più tempo, dopodiché ancora...