E-Book, Italienisch, 381 Seiten
Reihe: Indi
Schulman Il conflitto non è abuso
1. Auflage 2022
ISBN: 978-88-3389-434-8
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Esagerazione del danno, responsabilità collettiva e dovere di riparazione.
E-Book, Italienisch, 381 Seiten
Reihe: Indi
ISBN: 978-88-3389-434-8
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
è romanziera, drammaturga, saggista, attivista, storica dell'Aids. È Distinguished Professor of the Humanities alla City University of New York ed è tra i fondatori di ACT UP, di cui dirige il Centro di storia orale. Ha scritto più di venti libri tra romanzi e saggi. Il conflitto non è abuso è il primo dei suoi testi ad essere tradotto in italiano.
Weitere Infos & Material
UN MANIFESTO RIPARATIVO
INTRODUZIONE
Non tutto ciò che affrontiamo può essere cambiato, ma niente può essere cambiato finché non lo affrontiamo.
James Baldwin1
Nell’estate del 2014, mentre io iniziavo a scrivere questo libro, la comunità umana era testimone di una ferocia ingiustificata che si è riprodotta sistematicamente, causando frustrazione e sfinimento. Abbiamo visto poliziotti bianchi a Ferguson, Missouri, e Staten Island, New York, uccidere due uomini neri disarmati: Michael Brown ed Eric Garner. Abbiamo visto un ricco e potente giocatore professionista di football americano, Ray Rice, picchiare sua moglie Janay in un ascensore fino a farle perdere i sensi. Abbiamo assistito allo sterminio di oltre duemila civili palestinesi a Gaza da parte del governo israeliano. Ed è stato subito evidente che i metodi che abbiamo sviluppato fino ad oggi per comprendere questo tipo di azioni ed evitare che si ripetano non sono adeguati.
Quando scrivo romanzi, per creare personaggi dotati di una certa coerenza, devo applicare il principio che le persone facciano le cose per una ragione precisa, anche se di queste ragioni non sono consapevoli e anche quando non riescono ad accettare che le loro azioni non sono esattamente neutrali e oggettive. Voglio utilizzare lo stesso principio per esaminare gli eventi a cui ho accennato, e dunque domandarmi quali siano le motivazioni che il poliziotto bianco, il ricco giocatore di football e la nazione militarizzata di poter addurre come causa e giustificazione della loro brutalità. Come raccontano i video e alcuni testimoni, Michael Brown ed Eric Garner non hanno fatto nulla che giustificasse il trattamento ricevuto della polizia. Eric Garner stava vendendo qualche sigaretta sfusa e Michael Brown passeggiava. Entrambi hanno cercato di offrire delle alternative alla crudeltà. Eric Garner, costretto in una morsa illegale, ha avvertito la polizia undici volte dicendo: «Non riesco a respirare». Michael Brown ha alzato le mani in segno di resa e ha detto: «Non sparate!» Eppure qualcosa è scattato nella mente, negli impulsi e nelle identità di gruppo dei poliziotti bianchi, al punto che queste comunicazioni fattuali e pacificatrici sono apparse ai loro occhi come una sorta di minaccia o di attacco. In altre parole, questi poliziotti non hanno visto , e nella completa assenza di minaccia hanno riscontrato un pericolo talmente enorme da giustificare un assassinio. Davanti al nulla, dall’alto del loro potere, queste persone hanno rilevato un .
Dalle immagini raccolte dalle telecamere di sicurezza in ascensore e nella hall del casinò, è evidente che il giocatore dei Baltimore Ravens Ray Rice e sua moglie erano nel bel mezzo di un litigio. Per quanto non ci piaccia litigare nell’intimità e vorremmo che non succedesse mai, sappiamo anche che non essere d’accordo con chi amiamo è una componente normale dell’esperienza umana. È impossibile vivere senza che questo accada; il disaccordo, si sa, fa parte della vita. Eppure in quel caso Ray Rice ha vissuto il conflitto, normale e comune in ogni relazione, famiglia o gruppo, come insostenibile e minaccioso, al punto da colpire sua moglie fino a ridurla all’incoscienza, trascinare il suo corpo fuori dall’ascensore e lasciarla inerte sul pavimento. L’uomo ha vissuto un banale conflitto e ha risposto con estrema crudeltà. Ha interpretato l’espressione di un’ordinaria differenza di vedute come una minaccia.
Il governo israeliano mantiene sotto assedio la Striscia di Gaza dal 2005, rendendo insostenibile la vita quotidiana dei suoi abitanti. Nella tarda primavera del 2014, il governo di Benjamin Netanyahu ha aumentato la pressione sulla popolazione palestinese già sofferente e alcune fazioni locali di Gaza hanno risposto con razzi di così bassa qualità che il loro impatto è stato perlopiù simbolico. Il governo israeliano ha reagito a sua volta con oltre cinquanta giorni di bombardamento aereo e invasioni di terra, causando un genocidio e la distruzione massiva di infrastrutture fisiche, psicologiche e culturali. La gente di Gaza aveva cercato di reagire a uno stato di ingiustizia creato da Israele. La gente di Gaza stava , rifiutandosi di accettare un trattamento intollerabile e ingiustificabile. Gli israeliani hanno considerato la resistenza a quel trattamento ingiusto come un .
