Thompson | La guerra bianca | E-Book | www.sack.de
E-Book

E-Book, Italienisch, 608 Seiten

Thompson La guerra bianca

Vita e morte sul fronte italiano 1915-1919
1. Auflage 2025
ISBN: 979-12-5981-328-2
Verlag: Il Saggiatore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark

Vita e morte sul fronte italiano 1915-1919

E-Book, Italienisch, 608 Seiten

ISBN: 979-12-5981-328-2
Verlag: Il Saggiatore
Format: EPUB
Kopierschutz: 6 - ePub Watermark



La guerra bianca è il racconto documentato degli anni della Prima guerra mondiale sul fronte del Nordest italiano: un'«opera-mondo», per citare l'espressione usata da Carlo Greppi nella sua prefazione, che tocca ogni aspetto - dalla quotidianità in trincea all'impreparazione tecnica, dagli errori degli alti comandi alle difficoltà logistiche - di un momento storico in cui, ogni giorno, per migliaia di persone la vita e la morte sono state distanti solo pochi attimi. Agli albori del 1915 l'Italia è una nazione ancora da forgiare: non c'è una lingua, non c'è un sentimento comune, non c'è un'idea diffusa di patria. Per le classi dirigenti del paese è ora che gli italiani si temprino in una solida unità nazionale, e con l'uccisione di Francesco Ferdinando d'Austria la soluzione è a portata di mano: la guerra. La fucina, il campo di battaglia. A pagarne il prezzo saranno i giovani costretti in un fronte lungo seicento chilometri, dalle Dolomiti all'Adriatico; giovani che, uniti nella paura e nell'angoscia, combatteranno in un biancore costante di pietre e di neve, uccideranno e saranno uccisi. Grazie ai diari dell'epoca, alle interviste dei reduci e alle esperienze di scrittori come Ungaretti, Hemingway, Musil e Gadda, Mark Thompson delinea con lucidità il panorama socio-culturale e politico-economico di un'epoca spartiacque non solo per l'Italia, ma per tutta l'Europa, la cui fisionomia verrà stravolta dalla dissoluzione degli imperi centrali che aprirà la strada ai totalitarismi. Questo libro mostra in modo evidente come le illusioni e le attese evocate dalla retorica nazionalista furono sconfessate dalla brutalità della guerra di logoramento. Un monito che, a distanza di più di cento anni e di fronte a guerre sempre nuove, continua a supplicarci affinché la prossima «inutile strage» possa essere evitata.

Thompson La guerra bianca jetzt bestellen!

Autoren/Hrsg.


Weitere Infos & Material


Prefazione

di Carlo Greppi

La realtà della guerra

«Si contano a centinaia i libri che parlano della “grande guerra”» scriveva nel 1976 Nuto Revelli in apertura del suo Il mondo dei vinti: «Sappiamo quasi tutto della guerra vissuta dai “colti”, della “guerra dei generali”. Non sappiamo quasi nulla della guerra subita dai milioni di contadini soldati».1 Mezzo secolo dopo, il panorama è radicalmente cambiato, anche grazie alla fiorente stagione di studi che dalla fine degli anni sessanta aveva iniziato a traghettare l’Italia fuori «da un’interpretazione patriottico-apologetica […] del conflitto», come avrebbe scritto Nicola Labanca rendendo omaggio a Giovanna Procacci, una delle storiche che più hanno innovato sul piano politico, sociale e culturale lo studio di quei tre anni cruciali della parabola unitaria.2

Oggi ci è ben chiaro che per quei contadini soldati «la guerra era una calamità come la carestia o la pestilenza»,3 come scrive Mark Thompson in queste pagine introducendo le ragioni della spaccatura dell’opinione pubblica italiana tra «neutralisti» e «interventisti» che vaneggiavano, il «Vate» Gabriele D’Annunzio su tutti, deliri come «Non temiamo il nostro destino ma gli andiamo incontro cantando»; «non abbiamo ormai altro valore se non quello del nostro sangue da versare».4

