E-Book, Italienisch, 320 Seiten
Reihe: Narrativa
Stevenson Il principe Otto
1. Auflage 2017
ISBN: 978-88-7452-690-1
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
E-Book, Italienisch, 320 Seiten
Reihe: Narrativa
ISBN: 978-88-7452-690-1
Verlag: Nottetempo
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark
Per festeggiare i suoi 15 anni di età, nottetempo, riporta in libreria il suo primo libro, con nuova copertina e veste grafica. Un principe elegante, svogliato e poco convinto del suo ruolo e una principessa troppo giovane e ardente sono vittime degli intrighi del Primo Ministro Gondremark e della sua amante, la contessa von Rosen, in una piccola corte tedesca. L'autore de L'Isola del tesoro e de Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mr . Hyde, si rivela, in questo romanzo, nell'aggraziata debolezza del principe, nell'insofferenza a ogni autorità e impegno, salvo quello, modesto, di amare e coltivarsi.
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Capitolo II
Nel quale il Principe fa lo Harun-al-Raschid
La notte sorprese il Principe mentre percorreva verdi viottoli nelle vallate inferiori del bosco; e benché in alto uscissero le stelle a mostrare l’interminabile ordine delle piramidi di pini, regolari e scuri come cipressi, la loro luce era di scarsa assistenza a un viaggiatore su sentieri cosí solitari; e da quel punto in avanti proseguí a casaccio. Il volto austero della natura, l’incerta conclusione del suo itinerario, il cielo aperto e l’aria libera, lo inebriarono come vino; e il rauco fruscio di un fiume alla sua sinistra gli risuonò gradevole all’orecchio.
Le otto erano passate da un bel po’ quando finalmente la sua fatica fu remunerata, ed egli sbucò dalla foresta sulla salda e bianca strada maestra. Questa scendeva davanti a lui, con una vasta parabola verso est, emanando un vago chiarore fra i boschetti; e Otto si fermò a contemplarla. Correva cosí, per leghe e leghe, continuando a unirsi ad altre, fino alle piú lontane estremità dell’Europa, qua costeggiando i flutti del mare, là accendendosi alle luci delle città; e l’innumerevole esercito di vagabondi e viaggiatori che la percorreva in ogni paese, spinto da un impulso comune, ovunque si trovasse stava adesso dirigendosi verso la porta della locanda e il riposo della notte. Le immagini gli brulicarono nel cervello, e svanirono; un impeto di tentazione, un palpito di tutto il suo sangue lo invasero, spronare la giumenta e proseguire nell’ignoto, per sempre. E poi passò; fame e stanchezza, e quell’abitudine alle azioni mediocri che chiamiamo senso comune, riassunsero il loro dominio; e in quel nuovo stato d’animo il suo occhio si fermò su due finestre illuminate alla sua sinistra, tra la strada e il fiume.
Svoltò per una stradetta, e pochi minuti dopo bussava col frustino alla porta di una grande fattoria, e un coro di cani dell’aia gli rispondeva irritato. Al richiamo venne un vecchio molto alto, candido di capelli, con una candela che riparava con la mano. Bell’aspetto e vigore fisico non gli erano mancati, ai suoi tempi; ma ora era in piena decadenza, i denti lo avevano abbandonato, e la sua voce quando parlò era rotta e in falsetto.
“Dovete perdonarmi,” disse Otto. “Sono un viandante e mi sono completamente smarrito”.
“Signore,” disse il vecchio, con fare molto solenne anche se tremolante, “voi vi trovate alla Fattoria del Fiume, e io sono Killian Gottesheim, al vostro servizio. Qui, signore, ci troviamo all’incirca alla stessa distanza da Mittwalden nel Grünewald e da Brandenau nel Gerolstein: a sei leghe da ciascuna, e la strada è eccellente; ma non c’è frasca di osteria né birreria per carrettieri in nessun luogo durante tutto il percorso. Perciò dovrete accettare la mia ospitalità per la notte; ospitalità alla buona, che vi offro volentieri; perché, signore,” aggiunse con un inchino, “l’ospite lo manda sempre Iddio”.
“Amen. E io vi ringrazio di tutto cuore,” rispose Otto, inchinandosi a sua volta.
“Fritz,” disse il vecchio, voltandosi verso l’interno, “prendi il cavallo del signore; e voi, signore, degnatevi di venir dentro”.
Otto entrò in una stanza che occupava la maggior parte del pianterreno dell’edificio. Probabilmente era stata divisa, una volta; perché per accedere alla parte piú lontana bisognava salire un gradino, che andava da una parete all’altra; e il fuoco divampante e il bianco tavolo apparecchiato sembravano posti su di una piattaforma. Tutt’intorno c’erano armadi e credenze scuri, borchiati d’ottone; scuri scaffali con antico vasellame rustico; fucili, trofei di caccia e ballate a stampa sulla parete; un vecchio orologio a pendolo con le rose sul quadrante; e giú in un angolo, la confortante promessa di un barile di vino. Era accogliente, elegante, e caratteristico.
