Scarlini | Teatri d'amore | E-Book | www.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 144 Seiten

Reihe: narrativa.it

Scarlini Teatri d'amore


1. Auflage 2018
ISBN: 978-88-7452-716-8
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

E-Book, Italienisch, 144 Seiten

Reihe: narrativa.it

ISBN: 978-88-7452-716-8
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Le case, negli infiniti traslochi e cambi di proprietà, conservano sempre qualche memoria di chi le ha abitate. Questo libro ricostruisce la vita culturale a Roma tra '800 e '900, per scorci e particolari, attraverso uno stradario dettagliatissimo quanto improbabile, in un percorso di passioni e creazioni, che si disegna attraverso una nutrita serie di ritratti e cammei. Le case raccontate sono quelle in cui hanno abitato coppie, di artisti, intellettuali, teatranti, persone del cinema e della moda. Stanze tutte per sè, quindi, in cui scrivere e creare in pace, ma anche tempestosi rifugi per vite in burrasca: pareti che hanno vegliato su poesie e romanzi, che hanno custodito quadri e ritratti, in strade che spesso recano il nome di coloro che furono ospiti di quei luoghi. Si sentiranno risuonare quindi, per esempio, i litigi tra Giacomo Leopardi e Antonio Ranieri, le disquisizioni teologiche di Cristina Campo ed Elèmire Zolla, gli affondi dionisiaci di Fridrich Nietzsche e Lou Andreas-Salomé. Il testo è accompagnato dai disegni di Alvise Bittente.

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AVANGUARDISTI


Anche, o proprio perché Roma è la città eterna, spesso poco interessata ai dati del presente, ci sono quelli che si accaniscono a volere praticare nel luogo ogni possibile avanguardia, di vita, tecnica, politica e arte. Mentre i ruderi li osservano attoniti, i cavalli delle botticelle si fanno schermo agli occhi con la coda, essi continuano nel chiuso delle loro dimore e in pubblico a dichiarare il loro impegno, radicale, per il rinnovamento del presente o del futuro.

Orville e Wilbur Wright, fratelli costruttori e aviatori, Centocelle, aeroporto, 1909


IN CORO

Il nostro Flyer, il volatore che abbiamo brevettato nel 1903, in legno e acciaio, ci ha portati lontano. Chi se lo sarebbe immaginato che saremmo arrivati alla città eterna, noi che costruivamo biciclette. Il biplano lo abbiamo progettato nell’Ohio e realizzato a Parigi, siamo arrivati a Roma in treno e ci hanno fatto molte ispezioni, perché il modello 4, smontato, era ingombrante e sembrava che fosse un ordigno esplosivo, visto che, ci hanno spiegato, questa è un’epoca di attentati e assalti. Un anarchico italiano che stava in America ha ucciso anche il loro re. E poi, noi voliamo per l’ebbrezza e il brivido, ma se vogliamo fare ancora ricerca, l’unica possibilità è vendere il nostro apparecchio per le stelle all’esercito italiano. Il nostro nuovo modello sarà il primo aeroplano dell’esercito italiano, tra poco arrivano i due primi ufficiali che dovranno imparare a usarlo. Il pubblico viene respinto indietro, ma preme, sempre di piú, al bordo della pista per interpretare un frammento di futuro.

Giacomo Balla, pittore, e la pittura passatista, espressione artistica, Galleria Giosi, via del Babuino 150, 1913


Dio, quanto ti odio. Se penso che quei miei squallidi parchi e giardini, quei miserabili vecchi e pazzi, saranno tutti nei musei tra qualche anno e nelle collezioni dei magnati, a deridere i miei sforzi di futuro, mi vengono i nervi, ma il flusso è flusso e non si può fermare. Io non posso concepire ormai che ci sia sulla tela nient’altro che il mio progetto di visione: la realtà nell’opera mi ripugna, mi orripila. Non voglio niente del mio passato con me: che altri, se ne hanno voglia, si tengano quei cadaveri mal stagionati, quegli aborti di natura pittorica. Io concepisco ora solo un’arte fatta di numeri, cifre e compenetrazioni iridescenti, gli esseri umani dipinti mi fanno rabbrividire, non posso piú tenerne nemmeno uno alle mie pareti di quei quadri, nemmeno i ritratti di amici e parenti.