L’atroce realtà della guerra è vividissima nell’indagine di Thompson. Dagli «ufficiali di carriera che cominciarono a preoccuparsi più di essere “silurati” che di dover eseguire ordini assurdi o sacrificare inutilmente le vite dei loro soldati»5 già dal primo mese di guerra, e dal «nauseabondo calore» e dal «fetore delle feci, dei corpi insepolti e dello zolfo» che distraggono il futuro scrittore Giani Stuparich acquattato tra le pietre «roventi» della trincea del Carso,6 fino alle parole dell’ultimo reduce della Prima battaglia dell’Isonzo, Carlo Orelli, che avrebbe evocato la «lotteria della morte» e avrebbe ricordato dei suoi commilitoni meridionali: «Non si capiva una parola di quel che dicevano. Brava gente analfabeta. Scrivevo le loro lettere a casa. Voi oggi non avete idea di quanto fosse arretrata l’Italia a quei tempi. Non sapevano leggere né scrivere, ma non si lamentavano mai. Morivano in silenzio».7

«La vista di contadini siciliani che rabbrividivano in trincea, con le mani rosse e gonfie, sprovvisti dell’equipaggiamento necessario ai rigori di quel clima inconcepibile per loro tanto quanto la guerra stessa, avrebbe dovuto instillare nella mente di qualsiasi osservatore il dubbio sull’opportunità di continuare gli assalti con temperature sotto lo zero»,8 rileva Thompson. Eppure si continua, in un fronte che diviene presto «letteralmente una distesa di merda»,9 a mandare centinaia di migliaia di ragazzi e uomini al massacro, attribuendo la colpa di ogni fallimento a una presunta mancanza di «slancio» vitale (il capitolo «Il Vangelo dell’energia», che demolisce il demenziale «vitalismo» di quello scorcio di secolo scorso, è uno dei più brillanti del libro). In realtà stava tutto in «una combinazione di spietata disciplina, mediocre capacità di comando, equipaggiamento inadeguato e terreno difficile», ci illustra Thompson,10 che non manca di analizzare le ragioni del disastro del 1918 nel campo avverso, quando ad agosto «il peso medio dei soldati di una divisione [austro-ungarica] era sceso a 50 chili»11 e gli italiani sferrarono, affiancati dai britannici, l’offensiva finale che proseguì dopo il termine delle ostilità, con gli italiani a mettere i loro «stivali», a guerra conclusa, «su più territorio possibile intorno all’Adriatico settentrionale e in Alto Adige»,12 creando peraltro le premesse di futuri, e altrettanto sanguinosi, conflitti. Ne era valsa la pena? «Ovunque volgessi lo sguardo nella valle, tutto ciò che potevo vedere erano sepolture», riferì una donna tornata al suo villaggio nei pressi di Tolmino dopo la Dodicesima battaglia.13 Ne era valsa la pena o era una «sproporzione tra mezzi e fini»?14 Un tenente che combatté sul Carso nell’inverno del 1916 scrisse che la «cosa più demoralizzante» non era morire, ma «morire in modo così inutile, per niente».15 «Gli italiani» chiosa Thompson sul finale «avevano pagato un prezzo impressionante per il Friuli orientale, Trieste, l’Istria, il Trentino e l’Alto Adige. Le guerre del xix secolo che erano servite a unificare la penisola, ossia le tre guerre d’indipendenza, erano costate meno di diecimila vite umane. La guerra per annettere questi ultimi territori aveva provocato la morte di 689mila soldati italiani.»16 Non può valerne la pena, e questo libro, che finalmente rivede la tipografia, ne spiega brillantemente le ragioni.

