E-Book, Italienisch, 332 Seiten
Reihe: Narrativa
Sheckley La settima vittima
1. Auflage 2012
ISBN: 978-88-7452-325-2
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 332 Seiten
Reihe: Narrativa
            ISBN: 978-88-7452-325-2 
            Verlag: Nottetempo
            
 Format: EPUB
    Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Le sedici storie fantascientifiche che compongono questa libro, la raccolta di racconti di Robert Sheckley più completa pubblicata in Italia, ci parlano di un'umanità ormai padrona dello Spazio. Nel racconto che dà il titolo al libro (da cui Elio Petri ha tratto il film La decima vittima con Marcello Mastroianni e Ursula Andress) per scongiurare una guerra planetaria gli uomini decidono di combattere una guerra individuale, legalizzando l'omicidio. In Fantasma Cinque un chimico e un fisico hanno una piccola agenzia per disinfestare i nuovi pianeti conquistati e ne scoprono uno in cui l'atmosfera rende reali gli incubi. Ne Il magazzino dei mondi, Tompkins è il proprietario di un magazzino in cui si può sce-gliere, a pagamento, il mondo dei propri desideri e viverci per un periodo limitato. I racconti di Sheckley scritti negli anni '60 ci descrivono un mondo nel quale stiamo forse entrando.
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Lo specialista
La tempesta di fotoni colpí senza preavviso, piombando sulla Nave da dietro un banco di stelle rosse giganti. Occhio ebbe a malapena il tempo di spedire in un lampo un avvertimento attraverso Parola prima che li ghermisse.
Era il terzo viaggio di Parola nello spazio profondo, e la sua prima tempesta a pressione luminosa. Provò un’improvvisa fitta di paura mentre la Nave sterzava con violenza, subiva l’impatto del fronte ondoso e sbandava beccheggiando. Poi la paura scomparve, sostituita da un impeto di eccitazione.
Perché avrebbe dovuto avere paura, si domandò – non era forse stato addestrato proprio per emergenze del genere?
Stava parlando con Cuoco quando era scoppiata la tempesta, ma aveva interrotto bruscamente la conversazione. Sperava che Cuoco se la stesse cavando. Per il giovanotto si trattava del primo viaggio nello spazio profondo.
I filamenti metallici che costituivano la maggior parte del corpo di Parola si estendevano in ogni punto della Nave. Rapidamente li ritrasse tutti, tranne quelli che lo connettevano a Occhio, Motore, e ai Muri. La situazione era essenzialmente nelle loro mani, adesso. Il resto
 della Ciurma avrebbe dovuto cavarsela da solo fino a che la tempesta non fosse finita.
Occhio aveva appiattito il proprio corpo a forma di disco contro un Muro, e aveva proteso uno degli organi della vista al di fuori della Nave. Per ottenere la massima concentrazione, gli organi della vista rimanenti erano stati chiusi e raggruppati sulla superficie del suo corpo.
Grazie all’organo visivo di Occhio, Parola osservava la tempesta. Traduceva l’immagine puramente visiva di Occhio in una rotta per Motore, che spingeva la Nave a scontrarsi con le onde. Piú o meno contemporaneamente, Parola traduceva la rotta in velocità per i Muri che si irrigidivano per opporsi agli impatti.
Il coordinamento era rapido e sicuro – Occhio che misurava le onde, Parola che trasmetteva i messaggi a Motore e ai Muri, Motore che guidava la nave dritta contro le onde, e i Muri che si rinforzavano per sostenere l’impatto.
Parola dimenticò qualsiasi paura potesse aver provato, grazie al rapido ed efficiente lavoro di squadra. Non aveva tempo per pensare. Dato che costituiva il sistema di comunicazione della Nave, doveva tradurre e spedire i suoi messaggi alla massima velocità, coordinando le informazioni e dirigendo le azioni.
Dopo pochi minuti la tempesta era finita.
“Bene,” disse Parola. “Controlliamo se abbiamo subito danni”. I suoi filamenti si erano ingarbugliati durante la tempesta, ma li sciolse e li protese in giro per la Nave, riconnettendoli tutti al circuito. “Motore?”
“Io sono a posto,” rispose Motore. Il fantastico vecchietto aveva ammortizzato i rivestimenti durante la tempesta, in modo da poter attenuare le esplosioni atomiche nella sua pancia. Nessuna tempesta avrebbe potuto trovare impreparato un esperto viaggiatore spaziale come Motore.
“Muri?”
I Muri risposero a turno, e per questo ci volle parecchio tempo. Ce n’erano quasi mille, tipi sottili, rettangolari, che costituivano tutta la pelle della Nave. Naturalmente avevano rinforzato i loro bordi durante la tempesta, conferendo resistenza a tutta la Nave. Ma un paio avevano subito seri danni.
Dottore fece sapere di star bene. Tolse dalla propria testa il filamento di Parola, escludendosi dal circuito, e andò a visitare i Muri danneggiati. Costituito soprattutto da mani, Dottore era rimasto aggrappato a un Accumulatore durante la tempesta.
“Aumentiamo un po’ la velocità adesso,” disse Parola, ricordandosi che rimaneva il problema di stabilire dove si trovassero. Aprí il circuito ai quattro Accumulatori. “Come state?” domandò.
Non ottenne risposta. Gli Accumulatori stavano dormendo. Avevano mantenuto i recettori aperti durante la tempesta e adesso erano sazi di energia. Parola avvolse i suoi filamenti attorno a loro, che però non si mossero.