Michail Larionov e Natal’ja Goncarova, artisti, via Principessa Clotilde 14, 1916


IN CORO

Il nostro compito è portare la Russia all’Occidente: raccontare favole d’infanzia per un pubblico che le trova esaltanti descrizioni di un mondo remoto, che le nostre njanje intonavano per conciliarci il sonno, nel corso delle interminabili notti bianche dell’estate. Dipingiamo case rosse, tetti gialli, cieli viola per una favola che si chiama Kikimora, come sempre si tratta di destini e fedeltà; Léonide Massine prova notte e giorno la coreografia e noi dobbiamo concepire abiti leggeri come piume, livree di uccelli fantastici che non ostacolino in nessun modo il movimento. Ogni due giorni ci rechiamo da Djagilev al Grand Hotel, per avere la sua approvazione, ma dice: “Sempre piú leggere le stoffe, piú aerei i costumi. Li faremo solo di luce un giorno, ma ancora non è tempo”.

Benedetta Marinetti e Filippo Tommaso Marinetti, piazza Adriana 11, anni trenta del Novecento


“Luce, Ala, Vittoria c’è la merenda”: Benedetta osserva dalla finestra la mole rotonda di Castel Sant’Angelo che si impone all’orizzonte. “Roma passatista” è lo scenario perfetto della sua fantasia: alla consorte del fondatore del Futurismo non si addice peraltro la terra, ma l’aria. Aeropittrice d’anime, è sempre alla ricerca di un diverso e nuovo punto di vista per rappresentare l’esistenza. Le piace pensare che i nomi irradino di per sé energia, come Astra cristallizzata nell’ansia che il suo amato Emilio viva in un sottomarino, esposto alla violenza delle correnti, e agli agguati dei coralli. Nella sala da pranzo si elaborano i destini dell’avanguardia, che pure devono tenere conto del ménage domestico. “Bambine, la sciarpa”, “Non spalmate troppo burro sulla fetta di pane”, “Non urlate”: ma nello spazio della fantasia tutto è permesso e l’intelligenza è in fondo la piú squisita forma d’amore.

Carmelo Bene e Lydia Mancinelli, via Aventina 30, 1970


Lydia, amore, devi togliere l’armadio e il letto anche da lí, bisogna sempre spostarli ogni giorno, poi dormiamo per terra. Lo sai tanto che ti aiuta Salvatore. Non trovi che i cavi elettrici siano perfetti, cosí grossi e neri, sono davvero le nostre anaconde da salotto? Che ore sono? Le undici, grazie. Da quante ore siete qui: nove? Giusto, ora quindi sarete pronti e preparati al sacrificio filmico. E non mi venite a dire che avete famiglia, quando entrate qui dovete scordarvela la famiglia, domani sera andrete via alle otto, ma stanotte si gira fino a domattina, ché abbiamo solo due settimane per finire. Lydia, sei bellissima con il costume, tienilo per quando andiamo al Circeo da Elsa De Giorgi. Salvatore come sta su il costume? Con lo scotch, perfetto. (Parla a una bambina che non c’è) Gea, amore, tu quando guardi la mamma davanti la vedi vestita, e dietro ci sono io, il papà, Don Giovanni, che invece la vedo nuda. Davvero un peccato che Gino la venga a riprendere alle otto, proprio a quest’ora sarebbe la perfetta figlia dell’amante di Don Giovanni, con il viso sconvolto dal broncio. Lo scopo del film è far entrare il mondo in questo appartamento, e per far questo ci vuole tempo. Per l’altra scena nella stanza, sono stato sveglio settantasei ore, però è venuta come volevo, o quasi. Lydia poi devi preparare le fiamme, perché alla fine dobbiamo distruggere tutti i quadri. Scusate, ho detto fiamme, lo so che gli operatori sono spaventati, perché dicono che abbiamo troppo materiale tecnico qui dentro. Mi piacciono quelle porte antiche, e soprattutto le vetrate piombate, quando si dà il ciak si gira e dietro ci sono centinaia di metri di cavi elettrici, lo so che rischiamo, ma ars longa, vita brevis. Lydia, amore, mettilo piú nascosto lo scotch.