Un gagliardo giovinotto uscí di corsa a occuparsi della giumenta grigia; e una volta che il signor Killian Gottesheim lo ebbe presentato a sua figlia Ottilia, Otto lo seguí alla stalla come si addiceva forse non al Principe, ma certo al buon cavaliere. Al suo ritorno lo aspettavano una omelette fumante e qualche fetta di prosciutto fatto in casa; queste furono seguite da un ragout e da un formaggio. Solo quando l’ospite ebbe totalmente saziato la fame, e tutta la compagnia si fu riunita intorno al fuoco e al boccale del vino, l’elaborata cortesia di Killian Gottesheim gli consentí di rivolgere al Principe una domanda.
“È da molto che cavalcate, signore?” indagò.
“Sí, da molto, come dite,” rispose Otto; “e come avete visto, ero pronto a fare onore alla cucina di vostra figlia”.
“Per caso dalla direzione di Brandenau, signore?” continuò Killian.
“Per l’appunto: e questa sera, se non mi fossi sperduto, avrei dormito a Mittwalden,” rispose il Principe, intrecciando un filo di verità, secondo il costume di tutti i bugiardi.
“Ci andate per affari, a Mittwalden?” fu la domanda successiva.
“Per pura curiosità,” disse Otto. “Non ho ancora mai visitato il principato di Grünewald”.
“Un paese gradevole, signore,” intonò il vecchio, annuendo col capo, “un paese gradevole, e bella razza, tanto i pini che le persone. Noi qui ci consideriamo un po’ grünewaldesi, trovandoci tanto vicini al confine; e il nostro fiume è tutta buona acqua del Grünewald, fino all’ultima goccia. Sí, signore, un bel paese. Certi uomini del Grünewald sono capaci di farsi volare sulla testa una scure che molti del Gerolstein non riuscirebbero neanche a sollevare; e quanto ai pini, bontà divina!, ci debbono essere piú pini in quel piccolo Stato, signore, che persone in tutto questo vasto mondo. Sono vent’anni dall’ultima volta che ho attraversato le paludi, perché da vecchi si diventa sedentari; ma me lo rammento come fosse ieri. Su e giú; la strada va dritta da qui a Mittwalden; e per tutto il cammino nient’altro che buoni pini verdi, grandi e piccoli, e certe cascate! Acqua a ogni passo, signore. Una volta vendemmo un pezzetto di bosco, su accanto alla strada maestra; e alla vista dei bei quattrini sonanti che ne ricavammo mi misi a calcolare – non che ne sia mai venuto a capo – quale sarebbe il valore di tutti i pini del Grünewald messi insieme”.
“Il Principe non lo vedete mai, immagino?” indagò Otto.
“No,” disse il giovane, parlando per la prima volta, “e non vogliamo vederlo”.
“E perché? È cosí impopolare?” chiese Otto.
“Impopolare non si può dire,” rispose il vecchio, “però è disprezzato, signore”.
“Davvero,” disse il Principe, un po’ debolmente.
“Sí, signore, disprezzato,” annuí Killian, riempiendosi una pipa lunga, “e a mio modo di vedere, disprezzato giustamente. Ecco un uomo dalle grandi possibilità, e come ne approfitta? Va a caccia, e si veste in modo molto leggiadro – cosa vergognosa per un uomo – e recita commedie; e se fa qualcos’altro, qui non ne è certo giunta voce”.
“Però sono tutte cose innocenti,” disse Otto. “Che cosa vorreste che facesse? La guerra?”
“No, signore,” rispose il vecchio. “Ma ecco, vedete; io ci sono da cinquant’anni, in questa Fattoria del Fiume, e ci ho lavorato, tutti i santi giorni; ho arato e seminato e mietuto, e mi sono alzato presto, e ho vegliato fino a tardi; e questo è il risultato, che tutti questi anni la fattoria ha sostentato me e la mia famiglia, ed è stata il migliore amico che abbia mai avuto, con la sola eccezione di mia moglie; e adesso che viene la mia ora, la lascio in condizioni migliori di come l’avevo trovata. Se un uomo lavora sodo secondo l’ordine della natura, si guadagna il pane e il companatico, e tutto quello che tocca diventa fertile. Cosí io credo umilmente che se quel Principe faticasse sul suo trono come io ho faticato e mi sono industriato nella mia fattoria, troverebbe tanto la prosperità quanto la felicità”.
“Io la penso come voi, signore,” disse Otto; “tuttavia il paragone è impreciso. Perché la vita del fattore è naturale e semplice; ma quella del principe è artificiale e complicata. È facile far bene nella prima, e difficilissimo non far male nella seconda. Se il maltempo vi rovina il raccolto, potete togliervi il berretto e dire: ‘Sia fatta la volontà di Dio’; ma se il principe subisce un rovescio, è possibile che debba biasimare se stesso per l’infelice tentativo. E forse se tutti i re d’Europa si limitassero a dei passatempi innocenti, i loro sudditi se ne gioverebbero assai”.
“Sí,” disse il giovane Fritz, “in questo avete ragione. Avete detto la verità. E vedo che siete come me, un buon patriota e un nemico dei principi”.
Otto rimase alquanto sconcertato da questa deduzione, e si affrettò a cambiare argomento. “Ma,” disse, “voi mi sorprendete con quanto dite di questo principe Otto. Vi confesso che l’ho sentito dipingere in modo piú favorevole. Mi hanno riferito che in fondo è una brava persona, e che...




