Szwed | Space is the place | E-Book | www.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 693 Seiten

Reihe: minimum fax musica

Szwed Space is the place

La vita e la musica di Sun Ra
1. Auflage 2024
ISBN: 978-88-3389-560-4
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

La vita e la musica di Sun Ra

E-Book, Italienisch, 693 Seiten

Reihe: minimum fax musica

ISBN: 978-88-3389-560-4
Verlag: minimum fax
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



Pianista, bandleader e compositore tra i più originali del Novecento, in cinquant'anni di attività Sun Ra (1914-1993) ha disegnato una vera e propria «storia parallela» del jazz, non soltanto allargandone lo spettro espressivo - contaminando lo swing con il funk, il free jazz con l'elettronica - ma anche arricchendolo di fantasiosi elementi extramusicali: coreografie coloratissime, costumi, danze esotiche, e soprattutto leggende. Nelle interviste, nei suoi scritti, nelle sue poesie, Sun Ra indossò infatti sempre i panni del grande visionario: presentandosi come il discendente del dio egizio del Sole o sostenendo di essere arrivato su questa terra da Saturno; promuovendo il mito del viaggio nello spazio come metafora del ritorno in Africa dei neri americani; incoraggiando la ricerca umana del divino e della spiritualità, di cui la musica avventurosa e imprevedibile della sua «Arkestra» doveva essere il veicolo privilegiato. Questa biografia ci permette di addentrarci nella storia (e nelle storie) di Sun Ra: musicista e filosofo, mistico e profeta, inventore di cosmogonie e creatore di mondi alternativi da cui è impossibile non rimanere stregati.

ha insegnato Storia del jazz alla Columbia University. È autore, tra gli altri, di Jazz! Una guida completa per ascoltare e amare la musica jazz (EDT 2009), della biografia di Miles Davis So What (2003), di Alan Lomax: The Man Who Recorded the World (2010) e di Billy Holiday. Una biografia (Il Saggiatore 2018).
Szwed Space is the place jetzt bestellen!

Weitere Infos & Material


2


Arrivato a Chicago, per un certo periodo si fece ospitare da una zia. Cercò di rintracciare alcuni conoscenti di Birmingham, rinnovò l’iscrizione alla Musicians Union e iniziò a firmarsi «Sonny Bhlount». Prima ancora che trovasse un alloggio, la Union gli aveva procurato un ingaggio con Wynonie Harris, che era in partenza per Nashville. Personaggio esuberante, Harris aveva esordito nel vaudeville – come ballerino di giga, batterista e comico – e proprio l’anno precedente aveva debuttato nella canzone con «Who Threw the Whiskey in the Well», un clamoroso successo rhythm’n’blues registrato con l’orchestra di Lucky Millinder. Presentato come «Mr. Blues», Harris aveva uno stile vocale particolarmente aggressivo, accompagnato da occhiate maliziose, ancheggiamenti e doppi sensi, e fu un pioniere nel popolarizzare la scurrilità. Era agli albori della sua carriera solista quando Sonny entrò nella formazione. Nel corso dei tre mesi di lavoro a Nashville con la band di casa al Club Zanzibar guidata dal sassofonista Jimmy Jackson, per la prima volta Sonny entrò in uno studio di registrazione. I titoli dei due singoli incisi da Harris per la Bullet, un’etichetta locale, parlavano da soli: «Dig This Boogie»/«Lightnin’ Struck the Poorhouse» e «My Baby’s Barrel House»/«Drinkin’ by Myself».

Una sera passò dallo Zanzibar Sir Oliver Bibb, un batterista di Chicago che guidava una band smaccatamente commerciale: usavano un libro di composizioni e arrangiamenti di Zilner Randolph, autore della hit «I’ll Be Glad When You’re Dead, You Rascal You» interpretata da Louis Armstrong. Precursori di Liberace, gli orchestrali di Bibb si vestivano da gentiluomini settecenteschi, con tricorni e frivoli fazzoletti penzolanti dalle maniche. Durante una pausa, Bibb disse a Sonny che stava riorganizzando la band e lo invitò a unirsi a loro per l’ultimo tratto della tournée. Appena seppe che erano diretti a Chicago, Sonny accettò al volo e lasciò l’orchestra di Harris. Si adattò facilmente ai costumi di Bibb: «Se sei nero, non trovi lavoro a meno che tu non sia un fenomeno da baraccone [...] la gente non lo capisce proprio».