Mantenere le promesse

La guerra bianca di Mark Thompson, pubblicato originariamente nel 2008 in inglese (The White War, Faber and Faber) e nel 2009 in italiano con l’eccellente traduzione di Piero Budinich, è un’opera-mondo, a suo modo, perché tiene conto di ogni aspetto – politico-militare, sociale, culturale, ambientale – di una ricostruzione il cui sottotitolo (Vita e morte sul fronte italiano 1915-1919) promette una sintesi, che sul finale svela forse la sua probabile natura, quella di reportage storico,17 con una visione complessiva di un fenomeno che coinvolse milioni di uomini. Producendo sul solo versante italiano del conflitto, oltre ai 689mila caduti, 600mila civili «che si stima siano morti a causa delle avversità della guerra» e un milione di combattenti «rimasto gravemente ferito, di cui 700mila resi invalidi».18 «Lettura irrinunciabile», lo definiva Panorama allo scoccare del centenario;19 sul Guardian nel 2008 nel commentare la «magnifica storia» di Thompson si sottolineava come l’autore fosse «meravigliosamente critico» nei confronti delle «assurdità necrofile» che avevano reso tutto questo possibile.20 Ed è così: la promessa di allora è mantenuta, e mai come oggi pare necessario ritrovare in libreria questo testo che è al contempo una strepitosa e incalzante narrazione storica – «indubbiamente seducente» anche per i suoi critici21  – e l’impietosa radiografia di un’epoca in cui il delirio nazionalista portò a una spaventosa carneficina con un tasso di mortalità comparabile a quello del fronte occidentale.22 Fatto particolarmente grave nel caso dell’Italia, «la sola tra i principali alleati a non poter avanzare ragioni difensive per la guerra. Era un aggressore dichiarato, che interveniva per accrescere il proprio territorio e il proprio prestigio», osserva Thompson nella sua introduzione al volume;23 «Quanto più grande fosse stato il sacrificio, tanto maggiori sarebbero stati i proventi. Questa convinzione, e la cosa non è affatto sorprendente, appariva incomprensibile alla vasta maggioranza. Quella che segue è la storia di questa convinzione, di chi la sosteneva e di chi ne pagò il prezzo».24 Già.

Ancora si sentono i postumi dell’ubriacatura editoriale del centenario della Prima guerra mondiale. Da Catastrofe 1914. L’Europa in guerra di Max Hastings (Neri Pozza, 2014) a Caporetto di Alessandro Barbero (Laterza, 2017), passando per innumerevoli repêchages di classici come Un anno sull’Altipiano di Emilio Lussu (1938) e Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque (1929), o come gli studi pionieristici di Paul Fussell e di Eric J. Leed, nello scorso decennio gli scaffali italiani si sono riempiti di titoli vecchi e nuovi per cercare di comprendere la vastità di questa tragedia. In parallelo il cinema regalava alcune perle come il nuovo struggente adattamento del libro di Remarque Im Westen nichts Neues di Edward Berger (Germania 2022), o come il pregevole – ma purtroppo assai manieristico – 1917 di Sam Mendes (UK, US 2019). E non mancava la produzione filmica documentaria di opere come La strada di Rommel. La disfatta di Caporetto vista dal nemico, di Alessandro Scillitani (Italia 2017) o un lavoro di messa a disposizione di materiali sul conflitto attraverso portali come «Grande Guerra + 100» del Museo storico italiano della guerra di Rovereto e come il pachidermico progetto di digitalizzazione «Europeana 1914-1918». La conoscenza del primo conflitto mondiale e l’accesso a ogni tipo di fonte per studiarlo, analizzarlo e comprenderlo si sono – com’è fisiologico – enormemente accresciuti nei diciassette anni trascorsi dalla prima pubblicazione di questo volume. La politica e il discorso pubblico paiono non essersene accorti, fermi come sono – nei discorsi ufficiali, nelle circolari ministeriali, nelle celebrazioni pavloviane – a una pericolosa retorica del sacrificio «per la patria». Anche per questo, bisogna tornare alla storia fatta con passione.

(Ri)leggere oggi La guerra bianca lascia intatta l’impressione che sia possibile coniugare una notevole conoscenza del contesto orografico, geografico e storico-politico e una capacità di rendere comprensibile la «grande storia» ai lettori e alle lettrici comuni, senza perdere l’abilità del narrare, e narrando empatizzare, le vicende delle persone che furono travolte da questa «calamità» culturale e brutalmente reale. Il sapiente...



Ihre Fragen, Wünsche oder Anmerkungen
Vorname*
Nachname*
Ihre E-Mail-Adresse*
Kundennr.
Ihre Nachricht*
Lediglich mit * gekennzeichnete Felder sind Pflichtfelder.
Wenn Sie die im Kontaktformular eingegebenen Daten durch Klick auf den nachfolgenden Button übersenden, erklären Sie sich damit einverstanden, dass wir Ihr Angaben für die Beantwortung Ihrer Anfrage verwenden. Selbstverständlich werden Ihre Daten vertraulich behandelt und nicht an Dritte weitergegeben. Sie können der Verwendung Ihrer Daten jederzeit widersprechen. Das Datenhandling bei Sack Fachmedien erklären wir Ihnen in unserer Datenschutzerklärung.