Juan Rodolfo Wilcock, scrittore, e Matteo Campanari, alter ego e personaggio immaginario, via Tuscolana 695, 1963


J: Juan Rodolfo

M: Matteo

J: Smettila di comparire su Il Mondo per farmi il contradditorio, fai di tutto per crearmi problemi.

M: Juan, non mi prendere in giro, io sono una creatura della tua immaginazione, come Llorenz Riber, il regista catalano di cui scrivi, che ormai lo sanno tutti che non esiste.

J: Ma se ha firmato quell’assoluto capolavoro che sono le Investigazioni filosofiche di Wittgenstein? Uno spettacolo di sette ore e mezza, che ho raccontato ai lettori de Il Mondo, e sono arrivate anche molte lettere di complimenti per aver rivelato una figura cosí importante.

M: Tutta farina del tuo sacco, e peraltro è possibile che un regista catalano vada solo in scena a Latina, Tangeri o Oxford?

J: E dove allora? Alla Scala, o al Costanzi a Roma? Non hai fantasia.

M: Colpa tua, che mi hai fatto a riflesso della parte peggiore di te.

J: “Vivere è attraversare il mondo passando da ponti di fumo” e ora lasciami stare, ché devo scrivere la risposta polemica contro di te.

Dario Bellezza e Massimo Consoli, via dei Pettinari 75, 1972


IN CORO

Scenderemo in piazza, prima ci chiamavamo Roma-1 e ora siamo RO, Rivolta Omosessuale. Andremo vestite di tutti i nostri colori a Campo dei Fiori e ci vedranno, finalmente, tutti quelli che non ci hanno mai voluto vedere.

MASSIMO

Ma lo sai, vero, che quelli dell’estrema sinistra ci linceranno?

DARIO

Quelli fanno solo il verso a se stessi, manco sanno cosa dicono.

IN CORO

Noi, invece, annunciamo i tempi nuovi, tempi di meraviglia.

DARIO

Non per caso Alain Daniélou dice che sei “il papa degli omosessuali”.

MASSIMO

Che razza di paragone: a me il papa non mi è proprio mai piaciuto.

Elica e Luce Balla, via Oslavia 39b, fine anni ottanta del Novecento


IN CORO

Siamo le custodi dell’elettricità e del movimento, le guardiane della luce nera, siamo le realizzatrici dell’arte di papà.

LUCE

Io sono la maggiore.

ELICA

Io sono la cadetta.

LUCE

Erano tanto difficili le futurfarfalle da tessere, e papà voleva una fedeltà assoluta al suo disegno.

ELICA

Ero attratta dall’astronomia, scrissi La luce delle stelle, un trattato, ma è stato pubblicato solo quando ero anziana.

LUCE

Sorella, è perché tutti sapevano che eri la vestale, e stavi scrivendo il libro su papà, che era senz’altro piú importante.

ELICA

Sí, Con Balla mi ha preso l’anima, dal 1959 per trent’anni ho raccolto dettagli, minuzie, ritagli del tempo. Ne sono venuti fuori tre volumoni, fitti fitti.

LUCE

Mi piace la sirena dei pompieri, quando gli automezzi escono dalla caserma e sgommano vicino a casa.

ELICA

Mi piacciono i fiori, i cieli, i colori pastello.

IN CORO

Abbiamo difeso dal presente questa casa che era votata al futuro, secondo le indicazioni di papà. Ma ora il termine...



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