Tornato a Chicago, Sonny si trovò un piccolo appartamento al 1514 di South Prairie accanto alla linea Jackson Park-Englewood della «El», la sopraelevata, vicino alla Cinquantaquattresima Strada, in un quartiere di emigrati del Sud che erano approdati nel South Side. Pur non negando di essere di Birmingham, col tempo prese a nominarla sempre meno, e anche se di tanto in tanto scriveva ai suoi ex musicisti perse ogni contatto con la sorella e gli altri parenti.

La Union gli trovò un altro ingaggio con la Lil Green Band. Nata nel Mississippi, Lil Green era l’anello mancante tra il country blues e il rhythm’n’blues, e si era fatta un nome nella comunità nera con successi quali «In the Dark» e «Why Don’t You Do Right?», poi resa famosa su scala nazionale da Peggy Lee. La prima sera la band passò a prendere Sonny, e durante il tragitto verso il club i musicisti ingannarono il tempo con le classiche storie e battute, mentre una bottiglia veniva passata di mano. Seduto in fondo, Sonny rimase in silenzio finché il bandleader Howard Callender, marito di Lil Green, non si voltò indietro. Vedendo che portava al collo un grosso crocifisso, all’improvviso Sonny si agitò. Ricorda il batterista Tommy Hunter:

Sonny se la prese subito con Howard: «Come puoi celebrare ciò che fecero a Gesù portando quella croce? Un conto è ucciderlo, ma indossare quel simbolo per ricordarlo è un altro paio di maniche [...]!» Continuò così per il resto del viaggio. Howard andò su tutte le furie, ma non riusciva ad arrivare a Sonny, che era seduto in fondo dall’altro lato della macchina. Arrivati al club, stavamo montando il palco quando sentii un urlo e vidi Howard che rincorreva Sonny per tutto il club impugnando una vecchia pistola arrugginita. Quando passarono davanti al palco, Lil – che era una – prese il marito per il collo e disse: «Tesoro, ora datti una calmata e lascialo suonare». Fu un intervento provvidenziale, perché Sonny non solo portò a termine la serata, ma continuò a suonare con la band. Anzi, suonò con la band varie volte, abbastanza a lungo da fare alcune modifiche agli arrangiamenti nel libro di Lil Green, migliorandoli.

***

[Fletcher Henderson] si era indubbiamente reincarnato da un’altra era o un altro pianeta. Era troppo mite per la sua epoca.

Rex Stewart,

Chicago era esattamente come Sonny aveva sentito dire: c’erano così tante band e così tanti posti in cui suonare che potevi cambiare club ogni sera senza mai vedere lo stesso gruppo due volte. Nelle sere libere, però, frequentava solo il Club DeLisa, dove Fletcher Henderson, il padre dello swing, si esibiva regolarmente con la sua orchestra. La reputazione di Henderson era in declino da anni, compromessa da un atteggiamento distaccato che rasentava il disinteresse verso gli altri, e quella si sarebbe rivelata una delle sue ultime chance di esibirsi in un club rispettabile. Ma questo non interessava a Sonny, che conosceva tutti i dischi a cui Henderson aveva collaborato: i riff propulsivi che alimentavano gli assolo a rotta di collo di Louis Armstrong, i ricchi accordi che incorniciavano il maestoso sax tenore di Coleman Hawkins. Gli bastava vederlo dirigere la sua orchestra ogni sera, elegante e raffinato, nel club più esclusivo della Chicago nera.

Il club era stato aperto nel 1933 dai fratelli DeLisa, che lo gestirono come nightclub e bisca fino all’incendio che nel 1941 lo aveva raso al suolo; qualche mese dopo aprirono il nuovo DeLisa all’angolo tra la Cinquantacinquesima e State Street, un paio di portoni più in là.1 Il nuovo club era spettacolare: rivestimento esterno in mattoni bianchi smaltati, lampadine rosse fluorescenti all’interno, pista da ballo sollevata idraulicamente al livello del palco quando iniziava lo spettacolo. Poteva contenere oltre mille persone e aveva in programma quattro show per sera: le performance domenicali si aprivano alle cinque del pomeriggio per continuare ininterrotte fino allo spettacolo del lunedì mattina all’ora della colazione, dalle 6.30 alle 8.30. Il tutto mentre altri clienti giocavano d’azzardo nel casinò del seminterrato.