“Lasciami provare,” intervenne Cuoco. Cuoco aveva preso delle belle botte prima di agganciare le ventose a un Muro, ma la sua baldanza era intatta. Era l’unico membro della Ciurma a non avere mai bisogno dell’intervento del Dottore: aveva un corpo perfettamente in grado di autoripararsi.
Zampettò sul pavimento grazie a una dozzina di tentacoli e tirò un calcio all’Accumulatore piú vicino. La grande unità conica di immagazzinamento aprí un occhio e subito lo richiuse. Cuoco lo colpí di nuovo, senza ottenere alcuna reazione. Manovrò la valvola di sicurezza dell’Accumulatore e scaricò un po’ di energia.
“Piantala,” lo ammoní l’Accumulatore.
“E allora svegliati e fai rapporto,” lo apostrofò Parola.
Gli Accumulatori risposero stizzosi che stavano benone, come qualsiasi stupido avrebbe potuto perfettamente vedere da sé. Si erano ancorati al pavimento durante la tempesta.
Il resto dell’ispezione fu sbrigato in fretta. Saggio stava bene e Occhio era rimasto estasiato dalla bellezza della tempesta. C’era stata una sola vittima.
Era morto Spinta. Essendo un bipede, non aveva avuto la stabilità del resto della Ciurma. La tempesta l’aveva sorpreso in mezzo a una stanza e l’aveva sbattuto contro un Muro rinforzato, rompendogli diverse ossa. Ripararlo era al di là delle capacità di Dottore.
Rimasero in silenzio qualche istante. Era sempre un brutto momento quando moriva una parte della Nave. La Nave era un’unità cooperativa, interamente costituita dalla Ciurma. La perdita di un qualsiasi membro era un duro colpo per tutti gli altri.
In questo caso era particolarmente duro. Avevano appena consegnato un carico in un porto a diverse migliaia di anni luce dal Centro Galassia. Non c’era modo di dire dove si trovassero.
Occhio si avvicinò a un Muro e protese un organo visivo all’esterno. I Muri gli permisero di attraversarli, quindi si richiusero attorno a lui. L’organo di Occhio si allungò verso l’esterno, a una distanza tale dalla Nave che gli consentisse di vedere l’intera sfera stellare. L’immagine transitò attraverso Parola che la trasmise a Saggio.
Saggio se ne stava in un angolo della stanza, un grande ammasso informe di protoplasma. Dentro di lui si trovavano tutte le memorie dei suoi antenati che avevano viaggiato nello spazio. Lui analizzò l’immagine, la confrontò rapidamente con le altre archiviate nelle sue cellule e sentenziò: “Non ci sono pianeti galattici entro il nostro raggio”.
Parola automaticamente tradusse il tutto per gli altri. Era come avevano temuto.
Occhio, con l’aiuto di Saggio, calcolò che si trovavano fuori rotta di diverse centinaia di anni luce, ai bordi della Galassia.
Ogni membro della Ciurma sapeva cosa significava. Senza Spinta in grado di accelerare la Nave a un multiplo della velocità della luce, non sarebbero mai tornati a casa. Il viaggio di ritorno, senza Spinta, avrebbe richiesto un tempo piú lungo della maggior parte delle loro vite.
“Che cosa consigli di fare?” chiese Parola a Saggio.
Una domanda del genere era troppo vaga per una mente rigorosa come quella di Saggio. Gli chiese di riformularla.
“Qual’è l’opzione migliore che abbiamo,” domandò Parola, “per tornare a un pianeta della Galassia?”
Saggio ebbe bisogno di diversi minuti per analizzare tutte le possibilità archiviate nelle sue cellule. Intanto, Dottore aveva medicato i Muri e stava chiedendo qualcosa da mangiare.
“Tra poco mangeremo tutti,” disse Parola, muovendo nervosamente i suoi filamenti. Per quanto fosse il secondo piú giovane membro della Ciurma – solo Cuoco era piú giovane – la responsabilità era praticamente tutta sulle sue spalle. Erano ancora in uno stato d’emergenza, doveva coordinare le informazioni e dirigere l’azione.
Uno dei Muri suggerí di prendersi una bella sbronza. Questa soluzione irragionevole fu bocciata su due piedi. Era, comunque, un atteggiamento tipico dei Muri. Erano ottimi lavoratori e buoni compagni di viaggio, ma dei tipi a dir poco sventati. Quando rientravano a casa sui loro pianeti, probabilmente sperperavano facendo bisboccia tutto ciò che avevano guadagnato.
“La perdita di Spinta non consente alla Nave di mantenere velocità superiori a quella della luce,” cominciò Saggio senza preamboli. “Il pianeta galattico piú vicino si trova a quattrocentocinque anni luce di distanza”.
Parola immediatamente tradusse tutto grazie al suo corpo a pacchetti di onde.
“Rimangono aperte due possibilità. La prima: la Nave può procedere verso il pianeta galattico piú vicino grazie all’energia atomica di Motore. Questo richiederà circa duecento anni. Motore sarà ancora vivo allora, ma sarà l’unico.
“La seconda opzione: localizzare un pianeta primitivo in questa regione, sul quale potrebbero esserci dei potenziali Spinta. Dovremmo trovarne uno e addestrarlo. Dopo di che si potrebbe riportare la Nave in territorio galattico”.
Saggio...