Brown e Garner non hanno fatto assolutamente nulla a parte essere neri. Janay Rice stava solo esternando un normale conflitto. Gaza stava resistendo a un trattamento insostenibile. In tutti e tre i casi, la polizia, il marito, la nazione hanno sopravvalutato il danno ricevuto e hanno considerato erroneamente l’assenza di minaccia come un abuso. Dalla più intima relazione tra due persone, al potere della polizia, fino alla realtà devastante di un’occupazione, questi soggetti, usando una modalità di pensiero distorta, hanno interpretato un comportamento perfettamente giustificabile come un’aggressione. E la loro reazione è stata così sproporzionata da produrre tragedia, dolore e divisione. Quello che vorrei fare in questo libro è esaminare il momento della reazione sproporzionata. La mia tesi è che a molti livelli dell’interazione umana esista il rischio di confondere il disagio con la minaccia, di fraintendere l’ansia interiore con un pericolo esterno e dunque di intensificare un problema piuttosto che risolverlo. Voglio dimostrare come questa dinamica, sia che si produca tra due individui, tra gruppi di persone, tra governi e società civile, o tra differenti nazioni, rappresenti il punto in cui si decide tra la pace e la tragedia. La consapevolezza di simili meccanismi politici ed emotivi ci dà la possibilità di affrontare noi stessi, di riconoscere e comprendere ciò che accade e di evitare l’escalation verso un dolore innecessario.
Metodologia
La mia prospettiva ha radici queer. Uso esempi queer, cito autori e autrici queer, assumo un punto di vista queer, investigo e mi dedico a problemi e tendenze interni al discorso queer. Provengo da un’analisi storica del potere specificamente lesbica, radicata per genealogia in Audre Lorde e Adrienne Rich, in cui le dinamiche sessuali, razziali, materiali, emozionali, coloniali e di genere sono interconnesse e parte di un continuum. Audre, in particolare, nel suo classico , che lei definisce «Biomitografia», affronta le questioni sui generi letterari inventandone direttamente uno da zero, il suo. Dunque mi inserisco in una tradizione di scrittrici di fiction che usano la non-fiction per affrontare riflessioni, emozioni, contesti, storie, visioni, ricordi e sogni. È una categoria della letteratura delle idee che si distacca dall’accademia, ma che all’accademia è utile e viene frequentemente inclusa nelle letture in classe, fungendo da materia di analisi e indagine accademica pur non essendone un prodotto.
Oltretutto, sono cresciuta nel femminismo, che considera la sfera privata parte integrante del potere inteso in senso più ampio, e vede la prima come conseguenza del secondo. È per questo motivo che osservare ed esaminare la relazione tra l’angoscia individuale e la sua espressione geopolitica è stato un impulso costante nel corso della storia. Nel momento che stiamo vivendo, questa prospettiva mi aiuta a riconoscere la transizione del termine , prima inteso come vasta categoria di persone severamente oppressa, e oggi legato al fenomeno più recente che vede l’accesso di settori selezionati di una minoranza sessuale all’apparato punitivo di Stato, accesso spesso basato sulla bianchezza, sulla cittadinanza, sulla normalizzazione dei ruoli familiari e sulla negatività all’HIV. Le implicazioni di questi cambiamenti sono istruttive per tutti coloro che sono disposti a imparare dall’esperienza queer. La traiettoria da oppresso a oppressore è centrale per il contenuto di questo libro. Così come individui irrisolti, che nel passato sono stati sottomessi e traumatizzati, possono colludere o identificarsi con i bulli, a loro volta gruppi irrisolti, in passato subalterni o traumatizzati, possono finire per identificarsi con la supremazia dello Stato. In entrambi i casi, l’incapacità di riconoscere che passato e presente non sono la stessa cosa conduce chi ha acquisito un potere a usarlo per punire piuttosto che per l’autotrasformazione necessaria a risolvere il conflitto e produrre giustizia.
Il campo in cui mi muovo è ampio. La classe intellettuale e artistica queer non è più obbligata a rimanere nel suo ghetto di argomenti. Non dobbiamo più scegliere tra la soggettività queer e il mondo: il mondo, o almeno il mondo delle idee, ora capisce che le due cose si integrano a vicenda. In alcuni ambiti posso dirmi «competente», ma in altri ho qualcosa di più profondo da offrire. Da artista, posso offrire a chi legge uno sguardo eclettico. Non faccio parte di quella scuola di pensiero per cui esiste una sola idea da approfondire lentamente nel tempo. Piuttosto, dopo tre decenni di libri, opere teatrali e film, ho sviluppato uno stile che propone moltissime idee in una volta sola. Alcune attecchiranno, altre verranno rigettate, e altre ancora saranno affrontate in modo tale da stimolare nuove intuizioni. La storica Nan Alamilla Boyd mi ha aiutata a capire che la mia mancanza di formazione accademica mi rende letteralmente «indisciplinata». Questa osservazione è stata liberatoria, un regalo che avrei voluto ricevere molti anni prima. Ora posso chiedervi di leggere questo libro come assistereste a uno spettacolo teatrale: non per dire: «Ha proprio ragione!», ma per osservare quanto la rappresentazione sia in grado di...