Per molti versi, il DeLisa era per Chicago ciò che il Cotton Club era per New York: pur situato in un quartiere nero attirava una facoltosa clientela bianca, e anche i bandleader e le ballerine di fila che reclutava avevano la pelle bianca. A differenza del Cotton Club, tuttavia, il DeLisa non praticava una politica discriminatoria, ed era amato dalle celebrità e dalla gente di spettacolo che ne apprezzavano l’atmosfera in bianco e nero. Bob Hope, Paul Robeson, Gene Autry, Joe Louis, George Raft, Mae West e Louis Armstrong erano clienti fissi quando passavano in città, e spesso lo frequentava anche John Barrymore con la sua compagna di bevute, la cantante blues Chippie Hill.

La prima sera che andò al club Sonny si presentò a Henderson, spiegandogli quanto amava la sua musica e citando alcune conoscenze comuni: per esempio Nat Atkins, un trombonista che un tempo aveva suonato con Henderson e anche nella band di Sonny a Birmingham. Nei due mesi successivi, colse ogni occasione per chiacchierare con Henderson, fargli domande e parlargli della propria musica. Poi, una sera d’agosto – quasi una scena da musical anni Trenta – Marl Young, pianista fisso di Henderson che di giorno studiava legge, si addormentò in un’auto fuori dal club durante una pausa e perse lo spettacolo successivo; poiché Sonny conosceva il repertorio ed era capace di leggere a prima vista, Henderson gli chiese di sostituire Young. Finì per offrirgli il posto per l’intero ingaggio. Sonny doveva suonare il pianoforte mentre Henderson dirigeva l’orchestra (tranne in due brani per pianoforte solo, «Humoresque» e «Stealin’ Apples») e fare da copista per gli arrangiamenti utilizzati negli spettacoli di varietà e per i musicisti ospiti. Ogni sera dopo lo spettacolo, inoltre, accompagnava al pianoforte le ballerine di fila durante le prove con Sammy Dyer, il coreografo del locale.

Finito di suonare alle quattro del mattino, io restavo al club, e il produttore spiegava alle ragazze lo spettacolo del mese successivo. Capitava di restare là fino alle dodici del giorno dopo. Mi dava indicazioni a seconda di come ballava mostrando i passi alle ragazze. Io buttavo giù tutto, il ritornello e così via, e poi lo passavo a un altro arrangiatore: così, ora dello spettacolo, le ragazze avrebbero ballato in perfetto sincrono con la musica.2

Cinque sere alla settimana, la band di Henderson faceva da orchestra da ballo per il pubblico e poi restava sul palco ad accompagnare gli artisti degli spettacoli di varietà. Gli show erano sofisticati e ruotavano attorno a temi che cambiavano periodicamente. Il tema della prima settimana era «Lime House Nites», uno spettacolo costruito attorno al brano pop «Limehouse Blues», una delle tante canzoni stile «Chinatown» in voga all’epoca. Oltre a Henderson in programma c’erano la cantante rhythm’n’blues Little Miss Cornshucks, il comico e imitatore George Kirby, i vocalist Lurlean Hunter e Willard Garner più numerosi gruppi vocali, ballerine di shake e un corpo di quattordici ballerine di fila diretto da Freddie Cole. La varietà e la portata degli show al DeLisa, la loro sontuosa maestosità teatrale, colpirono profondamente Sonny e furono tra le fonti ispiratrici degli elaborati «drammi cosmici» che avrebbe poi messo in scena con la...



Ihre Fragen, Wünsche oder Anmerkungen
Vorname*
Nachname*
Ihre E-Mail-Adresse*
Kundennr.
Ihre Nachricht*
Lediglich mit * gekennzeichnete Felder sind Pflichtfelder.
Wenn Sie die im Kontaktformular eingegebenen Daten durch Klick auf den nachfolgenden Button übersenden, erklären Sie sich damit einverstanden, dass wir Ihr Angaben für die Beantwortung Ihrer Anfrage verwenden. Selbstverständlich werden Ihre Daten vertraulich behandelt und nicht an Dritte weitergegeben. Sie können der Verwendung Ihrer Daten jederzeit widersprechen. Das Datenhandling bei Sack Fachmedien erklären wir Ihnen in unserer Datenschutzerklärung.